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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-27 ad oggi 2010-05-13 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

2010-05-04 CRISI GRECA. Berlino: Il piano di salvataggio potrebbe non bastare

Timori di contagio, le Borse crollano E l'euro tocca i minimi da un anno

Spagna sotto i riflettori. Replica Zapatero: "Ho fiducia, timori da irresponsabili". Wall Street apre negativa

La Borsa di Atene e quelle Ue sono deboli, ma pesano anche strette monetarie della Cina

Draghi: "Ci sono altri paesi a rischio"

Due giorni di sciopero in Grecia

Si fermano da martedì i dipendenti pubblici di Adedy "contro le "crudeli e brutali misure senza precedenti"

Sfiducia sul piano salva-Grecia La speculazione affossa le Borse

Pesanti flessioni sulle Borse europee, anche Wall Street in rosso

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Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

28 aprile 2010 Bossi: senza federalismo faremo la fine della Grecia

Bossi senza federalismo faremo la fine della Grecia

2010-04-27 Cala dell'11% il credito al consumo "Il 48% ha paura di non poter pagare"

Negli ultimi due anni l'ha utilizzato il 62% degli italiani. Età media 45 anni, entità del prestito 4.000 euro da rimborsare in 24 rate. Sotto accusa i costi ingiustificati: "Le banche sono supergarantite dalle assicurazioni"

Cala dell'11% il credito al consumo "Il 48% ha paura di non poter pagare"

ROMA - Il credito al consumo è raddoppiato dal 2003 ad oggi, e negli ultimi due anni vi ha fatto ricorso il 62 per cento degli italiani. Ma nel 2009 per la prima volta si è riscontrata una flessione dell'11 per cento: "A fronte della crisi, gli italiani preferiscono non indebitarsi, perché hanno paura di non essere più in grado di restituire il prestito", afferma Sergio Veroli, presidente di Consumer's Forum, l'associazione che oggi al Cnel ha presentato "l'identikit del consumatore di credito".

CRISI Grecia declassata a livello "spazzatura" Portogallo trema sotto il peso del debito

Standard & Poor's porta il rating ellenico a "junk" e taglia di due livelli quello portoghese. Riflessi immediati sulle Borse europee, che chiudono bruciando 160 miliardi. Trichet: "fuori questione" ipotesi default. Vertice straordinario Eurozona entro il 10 maggio. Moody's rassicura l'Italia. Domani giornata cruciale per le decisioni della Germania

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

Le scemenze di Bossi, Calderoli, del Federalismo e di quanti lo sostengono.

Far discendere per l'Italia la possibilità di fare la fine della Grecia dalla mancata applicazione del Federalismo è quanto di più sbagliato e deficiente si possa dire.

I problemi della Grecia discendono dalle falsità dei Governi che l'hanno governata, dagli sbagli economici, dalle false attestazione degli Istituti di certificazione, e soprattutto dalla Speculazione Finanziaria e Bond Spazzatura, che hanno portato l'economia mondiale sull'orlo del baratro.

Comunque la Grecia può salvarsi solo all'interno dell'Europa e non uscendo dall'Area, così come dice l'Europa ed Obama, e conclusione logica a cui è arrivata anche la Germania ( che ha temporeggiato per far adottare una linea politica di rigidità alla Grecia).

Così, nel caso si adotti il Federalismo in Italia, avremo tante regioni che procederanno allo sbaraglio senza alcun controllo centrale, con una grandissima proliferazione di centri di potere, legiferazione forsennata e satanica comne quella che sta ingabbiando l'edilizia, l'economia, lo sviluppo.

Né il federalismo fiscale ci salverà da alcunchè perché senza controlli le singole regioni si indebiteranno sempre di più e trascinaraggo in fondo tutto il paese. Non c'è bisogno del Federalismo per vincolare tutti ad una correttezza della spesa, fissando dei parametri ben precisi da Buon Padre di Famiglia e no da sciacalli, e soprattutto ci deve essere la massima trasparenza, tutto deve essere online, dai progetti, agli appalti, alla gestione al raggiungimento degli obbietti. Ed ancora si deve far funzionare la Giustizia supportandola e dandogli strumenti, organizzazione, struttura, poteri, e non prescrivendo i processi.

Facendo tutto cio e con una cooperazione economica, che da alle Imprese Italiane il suo migliore mercato interno, dove tutte le Regioni scambiano con tutte, in una grandissima e tale laboriosità, che ci consente di proporci in Europa e nel Mondo con una Forza notevolissima.

Insieme, uniti, avremo uno spazio e una valenza internazionale che viceversa una Italia divisa non potrebbe avere, una forza per imporre e proporre scelte ed indirizzi, che la Grande Padania non avrebbe la capacità di fare, come d'altra parte si è visto in europa, quando l''Italia abolì il Ministero dell'Agricoltura, mandando le singole regioni alla sbaraglio, e naufragò la politica agricola della grande Padania.

Con una Italia più Unita e coesa la Grande Lombardia di Bossi e Formigoni non avrebbe fatto la grande scemenza di acquistare i Bond della Grecia.

I censori degli spechi al Sud s dimenticano che le grande aziende del Nord hanno fatto man bassa degli investimenti al Sud, che la Grande Sanità Lombarda è stata al centro di grandi scandali sulla pelle di malati, che una Grande struttura del Nord vorrebbe costruire a Tarando uno ospedale da 250 Mln quando ne basterebbero 50 per migliorare il Santissima Annunziata che serve i cittadini nel cuore della città, ed altri 50 per raddoppiare l'Ospedale Nord che attualmente opera al 30% della capacità strutturale. Politica miope e non curante dei reali bisogni della collettività.

Il federalismo è solo divisione, regresso economico, sociale, politico, è arretramento rispetto a quanto l'Italià è ed è stata nel passato.

Non ultimo, i censori di oggi, i detrattori della politica sono stati quelli allevati alla scuola di chi ha comandato in Italia per decenni, che si sono ingrassati per decenni ed ora sputano nel piatto dal quale si sono sfamati affamendo.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-27 ad oggi 2010-05-13

AVVENIRE

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2010-05-14

14 Maggio 2010

ECONOMIA

L'euro affonda al minimo dal 2009

Borsa di Milano in affanno

Euro in caduta libera questa mattina; rispetto al dollaro la moneta unica è scesa a 1,2478, il minimo dal 5 marzo 2009. In picchiata anche le Borse, con Milano che a metà mattinata cede oltre il 3%: il Ftse Mib scivola del 3,16% mentre il Ftse All Share scivola del 3,05%. Ad affondare Piazza Affari sono ancora una volta le banche guidate da Ubi (-6,37%), Banco Popolare (-5,02%) e Bpm (-5,19%). Ribassi superiori ai quattro punti percentuali per Intesa, Unicredit e Mediobanca.

Inflazione. Intanto l'Istat ha reso noto che l'inflazione ad aprile è salita all'1,5% dall'1,4% dei marzo, precisando che su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,4%. Il tasso tendenziale è il più alto dal febbraio 2009. L'aumento è dovuto soprattutto alla componente energetica, spiegano all'Istat. Al netto di tale contributo l'inflazione scende infatti drasticamente all'1,2%. Il tasso di fondo (al netto cioè non solo dell'energia ma anche degli alimentari freschi) è invece uguale a quello al consumo, pari all'1,5%. Per quanto riguarda l'indice armonizzato europeo (Ipca), ottenuto tenendo conto delle riduzioni temporanee di prezzo e che fornisce ormai la base di calcolo per il rinnovo dei contratti di lavoro, il tasso di inflazione è salito all'1,6% (dall'1,4%) di marzo, al top da aprile 2009. Su base mensile i prezzi sono invece aumentati dello 0,9%.

Consumatori., Un dato, quello diffuso dall'Istat, che fa infuriare le associazioni dei consumatori. L'aumento dell'inflazione all'1,5% ad aprile è "un dato assurdo, in pieno contrasto con le più ovvie regole di mercato". Lo affermano Adusbef e Federconsumatori, chiedendosi in una nota come sia possibile che, di fronte alla contrazione dei consumi e "all'onda lunga di cassa integrazione e licenziamenti alla quale si affiancano ora anche le pesanti ripercussioni della crisi greca", l'inflazione possa segnare un rialzo."Tale incremento non solo è estremamente grave, ma desta anche forte preoccupazione, dal momento che avrà pesanti ricadute, sia sul benessere delle famiglie, che dovranno far fronte a maggiori spese di 450 euro annui, sia sull'economia del Paese, che continuerà a subire le conseguenze della contrazione della domanda interna", sottolineano le associazioni. Secondo i consumatori, quindi, "non si possono e non si devono rimandare oltre degli interventi determinati, da parte di chi ha responsabilità di governo, per avviare una vera ripresa dell'economia"..

 

 

 

2010-05-13

13 Maggio 2010

I CONTI

Bce: crisi può fermare la crescita

Allarme disoccupazione in Ue

La Banca centrale europea invita i governi a risanare le finanze pubbliche in maniera "durevole e credibile" intensificando gli sforzi fatti finora per sanare gli squilibri di bilancio, e ritiene che la correzione dei deficit strutturali dovrà superare lo 0,5% annuo. "Il risanamento dei conti pubblici dovrà superare in misura considerevole l'aggiustamento strutturale dello 0,5 per cento del Pil su base annua stabilito come requisito minimo nel Patto di stabilità e crescita", si legge nel Bollettino di maggio.

L'Italia. Per quanto riguarda l'Italia il governo, nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica pubblicata la scorsa settimana, ha indicato un calo del deficit strutturale (al netto del ciclo e delle misure una tantum) al 3,3% quest'anno, al 2,5% nel 2011 e al 2% nel 2012. "Più si aspetterà a correggere gli squilibri, maggiore risulterà l'aggiustamento necessario e più elevato sarà il rischio di subire un danno in termini di reputazione e fiducia", spiega la banca centrale, suggerendo ai governi di concentrare i maggiori sforzi nella fase iniziale concentrandosi sul lato della spesa e su riforme strutturali. Ciò "rafforzerà la fiducia del pubblico nella capacità dei governi di restituire sostenibilità alle finanze pubbliche, ridurrà i premi per il rischio intrinseci ai tassi di interesse e quindi favorirà la crescita durevole nel medio periodo".

La Grecia. La Bce esprime poi apprezzamento per il programma di aggiustamento annunciato dalla Grecia e per l'accordo Ue-Fmi-Bce per salvaguardare l'euro.

Il lavoro. "Cruciali" per Francoforte restano le riforme strutturali mentre, per evitare che il recente incremento della disoccupazione diventi strutturale, "sono necessari sistemi tributari e assistenziali capaci di incentivare efficacemente il lavoro, migliori dispositivi di formazione e sufficiente flessibilità dei contratti di lavoro".

Per rilanciare la competitività la Bce ritiene "indispensabile che nella contrattazione salariale vi siano istituzioni che consentano un opportuno aggiustamento dei salari sulla base delle perdite di competitività e delle condizioni di disoccupazione".

"Dovrebbe infine svolgere un ruolo importante l'adeguata ristrutturazione del settore bancario. Situazioni patrimoniali sane, un'efficace gestione del rischio e l'adozione di modelli imprenditoriali solidi e trasparenti sono indispensabili per rafforzare la capacità di tenuta delle banche agli shock e assicurare un adeguato accesso ai finanziamenti, gettando le basi per la crescita sostenibile e la stabilità finanziaria".

 

 

 

 

13 Maggio 2010

INTESA RAGGIUNTA

Cameron: governeremo per cinque anni

Lo aveva bollato come la sua "barzelletta preferita". Evidentemente, però, Downing street per David Cameron val bene una risata. Tanto più ora che Nick Clegg non è più una meteora da schernire ma veste addirittura i panni del suo vice. Un tandem insolito, quello formato dal leader conservatore e dal numero uno dei liberal-democratici. Ma che guarda lontano, almeno nelle intenzioni. "Questo è un accordo per cinque anni", ha scandito ieri Cameron al primo giorno di lavoro, sgombrando il campo dalle illazioni sulla tenuta di una coalizione di governo attesa da prove difficilissime.

Il Regno Unito vive una crisi profonda, acuita da un deficit di 163 miliardi di sterline, l’11,1% del Pil. "Nessun governo in tempi moderni ha ricevuto un’eredità economica così terribile", ha sottolineato non a caso il neopremier. La strana alleanza uscita dal voto del 6 maggio punterà così subito ad una finanziaria d’emergenza, da varare entro i prossimi 50 giorni. Entro fine anno, inoltre, si tenterà di tagliare circa 6 miliardi di sterline della spesa pubblica.

Tagli subito dunque, come prevedeva il programma dei conservatori, che resta il punto cardine della coalizione. Una coalizione che, ha spiegato ancora Cameron, "è unita da tre principi: libertà, giustizia e responsabilità". L’obiettivo di lungo termine, come già il leader conservatore aveva detto l’altra sera all’ingresso a Downing street, è quello di "ricostruire la famiglia, ricostruire le comunità, ricostruire la responsabilità", oltre alla "fiducia nella politica". Una politica nella quale "è più importante l’interesse nazionale che quello di partito, dove la cooperazione e il compromesso non sono segni di debolezza ma di forza". Gli ha fatto subito eco Clegg, parlando di un governo "coraggioso e riformatore". E che durerà "malgrado le differenze" fra conservatori e liberaldemocratici.

Nominata la squadra, con gran parte dei posti-chiave assegnati ai tory: George Osborne all’Economia, l’euroscettico William Hague agli Esteri, Theresa May agli Interni, Ken Clarke alla Giustizia, Liam Fox alla Difesa. I lib-dem ottengono, tra l’altro, le Attività produttive con Vince Cable ed Energia e cambiamenti climatici con Chris Huhne. I punti dell’accordo di coalizione sono 19: si va dall’economia alla difesa, dall’istruzione al rapporto con l’Europa. Ma, soprattutto, è previsto un referendum su un "sistema di voto alternativo", il vero colpo grosso per il lib-dem, che puntano a una riforma elettorale in senso proporzionale rispetto all’attuale uninominale secco.

Confermato, invece, il no all’adesione del Regno Unito all’euro nei prossimi cinque anni, mentre ulteriori trasferimenti di poteri all’Unione europea dovranno essere approvati da un referendum. Sempre secondo l’accordo, i lib-dem hanno rinunciato alla revisione del programma per i missili nucleari sui sottomarini Trident e hanno acconsentito al piano conservatore per l’imposizione di un limite massimo sull’ingresso di immigrati extracomunitari. Abolita poi per i cittadini la carta d’identità, introdotta con il British Identity Act del 2006.

Come voluto da Clegg saranno inoltre "aumentare in modo sostanziale" le indennità sulle tasse sui redditi (secondo la Bbc complessivamente saranno dedicati 17 miliardi di sterline a queste riduzione sui redditi più bassi). I tory hanno anche dovuto rinunciare al loro programma di esenzioni sulle tasse di successione. Prevista inoltre una serie di riforme strutturali del sistema bancario, dell’istruzione e del welfare.

Da tutto il mondo, intanto, giungono le congratulazioni a Cameron. Per Barack Obama, che ha apprezzato il rinnovato sostegno della Gran Bretagna in Afghanistan, il nuovo premier britannico è "intelligente, scrupoloso ed efficace". Sarà il francese Nicolas Sarkozy, il prossimo 18 giugno, il primo capo di Stato straniero a recarsi in visita al nuovo premier britannico.

Paolo M. Alfieri

 

 

 

 

 

12 MAGGIO 2010

LONDRA

Cameron premier, patto con Clegg

Gordon Brown si è dimesso. Dopo 13 anni è finito il dominio laburista a Downing Street. Poco dopo le 19, il premier, preso atto della impossibilità per il suo partito di creare una coalizione con i liberaldemocratici, ha annunciato le dimissioni ("Mi dimetto – ha detto – per far nascere un governo forte") e aperto la strada al governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici. Quindi ha lasciato il 10 di Downing Street con la moglie Sarah e tenendo per mano i figli e si è recato a Buckingham Palace per rimettere il mandato nelle mani della regina Elisabetta II e suggerire la nomina del Tory David Cameron a primo ministro.

Dopo cinque giorni quindi la Gran Bretagna esce dallo stallo politico, eredità di un’elezione che ha sancito un Parliament senza maggioranza assoluta, con i conservatori primo partito con 306 seggi (su 650 deputati). Brown ha augurato buon lavoro al suo successore e ringraziato la moglie Sarah "per il suo amore e per il servizio che ha reso al Paese".

L’uscita di scena di Brown, preceduta da una sua telefonata a Tony Blair, è stato lo sbocco naturale dell’ennesima giornata di febbrili trattative fra i negoziatori dei tre partiti. Lunedì l’ormai ex premier aveva gettato le basi per un’intesa fra le forze progressiste e spiazzato i conservatori che nei quattro giorni antecedenti avevano tenuto consultazioni con gli emissari dei Lib-dem. Ma la zampata ha sparigliato le carte per una notte appena. Ieri mattina dopo che liberaldemocratici e laburisti si sono incontrati in un clima "di positiva collaborazione", facevano sapere alcune fonti, c’è stata la rottura. Con Peter Mandelson che ha accusato il collega Ed Balls di essere all’origine dello stop. A causare lo strappo sarebbero state incomprensioni su come tagliare il deficit più che il sistema elettorale che i lib-dem vogliono in senso proporzionale.

Contemporaneamente Nick Clegg, il 43enne leader dei liberaldemocratici e ago della bilancia con i suoi 57 deputati, ha incontrato Cameron e riannodato i fili di un dialogo che lunedì era solo, evidentemente, stato rallentato rimanendo però sui binari giusti.

Così, a metà pomeriggio, una volta chiaro che l’intesa fra Tory e liberaldemocratici era nell’aria, è toccato a Brown, con il suo passo indietro, favorire l’uscita dall’empasse e la nascita del nuovo esecutivo. Cameron in tarda serata si è recato a Buckingham Palace per ricevere il mandato di formare il governo. Cameron ha accettato e nella sua prima dichiarazione da neo premier ha detto che costituirà un governo di coalizione con i Lib-dem che "dovrà ridare fiducia al sistema politico". "Credo che la coalizione potrà dare un governo solido e stabile".

Nel governo dovrebbero entrare sei esponenti lib-dem fra cui lo stesso Clegg che diventerà vicepremier. In tarda serata i deputati liberaldemocratici si sono incontrati per dare il via libera all’accordo fra Clegg e Cameron. L’intesa, oltre a prevedere l’ingresso nell’esecutivo dei Lib-dem, contiene l’impegno a modificare il sistema di voto per garantire una maggiore rappresentanza. Sarebbe stata indicata anche una sorta di scadenza dell’intesa: due anni, il tempo di varare due finanziarie in grado di ridurre il deficit britannico (attualmente 163 miliardi di sterline). Significa che nel 2012 i britannici potrebbero tornare alle urne. Sempre che l’esperienza del governo di coalizione non si riveli fortunata.

Intanto è già scattata la corsa alla successione nel Labour. In luglio si terrà il congresso straordinario. Nel frattempo sarà Harriet Harman, attuale numero due, la reggente del partito.

Alberto Simoni

 

 

 

 

2010-05-11

10 MAGGIO 2010

LA REAZIONE

Borse europee, clima d'euforia

Milano chiude a +11,28%

Forti rialzi per le Borse europee subito dopo il varo del piano Ue da 700 miliardi per l'eventuale soccorso ai Paesi di Eurolandia. Parigi vede l'indice Cac40 schizzare a 3.708,89 punti con un rialzo del 9,32%. Guadagni robusti anche per Francoforte che rivede il Dax sopra la soglia dei seimila punti con un +5,3% a 6.017,91 punti. A Londra l'Ftse100 si ferma a 5.387,42 punti con un rialzo del 5,16%. Seduta di forte recupero anche per Piazza Affari: l'indice Ftse Mib ha chiuso in crescita dell'11,28% a 20.971 punti.

La Bce si aspetta ora una politica di rigore nei bilanci pubblici dai governi europei, all'indomani del maxi piano di difesa dell'eurozona da 750 miliardi di euro. È quanto ha ribadito il presidente della Bce Jean Claude Trichet che ha rimarcato quanto affermato dall'istituto subito dopo la decisione dei governi di questa notte. Trichet ha citato lo stesso comunicato emesso al termine dell'Ecofin dove i governi si impegnano a prendere "tutte le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi di bilancio di quest'anno e i successivi" e delle ulteriori misure addizionali prese da alcuni Paesi.

"Per noi - ha spiegato - questo impegno è stato assolutamente decisivo". La Banca centrale europea "è orgogliosamente e totalmente indipendente" e le decisioni prese dal Consiglio non sono frutto "di pressioni o segnalazioni" da parte di nessuno. È quanto ha affermato il presidente dell'istituto di Francoforte Jean Claude Trichet, al termine della riunione del global meeting nella sede della Bri, a chi gli chiedeva del nuovo ruolo della Bce nel maxi-piano di aiuti europeo dove, fra l'altro, potrà acquistare titoli di stato dei Paesi in difficoltà.

L'ACCORDO TROVATO DOPO 11 ORE

Dopo una maratona di undici ore, due sospensioni, decine di bilaterali e l'intervento telefonico dei capi di Stato e di governo, i ministri delle Finanze dei 27 riuniti a Bruxelles per un Ecofin straordinario hanno raggiunto nella notte un accordo per un piano di aiuti del valore di 500 miliardi - cui se ne aggiungeranno 250 dall'Fmi - per salvare l'euro dalla speculazione. "Il Consiglio ed i Paesi membri -si legge nelle conclusioni - hanno deciso oggi un pacchetto comprensivo di misure per preservare la stabilità finanziaria in Europa, compreso un meccanismo di stabilizzazione finanziaria europeo" di 500 miliardi di euro, di cui 60 arriveranno dalla Commissione europea e 440 saranno in prestiti e garanzie forniti dai Paesi dell'eurozona.

La maratona negoziale dei ministri finanziari dei 27 è stata una vera e propria corsa contro il tempo: la deadline era la riapertura delle borse (all'una di notte la prima è stata quella di Tokyo), alle quali dovevano inviare un segnale di forte impegno a difesa dell'euro e contro gli "sciacalli" della speculazione all'assalto dell'economie più in difficoltà, come quelle di Spagna e Portogallo. E i due Paesi vengono citati nelle conclusioni del Consiglio, che "sostiene fortemente l'impegno" di Madrid e Lisbona "a prendere significative misure aggiuntive di consolidamento nel 2010 e nel 2011 e di presentarle all'Ecofin del 18 maggio. L'adeguatezza di queste misure sarà valutata dalla Commissione a giugno, nel contesto delle procedure sul deficit eccessivo".

"È un lavoro fatto bene", ha commentato al termine della riunione il ministro delle Finanze Giulio Tremonti, annunciando l'anticipo a mercoledì prossimo - rispetto alla data fissata del 21 maggio - della prima riunione della task force presieduta dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy che dovrà riformare il Patto si stabilità secondo quanto deciso al Consiglio europeo del 25 marzo. "Fino a due ore fa - ha detto Tremonti, parlando durante la notte - hanno partecipato al negoziato anche i capi di Stato e di governo collegati telefonicamente. Alla fine è stata trovata una soluzione, soprattutto grazie al contributo di Francia, Germania e Italia". Ora "vedremo se funzionerà con le borse".

IL MINISTRO FRATTINI

Frattini ha sottolineato soprattutto la decisione del Fondo monetario internazionale di dare un contributo pari al 50% di quello europeo, "che ha portato il pacchetto a 750 miliardi di euro". "È una cifra ragguardevole", ha rilevato. Il piano prevede interventi per 60 miliardi di euro da parte della Commissione Ue e per 440 miliardi da parte degli Stati membri. L'importo del Fondo monetario non è quantificato in cifre, ma si parla di interventi "fino alla metà" di quelli messi in campo dalla Ue. Vale a dire fino a 250 miliardi di euro, la metà dei 500 miliardi di euro di quota Ue. "Certamente dobbiamo mantenere la guardia molto alta perché gli attacchi degli speculatori non si fermano nella spazio di un'ora", ha aggiunto Frattini, sottolineando che "con questa azione sono stati neutralizzati, come dimostra l'esito di stamane sul mercato delle Borse".

LE REAZIONI DELLE BORSE IN MATTINATA

Allungano il passo le principali Borse europee, spinte dal piano varato dalla Ue. A metà mattina Londra guadagna il 4,04%, Parigi il 6,6%, mentre Madrid (+10,23%) accelera dopo un avvio più cauto rispetto alle altre consorelle. Bene anche Atene (+8,94%), Lisbona (+7,59%) e Dublino (+5,6%), gli altri Paesi dell'area cosiddetta 'Pigs'. Gli acquisti interessano il comparto finanziario, con il balzo di Allied Irtish Banks (+25,34%), favorita anche da una raccomandazione di acquisto da parte di Raiffeisen. Sempre in testa ai listini la belga Ageas (+23,4%), già Fortis, che aveva scontato l'esposizione in Grecia e Portogallo, mentre a Parigi corre Societé Generale (+17,79%), seguita dal Credit Agricole (+16,67%). Bene Ing (+17,52%) ad Amsterdam, sugli scudi a Madrid Bbva (+17,42%) e Santander (+16,49%). Occhi sui greci National Bank of Greece (+15,93%) e Piraeus Bank (+11,65%), mentre a Lisbona Banco Comercial Protugues guadagna il 13,32%. Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali Borse.

 

 

 

 

10 MAGGIO 2010

intervista

Quadrio Curzio: "L’euro reggerà. Poi cambi"

La speculazione ha messo a nudo la debolezza strutturale dell’Europa? No, direi piuttosto che ha evidenziato alcune fragilità del suo sistema. Gli speculatori individuano le crepe, vi si insinuano e fanno leva per fare crollare a loro vantaggio l’edificio. Ma se alla fine c’è una voragine, è l’effetto dell’attacco, non la sua causa. Bisogna essere capaci di chiudere presto le fessure e questa volta non è stato fatto".

Alberto Quadrio Curzio, tra i maggiori economisti italiani, preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica, vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, individua nel ritardo con cui si è intervenuti per tamponare la crisi greca una delle cause per cui essa, pur grave, è degenerata dell’attuale bufera che sta mettendo a dura prova i mercati.

Perché si è atteso così tanto?

Come avevo segnalato in numerosi interventi a partire da febbraio, la situazione ad Atene, che ha gravissime responsabilità, richiedeva un soccorso immediato e nel contempo un "commissariamento" della Grecia. Ma probabilmente è prevalsa nel cancelliere tedesco la convinzione che un’azione immediata non avrebbe scosso la Grecia a sufficienza per indurla a intraprendere la via di riforme incisive, e avrebbe incoraggiato l’inerzia di altri Paesi. In buona fede Angela Merkel ha sottovalutato il rischio e ora anche la Germania paga un alto prezzo: dati i ribassi delle Borse, le aziende avranno maggiori difficoltà nel finanziarsi sul mercato.

Si è arrivati tardi e come cavallette gli speculatori sono sciamati in massa.

L’attacco di questi giorni contro la moneta unica e i titoli di Stato dei Paesi di Eurolandia ha dimensioni gigantesche. Si sono visti vacillare persino titoli di Stato a tasso variabile con scadenza a due anni, titoli più che sicuri a meno che tutti gli Stati falliscano. Le mosse speculative sono mirate a innescare un’ondata di vendite, in modo da consentire di acquistare a prezzi ancora più bassi, sia sul fronte azionario sia su quello dei titoli di Stato, che si comprano al di sotto del valore nominale, lucrando poi sul rimborso del capitale alla scadenza, meglio ancora se ravvicinata.

Da dove arriva questa offensiva?

Si vocifera di fondi americani e asiatici, di hedge fund... Si è anche parlato di un accordo esplicito tra alcuni grandi operatori finanziari. Non ho elementi probatori in tal senso.Tuttavia, è certo che queste manovre non sono un segnale di buon funzionamento del sistema. I mercati devono certo comportare vantaggi differenziali nell’allocazione del risparmio, ma lo scopo finale devono essere la crescita e lo sviluppo, non le plusvalenze a brevissimo termine. Il benessere complessivo si ottiene quando le imprese possono finanziarsi su tempi più lunghi, investire e innovare. Invocare regole non vuole quindi mortificare il mercato, perché i critici della regolamentazione confondono la salute delle Borse con la loro patologia.

Il danno ormai è fatto. Le misure annunciate l’altra notte e da concretizzare oggi vanno nella direzione giusta?

Il pacchetto è lodevole per quattro motivi. In primo luogo, è assolutamente severo con gli Stati che non hanno una finanza pubblica sana, si ribadisce l’importanza del Patto di stabilità, invitando a tenere sotto controllo deficit e debito e a mettere mano a riforme strutturali. Poi, si sollecita chi viene aiutato (la Grecia in particolare) a dare corso a piani di risanamento. In terza battuta, si parla di regole stringenti per contrastare la speculazione e di un esame delle agenzie di rating (io sono molto favorevole a una agenzia europea pubblica che prenda il posto di quelle private anglosassoni la cui credibilità è stata incrinata). Infine, c’è la determinazione, dai contorni ancora sfumati, che la Banca centrale europea prenda in garanzia titoli di Stato dei Paesi Ue quand’anche siano stati "declassati".

Quindi, per la prima volta, la Bce comprerà titoli di Stato?

Penso di sì, lo farà creando moneta, per evitare che la speculazione falcidi i titoli di Stato, rendendo sempre più difficile il collocamento, anche per l’aumento dei tassi di interesse. Si tratta di una misura eccezionale, che troverà critiche e obiezioni. Ma io mi chiedo: sappiamo che cosa contiene oggi il portafoglio della Fed americana? Siamo sicuri che non vi sia dentro di tutto? Si dirà anche che crescerà l’inflazione. Può essere. D’altra parte quello che conta è la crescita reale, depurata dagli effetti inflattivi. E oggi si deve agire per la ripresa europea.

Basteranno gli interventi d’emergenza di queste ore per mettere fine al panico sui mercati?

La mosse dell’Europa sono credibili, potrebbero porre un freno alla caduta. Ma sarebbe imprudente fare previsioni in un momento di incertezza e turbolenza. Bisogna comunque considerare i buoni fondamentali della Ue.

Ovvero?

Abbiamo il 15% di risparmio lordo interno; gli Stati Uniti erano quasi allo zero, ora non arrivano al 5%. La bilancia commerciale dell’Eurozona è in attivo di 41 miliardi di dollari a fronte di un passivo Usa di 532 miliardi. Infine, disponiamo di un buon sistema di welfare, che garantisce coesione sociale e non poca equità.

Che cosa serve per evitare che l’euro diventi davvero a rischio?

Non si può avere la moneta unica senza una politica economica e fiscale. I Paesi dovrebbero dare una forte delega all’Eurogruppo, il quale ha la necessità di un presidente permanente che lo guidi a essere un vero consiglio dei ministri economico...

E i segnali di ripresa che si intravvedevano?

Sintomi di ripresa dell’economia reale ne avverto numerosi. Ma l’economia reale non è indipendente dall’economia finanziaria. La dinamica dei consumi dipende dalla ricchezza finanziaria delle famiglie, ridotta dal crollo delle Borse. Inoltre, la crescita economica richiede investimenti. Se diventa difficile collocare azioni o titoli di Stato, come si finanziano aziende e opere pubbliche? Dalle turbolenze attuali può quindi arrivare una nuova gelata.

L’Italia ha attraversato ora di incertezza...

Il nostro è un Paese di grandi contraddizioni. Ha punti di forza, dal formidabile settore manifatturiero (ancora nel 2008 in netto surplus commerciale) al basso indebitamento delle famiglie fino all’alta ricchezza finanziaria privata. Ma è gravato da debolezze: l’enorme debito pubblico, il divario Nord-Sud, il deficit energetico... Tremonti ha fatto un ottimo lavoro in questi due anni, anche nel resistere alle sirene della spesa. Io mantengo un leggero ottimismo, benché la metafora attribuita a Tremonti ("Se la casa del vicino brucia, tutto il villaggio è a rischio") faccia capire la serietà della situazione.

Inutile nascondersi che superata questa emergenza servano riforme più incisive. Lei ha due proposte ambiziose.

La prima l’ho esposta già quattro anni fa. Servono titoli di Stato europei, gli Eurobond. Se l’Unione emettesse suoi titoli (garantiti dalle riserve auree), con la liquidità ricavata potrebbe comprare titoli di Stato dei Paesi membri, diciamo il 10%, stabilizzando il sistema. L’altra idea, su cui sto lavorando, riguarda l’applicazione di una "Tobin tax" sulle transazioni finanziarie Europa-resto del mondo, ovvero solo sui movimenti "esterni". Si otterrebbe un gettito utilizzabile per realizzare investimenti produttivi e infrastrutture.

Qualcuno parlerebbe di misura protezionistica...

Mi pare che oggi il confine tra protezionismo e legittima difesa (dalla speculazione) sia diventato veramente molto sottile.

Andrea Lavazza

 

 

 

10 Maggio 2010

LA CRISI E LE NUOVE CONSAPEVOLEZZE

Si sbriciolano i miti

L'Europa imparerà?

Il 9 maggio di sessant’anni fa l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman gettava in un ormai celeberrimo discorso le basi politiche e ideali della nascitura Comunità europea. Fu il primo atto ufficiale in cui compariva il concetto di Europa come unione economica e, in prospettiva, politica tra i vari Stati europei e rappresentava l’inizio del lungo processo d’integrazione del Vecchio continente. E’ opportuno rammentarlo, perché mai come oggi - Festa dell’Europa - questa spinta originaria ha ritrovato una sua forza e una coesione che negli ultimi anni era malauguratamente venuta meno.

Ci voleva la crisi greca, ci voleva il rischio di un incendio che potenzialmente può distruggere l’unità economica e monetaria della Ue e minare nazioni anche solide come l’Italia e il Regno Unito per mettere a punto il piano di emergenza in difesa della moneta unica dagli attacchi della speculazione mondiale. Una maratona che si è protratta nella notte di Bruxelles al tavolo dei capi di Stato e di governo dell’Eurozona, di quei sedici Paesi cioè che hanno adottato l’euro come valuta ufficiale. Una valuta severamente messa alla prova dagli assalti degli hedge fund e dei grandi speculatori che in questi ultimi mesi hanno colpito ovunque vi fosse un varco nelle mura della fortezza europea, indebolendo significativamente l’euro nei confronti del dollaro (venerdì sera era sotto quota 1,27) grazie anche all’uso non sempre cristallino delle "pagelle" somministrate dalle tre grandi agenzie di rating, Moody’s, Standard & Poor e Fitch, ai debiti sovrani delle nazioni europee in difficoltà di bilancio.

Non ci stupisce affatto l’assalto della speculazione: essa fa esattamente il proprio compito, senza riguardi per nessuno. Ci preme piuttosto sottolineare come questi assalti siano stati possibili e per un certo periodo coronati da successo per almeno due ragioni: la struttura stessa dell’edificio europeo e l’assenza di una politica e di una visione unitaria. Invano si cercherebbero nella Bce piuttosto che nella Commissione europea responsabilità nella maldestra gestione iniziale della crisi greca che oggettivamente - vuoi per statuto vuoi per effettivi limiti d’azione - non potevano avere. Diciamo piuttosto che senza la Bce - senza cioè un organismo centralizzato che oltre alla vigilanza sulla stabilità dei prezzi esercita il controllo sulla base monetaria fissando i tassi di interesse a breve - non saremmo stati in grado di costruire un argine significativo nei confronti dell’offensiva mossa contro l’euro. E’ viceversa la struttura della casa-Europa che è imperfetta e incompleta: i Trattati che faticosamente i Paesi membri si sono dati non configurano un’Europa efficacemente governabile, bensì la somma compromissoria di differenti sensibilità, quando non di visioni diametralmente opposte, tanto da essere stati varie volte violati o disattesi.

Ma è soprattutto la politica ad aver latitato: a lungo incapaci di uscire dagli egoismi nazionali e di assegnarsi una guida che parlasse con una sola voce, i Ventisette si sono dati per l’ennesima volta una rappresentanza debole se non illusoria; come giudicare altrimenti il drammatico e insieme teatrale inserimento di Obama nelle trattative dell’altra notte a Bruxelles che scavalcava senza mezzi termini la figura istituzionale del premier stabile Van Rompuy per scegliere come interlocutore quello che maggiormente rappresenta a tutti gli effetti la vera leadership europea, cioè Angela Merkel?

Molti miti sono caduti nel corso di questa crisi, da quello dell’euro come moneta al riparo da ogni pericolo a quello dell’Unione Europea come inespugnabile fortezza. Ci piace pensare tuttavia che assieme al frantumarsi di alcuni feticci siano sorte consapevolezze nuove: su tutte, quella che soltanto un fronte e un’azione comune potrà salvarci dall’assalto alla nostra integrità. Meglio tardi che mai.

Giorgio Ferrari

 

 

 

 

2010-05-09

8 Maggio 2010

BRUXELLES

Varato il piano salva-euro

Trichet: è una crisi sistemica

Riunione d'urgenza della Commissione europea domani a Bruxelles. Il presidente dell'esecutivo comunitario Josè Manuel Barroso ha convocato per domenica alle 13 tutti i commissari per dare seguito alle decisioni prese ieri notte dal vertice straordinario dell'Eurogruppo per fare fronte alla crisi che sta colpendo la moneta unica. La Commissione dovrà tra l'altro varare il piano salva-Stati che sarà poi discusso, nel pomeriggio, dai ministri delle Finanze dei 27.

Il vertice dell'Eurogruppo, infatti, ha varato un piano per salvare l'euro e si appresta a mettere in campo un meccanismo per aiutare i Paesi in difficoltà. Sarà un Consiglio dei ministri delle Finanze dell'Ue a definire, domenica prossima, le modalità tecniche del sistema di 'pronto-interventò per difendere la stabilità della zona euro e mettere l'unione monetaria al riparo dagli effetti della crisi greca e dalle turbolenze dei mercati finanziari.

La decisione è arrivata dopo che il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, rivolto ai sedici leader dell'Eurozona ha detto senza mezzi termini che ci si trova davanti a una vera e propria "crisi sistemica". Anche il presidente francese Nicolas Sarkozy non ha nascosto come la situazione sia "eccezionale, con la zona euro che attraversa senza dubbio la crisi più grave dalla sua creazione".

L'Eurogruppo ha quindi confermato il pieno sostegno al governo greco, dando il via libera al versamento della prima tranche di aiuti nei prossimi giorni, e si è impegnato a dotare l'unione monetaria di un vero e proprio "governo economico".

In particolare rafforzando la sorveglianza sulle politiche economiche e di bilancio, riformando il Patto di stabilità e crescita, con un rafforzamento del sistema di sanzioni, e potenziando il ruolo dell'Eurogruppo soprattutto nella gestione delle crisi. Saranno inoltre introdotti nuovi parametri di valutazione delle economie nazionali, quali il livello di competitività e il debito.

I 16 hanno quindi assunto l'impegno di adottare nuove misure per ridurre i deficit dei conti pubblici per quest'anno e il prossimo, accelerando il processo di risanamento. Forte determinazione è stata espressa dall'Eurogruppo anche per lottare contro la speculazione e rafforzare la regolamentazione dei mercati. Al termine della riunione la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato che la messa a punto del piano salva-Stati rappresenta un "segnale chiaro e forte agli speculatori".

Quanto al meccanismo che la Commissione Ue presenterà domenica al Consiglio Ecofin, esso dovrebbe prevedere, così come avviene per i prestiti in favore delle bilance dei pagamenti dei Paesi fuori dall'Eurozona, la raccolta di fondi sui mercati da parte di Bruxelles per sostenere i Paesi in difficoltà. Anche la Bce sarebbe pronta ad agire acquistando titoli pubblici degli Stati con problemi di finanziamento sui mercati.

Nella dichiarazione finale adotta dal vertice dell'Eurogruppo è stata anche sottolineata l'esigenza di rivedere il ruolo delle agenzie di rating dopo quanto avvenuto nelle ultime settimane con la revisione dei voti assegnati al debito pubblico di Grecia, Spagna e Portogallo.

La dichiarazione finale è stata adottata dall'Eurogruppo dopo nove ore di non facili trattative che hanno visto la Germania - dove domenica si svolgerà un'importante consultazione elettorale - ancora una volta opporre resistenza alle richieste degli altri Paesi per l'immediata messa a punto di un piano salva-Stati.

 

 

 

 

 

 

7 Maggio 2010

LA CRISI

Borse nel caos bruciati 183 miliardi

Scattano i controlli

Il conto si fa sempre più salato. Nuovo tonfo per le Borse europee e altri 183 miliardi mandati in fumo. L’indice Dj Stoxx 600, quello che fotografa l’andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio Continente, ha perso ieri il 3,94%. In quattro sedute i mercati hanno bruciato quasi 440 miliardi di euro.

Le Piazze finanziarie non sono riuscite dunque a scrollarsi di dosso la paura che le attanaglia da quando è scoppiato il bubbone ad Atene. Si teme che altri Paesi, dopo la Grecia, possano trovarsi nell’impossibilità di onorare i loro debiti, rischino cioè anch’essi il "default", l’insolvenza. Ma un conto è salvare un piccolo Stato, altra cosa un’economia come la Spagna. La speculazione al ribasso, per di più, in situazioni come queste ci sguazza. Al punto che le autorità di controllo europee ed americane hanno deciso di vederci chiaro.

Anche ieri le incertezze si sono tramutate via via in panico, trascinando al ribasso l’Asia, Wall Street e tutte le piazze europee, e non risparmiando nemmeno l’euro che, in una girandola di alti e bassi, è passato in poche ore da una netta ripresa a quota 1,28 dollari a un minimo di 1,2610, per poi risalire nuovamente sopra 1,27.

La giornata era cominciata in una relativa calma, grazie anche ai dati positivi sull’occupazione americana (ad aprile sono stati creati in Usa 290mila posti). Ma con il passare delle ore, seguendo un copione già visto, il nervosismo è aumentato, portando l’indice Stoxx Europe 600 a perdere oltre il 4%, il calo più pesante da 14 mesi a questa parte. Anche Londra è arrivata a perdere più di quattro punti, per poi ritrattare e chiudere a -2,6%. Per Parigi la seduta è stata drammatica: a metà pomeriggio il calo è stato del 5,7%, solo parzialmente recuperato nel finale (-4,6%). Andamento simile anche a Francoforte, con un calo in chiusura di oltre il 3,2%, e a Madrid (-3,2%).

La seduta è stata particolarmente movimentata a Milano, dove dalle 15.45 gli operatori sono rimasti praticamente al buio, impossibilitati ad eseguire qualsiasi ordine di Borsa. Per un problema tecnico, gli scambi sono stati sospesi fino alle 16.55, momento in cui, riavviate le attività, l’Ftse Mib ha segnato una perdita del 5%. Sulla scia delle Borse europee, le vendite sono andate via via diminuendo, tanto da contenere a -3,27% la perdita in chiusura.

Il nervosismo degli ultimi giorni è stato tale da spingere le autorità di mercato europee, le varie Consob riunite nel Committee of European Securities Regulators, a cercare una regia comune per rispondere alle turbolenze dei mercati e per coordinare eventuali azioni delle commissioni nazionali. Anche i regolatori americani, ha dichiarato ieri il presidente Usa Barack Obama, "stanno valutando da vicino l’inusuale attività di mercato sperimentata ieri da Wall Street" al fine di "proteggere gli investitori e prevenire che ciò accada di nuovo".

Obama ha precisato – mentre Wall Street si avviava a chiudere in calo dell’1% sul Dow Jones – che i risultati delle indagini in corso saranno diffusi a breve "assieme a raccomandazioni per azioni appropriate".

Marco Girardo

 

 

 

 

2010-05-06

6 Maggio 2010

MOODY'S

Crisi Grecia: rischio contagio

Crollo delle Borse europee

Moody's, i timori per una possibile espansione della crisi greca e la decisione della Bce di non tagliare i tassi di interesse. Le borse europee hanno chiuso in forte calo. A Parigi il Cac40 è sceso a 3556.11 punti con un calo dell'2,2%, l'Ftse 100 di Londra è peggiorato dell'1,52% a 5260.99 punti e lo Smi di Zurigo ha perso l'1,12% ed è a quota 6376.12 punti. Il Dax di Francoforte segna infine 5908.26 punti, lo 0,84% in meno rispetto alla chiusura di ieri. A Milano la 'maglia nerà. L'Ftse Mib ha perso il 4,27% a

19483.93 punti dopo aver toccato un 'rossò di oltre il 5%.

Alla luce del recente downgrade delle banche greche, il "potenziale contagio" dei rischi di debito sovrano al sistema bancario potrebbe diffondersi ad altri paesi come Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda e Gran Bretagna. È la posizione di Moody's Investors Service contenuta in un commento speciale intitolato "Sovereign Contagion Risk", parte 1, in cui si fa riferimento all'impatto sulle banche dell'Europa meridionale, dell'Irlanda e della Gran Bretagna.

L'agenzia di rating riconosce che le banche di questi paesi hanno di fronte diverse sfide di diverso livello ma avverte che "il rischio di contagio potrebbe diluire queste differenze e rappresentare una minaccia molto reale e comune a tutti". Riguardo alla sola Italia, Moody's ritiene che si tratti di "un altro paese dove il sistema bancario finora si è mostrato relativamente robusto" ma che potrebbe trovarsi ad affrontare un rischio significativo in caso di aumento delle pressioni sul debito sovrano.

Nel rapporto si sottolinea anche che l'Italia è uno dei Paesi dove il sistema bancario è stato sino a oggi "relativamente robusto" ma dove c'è comunque un rischio di contagio se "le pressioni dei mercati sui rating sovrani aumenterà", afferma Moody's nel report sul sistema bancario europeo. Nel rapporto si sottolinea che il sistema bancario italiano ha accusato meno di altri lo scoppio della "bolla immobiliare" e di quella dei derivati.

La replica della Banca d'Italia. "Il sistema bancario italiano è robusto, il deficit di parte corrente è basso, il risparmio è alto, il debito complessivo di famiglie, imprese e Stato è basso rispetto ad altri Paesi, il debito netto nei confronti dell'estero è basso. Tutto ciò rende il caso dell'Italia diverso da quello di altri Paesi". Fonti della Banca d'Italia commentano così il rapporto di Moody's' sulle banche europee alla luce della crisi greca.

 

 

 

 

6 MAGGIO 2010

LA CRISI

Effetto contagio, ora tremano Madrid e Lisbona

Il timore che dopo la Grecia altri Paesi europei possano trovarsi nella condizione di non poter rimborsare i loro debiti continua a far bruciare miliardi in Borsa. Non solo: spinge l’euro ai nuovi minimi dell’anno sul dollaro e manda alle stelle i differenziali dei titoli di Stato con i bund tedeschi, il parametro di riferimento per le emissioni dell’Eurozona.

Quelli che ieri il presidente della Bundesbank Alex Weber ha definito "gravi effetti di contagio" si sono dunque già propagati sui mercati finanziari, che ora considerano meno improbabile l’"effetto domino": la prossima tessera a cadere potrebbe essere il Portogallo, seguito dalla Spagna.

I due Paesi presentano infatti, insieme all’Irlanda, il deficit di bilancio più pericoloso per i rispettivi debiti pubblici. Ieri l’agenzia di rating Moody’s ha messo sotto osservazione Lisbona per una possibile bocciatura del merito di credito nonostante il governo sia riuscito comunque a piazzare sui mercati obbligazionari 500 milioni di euro. Gli analisti di Moody’s hanno minacciato un taglio del rating, attualmente ad "Aa2", nei prossimi tre mesi, muovendosi sul solco dell’agenzia rivale Standard & Poor’s che la scorsa settimana ha peggiorato il voto sul Portogallo. Innescando di fatto una corsa a scommettere sull’escalation della crisi che colpisce Eurolandia.

Immediatamente il differenziale di rendimento (spread) tra i titoli decennali portoghesi e gli analoghi titoli tedeschi è salito al record di 310 punti.

Primato anche per lo spread dei bond spagnali, schizzato al massimo storico dall’introduzione dell’euro (130 punti base). In rialzo anche i rendimenti, altro indicatore del "rischio" d’insolvenza: 10,02% per i titoli decennali greci, 5,76% per quelli portoghesi e 4,20% per quelli spagnoli. Le Borse hanno reagito di conseguenza, impressionate anche dai drammatici scontri ad Atene: la piazza greca ha perso quasi il 4%, Madrid il 2,27% mentre Milano e Londra (-1,28%) hanno limitato insieme a Francoforte (-0,81%) le perdite.

"La crisi greca – spiega Adrien Pichoud, analista di di Banca Syz – illustra i problemi caratteristici del debito degli Stati: fino a quando i creditori sono fiduciosi della capacità di rimborsare un prestito, il livello del debito non è necessariamente un ostacolo, come dimostra il caso del Giappone o degli Stati Uniti, che sopportano rispettivamente un debito pubblico equivalente al 200% e al 90% del Pil. Non a caso i rendimenti dei loro titoli decennali sono ancora bassi (1,35% e 3,24%, ndr)". Questo perché la probabilità che i due Paesi falliscano è considerata dai mercati molto ridotta, date le dimensioni di queste economie e la domanda strutturale per le loro obbligazioni.

Una situazione in cui si trova anche l’Italia, nonostante il debito pubblico sia destinato a raggiungere quest’anno il 118% del Pil. Ieri, tuttavia, si è osservato per la prima volta anche sui titoli decennali italiani un "movimento molto violento", come l’ha definito Marco Palacino, direttore generale Italia di Mellon Global Investment. Lo <+corsivo>spread<+tondo> tra Btp e bund ha toccato i 123 punti. Palacino ricorda che sui mercati continuano ad avere un peso diverse voci senza riscontri sul possibile taglio del rating della Spagna. Il premier Josè Luis Zapatero ha ribadito che Madrid "rispetterà con assoluta determinazione gli impegni presi nel piano di riduzione del deficit pubblico" consegnato a Bruxelles.

Particolare pressione si registra infine sul cambio euro-dollaro. Ieri la moneta unica è scivola ad un nuovo minimo da oltre un anno rispetto al biglietto verde, scendendo sotto quota 1,29 dollari per la prima volta dall’aprile del 2009.

Marco Girardo

 

2010-05-05

5 Maggio 2010

CRISI

Guerriglia urbana ad Atene

Molotov contro banca, 3 morti

È guerra urbana ad Atene e Salonicco per le proteste contro il piano d'austerità del governo greco. Nella capitale la situazione è totalmente degenerata nelle ultime ore, i manifestanti hanno lanciato bombe molotov contro negozi e banche e hanno tentato di forzare il cordone di sicurezza attorno al Parlamento lanciando pietre e bottiglie.

Un banca è stata colpita da una bottiglia molotov ed è scoppiato un incendio che si è propagato nell'edificio. Tre persone sono morte e una ventina sono ancora intrappolate nel palazzo. La polizia ha risposto con il lancio di gas lacrimogeni e granate stordenti. Un palazzo del centro attaccato dai manifestanti è stato evacuato dopo che è scoppiato un incendio. Fiamme anche in una una banca colpita da una molotov.

A Salonicco i poliziotti hanno usato i gas lacrimogeni per fermare una sassaiola contro le vetrine dei negozi. I disordini sono scoppiati a margine dei cortei di protesta contro il piano di rigore varato dall'esecutivo per accedere ai prestiti dell'Ue e del Fmi. Ad Atene 10mila manifestanti si sono uniti al corteo dei sindacati del settore pubblico e privato e altrettanti sono stati stimati per quello del sindacato comunista Pame. Tra gli slogan della protesta "Fmi e Ue stanno rubando un secolo di progresso sociale" e "I ricchi devono pagare per la crisi". Altre 14mila persone si sono radunate a Salonicco. Le manifestazioni hanno preso il via poco prima di mezzogiorno mentre la Grecia era paralizzata dallo sciopero generale, il terzo dall'inizio della crisi. I sindacati chiedono che il piano di rigore venga bocciato e che siano puniti i responsabili dell'esplosione del debito pubblico ellenico.

In tutto il Paese chiusi uffici pubblici, ospedali, banche e negozi e i trasporti aerei, marittimi e ferroviari sono bloccati con alcune eccezioni per Atene in modo da garantire la partecipazione alle proteste. Intanto la comunità finanziaria internazionale ha lanciato l'allarme: secondo il presidente della Bundesbank, Axel Weber, e il direttore generale del Fmi non sono da escludere "gravi effetti di contagio" in Europa dalla crisi greca.

 

 

 

2010-05-04

4 Maggio 2010

FINANZA

Borse europee in calo:

bruciati 144 miliardi di euro

Le Borse europee hanno bruciato oltre 144 miliardi di euro per effetto dei timori legati al piano di salvataggio messo a punto per la Grecia e di un eventuale contagio della crisi verso gli altri Paesi dell'area Pigs, in particolare verso la Spagna. Al termine della seduta l'indice paneuropeo Dj Stoxx 600 ha perso il 2,90%, azzerando i guadagni messi a segno da inizio anno. Affondano i listini di Madrid (-5,4%), Lisbona (-4,2%) e Atene (-7,3%). Londra ha perso il 2,56%, Parigi il 3,64%, Francoforte il 2,6%.

"In linea di principio l'accordo con la Grecia è buono, ma sta comportando enormi disagi e non è chiaro se riuscirà veramente a contenere il contagio che si è diffuso", ha detto Mike Lenhoff, capo strategist a Brewin Dolphin.

Le principali vittime della giornata odierna sono le banche con Barclays, Societe Generale, BNP Paribas e Deutsche Bank che hanno registrato ribassi tra l'1,8 e il 5,9%

In Spagna il Banco Santander ha lasciato sul terreno il 7,1% e BBVA il 7,6%, mentre l'indice sulle banche greche è crollato del 10,3%.

 

 

 

 

 

4 Maggio 2010

Il caso Grecia e la sorte dell’euro

Attenti alle cure lacrime e sangue

L’accordo raggiunto, ma non ancora firmato, tra il governo greco, il Fondo Monetario (Fmi) e l’Eurogruppo (gli Stati che fanno parte dell’unione monetaria) è modellato sulle intese tradizionali che il Fmi conclude con Stati membri in difficoltà. Il Fmi e l’Eurogruppo si impegnano a fornire alla Grecia un totale di 120 miliardi di euro in tre anni, erogabili in tranches crescenti (dalla prima di 20 miliardi all’ultima di 50 miliardi) a mano a mano che il governo di Atene attua un programma di stabilizzazione concordato.

Sino a quando il programma non sarà realizzato, inoltre, la Repubblica ellenica potrebbe perdere il diritto di voto in seno all’Eurogruppo, secondo una proposta della Repubblica federale tedesca all’esame degli organi europei tra una settimana. Atene, inoltre, si impegna nell’immediato a ridurre le spese pubbliche e ad aumentare il gettito fiscale per 24 miliardi di euro, nonché ad adottare misure di austerità che includono il congelamento dei salari, l’eliminazione della tredicesima e quattordicesima mensilità ai funzionari pubblici, l’aumento dell’età pensionabile, un incremento dell’Iva, dal 21% al 23-25% e delle imposte su sigarette, liquori, carburanti da un lato, grandi proprietà, auto di lusso, yacht e salari elevati dall’altro. In tre-cinque anni, il deficit di bilancio delle pubbliche amministrazioni della Grecia dovrebbe essere portato al 3% del Pil. E la Repubblica dovrebbe essere così posta sulla strada della riduzione del rapporto tra stock di debito pubblico e reddito nazionale.

Programmi analoghi sono stati attuati per la crisi debitoria latino-americana della fine degli anni Ottanta e della crisi asiatica della fine degli anni Novanta. E sono stati seriamente criticati dal Premio Nobel Joseph Stiglitz che, in polemica con il Fmi, sbatté la porta del suo ufficio di vicepresidente della Banca Mondiale. Con il senno di poi, si può dire che in America Latina hanno funzionato modestamente, mentre in Asia hanno funzionato troppo bene. Martin Wolf, in un libro brillante, rileva che in Asia la strategia è all’origine delle eccedenze delle bilance dei pagamenti dei Paesi asiatici e, quindi, degli squilibri che hanno inciso anche sul pullulare dei mutui sub-prime negli Stati Uniti. In breve, o per difetto o per eccesso, non hanno mai centrato gli obiettivi sperati.

La trappola più seria è l’intensità dello sforzo richiesto: implica crescita economica zero o negativa e aumento della disoccupazione sino al 14-15% entro il 2014 (secondo le stesse stime Fmi). È improbabile che il programma venga realizzato, anche perché gli ammortizzatori sociali in vigore in Grecia (il cui welfare è modellato su quello della Germania di Bismarck) proteggono i ceti medi e medio-bassi, ma non quelli più poveri. Difficile pensare che lo stato sociale greco venga modificato in tempo per evitare una vera esplosione sociale, tale da mettere a repentaglio sia il governo che ha contrattato il programma sia il programma medesimo.

E ciò, a sua volta, implicherebbe perdita di credibilità per il Fmi e per l’Eurogruppo. Il primo ha le spalle robuste e ha subito pure smacchi analoghi in passato. Il secondo è, invece, un’istituzione ancora fragile con appena dieci anni di vita e con altri parti – Portogallo, Spagna e Irlanda – in difficoltà. I rischi di scossoni nell’area dell’euro sono più gravi ma altrettanto probabili di quelli che ci furono sui mercati internazionali per il caso dell’Argentina quando, uno-due anni dopo il finanziamento, fu comunque dichiarata l’insolvenza per l’impossibilità d’attuare il programma concordato. Un copione che. purtroppo, potrebbe ripetersi. È necessario tenerlo presente e lavorare per evitare esiti altrettanto nefasti.

Giuseppe Pennisi

 

 

 

 

4 Maggio 2010

ATENE

Grecia paralizzata

dallo sciopero generale

Migliaia di dipendenti pubblici hanno manifestato oggi ad Atene per protestare contro le nuove misure di austerità concordate dal governo greco con Unione europea e Fondo monetario internazionale in cambio di aiuti per miliardi di euro, in quello che è il primo test sull'impegno dell'esecutivo socialista ad attuare i previsti tagli.

Lo sciopero del settore pubblico è cominciato oggi e durerà 48 ore. Chiusi ministeri, uffici delle tasse, scuole, ospedali e servizi pubblici vari, con numerosi voli aerei cancellati.

Il governo ha presentato il piano di intervento in tre anni al Parlamento, dove gode di una maggioranza certa. Il piano prevede tagli alla spesa e aumenti delle tasse per complessivi 30 miliardi di euro, e dovrebbe essere votato giovedì prossimo.

In cambio dei sacrifici, Atene riceverà 110 miliardi di dollari in tre anni, un pacchetto che dovrebbe contribuire a placare i timori di default e dare al paese tempo per la ripresa di un'economia non competitiva e su cui pesa la corruzione.

Intanto circa 4mila manifestati, tra cui insegnanti, spazzini, pensionati, lavoratori edili e impiegati vari, hanno manifestato davanti al Parlamento, chiamati a raccolta dall'Adedy, il principale sindacato del settore pubblico.

"Non pagheremo mai per la Ue e il Fmi", era uno degli slogan che risuonavano nella manifestazione, insieme a "Tassate i ricchi".

La partecipazione alle manifestazioni è stata fin qui limitata a poche decine di migliaia di persone, poche in confronto alla sommosse che paralizzarono Atene nel dicembre 2008 dopo l'uccisione di un adolescente da parte della polizia. Ma ci si attende che la protesta cresca dopo il piano presentato dal governo del premier George Papandreou. I sindacati hanno annunciato una maggiore partecipazione per domani, quando alla protesta prenderanno parte anche i lavoratori del settore privato.

 

 

 

2010-05-02

2010-04-30

29 APRILE 2010

LA CRISI IN EUROPA

Aiuti ad Atene, decolla la Borsa

Ora misure dolorose

Borsa di Atene in forte rialzo stamane in vista dell'atteso via libera agli aiuti Ue-Fmi. Il premier greco Giorgio Papandreou incontrerà sindacati e industriali per informarli sulle nuove "dolorose misure" del governo per far fronte alla crisi ed ottenere l'erogazione del pacchetto di aiuti. L'accordo dovrebbe essere finalizzato nei prossimi giorni. Si prevede che contestualmente il premier annunci le nuove misure in un discorso televisivo al paese. Della crisi greca hanno parlato al telefono ieri sera anche il presidente Usa, Barack Obama e il Cancelliere tedesco Angela Merkel, d'accordo nel chiedere alla Grecia "azioni decise" e l'intervento "tempestivo" della Ue e dell' Fmi. Il piano salva-Grecia dovrebbe ammontare a 100-120 miliardi di euro in tre anni.

Dopo lunghi tentennamenti il governo tedesco ha detto sì: entro la prossima settimana chiederà al Bundestag l’approvazione di aiuti alla Grecia fino a 8,4 miliardi nel 2010 e per un ulteriore ammontare non specificato nel 2011 e nel 2012. La decisione positiva dell’Esecutivo di Berlino ha permesso a tutti di tirare un sospiro di sollievo, anche se il cammino per uscire dalla crisi è ancora lungo e complesso – come si vede dal declassamento anche del rating spagnolo deciso ieri da S&P – e la stessa entità del disastro è ancora tutta da definire.

Secondo l’Ard, il primo canale televisivo pubblico, la Grecia nei prossimi tre anni, per uscire dalla crisi, potrebbe avere bisogno di 120 miliardi di euro. La cifra sarebbe ancora superiore, secondo il ministro dell’Economia tedesco, Rainer Brüderle: a San Paolo del Brasile il ministro liberale avrebbe stimato il pacchetto di aiuti in 135 miliardi di euro per il triennio.

A Berlino la giornata di ieri è iniziata in un clima di incertezza. Tutti i soggetti in campo hanno proseguito la pressione sulla Germania, il Paese più indeciso sull’opportunità degli interventi a favore della crisi greca. Poi, nel primo pomeriggio, la schiarita che tutti attendevano, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, e il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha annunciato che "il governo tedesco è pronto ad adottare un disegno di legge per autorizzare la partecipazione della Germania al piano di aiuti".

L’importo indicato per il 2010 corrisponde a un totale di aiuti di 30 miliardi di euro da parte dell’Ue, a cui si aggiungeranno 15 miliardi del Fondo monetario internazionale. Nonostante il sì agli aiuti, la posizione della Germania resta la stessa: "Il governo greco deve accettare il piano esigente", ha sottolineato il cancelliere Merkel, augurandosi che "la Grecia non sia una nuova Lehman Brothers" e auspicando che, fin da subito, Atene dimostri la volontà di intervenire con riforme concrete al profondo dissesto finanziario causato principalmente dalla corruzione e dall’evasione fiscale.

Per il direttore generale dell’Fmi, Strauss-Kahn, "occorrerà diverso tempo prima di riuscire a risanare le finanze della Grecia e serviranno altre misure dolorose da parte di Atene". Strauss-Kahn si è detto tuttavia fiducioso anche poiché un fallimento delle trattative avrebbe ampie conseguenze per l’Eurozona, ma anche per le altre principali aree economiche.

Ma ieri da Atene è arrivata una prima doccia fredda sulle trattative: il ministero del Lavoro greco non intenderebbe introdurre i tagli salariali tra le misure di austerità che Unione Europea e Fmi hanno chiesto al Paese in cambio degli aiuti. I media, l’opinione pubblica e soprattutto i contribuenti tedeschi seguono con preoccupazione l’evolversi della crisi greca poiché in Europa ricadrà soprattutto sulle loro spalle il debito di Atene. I leader politici, Merkel compresa, anche ieri hanno ribadito che il ritardo della decisione sugli aiuti alla Grecia, considerata da tutti impopolare, non ha motivi politici interni ( il 9 maggio si voterà nel Nord Reno Westfalia, il Land più popoloso della Germania), ma la realtà è che la questione è ormai diventata motivo di campagna elettorale. Non a caso ieri il presidente dei socialdemocratici, Sigmar Gabriel, ha proposto una tassa sulle operazioni finanziare in Germania che permetterebbe di raccogliere 14 miliardi di euro e di pagare anche gli aiuti alla Grecia.

Vincenzo Savignano

 

 

 

 

 

2010-04-27

27 Aprile 2010

PAESI IN DEFICIT

Grecia e Portogallo declassati

Giornata nera per i mercati

Giornata nera per i mercati e per l'Eurozona. Standard and Poor's ha declassato la Grecia a livelli "spazzatura" e anche il Portogallo si è visto ridurre il rating per come sta gestendo l'elevato debito pubblico. Così, a fine seduta, i mercati europei hanno fatto registrare un vero e proprio tracollo con la Borsa di Atene che ha subito perdite di oltre il 7%. Ma per il nostro Paese non c'è alcun rischio di "contagio": lo ha assicurato Moody's, altra autorevole agenzia internazionale di rating, e anche alcuni economisti come Donato Masciandaro, direttore del Dipartimento di Economia dell'Università Bocconi di Milano.

Da parte sua, la Grecia ha fatto sapere di aver bisogno di "tempo e di serenità" per completare le profonde riforme che sono necessarie: lo ha detto il premier greco George Papandreou, aggiungendo che "ogni cosa deve cambiare" per rendere l'economia più sostenibile. "Abbiamo bisogno di tempo e di serenità per poter riformare profondamente il Paese", ha spiegato il premier. "Speriamo d'ora in avanti di concentrarci e di rompere con il passato, e l'apporto della Ue e del Fmi ci darà la calma indispensabile per realizzare questi cambiamenti".

Intanto l'incertezza sulla situazione finanziaria del Paese affossa le borse europee che oggi registrano forti ribassi e l'euro. Il malumore è pesante: il 5 maggio, in Grecia, ci sarà un nuovo sciopero generale mentre già oggi c'è stato uno stop dei trasporti. Ad Atene intanto prosegue la missione Bce, Ue e Fmi per contrattare il piano di prestiti. Le istituzioni internazionali vorrebbero garanzie maggiori in cambio dei finanziamenti e puntano a un piano fiscale di austerità fino al 2012. Esclusa invece una ristrutturazione del debito.

Secondo il direttore generale del dipartimento della Commissione Affari economici e monetari, Marco Buti, Fmi, Bce e Commissione stanno affrontando ad Atene la questione del piano di austerità come condizione per dare il via libera ai prestiti. Il negoziato con la Grecia per un nuovo programma pluriennale di austerità procede bene e verrà concluso ai primi di maggio, ha affermato il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn.

Il 10 maggio, secondo indiscrezioni non confermate, l'Eurogruppo dovrebbe riunirsi proprio per discutere del caso Grecia. E intanto il differenziale di rendimento tra i bond decennali greci e gli analoghi titoli tedeschi, sale a 687 punti base, il massimo da 12 anni.

La Bce, infine, mette in guardia i Paesi di Eurolandia con "problemi simili" a quelli della Grecia, in primo luogo il Portogallo, e invita a considerare la crisi di Atene come un campanello d'allarme: i deficit eccessivi, destinati a non migliorare fino al 2013, vanno affrontati subito.

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2010-05-14

tokyo chiude in flessione dell'1,49%. l'euro è sceso sotto la soglia 1,25 dollari

Nuovi timori sul debito greco,

le Borse europee tutte in calo

Il numero uno di Deutsche Bank Ackermann avverte: Atene non in grado di rimborsare tutto il prestito

tokyo chiude in flessione dell'1,49%. l'euro è sceso sotto la soglia 1,25 dollari

Nuovi timori sul debito greco,

le Borse europee tutte in calo

Il numero uno di Deutsche Bank Ackermann avverte: Atene non in grado di rimborsare tutto il prestito

(Liverani)

(Liverani)

MILANO - Avvio di seduta difficile per le principali Borse europee su cui tornano a prevalere le preoccupazioni legate alla situazione in cui si trovano le finanze di molti Paesi del Vecchio Continente.

BORSE IN PICCHIATA- Non sembra aver avuto effetto sui listini il varo dei piani di austerity in Spagna e Portogallo. L'indice Dj Stoxx 600, principale indicatore per i listini europei, cede l'1,5% trainato al ribasso dai cali di Madrid (-4%) e Milano (-3,36%) e Parigi (-2,5%). Cedono oltre un punto percentuale Londra (-1,5%) e Francoforte (-1,1%). I timori relativi all'economia, con l'euro sceso sotto quota 1,25 dollari e con un aumento del rendimento dei titoli di Stato dei Paesi più a rischio, pesano in particolare sulle banche (-3,7% l'indice Dj Stoxx di settore), sulle materie prime (-3%) e sugli assicurativi (-2,6%). Le vendite più massicce colpiscono i bancari Société Générale (-6,7%), Banco Santander (-6%), Bbva (-5%).

PIAZZA AFFARI - Male come detto anche Piazza Affari, con gli indici che cedono oltre il 3%: il Ftse Mib scivola del 3,36% mentre il Ftse All Share scivola del 3,25%. Ad affondare Piazza Affari sono ancora una volta le banche guidate da Ubi (-6,37%), Banco Popolare (-5,02%) e Bpm (-5,19%). Ribassi superiori ai quattro punti percentuali per Intesa, Unicredit e Mediobanca.

LE RAGIONI - Secondo gli operatori, possono essere due i motivi fondamentali del forte calo, in particolare di Italia e Spagna. Da una parte, uno switch dal comparto bancario ad altri settori e altri mercati, come la borsa di Francoforte, che limita le perdite. Dall'altra, i trader notano come la pressione dei giorni scorsi sui bond italiani e spagnoli rispetto a quelli tedeschi si sia spostata sul mercato azionario. Ad aumentare la pressione sui mercati contribuiscono anche la continua debolezza dell'euro e le dichiarazioni di Josef Ackermann, numero uno di Deutsche Bank. Quest'ultimo, in un'intervista alla Zdf, ha espresso forti dubbi sulla capacità della Grecia di rimborsare l'integralità del suo debito, aggiungendo che Atene deve essere stabilizzata perchè un "collasso" avrebbe "sicuramente" effetti disastrosi per altri Paesi e potrebbe causare "un meltdown" dell'Eurozona.

EURO - La moneta unica, intanto, è in costante calo. Sulla minaccia di una uscita della Francia dall'area - rimbalzata nelle sale operative - ha accelerato al ribasso sino ad aggiornare il nuovo minimo dal 21 novembre 2008, a 1,2443 dollari. La divisa unica perde terreno anche nei confronti delle altre principali valute: a 114,96 yen, a 0,8549 sterline, a 1,4006 franchi svizzeri.

ORO - Intanto c'è da segnalare anche il nuovo record dell'oro, che sfiora i 1.250 dollari l'oncia: al mercato di New York le quotazioni sono salite infatti fino a 1.249,20 dollari all'oncia.

Redazione online

14 maggio 2010

 

 

 

2010-05-13

GUARDAROBA

Il colore dei leader: quando le cravatte

"parlano" ai cittadini

Cameron-Clegg, differenze (non solo) cromatiche

GUARDAROBA

Il colore dei leader: quando le cravatte

"parlano" ai cittadini

Cameron-Clegg, differenze (non solo) cromatiche

Dal nostro inviato Michele Farina

 

LONDRA — Al governo come in campagna elettorale: il primo giorno l'ex ribelle Nick Clegg sfoggia la cravatta da battaglia giallo-oro, simbolo LibDem. David Cameron scarta l'"azzurro Tory" (indossato la sera prima con la regina) per un "viola Samantha", il colore preferito dalla moglie nei giorni di transizione. Scelte a caso? Vanessa Friedman, fashion editor del Financial Times, "l'abbigliamento è uno dei pochi strumenti di instant messaging al di fuori del mondo high-tech". Friedman, che ha passato in rassegna il guardaroba del trio Cameron-Clegg-Brown, vede nelle cravatte della nuova coppia al potere un messaggio (messaggino) politico: "Con il giallo Clegg rimarca la propria indipendenza, come se dicesse ai suoi: "l'alleanza con i conservatori non ha sbiadito la nostra essenza"".

Nodi alla gola Nodi alla gola Nodi alla gola Nodi alla gola Nodi alla gola Nodi alla gola Nodi alla gola Nodi alla gola

Le cravatte di Clegg erano per la maggior parte rosse (colore dei Laburisti) e azzurre (Conservatori): da qui la decisione di comprarne una scorta dorata (da Marks and Spencer) per fare pendant con il pullman giallo dei LibDem. Per il resto il guardaroba di Clegg (padre banchiere con un castello in Francia) è quasi anonimo (marchio Jagger o Paul Smith). Anche Cameron ha messo da parte i capi super-costosi (fece scalpore l'abito Richard James da 3.000 euro a una conferenza di partito) spesso scegliendo l'abbinamento informale con la camicia aperta: un ammiccamento al mondo giovane delle start-up, un'aberrazione per il predecessore Gordon Brown, sempre a proprio agio con un nodo di seta al collo. Un cambio generazionale, dice Vanessa Friedman, paragonabile a quello di Jack Kennedy "quando decise di non portare il cappello il giorno dell'insediamento alla Casa Bianca".

Se non fosse che, per la sua prima volta a Downing Street, Cameron (anzi la moglie che gli sceglie i vestiti) ha abbandonato la divisa un po' obamiana di "boy in blue" (cravatta azzurra) per i toni del viola, proprio quelli favoriti dall'ultimo Brown. "Gli ha rubato la cravatta, come se volesse rimarcare il cambio della guardia", dice Friedman al Corriere. Oltre che "sottolineare affettuosamente l'unità con Samantha". Viola regale, o forse lilla Blair: fu Tony a passare dal rosso Labour al più gentile lavanda, dopo il fiasco in Iraq. La cravatta come messaggino politico. In passato Cameron non si è forse presentato come il nuovo Blair, mago della comunicazione? Stesso lilla. Che poi è un mix "centrista" di azzurro e rosso, destra e sinistra. Brown l'ha abbandonato la sera delle dimissioni: senza più bisogno di piacere a tutti, è tornato al rosso (con qualche riga) della tradizione laburista.

Michele Farina

13 maggio 2010

 

 

 

GRAN BRETAGNA, L'ALLEANZA CONSERVATORI-LIBERALDEMOCRATICI

Governo di coalizione, ecco la squadra

Cameron al lavoro, Clegg sarà il vice. Il neoministro degli Esteri: "No all'Eurozona". I bookmaker:"Non dura"

GRAN BRETAGNA, L'ALLEANZA CONSERVATORI-LIBERALDEMOCRATICI

Governo di coalizione, ecco la squadra

Cameron al lavoro, Clegg sarà il vice. Il neoministro degli Esteri: "No all'Eurozona". I bookmaker:"Non dura"

MILANO- "Nessun ulteriore trasferimento dell'autorità all'Unione Europea senza un referendum, nessun ingresso nell'Eurozona entro la prossima legislatura". Il nuovo governo di coalizione inglese sta nascendo. E i suoi ministri prendono già le misure. Così il conservatore William Hague, nuovo titolare degli Esteri, ha illustrato alcuni degli aspetti dell'accordo di coalizione con i Liberal-Democratici che ha permesso martedì a David Cameron di fare il suo ingresso a Downing Street. Se sull'Europa le divisioni fra i due partiti erano (e rimangono, al di là del compromesso) profonde, sull'Afghanistan l’accordo è più semplice. Hague, intervistato dalla Bbc, ha spiegato che verrà creato un Consiglio per la Sicurezza nazionale per coordinare Difesa ed Esteri, e le spese per la Difesa verranno riesaminate in un prossimo futuro per "proporzionare le risorse al dispiegamento".

LA FORMAZIONE - Inatnto Cameron, ottavo capo del governo conservatore del Regno Unito dopo la Seconda Guerra mondiale, è al lavoro per la formazione del suo governo assieme ai liberaldemocratici, la prima coalizione degli ultimi 70 anni in Gran Bretagna. Il leader del Lib Dem, Nick Clegg, sarà vice premier e altri quattro esponenti del suo partito saranno ministri. A quanto riferisce la Bbc, i Tories avranno George Osborne come Chancellor, ovvero come ministro dell'economia, William Hague agli Esteri, Liam Fox alla Difesa e Andrew Lansley alla Sanità. Il capo dello staff di Clegg, Danny Alexander, sarà il ministro per la Scozia, mentre al portavoce economico dei Lib Dem Vince Cable sarà assegnato un incarico per "banche e imprese", ma non è chiaro se sarà il chief secretary alla tesoreria, ovvero il numero due del Chancellor. In tutto i Lib Dem dovrebbero avere una ventina di incarichi in seno al nuovo esecutivo.

NUOVA POLITICA - "Formeremo un nuovo tipo di governo" ha assicurato il leader dei liberal democratici britannici, Nick Clegg, 43 anni, nominato vice primo ministro. "Spero che sarà il debutto di un nuovo modo di fare politica: diversa, plurale, e nella quale uomini politici di diversa provenienza si uniscono e superano le loro differenze per fornire un miglior governo per il bene dell'intero paese". Clegg, confermando che i dirigenti del partito Lib Dem hanno largamente approvato questo accordo, ha concluso: "È questo che il popolo della Gran Bretagna ci ha domandato di fare nelle elezioni della scorsa settimana"

PUNTATE - Quanto durerà il nuovo governo? A sentire i bookmaker, davvero poco: nonostante la formazione di una maggioranza, gli allibratori hanno infatti abbassato da 2.75 a 2.37 la quota sulla possibilità che nuove elezioni verranno indette entro l'anno. A 2.75, invece, che si andrà alle urne il prossimo anno. Salgono invece parecchio- spiega l'Agicos - le quote su una maggiore longevità del governo Cameron: la permanenza fino al 2012 si gioca a 5.00, a 8.00 fino al 2013, a 12.00 fino al 2014 e a 21.00 fino al termine del mandato.

Redazione Online

12 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-12

il commissario Rehn: "In futuro più attenzione al debito"

Barroso: "Sanzioni automatiche

per chi sfora i conti pubblici"

Il presidente della commissione Ue: "Per uscire

dalla crisi bisogna essere credibili"

il commissario Rehn: "In futuro più attenzione al debito"

Barroso: "Sanzioni automatiche

per chi sfora i conti pubblici"

Il presidente della commissione Ue: "Per uscire

dalla crisi bisogna essere credibili"

Josè Manuel Barroso

Josè Manuel Barroso

MILANO - Perché le riforme messe a punto dall'Unione europea siano credibili, le sanzioni previste dal piano per chi sfora i conti devono essere "automatiche". Lo ha detto il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, presentando il pacchetto di proposte per la riforma del Patto di Stabilità e per la realizzazione di interventi cruciali verso una governance economica. "Questo è un patto di consolidamento per il rafforzamento dell'economia europea, dobbiamo agire adesso e mostrare credibilità sulle riforme più fondamentali" ha spiegato Barroso. Le sanzioni, ha aggiunto poi, sono necessarie per il rafforzamento della disciplina di bilancio in Europa: gli Stati hanno bisogno di essere incentivati a raggiungere gli obiettivi fissati dal patto di stabilità. "Deve essere chiaro - ha detto Barroso - che senza sanzioni non saremo abbastanza credibili. Questo comprende anche la possibilità di imporre depositi fruttiferi per gli Stati membri che non fanno sufficienti progressi verso gli obiettivi a medio termine nei tempi giusti". Il piano varato dalla Commissione prevede in effetti una più veloce "procedura per deficit eccessivo", con sanzioni automatiche per quei Paesi che non rispettano i parametri del patto di Stabilità e crescita. Il presidente della Commissione Ue ha poi ammonito: "Non può esserci unione monetaria senza che ci sia unione economica". "Se i governi non vogliono l'unione economica - ha affermato - tanto vale dimenticarsi dell'unione monetaria e rinunciarvi".

ATTENZIONE AL DEBITO - Dal canto suo, il Commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, ha spiegato che in futuro si farà più attenzione al debito pubblico, non solo al deficit. "Se un Paese ha un debito del cento per cento sul Pil o anche più (come il caso per esempio dell'Italia, ndr) - ha spiegato Rehn - è fondamentale non solo che il deficit si trovi sotto il 3%, ma anche che si trovi in una percentuale tale da permettere di sperare in una sufficiente discesa del debito".

NUOVI INGRESSI - Per quanto riguarda i futuri ingressi nell'Unione europea, la Commissione raccomanda che l'Estonia adotti l'euro dal 1° gennaio 2011 visto che il Paese rispetta tutte le condizioni per entrare nell'eurozona. L'ingresso dell'Estonia rappresenta, secondo Barroso, "un chiaro segnale di fiducia". "Nessuno vuole abbandonare l'euro" ha aggiunto.

12 maggio 2010

 

 

 

 

Euro, ora Trichet ha più fiducia

"I mercati verso la normalità"

Il numero uno della Bce: "La decisione di riacquistare bond statali? Tutta la liquidità che daremo sarà ripresa"

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Jean-Claude Trichet (Afp)

Jean-Claude Trichet (Afp)

MILANO - "I mercati stanno tornando gradualmente alla normalità". Ha più fiducia nell'euro Jean-Claude Trichet. In un'intervista alla radio francese Europe 1 il presidente della Bce, ha sottolineato che l'Eurotower "non ha cambiato le politiche monetarie" aggiungendo subito dopo - riferendosi alla decisione della Bce di riacquistare bond statali - che "tutta la liquidità che daremo sarà ripresa".

"SORVEGLIANZA" - "Alcuni osservatori - ha spiegato Trichet - hanno rilevato che un certo numero di mercati che funzionavano in modo anomalo stanno progressivamente tornando alla normalità". "Sono più che fiducioso sul futuro dell'euro", ha aggiunto il numero uno della Bce, "l'euro non è in discussione, ciò che è in discussione sono le politiche messe in atto dai diversi governi della zona euro". Dunque è determinante una "maggiore sorveglianza sulle politiche di bilancio" dei paesi della Eurozona. Alla domanda se la crisi deve considerarsi finita Trichet ha risposto: "Non siamo nella stessa crisi del 2007 ma le tensioni stanno continuando. Dobbiamo rimanere vigili. Dipenderà dalle capacità delle autorità pubbliche e del settore privato di prendere le decisioni opportune".

BORSE - Dà ragione alla parole di Trichet l'andamento dell Borse del Vecchio Continente. Dopo un'apertura in leggero ribasso infatti le Piazze europee virano in positivo a metà mattina. L'indice d'area Dj Stoxx guadagna l'1,3 per cento. Il listini, sollevati da una serie di dati macro-economici e dalla fiducia sull'euro espressa dal presidente della Bce, Jean Claude Trichet, dopo un'apertura debole hanno cambiato decisamente marcia. A dare smalto ai mercati in particolare gli assicurativi (sottoindice dj stoxx +2,37%) con Ing (+7,5%), Legal & General (+3,5%), Old Mutual (+3,3%) e Alliaz (+3%) che ha chiuso il primo trimestre con un utile netto di 1,6 miliardi di euro sopra le attese degli analisti. Corrono anche i media (+2,%) dove è in evidenza Mediaset (+3,01%) con Barclays che ribadisce il giudizio 'overweight' e alza il prezzo obiettivo da 6,9 a 7 euro. Ben sostenuti anche auto (+1,5%), banche (+1,33%) e materie prime (+1,41%) Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali borse europee. - Londra +0,40% - Parigi +0,92% - Francoforte +1,29% - Madrid +1,39% - Milano +1,18% - Amsterdam +1,05% - Stoccolma +1,46% - Zurigo +0,55% - Lisbona +1,45% - Dublino +1,56% - Atene +1,57%.

Redazione online

12 maggio 2010

 

 

 

Crisi greca e interventi europei

Le risposte che mancano

Crisi greca e interventi europei

Le risposte che mancano

Nonostante gli annunci di domenica notte, la situazione economica nei Paesi del Sud dell’Europa rimane fragile. Della quantità straordinaria di denaro messa in campo dai governi, gli unici soldi immediatamente spendibili sono quelli della Bce e delle banche centrali nazionali. Da lunedì mattina esse hanno incominciato ad acquistare i titoli pubblici dei Paesi in difficoltà, sostenendone i prezzi.

Le risorse messe a disposizione dal Fondo monetario internazionale possono invece essere usate solo se i Paesi le chiedono e, come la Grecia, accettano le condizioni imposte dal Fondo. Il primo ministro Zapatero, preoccupato dai disordini di Atene, si rifiuta di farlo. Quindi per ora le risorse del Fondo non sono disponibili. Tutto il resto, i quasi 500 miliardi annunciati dall’Ue, per ora sono solo sulla carta. Non è ancora chiaro come verrebbero spesi e soprattutto chi pagherà: se una società in comune fra i 16 Paesi dell’euro, che acquista titoli dei governi in difficoltà ed è finanziata o garantita dai 16 pro quota, oppure mediante interventi bilaterali. Rimangono quindi solo le banche centrali, le quali però non possono continuare ad acquistare titoli oltre un certo ammontare e un certo lasso di tempo. Nonostante questi acquisti siano "sterilizzati", cioè non tocchino la base monetaria, le aspettative di inflazione (almeno quelle implicite nei prezzi dei titoli indicizzati all’inflazione) da lunedì hanno cominciato, seppur lievemente, a salire.

È quindi evidente che occorre passare alla "fase 2". Tamponata l’emorragia, è necessario affrontare le cause della crisi: politica di bilancio e crescita. Questo le banche centrali non possono farlo. I mercati lo hanno presto capito e dopo la positiva reazione iniziale sono tornate le preoccupazioni. È una stupidaggine pensare che coloro che vendono i titoli di Grecia, Spagna e Portogallo siano solo speculatori, e che spaventarli facendo la voce grossa sia il modo per risolvere tutto. Non è così. Gli investitori che stanno vendendo titoli europei sono venditori genuini, non speculatori: vogliono sapere se queste economie ricominceranno a crescere, o se invece sono destinate ad un lungo periodo di stagnazione. Perché in questo caso investiranno altrove i risparmi che le famiglie hanno loro affidato.

La soluzione migliore sarebbe attivare, in Spagna e Portogallo, un programma del Fondo monetario che apporterebbe liquidità, ma soprattutto un’attenta procedura di sorveglianza. Zapatero si rifiuta di farlo. Nei prossimi giorni la Spagna annuncerà un programma di riforme economiche che, a suo parere, dovrebbero rassicurare i mercati senza lo stigma di un intervento del Fondo. È un azzardo: se il piano spagnolo non convincesse, e gli investitori non ricominciassero ad acquistare i titoli di Madrid, la Bce si troverebbe in una situazione molto difficile, stretta tra l’impegno a sostenere da sola la Spagna e i rischi di una svolta nelle aspettative di inflazione.

Infine, pur senza allarmismi, non dobbiamo scordare che le preoccupazioni sulla crescita e la disoccupazione riguardano anche l’Italia. Una manovra estiva fatta di qualche tassa in più e qualche spostamento di spesa ai prossimi anni non è ciò che oggi serve. Occorre spiegare in che modo, dopo un decennio di stagnazione, ricominceremo a crescere e a ridurre la disoccupazione.

Francesco Giavazzi

12 maggio 2010

 

 

 

 

 

2010-05-11

a piazza affari è il secondo rialzo di sempre dal '97, scambi per 7 miliardi di euro

Le Borse brindano al piano salva-Stati

Milano vola, l'Ftse Mib chiude a +11,28%

Bene tutte le piazze europee. Trichet: "Ripresa meglio delle attese, ma serve rigore sui conti pubblici"

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(Reuters)

(Reuters)

MILANO - Le Borse brindano al maxi-piano europeo da 750 miliardi per difendere la moneta unica. Volano tutte le piazze del Vecchio continente (con Milano in particolare evidenza l'Ftse Mib chiuderà a +11,28%) e anche Wall Street apre in netto rialzo: il Dow Jones segna +2% in avvio e dopo poche battute tocca il +4,3%. Poi chiuderà a +3,92%. Un'ulteriore iniezione di fiducia che rimbalza subito in Europa, dove a Piazza Affari l'Ftse Mib sale del 10%. Alla fine però il risultato per Piazza Affari è ancora migliore. Come detto l'Ftse Mib chiude a +11,28%, ed è il secondo rialzo di sempre dal 1997, mentre l'Ftse All-Share termina a +10,50%. Balzano anche gli scambi, che sfiorano i 7 miliardi di controvalore, fermandosi in chiusura a 6,99 miliardi di euro, il nuovo record dell'anno.

BCE - Il giudizio dei mercati sul piano di aiuti dell'Unione europea per gli Stati in difficoltà è dunque positivo. Lo stesso presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, saluta con soddisfazione l'accordo e, commentando l'esito del Global economy meeting a Basilea, spiega: "Abbiamo convenuto che la ripresa non solo è confermata, ma anzi che ci sono alcuni elementi di accelerazione, sia a livello globale, e soprattutto nelle economie emergenti, che a livello europeo". "Non è il momento di abbassare la guardia" ha aggiunto il numero uno della Banca centrale, spiegando che ora l'Eurotower si aspetta una politica di rigore nei bilanci pubblici dai governi europei.

PIAZZA AFFARI - L'ondata di acquisti riguarda tutte le piazze del Vecchio Continente, ma soprattutto Piazza Affari con Unicredit e Intesa che segnano rialzi di oltre il 19%. Volano comunque tutti i titoli finanziari, che più avevano perso terreno la scorsa settimana; balzi nel comparto industriale, bene gli energetici con il prezzo del petrolio in risalita, su anche Telecom Italia. Più prudenti le utilities, che si erano meglio difese la scorsa settimana; pochissimi i segni negativi sul listino completo.

EUROPA - Anche le altre Borse europee corrono al rialzo. Madrid che chiude a+14,43% e Atene che ha chiuso a +9,13% guidano la ripresa. Seguono a breve distanza Parigi e Dublino, poi Londra, Francoforte e Zurigo con una crescita compresa tra il 4 e il 5%. Listini tutti trainati dai titoli bancari.

WALL STREET - La settimana si apre nel segno dell'euforia anche a Wall Street. Il Dow Jones, che fa segnare +2,08% in apertura, dopo pochi minuti sale del 4,3%, lo Standard & Poor's del 4,7% e il Nasdaq del 5%. Alla fine il Dow Jones chiude con un rialzo del 3,92% a 10.787,10 punti, il Nasdaq sale del 4,81% a 2.374,67 punti, mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso del 4,39% a 1.159,70 punti.

BORSE ASIATICHE - A beneficiare delle misure decise dall'Ecofin sono anche tutte le Borse asiatiche e del Pacifico. Bene Hong Kong (+1,34%) e Sydney (+2,66%). Tokyo chiude gli scambi in rialzo dell'1,60%. L'indice Nikkei si porta a 10.530,70 punti, 166,11 in più della chiusura di venerdì, e poco sotto i massimi intraday.

L'EURO - L'euro rimbalza sopra 1,29 dollari all'apertura delle piazze europee dopo il piano di intervento a supporto della moneta unica. A metà seduta l'euro guadagna terreno anche nei confronti dello yen, a 121,32 (116,22 venerdì scorso), e del franco svizzero, scambiato a 1,4258 (1,4089). L'attività è comunque molto volatile, influenzata dai bassi volumi e dall'attesa per i dati Usa che saranno pubblicati nel corso della settimana. Il dollaro consolida la propria posizione nei confronti dello yen, trattato a 93,29 (91,52), e perde terreno rispetto al franco al svizzero, a 1,0963 (1,1101).

PETROLIO - In risalita le quotazioni del petrolio, che sfondano i 77 dollari al barile sui circuiti telematici asiatici dopo l'accordo dell'Unione europea. Il Wti di giugno ha guadagnato 2,06 dollari a 77,17 dollari il barile e il Brent è risalito di 1,92 dollari a 80,19.

SPREAD - Gli effetti si fanno sentire anche sugli spread. Infatti sono in marcato restringimento sui mercati obbligazionari europei, rasserenati dall'accordo Ue-Fmi. Il differenziale tra il decennale francese e quello di riferimento tedesco passa a 30 punti base dai 36 punti di venerdì sera, quello spagnolo a 142 pb da 170 pb, quello portoghese a 360 pb da 375 pb e quello greco a 786 pb da 1047 pb. In calo anche lo spread con il bond decennale italiano, sceso a 142 pb da 164 pb.

Redazione online

10 maggio 2010

 

 

 

dieci ore di negoziati al Vertice di Bruxelles

Crisi: la Ue vara un maxi-piano

Fino a 750 miliardi per salvare l'euro

In campo anche Fmi e Bce. Nuovi tagli per Madrid e Lisbona. La Merkel: "Piano per rafforzare la moneta"

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BRUXELLES - Un maxi-piano fino a 750 miliardi, con la partecipazione dell'Fmi, per blindare la zona euro dagli attacchi della speculazione ed evitare il rischio defualt di altri Paesi dopo quello corso con la Grecia. A vararlo, dopo dieci ore di negoziati, sono stati i ministri finanziari della Ue riuniti a Bruxelles. Chiesti anche nuovi sacrifici a Spagna e Portogallo, i due Paesi considerati maggiormente a rischio in questa fase. E la Bce annuncia altre misure: acquisterà titoli del debito pubblico e privato nell'Eurozona sul mercato secondario. La Bce specifica che gli acquisti saranno compensati attraverso operazioni di drenaggio della liquidità allo scopo di non alterare la linea di politica monetaria. Le centinaia di miliardi di euro messi a disposizione dai Paesi dell'Unione Europea sono destinati a "rafforzare e proteggere l'euro" ha detto il cancelliere tedesco, Angela Merkel, aggiungendo che l'Ue ha dimostrato che "farà tutto quello che è necessario" e che "continuerà a difendere" la valuta europea. Per Merkel, i Paesi dell'Eurozona "devono attaccare i propri problemi alla radice".

Il primo ministro spagnolo Jose Luiz Zapatero e il suo omologo portoghese Jose Socrates in una foto d'archivio. (Ansa)

Il primo ministro spagnolo Jose Luiz Zapatero e il suo omologo portoghese Jose Socrates in una foto d'archivio. (Ansa)

OBAMA - Al piano di salvataggio senza precedenti varato dall'Ecofin (ora alla prova dei mercati) si è arrivati dopo una giornata in cui si sono susseguiti i contatti tra le varie capitali europee, con decine di bilaterali e due conference call a livello dei Paesi del G7. Anche il presidente Usa, Barack Obama, ha telefonato sia al presidente francese, Nicolas Sarkozy, sia alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, sottolineando la necessità di una "risposta forte" da parte dell'Europa per ridare fiducia ai mercati. Lo scudo "anti-speculazione" deciso dall'Ecofin mette in campo prestiti per 60 miliardi di euro da parte della Commissione Ue, che potrà raccogliere sul mercato prestiti, offrendo come garanzia fondi del bilancio comunitario a favore dei Paesi che fossero sotto attacco speculativo ed avessero difficoltà a reperire capitali sui mercati. Nel pacchetto ci sono poi 440 miliardi che dovrebbero prendere la forma di prestiti bilaterali da parte degli Stati membri della zona dell'euro, sul modello del piano salva-Grecia.

LE CIFRE - Nel dettaglio, si prevede che la quota dell'Fmi rappresenti oltre la metà di quella messa in campo dagli Stati membri, cioè fino a 250 miliardi. Per questo l'ammontare complessivo del fondo potrebbe arrivare fino a 750 miliardi. Resta poi in pista la possibilità che anche la Bce scenda in campo, decidendo di prestare soldi ai Paesi a rischio acquistando i loro titoli pubblici. Una decisione che spetta alla stessa Bce, i cui vertici sono rimasti riuniti a Basilea con i governatori centrali della Ue in attesa di notizie da Bruxelles. Due momenti di forte tensione hanno caratterizzato l'inizio della giornata: il malore del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble (ricoverato in ospedale) e il no di Londra al piano. Il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling è stato infatti molto chiaro nel dire che il Regno Unito non sarebbe venuto in soccorso di Paesi dell'euro in difficoltà, respingendo la proposta messa sul tavolo dalla Commissione Ue. A sbloccare la situazione è stata poi la Germania, proponendo interventi per 500 miliardi di euro di cui 440 a carico solo degli Stati membri della zona euro. E con la partecipazione del Fondo monetario internazionale.

SPAGNA E PORTOGALLO - I ministri delle finanze hanno anche accolto l'appello alla disciplina di bilancio e di rigore monetario lanciato venerdì notte dai leader dell'Eurozona. La Germania in particolare ha chiesto che venissero dettagliate le condizioni alle quali devono sottostare i Paesi maggiormente a rischio, quelli che per primi potrebbero dover ricorrere al fondo. Di qui l'invito alla Spagna e al Portogallo ad adottare nuove misure per la correzione del deficit. In particolare, a Madrid e Lisbona è stata chiesta una manovra aggiuntiva pari all'1,5% del Pil quest'anno, e una pari al 2% del Pil l'anno prossimo. L'importo definitivo sarà deciso nei prossimi giorni. Ora la parola passa alle Borse, con Tokyo che ha subito risposto oggi positivamente. I ministri finanziari dei 27 si ritroveranno a Bruxelles mercoledì, insieme ai vertici della Bce e della Commissione Ue, per dare vita alla prima riunione della task force Ue che dovrà riformare il Patto di stabilità e di crescita, guidata dal presidente Ue Herman Van Rompuy. Nel testo dell'accordo, infine, l'Ecofin si impegna ad approfondire l'ipotesi di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e ad accelerare la revisione delle norme e della vigilanza sul mercato dei derivati e il ruolo delle agenzie di rating.

RIUNIONE BANCHIERI BRI - Intanto prende il via a Basilea, in Svizzera, la seconda giornata della riunione dei governatori delle banche centrali alla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali. Il focus sarà sul maxipiano da 720 miliardi varato dalla Ue e sul nuovo ruolo della Bce, la quale farà la sua parte intervenendo, al bisogno, acquistando titoli di stato e privati per bloccare la speculazione e sostenere i Paesi in difficoltà. Ieri alcuni banchieri presenti in città per il tradizionale incontro della Bri hanno dato il via per tutto il giorno a una serie di riunioni informali dell'istituto tenendosi in collegamento con Bruxelles, dove erano in corso i lavori dell'Ecofin. Il presidente della Bce Jean Claude Trichet e il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi si sono trattenuti nella sede Bri fino a notte attendendo le decisioni dei governi. La parte più innovativa del nuovo accordo per quanto riguarda la Bce prevede così che allo scopo di calmare le tensioni sui mercati "che presentano disfunzioni", l'istituto centrale interverrà acquistando "titoli di stato e privati", sostenendo in questo modo il debito dei Paesi più a rischio sotto attacco della speculazione. Una decisione presa dalla Bce anche tenendo conto che, nel comunicato emesso dall'Ecofin, i governi prendono impegni di rigore nel bilancio pubblico per quest'anno e i successivi mentre alcuni Paesi hanno previsto misure addizionali per ridurre il deficit. Fra le misure previste e già avviate, ci sono poi gli accordi di swap con la Fed e altre banche centrali sul biglietto verde, allo scopo di sostenere la sua liquidità.

Redazione online

10 maggio 2010

 

 

 

 

 

Darling gela l’Ecofin: non aiuteremo. Le consultazioni con i Tory

Il gran rifiuto di Londra: cavatevela da soli

Darling gela l’Ecofin: non aiuteremo. Le consultazioni con i Tory

Il gran rifiuto di Londra: cavatevela da soli

LONDRA — Appena un anno fa il commissario europeo Joaquin Almunia prevedeva: "La Gran Bretagna potrebbe entrare nell’euro". Non essendo uno sprovveduto parlava sapendo che in certi ambienti londinesi l’idea di celebrare questo matrimonio valutario non dispiaceva. Chi invece di dubbi ne ha sempre avuti, pur essendo un convinto europeista, è Gordon Brown. Fu proprio lui, quando aveva la responsabilità delle finanze, a convincere Tony Blair che abbandonare la sterlina al suo destino sarebbe stato un errore o quanto meno un passo prematuro.

E quando glielo chiedono, ancora adesso, Gordon Brown risponde sbrigativamente: "La decisione di non fare parte dell’area-euro è stata giusta sia per la Gran Bretagna sia per l’Europa". È vero che la sterlina negli ultimi due anni è andata in picchiata vertiginosa. Ed è vero che la sterlina si è vista mettere sotto assedio da parte di alcuni grandi "hedge fund". Però non tutte le svalutazione vengono per nuocere. Anzi.

Alistair Darling, che è il Cancelliere dello Scacchiere, ne è convintissimo: "Il deprezzamento per certi versi ci ha aiutato durante la crisi".

Partendo da questi presupposti (il freddo entusiasmo del governo britannico verso l’euro) e aggiungendo che in questi giorni a Londra non vi è un primo ministro in grado di condividere accordi a livello europeo è facile capire come apparisse fantasioso pensare che il Regno Unito potesse aderire al fondo anticrisi in discussione all’Ecofin. Le dichiarazioni del ministro delle Finanze, Alistair Darling, hanno seppellito le illusioni. Intervistato da Sky ha detto: "Credo che sia importante per noi fare tutto il possibile per stabilizzare i mercati ma voglio essere chiaro: se c’è una proposta di creare un fondo di stabilizzazione per l’euro deve essere di pertinenza dei Paesi dell’area-euro".

C’era forse da attendersi il via libera di Londra? Il quadro politico nel Regno Unito di questi giorni è tale da impedire all’esecutivo qualsiasi atto che sia fuori dall’ordinaria amministrazione. Lo richiede la prassi costituzionale nei momenti di transizione: il premier uscente resta in carica per gli affari correnti, specificatamente indicati. Per tutto ciò che va aldilà, prima di procedere, ha il dovere o di astenersi o di consultarsi anche con le opposizioni.

L’Europa è un tema delicato sul quale laburisti, conservatori e liberal democratici hanno duramente polemizzato in campagna elettorale. Ora che dal voto non è uscita una maggioranza sicura e che conservatori e liberal democratici stanno esplorando l’ipotesi di un "new deal" per formare un nuovo governo, Gordon Brown non aveva i poteri per assumersi la responsabilità di aderire a un fondo europeo. Avrebbe potuto soltanto con l’assenso di David Cameron e di Nick Clegg. Ecco perché, sabato, il suo ministro delle Finanze, Alistair Darling, ha consultato i "ministri ombra" delle finanze sia dei conservatori sia dei liberal democratici, per portare a Bruxelles una posizione condivisa.

Il no inglese è dunque dettato da contingenti ragioni di carattere costituzionale. Ma anche da fondate considerazioni politiche: dando l’assenso al fondo anticrisi, Gordon Brown si sarebbe esposto al fuoco incrociato delle critiche. Così facendo ha però proiettato l’immagine di un esecutivo che già parla il linguaggio dei conservatori. Ieri l’Observer ha pubblicato un memorandum segreto di William Hague, il futuro ministro degli Esteri nel caso in cui i Tory dovessero insediarsi a Downing Street. Si tratta di una "bozza di lettera" a David Cameron in cui Hague illustra quello che dovrebbe essere il suo messaggio all’Europa, in qualità di eventuale numero uno al Foreign Office. Recita così: "Le relazioni della Gran Bretagna con l’Europa sono cambiate con la nostra elezione, siamo fermamente contrari ad ogni ulteriore integrazione".

Sarà solo un caso ma le dichiarazioni del laburista Alistair Darling (sostanzialmente ciò che riguarda l’euro non riguarda noi) sembrano l’eco di altre voci londinesi, quelle di chi sta per sostituire i laburisti al governo.

Fabio Cavalera

10 maggio 2010

 

 

 

 

Solida crescita dei ricavi (+25%)

Mediobanca, Pagliaro presidente

Succede a Cesare Geronzi. L'istituto archivia i nove mesi dell'esercizio 2009-2010 con un utile netto di 354,4 mln

Solida crescita dei ricavi (+25%)

Mediobanca, Pagliaro presidente

Succede a Cesare Geronzi. L'istituto archivia i nove mesi dell'esercizio 2009-2010 con un utile netto di 354,4 mln

Renato Pagliaro (Emblema)

Renato Pagliaro (Emblema)

MILANO - Il consiglio d'amministrazione di Mediobanca ha nominato Renato Pagliaro presidente dell'istituto. Lo si legge in una nota, in cui viene annunciata anche la nomina di Francesco Saverio Vinci come direttore generale della banca e vice presidente del comitato esecutivo, incarichi in precedenza ricoperto dallo stesso Pagliaro. A Vinci riportano inoltre la divisione operations e le partecipazioni del gruppo. Mantiene poi le responsabilità dell'area mercati nell'ambito della divisione corporate e investment banking, che continua a rimanere a diretto riporto dell'amministratore delegato Alberto Nagel. Inoltre, su proposta dell'a.d., il Cda ha deliberato di attribuire a Clemente Rebecchini, direttore centrale, la guida della divisione principal investing (Generali, Rcs, Telco-Telecom) in precedenza affidata a Pagliaro. Dopo l'uscita dal consiglio, nell'ordine, di Pietro Ferrero e di Cesare Geronzi il Cda di Mediobanca è oggi composto da 19 amministratori.

I DATI - Mediobanca, si legge in una nota dell'istituto, archivia i nove mesi dell'esercizio 2009-2010 con un utile netto di 354,4 milioni di euro contro i 39,3 milioni di un anno fa. Nel solo terzo trimestre l'utile netto è stato di 84 milioni di euro, contro un rosso di 61 milioni di euro a fine marzo 2009. Lo si legge in una nota che indica poi una crescita, nei nove mesi, del margine di intermediazione (ricavi) del 25% a 1,599 miliardi (da 1,276 miliardi) e nel trimestre di 455 milioni (337 milioni). Il Core tier 1, il principale indice di solidità patrimoniale, si conferma sopra l'11% con un patrimonio netto salito a 6,4 miliardi (a giugno era a 5,7 miliardi e il Core tier al 10,3%, all' 11% a fine dicembre 2009). (Fonte Ansa)

10 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-09

l progetto tedesco al vertice ecofin a bruxelles. Appello DI Obama alla MerkeL

Misure anti-crisi, ora Berlino

propone piano da 500 mld

E Londra non vuole partecipare al sostegno economico al fondo. Via libera dell'Fmi ad aiuti per 30 mld alla Grecia

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Da sinistra a destra il presidente stabile dell'Ue Van Rompuy e il presidente della Commissione Ue Barroso (Ansa)

Da sinistra a destra il presidente stabile dell'Ue Van Rompuy e il presidente della Commissione Ue Barroso (Ansa)

MILANO - La Germania ha proposto un piano di aiuti finanziari per i paesi della zona euro in difficoltà pari ad una cifra di 500 miliardi di euro, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale. Lo si apprende a margine della riunione dell'Ecofin. Il piano "tedesco" includerebbe i 60 miliardi di euro di prestiti raccolti sul mercato dalla Commissione Ue e 440 miliardi di euro che sarebbero apportati, se necessario, dai Paesi della zona dell'euro e dall'Fmi. Il meccanismo si baserebbe su prestiti bilaterali di garanzia per le emissioni e linee di credito del Fondo di Washington. Ma sul raggiungimento di un'intesa complessiva ci sono ancora dei nodi nonostante il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel si siano detti "in accordo completo sulla necessità di una risposta di ampio respiro agli attuali problemi che hanno effetti sui mercati".

FMI - Intanto il board del Fondo Monetario internazionale (Fmi) ha approvato un pacchetto di aiuti da 26,4 miliardi di Sdr (special-drawing right), o 30 miliardi di euro. In una nota il board esecutivo del Fondo annuncia che "ha concluso la propria discussione sulla Grecia ed ha approvato uno "stand-by arrangement" di tre anni per un ammontare totale di 26,4 miliardi di special drawing rights (30 miliardi di euro)" si legge nel comunicato diffuso dal Fmi. Dei 30 miliardi di euro approvati in aiuti dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi), 5,5 miliardi saranno "immediatamente disponibili". Il Fondo precisa che i 5,5 miliardi dubito a disposizione di Atene "rientrano nel finanziamento congiunto con l'Unione Europea, per un ammontare di 20 miliardi di euro di sostegno finanziario immediato. Nel 2010 il finanziamento del Fmi ammonterà a 10 miliardi di euro, a quali si affiancheranno i 30 miliardi di euro" dell'Unione Europea. Gli aiuti approvati rientrano nel pacchetto più ampio, che dovrebbe raggiungere i 110 miliardi di euro, e che include gli stanziamenti dell'Unione Europea. L'Europa gioca così le sue carte per tentare di mettere in sicurezza la moneta unica e gli Stati che potrebbero essere oggetto di attacchi da parte della speculazione finanziaria lunedì alla riapertura dei mercati. Per il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) "ha dimostrato il proprio impegno a fare quello che può per aiutare la Grecia", che si troverà di fronte a "una strada che sarà difficile" ma il piano dell Grecia "è credibile": "la sua attuazione ora essenziale".

PARIGI-BERLINO - Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel, che si sono sentiti al telefono, si sono detti "in accordo completo sulla necessità di una risposta di ampio respiro agli attuali problemi che hanno effetti sui mercati". In realtà anche la Germania crea difficoltà sul fondo "salva euro": per Berlino il problema sta nelle "garanzie dei prestiti" che non solo la Commissione ma anche i singoli Stati dell’Eurozona dovrebbero fornire ai paesi in difficoltà, secondo il progetto dell’esecutivo Barroso. Il nodo da sciogliere nella riunione dell’Ecofin in corso a Bruxelles è ora il ruolo degli Stati membri nell’affiancare con garanzie finanziarie proprie il meccanismo europeo di stabilizzazazione, lo strumento comunitario che dovrebbe essere creato stasera dai ministri dei Ventisette per difendere l’eurozona dagli attacchi dei mercati. Fonti della Commissione europea riferiscono che da una parte il presidente dell’Esecutivo Comunitario, José Manuel Barroso, nei suoi contatti in corso con i leader dell’Ue, e dall’altra il commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, nella riunione dell’Ecofin, stanno facendo forti pressioni perché rimanga nel dispositivo il doppio aspetto della proposta originaria, con l’intervento comunitario da una parte e quello degli Stati membri dell’altro.

IL MECCANISMO - Secondo le fonti, la proposta presentata dalla Commissione prevede che il meccanismo europeo di stabilizzazione non contenga cifre precise sui limiti all’ammontare dei fondi per prestiti, linee di credito e soprattutto garanzie di prestiti, che l’Esecutivo Ue metterà a disposizione dei paesi dell’eurozona attaccati dai mercati, ma solo un’indicazione di massima riguardo alle risorse comunitarie a disposizione, che saranno quelle dell’intero bilancio Ue (il cui "plafond" annuale è pari all’1,24% del Pil dei Ventisette). A questa parte "comunitaria" andrebbero però aggiunte, secondo la Commissione, le risorse degli Stati membri dell’eurozona, che dovrebbero fornire garanzie per prestiti pressoché illimitati.

I BRITANNICI - Proprio quest’ultimo aspetto sembra incontrare difficoltà e opposizioni nella riunione dell’Ecofin, non tanto da parte dei Britannici, che vogliono solo la sicurezza di non dover essere costretti a parteciparvi, quanto da parte di altri paesi della stessa eurozona, e in particolare dai tedeschi. Il ministro delle Finanze britannico Alistair Darling ha confermato che il Regno Unito non contribuirà al fondo anticrisi: "Credo che sia importante per noi fare tutto il possibile per stabilizzare i mercati, ma voglio essere chiaro: se c’è una proposta di creare un fondo di stabilizzazione per l’euro, deve essere di pertinenza dei Paesi dell’Eurozona", ha dichiarato Darling, intervistato dall’emittente satellitare britannica SkyNews: "Quel che non faremo e non possiamo fare è dare il nostro sostegno all’euro, che è responsabilità dei Paesi membri dell’Eurozona". Secondo fonti vicine a Barroso, invece, è essenziale che quest’aspetto sia mantenuto per "salvaguardare il livello d’ambizione" dell’intero dispositivo, e fare in modo che sia adeguato alla sfida lanciata dai mercati all’eurozona. Mentre l’opposizione britannica sembra facilmente aggirabile con la garanzia che Londra parteciperà solo alla parte comunitaria del dispositivo, e non pagherà in nessun caso più della propria quota nel bilancio Ue (circa 15 miliardi di euro), nel caso dello scenario peggiore (il salvataggio di un paese in ’default’), è chiaro che il meccanismo a doppio binario potrà funzionare solo se la Germania lo accetterà. Ed è per strappare il consenso di Berlino che si stanno esercitadno in queste ore tutte le pressioni di Bruxelles e dei paesi che ne appoggiano la proposta. In precedenza Obama aveva parlato domenica con la cancelliera tedesca Angela Merkel "nel quadro del suo impegno continuo per seguire la situazione economica" in Europa, aveva dichiarato un portavoce della Casa Bianca, Bill Burton. Il presidente aveva "giudicato importante che i membri dell’Unione europea adottassero passi decisi per ridare fiducia ai mercati".

NAPOLITANO - Sulla questione della crisi greca e delle sue conseguenze era intervenuto in precedenza anche il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. "L’Europa non può esitare: siamo chiamati a promuovere un nuovo e più giusto modello di sviluppo. Una forte volontà politica comune deve emergere - dice Napolitano -. Grande responsabilità spetta ai leader di oggi, affinché si realizzino rapidamente politiche efficaci per fare fronte in primo luogo a una speculazione finanziaria senza regole e slegata dalla realtà. Deve concretizzarsi finalmente l’indispensabile governo dell’economia a livello europeo, che dia ulteriore forza e autorevolezza alla moneta unica e rilanci lo sviluppo, l’occupazione e la qualità del lavoro, contando su un rafforzamento del patto di stabilità e crescita, su più effettive procedure di coordinamento e di sorveglianza delle politiche di bilancio e su migliori meccanismi di valutazione finanziaria". Anche ilministro degli esteri Franco Frattini, parlando delle riunioni in corso a Bruxelles, ha detto che "nessun paese può tirarsi fuori", servono "risposte chiare e dinamiche da tutti i Paesi" dell'Unione Europea aggiungendo che un mancato accordo sarebbe "un segnale devastante".

BERLUSCONI - Intanto il premier Silvio Berlusconi ha proseguito anche domenica i colloqui con i leader europei, in vista delle riunioni sulle misure in difesa dell'euro. In particolare, fa sapere Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio ha parlato con Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, ed è rimasto in continuo collegamento con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in partenza per l'Ecofin a Bruxelles. Silvio Berlusconi rimarrà in contatto per tutta la giornata con gli altri leader europei.

Redazione online

09 maggio 2010

 

 

 

 

Potere e mercati, la prova verità

l'editoriale

Potere e mercati, la prova verità

Le grandi crisi non bastano purtroppo a rinsavire quelli che ne sono direttamente o indirettamente responsabili. Ma hanno l’effetto positivo di rendere evidenti alcune verità che prima della crisi apparivano poco convincenti o erano addirittura negate. Abbiamo sempre saputo che la mancanza di un governo europeo dell’economia avrebbe reso l’unione monetaria incompiuta e vulnerabile. Sapevamo che i divieti e le punizioni inseriti su pressioni tedesche nel Trattato di Maastricht e nel Patto di stabilità non avrebbero mai impedito a un Paese di commettere errori e soprattutto avrebbero convinto la speculazione che il Paese in pericolo non sarebbe stato salvato. Sapevamo che i compiti assegnati alla Banca centrale europea erano troppo rigidamente limitati e che fare da sentinella all’inflazione può essere in alcuni casi una politica insufficiente, se non dannosa. E sapevamo infine che gli aiuti, quando sono tardivi e vengono decisi soltanto dopo penose discussioni inconcludenti, sono sempre più costosi di quanto sarebbero stati se concessi tempestivamente. La Germania ha frenato gli altri maggiori Paesi della zona euro perché temeva che gli aiuti alla Grecia avrebbero mal disposto gli elettori del Nord Reno Westfalia verso la coalizione di governo.

Ebbene, il pacchetto è stato varato dal Bundestag alla vigilia del voto. I tempi, per Angela Merkel, non potevano essere peggiori. Ma di questo non può che rimproverare se stessa.

La crisi, dunque, ha sgombrato il terreno da alcune false verità. Resta da capire se i Paesi dell’eurozona sapranno correggere gli errori. La giornata di avant’ieri, potrebbe essere, in questa prospettiva, memorabile. Il presidente del Consiglio italiano e il presidente francese sembrano essersi accordati sulla necessità di un fondo monetario europeo a cui attingere per aiutare un Paese in crisi. Il presidente della Commissione ha detto che occorre rafforzare Eurostat (l’ufficio statistico dell’Ue) e fornirgli gli strumenti per accertare la verità dei conti pubblici degli Stati membri. La Banca centrale europea potrebbe prendere in garanzia, per i suoi prestiti, anche le obbligazioni deprezzate del governo greco e acquistare titoli di Stato per stabilizzare i mercati. Un’agenzia di rating europea potrebbe ridurre l’ingiustificata influenza delle agenzie americane. L’eurogruppo, infine, potrebbe assumere maggiori responsabilità e diventare la prefigurazione di un governo europeo dell’economia.

Molto dipende da tre importanti riunioni che si terranno oggi, prima dell’apertura dei mercati: il consiglio dei governatori della Bce, l’Ecofin, e un G7 dell’ultima ora in teleconferenza.

Ma se verranno adottate, queste misure avranno alcuni punti in comune: rafforzeranno le istituzioni europee a scapito delle sovranità nazionali, saranno un passo verso il completamento dell’Unione monetaria e l’integrazione europea. Faranno capire ai mercati che l’Europa non intende farsi ricattare dalla speculazione. E avranno l’effetto di ridare all’Italia uno spazio europeo che aveva finora trascurato. Tanto più se gli aiuti alla Grecia saranno votati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione.

So che molto dipende dalle reazioni dei mercati, domani. C’è troppo denaro in giro per il mondo che è alla ricerca di selvaggina e si comporta come zavorra mal collocata sul fondo di una nave in tempesta. Ma qualche speranza, oggi, è possibile.

Sergio Romano

09 maggio 2010

 

 

 

allo studio il meccanismo per mettere in sicurezza la moneta unica e gli stati

Crisi euro, Obama: "Sono preoccupato , ma stabilizzare l'Ue è un'ottima cosa"

Conference call dei capi delle banche centrali con Trichet, domani tocca a Commissione Ue ed Ecofin

allo studio il meccanismo per mettere in sicurezza la moneta unica e gli stati

Crisi euro, Obama: "Sono preoccupato , ma stabilizzare l'Ue è un'ottima cosa"

Conference call dei capi delle banche centrali con Trichet, domani tocca a Commissione Ue ed Ecofin

Barack Obama (Afp)

Barack Obama (Afp)

MILANO - "Sono molto preoccupato di ciò che sta avvenendo in Europa, ma stabilizzare l'Unione Europa sarà una cosa ottima anche per gli Stati Uniti" ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama che mette tutto il suo peso politico per appoggiare l'Unione Europea nei suoi tentativi di difesa dell'euro, sottoposto agli attacchi della speculazione finanziaria. "I problemi della Grecia dimostrano che tutti i Paesi sono interconnessi e per questo motivo la cornice del G20 è così importante" sottolinea ancora Obama.

LE MOSSE DELL'EUROPA - Domenica in ogni caso sarà il giorno della verità per il futuro dell'euro. Ma all'indomani della drammatica riunione dei leader europei sulla crisi greca poi trasformatasi in una vera e propria crisi di sfiducia verso la moneta unica, l'attività nelle capitali europee e non solo è frenetica. Il primo importante passo è stato la conference call di sabato dei governatori delle banche centrali dell'eurozona con il presidente della Bce Trichet. Una videoconferenza che diventerà probabilmente un vero e proprio vertice nella giornata di domani a Francoforte o a Basilea dove peraltro era già previsto un incontro a livello G10 nella giornata di lunedì. Lo scopo è di mettere a punto il meccanismo tecnico per realizzare la "messa in sicurezza" della moneta unica e dei Paesi che potrebbero essere oggetto di attacco della speculazione finanziaria. Ma quella dei governatori dell'Eurozona è solo una delle mosse messe a punto dal vertice europeo di venerdì. Il presidente dell'esecutivo comunitario Josè Manuel Barroso ha infatti convocato per domenica alle 13 a Bruxelles tutti i commissari per dare seguito alle decisioni prese dal vertice straordinario dell'Eurogruppo per fare fronte alla crisi. La Commissione dovrà tra l'altro varare il piano salva-Stati che sarà poi discusso, nel pomeriggio, dai ministri delle Finanze dei 27.

MECCANISMO DI STABILIZZAZIONE - La Commissione, secondo quando indicato nella dichiarazione congiunta dei leader dei 16 Paesi dell'Eurozona, in considerazione delle attuali "circostanze eccezionali" deve predisporre un meccanismo di stabilizzazione che sia in grado di assicurare la solidità e l'integrità finanziaria di Eurolandia e mettere al riparo la moneta unica da attacchi speculativi. Questo meccanismo, in base alle indicazioni finora raccolte, dovrebbe prevedere anche un fondo di pronto intervento - che potrebbe avere una dotazione iniziale di circa 70 miliardi di euro - a cui ricorrere per aiutare i Paesi in difficoltà, evitando così che la crisi partita della Grecia si estenda ad altri, in primo luogo Portogallo e Spagna, poi forse, anche all'Italia. I dettagli del meccanismo saranno elaborati nelle prossime ore da Bruxelles e dovrebbero dare la possibilità alla Commissione di raccogliere finanziamenti sui mercati destinati ad alimentare il fondo salva-Paesi. Anche la Bce sarà chiamata a fare la sua parte anche attraverso l'acquisto di titoli del debito pubblico dei Paesi in crisi. Si parla in pratica di varare un meccanismo simile a quello degli eurobond, con la commissione europea che presterebbe denaro (preso dall'apposito fondo in via di costituzione) ai paesi in difficoltà dietro garanzia di titoli emessi dagli stessi.

MERKEL - "La situazione è seria", ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel ai giornalisti a Berlino dopo aver incontrato il primo ministro canadese Stephen Harper. "Se guardate agli spread di venerdì o giovedì, vedrete che stiamo affrontando uno sviluppo che non è positivo in diversi Paesi, non in uno solo", ha aggiunto. Il cancelliere tedesco ha detto che i leader della zona euro hanno presa la giusta decisione venerdì, quando si sono accordati su misure speciali da preparare prima che i mercati riaprano lunedì. Gli stati membri dell'Eurozona dovranno agire "con determinazione e grande rapiditá"per affrontare i loro deficit ha concluso la Merkel.

BERLUSCONI - Intanto, cancellato il viaggio a Mosca, il premier Silvio Berlusconi è rimasto ad Arcore in costante contatto con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti per seguire l'evoluzione della situazione a livello europeo dopo l'Eurogruppo di venerdì. Non si esclude che il premier abbia avuto l'occasione di sentire altri leader europei nel corso della giornata.

Redazione online

08 maggio 2010(ultima modifica: 09 maggio 2010)

 

 

 

'editoriale

Potere e mercati, la prova verità

l'editoriale

Potere e mercati, la prova verità

Le grandi crisi non bastano purtroppo a rinsavire quelli che ne sono direttamente o indirettamente responsabili. Ma hanno l’effetto positivo di rendere evidenti alcune verità che prima della crisi apparivano poco convincenti o erano addirittura negate. Abbiamo sempre saputo che la mancanza di un governo europeo dell’economia avrebbe reso l’unione monetaria incompiuta e vulnerabile. Sapevamo che i divieti e le punizioni inseriti su pressioni tedesche nel Trattato di Maastricht e nel Patto di stabilità non avrebbero mai impedito a un Paese di commettere errori e soprattutto avrebbero convinto la speculazione che il Paese in pericolo non sarebbe stato salvato. Sapevamo che i compiti assegnati alla Banca centrale europea erano troppo rigidamente limitati e che fare da sentinella all’inflazione può essere in alcuni casi una politica insufficiente, se non dannosa. E sapevamo infine che gli aiuti, quando sono tardivi e vengono decisi soltanto dopo penose discussioni inconcludenti, sono sempre più costosi di quanto sarebbero stati se concessi tempestivamente. La Germania ha frenato gli altri maggiori Paesi della zona euro perché temeva che gli aiuti alla Grecia avrebbero mal disposto gli elettori del Nord Reno Westfalia verso la coalizione di governo.

Ebbene, il pacchetto è stato varato dal Bundestag alla vigilia del voto. I tempi, per Angela Merkel, non potevano essere peggiori. Ma di questo non può che rimproverare se stessa.

La crisi, dunque, ha sgombrato il terreno da alcune false verità. Resta da capire se i Paesi dell’eurozona sapranno correggere gli errori. La giornata di avant’ieri, potrebbe essere, in questa prospettiva, memorabile. Il presidente del Consiglio italiano e il presidente francese sembrano essersi accordati sulla necessità di un fondo monetario europeo a cui attingere per aiutare un Paese in crisi. Il presidente della Commissione ha detto che occorre rafforzare Eurostat (l’ufficio statistico dell’Ue) e fornirgli gli strumenti per accertare la verità dei conti pubblici degli Stati membri. La Banca centrale europea potrebbe prendere in garanzia, per i suoi prestiti, anche le obbligazioni deprezzate del governo greco e acquistare titoli di Stato per stabilizzare i mercati. Un’agenzia di rating europea potrebbe ridurre l’ingiustificata influenza delle agenzie americane. L’eurogruppo, infine, potrebbe assumere maggiori responsabilità e diventare la prefigurazione di un governo europeo dell’economia.

Molto dipende da tre importanti riunioni che si terranno oggi, prima dell’apertura dei mercati: il consiglio dei governatori della Bce, l’Ecofin, e un G7 dell’ultima ora in teleconferenza.

Ma se verranno adottate, queste misure avranno alcuni punti in comune: rafforzeranno le istituzioni europee a scapito delle sovranità nazionali, saranno un passo verso il completamento dell’Unione monetaria e l’integrazione europea. Faranno capire ai mercati che l’Europa non intende farsi ricattare dalla speculazione. E avranno l’effetto di ridare all’Italia uno spazio europeo che aveva finora trascurato. Tanto più se gli aiuti alla Grecia saranno votati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione.

So che molto dipende dalle reazioni dei mercati, domani. C’è troppo denaro in giro per il mondo che è alla ricerca di selvaggina e si comporta come zavorra mal collocata sul fondo di una nave in tempesta. Ma qualche speranza, oggi, è possibile.

Sergio Romano

09 maggio 2010

 

2010-05-05

100.000 in piazza. Tafferugli anche a Patrasso e Salonicco

Atene, la protesta diventa tragedia

Tre morti asfissiati in un incendio

Guerriglia e scontri, poi una molotov lanciata in una filiale di banca e le fiamme: una ventina di persone intrappolate. Due donne e un uomo pagano con la vita

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Guerriglia e scontri, poi una molotov lanciata in una filiale di banca e le fiamme: una ventina di persone intrappolate. Due donne e un uomo pagano con la vita

(Ansa)

(Ansa)

ATENE - Giorni di tensioni, cortei, manifestazioni e tafferugli. Ma in occasione dello sciopero generale dopo il piano presentato dal governo Papandreu, la crisi greca diventa tragedia. Intorno alle 13.30, quando la manifestazione è già conclusa, restano nelle strade gruppi di antagonisti e anarchici che si sono già scontrati con la polizia. E' quell'ora che l'incendio di una filiale di una banca nella zona vicina al Parlamento, provocato da una bottiglia incendiaria, causa la fine tragica della giornata di protesta, con la morte di tre persone. Nell'edificio ci sono una ventina di persone, che cercano rifugio ai piani superiori. Ma due donne e un uomo hanno non ce la fanno: nei locali avvolti dal fumo perdono la vita per per asfissia. Ed è una morte tragica e assurda, perché le vittime incolpevoli di una crisi economica pagano con la vita e una fine orrenda un gesto di vandalismo dalle conseguenze tragiche. Una delle due donne, secondo la rete tv Skai, impiegata della banca, era incinta di quattro mesi.

Il dolore di uno degli impiegati della banca dove si è consumata la tragedia (Ansa)

Il dolore di uno degli impiegati della banca dove si è consumata la tragedia (Ansa)

IL DRAMMA, L'ORRORE - Lo conferma anche l'Ansa che racconta come il passaggio del gruppo di anarchici in via Stadiou, nel centro di Atene, davanti alla succursale della Marfin Egnatia Bank abbia causato la tragica fine delle vittime. Un giovane con il volto coperto da un passamontagna si stacca dagli altri, spacca con una pala una vetrina della filiale, che si trova di fronte all'Esperia Palace Hotel, in una palazzina bianca e beige di due piani. All'interno ci sono 20 persone fra clienti e impiegati, al loro posto di lavoro nonostante la giornata di sciopero generale. Non è escluso, sostiene il racconto dell'Ansa, che come hanno ipotizzato alcune emittenti Tv sia stata proprio la presenza degli impiegati l'obbiettivo dell'aggressione. In ogni caso, una volta rotta la vetrina, l'uomo lancia all'interno della banca una bottiglia molotov passatagli da una ragazza. Le fiamme divampano in fretta e impdeiscono l'uscita: le persone intrappolate salgono al piano superiore ma lì rimangono intrappolate. Non c'è via di fuga e il fumo sale e aumenta.

INCINTA DI 4 MESI - Un uomo, per sfuggire alle fiamme, si lancia in strada da un balcone al primo piano, riportando solo ferite non gravi e si salva. L'intervento dei vigili del fuoco non è facile nè può essere immediato in una situazione di guerriglia. E così si consuma la tragedia: un uomo e due donne vengono sopraffatti dal fumoe dalle fiamme. Il corpo di una delle donne morte, la più giovane, è stato trovato quasi del tutto carbonizzato. Era un'impiegata della banca e, come hanno confermato i suoi colleghi scampati al rogo, era incinta di quattro mesi. Proprio per questo motivo, poche settimane fa aveva chiesto ai suoi superiori di poter tornare ad Atene dalla succursale di Londra dove aveva lavorato in precedenza.

 

I soccorritori portano via il corpo di una delle vittime dell'incendio (Ansa)

I soccorritori portano via il corpo di una delle vittime dell'incendio (Ansa)

ALTRI INCENDI - Il lancio di bottiglie incendiarie ha provocato roghi anche in altri due edifici pubblici, uno appartenente alla prefettura di Atene e un altro che ospita un'agenzia del fisco. Ma in questi casi, per fortuna, non ci sono state vittime. Nel frattempo sono state tutte evacuate le circa 20 persone rimaste intrappolate nell’edificio all’interno del quale si trova la banca incendiata da individui incappucciati. Lo hanno reso noto fonti di polizia che hanno anche precisato che i vigili del fuoco hanno spento il rogo, anche se il fumo ha continuato ad uscire a lungo dal secondo e dall’ultimo piano dell’edificio della banca Marfin.

PAPANDREU: "IRRESPONSABILITA' POLITICA" - Il premier greco Giorgio Papandreou ha affermato che le "ingiuste morti" durante le proteste per il piano di austerità, sono la conseguenza della "violenza incontrollata e dell'irresponsabilità politica". La polizia ha compiuto almeno quattro fermi, dopo il mortale attacco incendiario. È in atto una grande operazione per arrestare i colpevoli. La polizia ha decretato lo stato di "allarme generale", tutti i permessi sono stati annullati. Secondo la rete tv privata greca Alter, fonti degli anarchici negano di essere coinvolti nell'attacco incendiario che ha provocato le vittime. Su internet alcuni blogger anarchici parlano di "provocazione". Il ministro dell'Interno Michalis Chrisochoidis ha invitato ad "isolare" gli estremisti per vincere la lotta contro la violenza

ALTRE CITTÀ - Incidenti sono avvenuti anche a Patrasso e Salonicco, anche se meno gravi. A Salonicco, in una manifestazione che ha riunito 20 mila persone, i poliziotti hanno usato i gas lacrimogeni per fermare una sassaiola contro le vetrine dei negozi. In tutta la Grecia chiusi uffici pubblici, ospedali, banche e negozi e i trasporti aerei, marittimi e ferroviari sono bloccati con alcune eccezioni per Atene in modo da garantire la partecipazione alle proteste. Il sindacato dei giornalisti greci, dopo la notizia delle tre persone morte, ha deciso di sospendere lo sciopero.

Redazione online

05 maggio 2010

 

 

 

Cancelliera favorevole a ritiro diritto di voto dei paesi che non rispettano i trattati

Merkel: "Sulla Grecia si gioca il futuro dell'Ue, il Patto di stabilità va cambiato"

Storico discorso al Bundestag: "Europa a un bivio, la Germania ora ha una particolare responsabilità"

Cancelliera favorevole a ritiro diritto di voto dei paesi che non rispettano i trattati

Merkel: "Sulla Grecia si gioca il futuro dell'Ue, il Patto di stabilità va cambiato"

Storico discorso al Bundestag: "Europa a un bivio, la Germania ora ha una particolare responsabilità"

Angela Merkel (Epa)

Angela Merkel (Epa)

MILANO - La crisi greca e le sue conseguenze per l'Europa sono state al centro del discorso tenuto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel davanti al Bundestag, il Parlamento tedesco. Un discorso definito "storico" dalla maggior parte dei commentatori.

CRISI GRECA E LEADERSHIP TEDESCA - Gli aiuti alla Grecia sono necessari perchè "ne va del futuro dell'Europa e del futuro della Grecia in Europa" ha esordito la Merkel che ha difeso il piano di sostegno ad Atene, assicurando che nessuna decisione sugli aiuti alla Grecia sarà presa senza la Germania o contro la Germania. "La chiave per superare la crisi è con la Grecia", ha aggiunto Merkel, per la quale l'Europa "si trova a un bivio". La cancelliera tedesca ha sottolineato che dalla crisi finanziaria greca arriva una lezione, ovvero la necessità di cambiare il Patto di Stabilità dell'Unione Europea. "Il compito del mio governo, e di tutti i membri di questa assemblea oggi, è assicurarsi che si aderisca al patto di stabilità, di difenderlo e continuare a modificarlo, (traendo una) lezione da questa crisi", ha dichiarato la Merkel. "Deve essere riformato in modo tale che non possa essere più violato", ha aggiunto, sottolineando "la particolare responsabilità della Germania in questo processo di riforma. La cancelliera si è detto favorevole al ritiro del diritto di voto - in seno alle istanze europee - ai Paesi che non rispetterebbero i criteri di "ortodossia di bilancio" europei, come "ultima istanza". Inoltre, "una procedura di mancato pagamento organizzato deve essere elaborata" per gli stati della zona euro, ha aggiunto, riprendendo un’idea avanzata dal suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. "Mi impegno personalmente e con forza per questo" e questo stesso processo legislativo di modifica dei trattati si annuncia "lungo e laborioso".

JUNCKER: "NON C'E' RISCHIO CONTAGIO PER SPAGNA E PORTOGALLO" - Una nuova rassicurazione è arrivata dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che ha ribadito che non ci sono rischi di contagio della crisi greca ad altri Paesi europei come Spagna e Portogallo. Secondo il presidente dell'Eurogruppo la situazione dei due Paesi "non è assolutamente paragonabile a quella della Grecia". Pertanto, per Juncker, "non esiste il rischio di un contagio oggettivo". Il primo ministro lussemburghese ha anche escluso la possibilità che la crisi conduca a una "disintegrazione dell'euro".

Redazione online

05 maggio 2010

 

 

 

 

Salvare Atene? Non funzionerà

Ciascuno risponda dei propri errori

Il commento

GRECIA

Salvare Atene? Non funzionerà

Ciascuno risponda dei propri errori

Il commento

Il sole ha brillato per 24 ore dopo l’annuncio del piano definitivo-definitivo per "salvare la Grecia" e prevenire il contagio. Non male. Molti di noi erano scettici già domenica, quando il piano è emerso, e molti si sono preoccupati ancora di più quando la Bce ha comunicato che avrebbe assorbito qualunque quantità di titoli greci le banche volessero presentare in garanzia nelle operazioni di pronto contro termine. Se servono 110 miliardi per tirar fuori la Grecia dai guai, quanto servirà per la Spagna? E per il Portogallo? E per l’Italia? E per tutti gli altri? Se la Germania inizia a indebitarsi per salvare uno a uno tutti i Paesi della zona-euro, anche lei fallirà. Così non può funzionare e i mercati lo capiscono, ma i responsabili politici non sembrano affatto capire i mercati. Questi ultimi, simultaneamente, sono preda del panico e speculano per guadagnare. Chiunque abbia bond spagnoli ha buone ragioni per il panico e chi non li ha può realizzare grandi profitti puntando sulla loro caduta.

Coloro che dettero vita al Trattato di Maastricht quasi 20 anni fa lo avevano capito. Videro che uno Stato con le finanze in dissesto avrebbe chiesto aiuto e, con ammirevole lungimiranza, temettero che altri Paesi avrebbero risposto favorevolmente. Il loro timore era che ciò avrebbe incoraggiato ulteriore indisciplina di bilancio e che alla fine la Bce si sarebbe sentita obbligata a assorbire i debiti: è così che sono nate anche le fasi di iperinflazione. Quindi i fondatori di Maastricht hanno inventato la regola contro i salvataggi, che è stata violata dai governi lo scorso week-end e lunedì dalla Bce. Ed eccoci qua, davanti all’abisso. L’unione monetaria è minacciata. Molti commentatori ritengono che ciò riveli un errore di concezione e i responsabili di politica economica promettono già la linea dura sul Patto di stabilità. Sarebbe stato meglio adottare un vero assetto federale, con veri trasferimenti di sovranità nell’autorità di bilancio, ma politicamente non è stato possibile. Tuttora non lo è, dunque rendere più duro il Patto di stabilità non ci porterà da nessuna parte: nessuno può dire a un governo e al suo parlamento cosa fare. L’unica possibilità è dire a un governo che la sua sovranità implica che esso è il solo responsabile per le conseguenze delle sue azioni. Questo sarebbe perfettamente coerente e dunque non c’è nessun errore di concezione nel sistema. A meno che non vogliamo accettare il principio che la violazione della regola contro i salvataggi è un’implicita componente dell’accordo.

Charles Wyplosz,

The Graduate Institute, Ginevra

05 maggio 2010

 

 

2010-05-04

CRISI GRECA. Berlino: Il piano di salvataggio potrebbe non bastare

Timori di contagio, le Borse crollano

E l'euro tocca i minimi da un anno

Spagna sotto i riflettori. Replica Zapatero: "Ho fiducia, timori da irresponsabili". Wall Street apre negativa

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MILANO - Il piano di salvataggio della Grecia da 110 miliardi di euro "potrebbe non bastare" e il governo greco dovrà comunque rivolgersi al mercato per finanziarsi nel corso dei prossimi tre anni. Lo sostiene il ministro dell'Economia tedesco, Rainer Brüderle. Le Borse europee hanno subito reagito male, bruciando 144 miliardi di euro di capitaliazzazione e annullando i guadagni messi a segno da inizio anno: l'indice Dj Stoxx 600, con il tonfo di oggi (-2,9%), si è riportato infatti sui livelli toccati lo scorso 4 gennaio. Atene ha chiuso le contrattazioni con il 6,68%, Madrid -5,41% e Lisbona -4,2%. Male anche Milano che lascia sul terreno il 4,70% dell'indice Mib a a 20.613,25 punti, tornando ai livelli di luglio 2009. Le vendite si sono concentrate sul settore finanziario, maggiormente esposto al rischio credito. Cali anche a Londra (-2,56%), Parigi (-3,64%) e Francoforte (-2,6%). A Wall Street dopo l'apertura negativa, il Dow Jones ha proseguito nella discesa fino a -2,11% alle 18,20 ripassando sotto la soglia degli 11 mila punti, mentre il Nasdaq arretra del 3,32%.

SPAGNA - La Spagna è finita di nuovo sotto le pressioni dei mercati, mentre si diffondevano timori di possibili nuovi declassamenti di rating da parte delle agenzie, dopo quello effettuato la scorsa settimana da Standard & Poor’s. Gli investitori restano preoccupati per la salute finanziaria di Spagna e Portogallo. "La Spagna corre il rischio di cadere nella stessa trappola della Grecia", scrive il New York Times. Replica ferma e immediata del primo ministro Zapatero: "Tutte le nuove ipotesi sono senza fondamento e irresponsabili", ha detto in una conferenza stampa a Bruxelles. "Non ci sono ragioni per essere inquieti perché tutti gli indicatori economici della Spagna portano verso la direzione della crescita. Sono fiducioso per il nostro Paese, così come lo sono per il Portogallo". Anche il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha smentito un'imminente richiesta di aiuti da parte di Madrid.

EURO - In serata a New York l'euro è sceso sotto 1,30 tornando ai valori registrati alla fine di aprile 2009. La valuta comunitaria è passata prima nel pomeriggio in Europa sotto quota 1,31 sul dollaro dopo che il fixing della Bce era stato fissato a 1,3089, in netto ribasso rispetto all'1,3238 di lunedì (-1,12%).

ROMANIA - La Banca della Romania ha tagliato i propri tassi di interesse al 6,25%, il livello più basso della storia romena. Si tratta del quarto taglio dall'inizio dell'anno.

UNGHERIA - "L’Ungheria è in una situazione economica di grave emergenza, peggiore di quanto il governo attuale ammetta e peggiore anche di quanto noi ci attendessimo. Il Paese deve essere tirato indietro dall’orlo del precipizio, ma non finiremo come la Grecia". Lo ha detto il probabile prossimo primo ministro ungherese Viktor Orban. Secondo la Commissione europea, l’Ungheria dovrebbe raggiungere quest’anno un rapporto debito/Pil dell’80%, con un deficit tra il 4,5 e il 6,5 per cento sul Pil. Un dato ben superiore al 3,8% concordato con l'Fmi.

USA: ORDINI INDUSTRIA OK - I nuovi ordini all'industria negli Usa sono cresciuti a sorpresa dell'1,3%. Il dato è superiore alle previsioni, che ipotizzavano un dato invariato. Le vendite sono aumentate del 2,2%, il maggior rialzo da novembre 2007. Al netto del settore trasporti si è avuta una crescita del 3,1%. Lo scrive la Bloomberg, precisando che l'indice di febbraio è stato rivisto al rialzo a +1,3% dal +0,6%.

04 maggio 2010

 

 

 

La Borsa di Atene e quelle Ue sono deboli, ma pesano anche strette monetarie della Cina

Draghi: "Ci sono altri paesi a rischio"

Due giorni di sciopero in Grecia

Si fermano da martedì i dipendenti pubblici di Adedy "contro le "crudeli e brutali misure senza precedenti"

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Un momento dei violenti scontri di sabato scorso davanti al ministero degli esteri ad Atene (Ansa)

Un momento dei violenti scontri di sabato scorso davanti al ministero degli esteri ad Atene (Ansa)

MILANO - La crisi greca è il primo campanello, ma l'allarme suona anche per altre nazioni, dove la crisi economica potrebbe degenerare. E' questo l'avvertimento lanciato da Mario Draghi: "Ci sono altri paesi nel mondo che, senza misure di aggiustamento precauzionale, sono esposti a un simile rischio". Il governatore della Banca d'Italia lo ha detto in un intervento alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in qualità di presidente del Financial Stability Board. Draghi ha poi detto che è opportuno rivedere il Patto di Stabilità, rendendolo "più incisivo" e "rafforzare il governo economico dell'Unione". Sono queste le priorità messe in luce dal Governatore, alla luce della crisi e in particolare del crac della Grecia.

CONFLITTO SOCIALE - Intanto in Grecia cresce il conflitto sociale: il sindacato dei dipendenti pubblici Adedy ha annunciato 48 ore di sciopero a partire da martedì, invece delle 24 previste per mercoledi, contro le "crudeli e brutali misure senza precedenti" annunciate domenica dal governo in cambio di 110 miliardi di aiuti Ue-Fmi. Mentre lunedì scioperano contro il piano di austerità da 30 miliardi in 3 anni i dipendenti municipali, il Consiglio esecutivo di Adedy invita i Greci a "rispondere con forza" da martedì al "saccheggio dei redditi e dei diritti dei lavoratori sia nel settore pubblico che privato". Mercoledi 5 maggio lo sciopero di Adedy confluirà in quello generale, il terzo contro il piano di austerità , cui partecipano anche il sindacato del settore privato Gsee e quello comunista Pame. Resterà paralizzato in tale occasione il traffico aereo, a causa della protesta dei controllori di volo, quello terrestre, sia urbano che nazionale, e marittimo. Saranno inoltre chiusi ospedali, scuole e uffici pubblici. Il premier Giorgio Papandreou ha affermato che le nuove misure sono l'unico modo "per salvare il paese dalla bancarotta". Sindacati e opposizione lo accusano invece di spingere il paese verso una "profonda recessione" e una "esplosione sociale" con i duri tagli salariali e pensionistici per i dipendenti pubblici, interventi normativi nel settore privato e aumenti delle tasse.

IL PIANO DI AUSTERITA' -A fronte degli aiuti ricevuti, Atene si è impegnata a varare altre misure di austerità su più fronti, de cui punta di rimpinguare di 30 miliardi di euro il bilancio sui prossimi due anni, con strette particolarmente drastiche sui trattamenti salariali degli statali. Allo stesso tempo il governo greco prevede ora una recessione economica più acuta quest’anno, mentre si sono riaccese le tensioni sul fronte sindacale sulle misure di austerità. A metà giornata la Borsa di Atene cala dell’1,27 per cento. Deboli anche le maggiori Borse europee, mentre le piazze asiatiche oggi aperte (non Tokyo) avevano accusato ribassi dopo che la Cina ha deciso ulteriori aumenti delle riserve obbligatorie a carico delle banche commerciali. Una manovra restrittiva contro i rischi di surriscaldamento dell’economia nel paese che finora ha fatto da locomotiva alla ripresa globale, e che suscita incognite sulle prospettive dei prossimi mesi. Oltre Atlantico i futures sui maggiori indici di Wall Street risultano volatili dopo che United e Continental Airlines hanno ufficializzato la decisione di procedere alla fusione, una operazione stimata a 3 miliardi di dollari da cui nascerà la prima compagnia aerea globale.

BCE - Intanto dopo che domenica Unione europea e Fondo monetario internazionale hanno impartito il via libera a un meccanismo di sostegni da 110 miliardi di euro a favore del paese mediterraneo nell’arco di tre anni, lunedì a questo intervento si è aggiunta un’altra manovra di sostegno da parte della Banca centrale europea, che ha esentato i bond ellenici dai requisiti di rating necessari per poterli utilizzare come garanzia nelle sue aste di rifinanziamento. Indipendentemente dalle valutazioni delle agenzie, potranno continuare ad essere dati in garanzia per ottenere fondi della Bce fino a nuovo ordine.

LE BORSE - Seduta sofferta ma alla fine positiva per le Borse europee all'indomani del piano di salvataggio per la Grecia, che prevede aiuti per 110 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Al termine della seduta le principali piazze del Vecchio Continente hanno segnato un rialzo in media dello 0,3% (Stxe 600), mentre a guidare i rialzi sono state Francoforte (+0,5%) e Parigi (+0,3%). Debole Atene che ha perso circa 1 punto percentuale. Chiusura con il segno più anche a Piazza Affari, al termine di una seduta che si era aperta in terreno negativo. L'indice Ftse Italia All-Share ha fatto segnare nel finale un +0,30%.

Redazione online

03 maggio 2010(ultima modifica: 04 maggio 2010)

 

 

 

Sfiducia sul piano salva-Grecia

La speculazione affossa le Borse

Pesanti flessioni sulle Borse europee, anche Wall Street in rosso

IL COMMENTO

Sfiducia sul piano salva-Grecia

La speculazione affossa le Borse

Pesanti flessioni sulle Borse europee, anche Wall Street in rosso

MILANO - È durato solo un giorno l’effetto del piano di salvataggio da 110 miliardi di euro che Eurolandia e Fmi hanno messo a punto per la Grecia. La paura per gli enormi debiti sovrani accumulati dai Paesi è tornato martedì a impossessarsi dei mercati finanziari senza distinzioni di latitudine. Da Londra a Parigi, da Milano a Francoforte, sulle Borse europee è partito sin dalla mattina un flusso speculativo di vendite che neanche la decisione di Fitch di mantenere inalterato il rating del debito della Spagna è riuscito a fermare.

LA PAURA DEL CONTAGIO - Ma a differenza della settimana precedente, il terrore che la crisi greca possa estendersi per contagio a Madrid, Lisbona e anche Milano si è subito riflessa a Wall Street, dove l’indice Dow Jones dei principali titoli industriali è precipitato ampiamente sotto la soglia degli 11 mila punti fin dall’apertura delle contrattazioni, e sta proseguendo la giornata con perdite superiori al 2%. I mercati sembrano insomma molto scettici sia sul fatto che il piano salva-Grecia possa bastare, sia sulla reale volontà della Germania di fare la sua parte, sia quindi sull’invulnerabilità dei conti di altri paesi Ue ad alto deficit e alto debito.

Giancarlo Radice

04 maggio 2010

 

 

 

 

La Commissione Ue ha accolto con favore il programma di consolidamento

Barroso: assistenza alla Grecia decisiva

per preservare la stabilità della zona euro

Ma la Merkel avverte: necessario rivedere le regole, sospensione del diritto di voto se impegni non rispettati

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Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso (Reuters)

Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso (Reuters)

BRUXELLES - "L'assistenza alla Grecia sarà decisiva per riportare l'economia di Atene sui giusti binari e per preservare la stabilità della zona euro". Lo afferma in una nota il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso dopo l'annuncio del premier greco Papandreou del raggiungimento dell'accordo tra Ue e Fmi. La Commissione ha "accolto con favore" il programma pluriennale di consolidamento delle finanze greche, che considera "solido e credibile" e chiede dunque che venga attivato il meccanismo di prestiti Ue-Fmi.

ECOFIN NEL POMERIGGIO - "Il governo greco, sotto la leadership determinante di Papandreou, si è impegnato ad avviare un difficile ma necessario processo di riforma per riportare l'economia greca sul giusto binario e per restaurare la fiducia" spiega Barroso, aggiungendo che "l'assistenza ad Atene dimostra la determinazione comune dei membri della zona euro e delle nostre istituzioni ad agire con spirito di solidarietà e responsabilità". Nel pomeriggio si riuniscono a Bruxelles i ministri dell'Economia di Eurolandia per dare il via libera al pacchetto di aiuti. La cifra complessiva sarà annunciata nel corso dell'Ecofin straordinario.

Il cancelliere tedesco, Angela Merkel (Reuters)

Il cancelliere tedesco, Angela Merkel (Reuters)

"RIVEDERE LE REGOLE" - Dalla Germania arriva però un nuovo avvertimento: è necessario rivedere le regole dell’Eurozona, prevedendo se necessario la sospensione del diritto di voto per quei Paesi che non rispettino i propri impegni finanziari, ha affermato Angela Merkel intervistata dal domenicale Bild am Sonntag. La cancelliera ha reso noto che i ministri delle Finanze dell’Ue si incontreranno entro la fine del mese per discutere gli eventuali cambiamenti delle procedure. Ha parlato alla vigilia dell’annuncio dell’accordo fra l’Eurogruppo e il Fmi sul pacchetto di aiuti alla Grecia, parte dei quali (circa 8,4 miliardi di euro) verranno dalle casse tedesche: "Accoglierei volentieri la partecipazione volontaria delle banche" alla somma stanziata da Berlino, ha concluso Merkel.

"FONDI ENTRO VENERDI'" - Parlando nel pomeriggio con i cronisti il cancelliere tedesco ha poi assicurato che si adopererà per sbloccare i fondi per il salvataggio della Grecia entro il prossimo venerdì. La Merkel ha espresso il suo apprezzamento per l’accordo raggiunto ad Atene sul piano di austerità, indicando che presenterà domani al suo governo il provvedimento necessario per sbloccare i fondi. Il cancelliere ha quindi aggiunto che farà pressioni sul Parlamento affinché il provvedimento in questione venga approvato entro venerdì.

Redazione online

02 maggio 2010

 

 

 

"tagli alla spesa pubblica da 30 miliardi di euro entro il 2012". Eurogruppo il 7 maggio

Grecia, c'è accordo per il salvataggio

Papandreou: in cambio grandi sacrifici

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Papandreou (Ap)

Papandreou (Ap)

ATENE - C'è l'accordo per il salvataggio della Grecia. Il premier Giorgio Papandreou ha riunito alle 9.30 (le 8.30 italiane) il Consiglio dei ministri per annunciare di aver firmato l'intesa con l'Unione Europea e il Fondo monetario internazionale per "evitare la bancarotta". Dunque saranno sbloccati gli aiuti internazionali per consentire al Paese di evitare il fallimento, ma il piano, ha ammesso il premier, comporterà "grandi sacrifici". Papandreou ha detto di essere pronto a fare "qualsiasi cosa in nome dell'interesse nazionale": "Evitare la bancarotta - ha detto - era la linea rossa del governo". L'ammontare degli aiuti sarà indicato dal ministro delle finanze Papaconstantinou nel pomeriggio a Bruxelles. Intanto dalla Ue giungono segnali di apprezzamento e il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, ha sottolineato come l'assistenza alla Grecia sia fondamentale per preservare l'intera zona euro. Il piano triennale di aiuti potrebbe ammontare complessivamente a 110 miliardi di euro. Questa - secondo quanto si apprende da fonti comunitarie - la proposta messa sul tavolo dell'Eurogruppo, che da quanto si apprende potrebbe riunirsi per un vertice straordinario con cui dare il via libera definitivo il prossimo, 7 maggio. La cifra non è stata ancora messa nero su bianco nel progetto di dichiarazione dei 16 ministri della zona euro, ma sarebbe l'ammontare deciso nelle riunioni preparatorie del vertice.

TAGLI PER 30 MILIARDI - Papaconstantinou ha anticipato i principali punti dell'accordo in una conferenza stampa ad Atene: tagli alla spesa pubblica da 30 miliardi di euro entro il 2012 e rientro del deficit pubblico al 3% entro il 2014, con una riduzione di 11 punti percentuali in quattro anni. I maggiori sacrifici saranno chiesti ai dipendenti pubblici, a cui saranno congelati stipendi e pensioni per tre anni, mentre saranno ridotte le tredicesime e le quattordicesime sotto i 3 mila euro lordi mensili e del tutto abolite quelle al di sopra dei 3 mila euro. Inoltre tredicesima e quattordicesima saranno abolite per le pensioni sopra i 2.500 euro lordi mensili, e sotto questo livello saranno ridotte. Sarà rivisto completamente il sistema delle pensioni di invalidità. Per le pensioni, a partire dal 2011 si avrà l'eguaglianza nell'età pensionabile tra uomini e donne. Nel settore privato sarà resa più elastica la possibilità di licenziamento e ridotta l'indennità; saranno inoltre ridotte le ore di lavoro straordinario. L'Iva salirà dal 21% al 23%. Saranno aumentate del 10% le tasse su carburanti, alcolici, sigarette. Aumenteranno le imposte anche su beni di lusso e lotterie (ASCOLTA il commento in audio di Antonio Ferrari).

"60 MILIARDI DI EURO L'ANNO" - "La Grecia ha necessità di prestiti per 60 miliardi di euro l'anno - ha affermato Papandreou -. Nessuno potrebbe immaginare la dimensione del debito che il precedente governo ha lasciato". Ma ha aggiunto: "Vi prometto che al termine dei 4 anni del mio mandato di primo ministro, il Paese sarà salvato dalla bancarotta". L'accordo è stato valutato positivamente dalla Commissione Ue ("decisivo per riportare l'economia di Atene sui giusti binari e per preservare la stabilità della zona euro" ha detto il presidente Barroso), ma la cancelliera tedesca Merkel ha ribadito la necessità di rivedere le regole, prevedendo eventualmente la sospensione del diritto di voto per i Paesi che non rispettano i propri impegni finanziari.

Redazione online

02 maggio 2010

 

 

2010-05-02

I governatori della Bce danno la loro benedizione al programma correttivo di Atene

Crisi greca, l'eurogruppo "avalla" gli aiuti

I ministri della zona euro hanno convalidato il piano da 110 miliardi, coperto per un terzo anche dal Fmi

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Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a Bruxelles per l'Eurogruppo, parla con il suo omologo tedesco Wolfgang Schauble (Ap)

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a Bruxelles per l'Eurogruppo, parla con il suo omologo tedesco Wolfgang Schauble (Ap)

BRUXELLES - L'eurogruppo ha dato il via libera all'unanimità al piano da 110 miliardi per il sostegno all'economia greca, piegata dalla crisi. Un benestare arrivato a Bruxelles, dove erano riuniti i ministri dell'economia dei Paesi della zona euro, dopo che già la Commissione Ue e il consiglio dei governatori della Banca centrale europea avevano dato il proprio sostegno al programma di salvataggio, che avrà come contropartita un serio intervento di risanamento da parte del governo di Atene, che annuncia tre anni di austerity con riduzioni di stipendi e pensioni. A dare conferma dell'avallo al piano è stato il presidente dei ministri dell'eurozona, Jean-Claude Juncker, che ha confermato come il piano triennale ammonta a 110 miliardi di euro, di cui 80 miliardi da parte dei Paesi euro e il resto a carico del Fondo monetario internazionale. Per il 2010 gli aiuti ammonteranno a 45 miliardi di euro, di cui 30 della Ue. La somma più elevata sarà quella della Germania, con un prestito di 8,4 miliardi, mentre l'Italia stanzierà fino a 5,5 miliardi. In serata arriva anche il via libera del direttore generale Dominique Strauss-Kahn: in settimana verrà approvato il presito di 30 miliardi da parte del Fondo Monetario.

Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet; il ministro delle Finanze greco, George Papakonstantinou; il belga Jean-Claude Juncker; e il commissario agli Affari economici Ue, Olli Rehn (Ansa)

Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet; il ministro delle Finanze greco, George Papakonstantinou; il belga Jean-Claude Juncker; e il commissario agli Affari economici Ue, Olli Rehn (Ansa)

IL VERTICE STRAORDINARIO - Il parere positivo della Commissione e della Bce erano due precondizioni necessarie, insieme all’approvazione del piano di austerità di Atene, affinché l’eurogruppo potesse dare a sua volta la propria "convalida", secondo un termine inusuale nel gergo comunitario. "Convalidare" non significa approvare con effetto immediato, ma piuttosto dare il via libera per l’ultima approvazione, quella definitiva, che verrà sempre dall’eurogruppo, ma riunito al livello dei capi di Stato e di governo, e all’unanimità, venerdì 7 maggio. Il presidente "stabile" del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, ha già convocato ufficialmente i capi di Stato e di governo per venerdì , ma la decisione sull’attivazione del meccanismo di assistenza finanziaria alla Grecia è stata presa oggi e non sarà rimessa in discussione dal summit. La decisione di oggi, sarà seguita dal completamento delle procedure di approvazione nazionale (alcune secondo iter parlamentari) dei prestiti bilaterali che ogni Paese si è impegnato a mettere a disposizione. Particolarmente importante sarà l’approvazione del parlamento tedesco, che dovrebbe essere completata entro lo stesso venerdì 7 maggio. Il cancelliere Angela Merkel si è impegnata a presentare la proposta al governo domani. Immediatamente dopo l’approvazione unanime del summit dell’eurozona, i finanziamenti saranno erogati dai Paesi membri, raccolti dalla Commissione europea e pagati alla Grecia dalla Bce, insieme ai fondi dell’Fmi.

"PAGHEREMO FINO ALL'ULTIMO EURO" - La Grecia, al termine della riunione, ha fatto sapere per bocca del proprio ministro delle Finanze, George Papacostantinou, di non sentirsi "sotto tutela" degli altri Stati dell'eurozona. "Siamo invece - ha detto - un Paese che si assume le sue responsabilità. E rimborseremo tutto, fino all'ultimo euro". Il commissario degli affari economici della Ue, Olli Rehn, ha invece sottolineato che "il programma adottato dalla Grecia è un sforzo necessario e senza precedenti, così come il sostegno finanziario ad Atene". Rehn ha aggiunto che i cittadini devono essere pronti "a fare sacrifici per diversi anni, perchè la crisi non si chiude dall'oggi al domani". Ma, ha concluso, "la Grecia ce la farà a superare questo momento".

IL SI' DELLA BCE - Il consiglio dei governatori della Banca centrale europea, dal canto suo, aveva fatto sapere con una nota di salutare "con favore" "il programma correttivo economico e finanziario che è stato approvato oggi dal governo greco in seguito alla conclusione positiva dei negoziati con la Commissione europea, insieme alla Bce e al Fondo monetario internazionale". Secondo i banchieri, "le ambiziose correzioni di bilancio e le riforme strutturali complessive previste dal programma sono adeguate al raggiungimento, a termine, degli obiettivi di stabilizzazione della situazione economica e di bilancio". Che in sede europea si guardi al piano greco e al conseguente aiuto dell'Europa come ad un intervento cruciale per l'economia dell'intero continente lo aveva spiegato anche il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, secondo cui l'assistenza alla Grecia è fondamentale per garantire la stabilità dell'intera zona euro.

Redazione online

02 maggio 2010

 

 

 

 

2010-04-30

pronto un piano da 120 miliardI. Telefonata Obama-Merkel: "Serve azione risoluta"

Borse, la Grecia scommette sugli aiuti

Ma Atene avverte: ora misure dolorose

Listini europei chiudono in rialzo. Atene a +8,83%. Papandreou ai sindacati: "Servono nuovi sforzi"

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(Reuters)

(Reuters)

MILANO - Recuperano le Borse europee dopo due giornate di pesanti ribassi. A trascinare al rialzo le Piazze del Vecchio Continente, dopo un avvio cauto legato al declassamento della Spagna, è stata la speranza di un accordo definitivo sul pacchetto di aiuti a favore della Grecia messo a punto da Ue e Fmi e sul quale è arrivato mercoledì il sì di Berlino. Le Borse europee chiudono quindi tutte positive, a cominciare da Atene che fa registrare nel finale un +8,83%. A Londra l'indice Ftse 100 guadagna lo 0,67% a 5.623,89 punti. A Milano il Ftse All-share sale dell'1% a 22.300 punti. A Francoforte il Dax cresce dell'1,5% a 6.148,15 punti e Parigi il Cac 40 avanza dello 1,55% a 3.845,72 punti. Positive anche Madrid (+2,69%) e Lisbona (+4,75%).

Bene anche Wall Street con il Dow Jones che al momento segna +0,57% a 11.108,37 punti e il Nasdaq +0,61% a 2.486,81 punti.

"SI CHIUDE NEI PROSSIMI GIORNI" - Le aperture di Berlino agli aiuti hanno dato un colpo di accelerazione ai negoziati in corso ad Atene tra la Commissione Ue, la Bce e il Fondo monetario internazionale. "Sono fiducioso del fatto che i negoziati si chiuderanno nei prossimi giorni" ha detto il commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn, assicurando che presto verranno annunciati i dettagli del programma di risanamento delle finanze greche necessario per attivare il piano di aiuti nei confronti di Atene. In un discorso a Monaco, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet ha spiegato che gli aiuti previsti per la Grecia non sono utili solo per Atene, ma anche per tutta Eurolandia perché riducono i rischi per la stabilità finanziaria. Posizione condivisa anche dal presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, secondo il quale il salvataggio della Grecia è anche nell'interesse della Germania, che è "strettamente collegata" ad Atene. Per il futuro Trichet chiede comunque anche un'applicazione rigorosa del Patto di Stabilità, che contenga anche interventi precoci. Nel frattempo il leader dell'opposizione tedesca, Frank Walter Steinmaier, ha annunciato che la Spd è pronta ad appoggiare gli aiuti alla Grecia prima del 9 maggio.

PAPANDREOU INCONTRA I SINDACATI - L'andamento della Borsa greca dimostra che Ataene crede negli aiuti. Anche se ottenerli richiederà sforzi ulteriori. Il premier Giorgio Papandreou che ha incontrato in mattinata i principali sindacati dei lavoratori e i rappresentanti degli industriali, li ha informati infatti delle nuove "dolorose misure" che il governo si prepara ad introdurre per ottenere l'erogazione del pacchetto di aiuti Ue-Fmi, senza tuttavia precisare se saranno applicate a partire già dal 2010. Il portavoce del governo, Giorgio Petalotis ha solo aggiunto che le nuove misure potranno includere nuovi aumenti dell'Iva su alcolici, sigarette e carburanti, nuovi tagli alle indennità dei dipendenti pubblici, congelamento dei salari nel settore privato, flessibilità nell'occupazione, liberalizzazione dei limiti sui licenziamenti nel settore privato. Non ha escluso tagli alla tredicesima e quattordicesima mensilità, affermando tuttavia che tale questione è ancora in discussione. Alcune misure saranno provvisorie e altre permanenti. Secondo fonti informate potrebbero essere annunciate già domenica da Papandreou.

TELEFONATA MERKEL-OBAMA - Nel frattempo, dagli Stati Uniti, Barack Obama segue con attenzione l'evolversi della situazione: di crisi greca il presidente americano ha parlato al telefono con Angela Merkel. I due leader si sono trovati d'accordo nel chiedere ad Atene "azioni decise" e l'intervento "in tempi tempestivi" del Fondo Monetario Internazionale e dell'Unione Euopea. Un nuovo segnale di uno sforzo comune, anche oltreoceano, mentre, grazie al pressing esercitato sulla Germania, sembra avvicinarsi l'ora dell'attivazione del piano salva-Grecia che, con l'aggravarsi della situazione, pare destinato a raggiungere i 100-120 miliardi di euro in tre anni, di cui due terzi dalla Ue e un terzo dall'Fmi.

Redazione online

29 aprile 2010(ultima modifica: 30 aprile 2010)

 

 

 

Papandreou: "L'Ue fermi l'incendio". Merkel: "Evitare una nuova Lehman"

Grecia, l'appello di Trichet:

"La Germania decida in fretta"

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(Ansa)

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MILANO - Pressing di Ue e Bce su Berlino per gli aiuti alla Grecia: il presidente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso, assicura che l'Unione europea e la Banca centrale europea sono "determinate a garantire la stabilità" dell'Eurozona e quindi gli aiuti alla Grecia arriveranno. Il governatore della Bce, Jean-Claude Trichet, invita la Germania a "decidere in fretta". Trichet è volato a Berlino insieme al direttore generale dell'Fmi Dominique Strauss-Kahn. "Sono pienamente fiducioso che avremo una buona conclusione e che tutte le decisioni saranno prese", ha aggiunto Trichet, secondo il quale "i negoziati ad Atene saranno conclusi in pochi giorni. E quel negoziato è la chiave di tutto". "Ogni giorno perso è un giorno in cui la situazione peggiora e peggiora" ha detto invece Strauss-Khan per il quale "è in gioco la fiducia nell'eurozona".

CONTRIBUTI FMI - Il Fondo monetario internazionale potrebbe erogare ad Atene contributi supplementari per 10 miliardi di euro, sotto forma di un prestito triennale, nel timore che il pacchetto da 45 miliardi già deliberato non riesca a riportare sotto controllo la situazione del debito pubblico di Atene . Lo scrive il 'Financial Times' riportando fonti ufficiali e bancarie di Washington e Atene. Il contributo supplementare andrebbe ad aggiungersi ai 15 miliardi di euro che il Fondo si è già impegnato ad erogare.

BOCCIATA ANCHE LA SPAGNA - Ad aggravare il clima di incertezza nei Paesi dell'euro, arriva però la notizia che Standard & Poor's ha tagliato il merito di credito della Spagna portandolo ad 'AA' dal precedente 'AA+'. Lo comunica in una nota l'agenzia di rating. Le prospettive sul rating spagnolo - aggiunge S&P - sono "negative". Martedì era già stato declassato il Portogallo. Si rinforza insomma la paura di contagio.

MERKEL: "NON DIVENTI NUOVA LEHMAN" - Le attenzioni, al momento, sono però concentrate soprattutto sulla crisi greca. Anche il presidente americano, Barack Obama, sta monitorando la situazione, dopo aver espresso "forte preoccupazione". Nel frattempo la Fed, la Banca Centrale americana, ha lasciato invariati i tassi tra 0 e 0,25% aggiungendo di voler mantenere i tassi a bassi livelli "per un periodo esteso". Per il presidente dell'Fmi, che ha parlato in una conferenza stampa nella serata di mercoledì a Berlino, dopo un vertice con il cancelliere tedesco Angela Merkel, la crisi greca "non sfocerà in una nuova recessione". La Merkel, dal suo canto, ha detto che "non si può consentire che con la Grecia si arrivi a una nuova crisi come quella innescata dal fallimento della banca americana Lehman Brothers" e che l'esperienza dimostra che occorrono "soluzioni di lungo termine e che ora si sta percorrendo la strada giusta".

LA POLITICA SI MUOVE - Sul fronte politico l'ostacolo più grosso a un rapido intervento di ristrutturazione del debito greco - attraverso prestiti a tassi più bassi di quelli di mercato da parte dei paesi della zona euro e dell'Fmi - rimane la posizione della Germania, contraria a finanziare Atene senza ulteriori, pesanti impegni sul fronte della spesa pubblica oltre al pacchetto di misure già votato dal Parlamento greco. Misure però che, secondo molti analisti, rischiano di deprimere ulteriormente la già fragile economia ellenica. La Germania si trova del resto ad affrontare le elezioni e ha un'opinione pubblica in larga parte contraria a finanziare il debito greco. Così una riunione dell'Eurozona è stata fissata solo per il 10 maggio, il giorno dopo le elezioni tedesche. Ma occorre far presto, visto che il 19 maggio vanno a scadenza titoli greci per 9 miliardi di euro. Berlino però, dopo il colloquio con Trichet e Strauss-Khan, sembra pronta a dare una mano. Se i negoziati con Atene avranno successo, il governo tedesco è pronto ad adottare un disegno di legge per autorizzare la partecipazione della Germania al piano di aiuti. Lo ha detto a Berlino il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Il governo tedesco chiederà al parlamento l'approvazione di aiuti alla Grecia fino a 8,4 miliardi nel 2010 e per un ulteriore ammontare non specificato nel 2011 e nel 2012. I dettagli del progetto di legge, compresi gli importi, saranno definiti domenica quando la Grecia dovrebbe terminare i negoziati col Fmi e la Commissione Europea sul piano triennale di riduzione dell'indebitamento.

IL PUNTO SULLA CRISI ELLENICA - La crisi greca continua però ad aggravarsi. Per la prima volta da quando esiste l'euro oggi il rendimento dei tassi dei titoli di Stato di un paese dell'Eurozona ha superato l'11%. Si tratta dei titoli di stato greci a 10 anni che, tra l'altro, hanno fatto registrare oggi un differenziale rispetto ai titoli di stato tedeschi fino a 847 punti base dai 690 di martedì, livello massimo dal 1996. Nel frattempo il rendimento del biennale ellenico è schizzato al 24,2% (15% nella vigilia), segnando un differenziale rispetto al titolo tedesco di 2.340 punti base (con un incremento di oltre 1.400 punti base rispetto alla chiusura). Il Cds (la sigla sta per credit default swap ed è un accordo tra un acquirente ed un venditore per mezzo del quale il compratore paga un premio periodico a fronte di un pagamento da parte del venditore in occasione di un evento relativo ad un credito, come ad esempio il fallimento del debitore, cui il contratto è riferito) sui cinque anni della Grecia si è allargato a 865,4 punti base dagli 823,8 di martedì sempre rispetto all'equivalente tedesco. Un valore che, spiegano gli esperti, riconosce ormai al 50,3% la probabilità di un fallimento della Grecia. Per contrastare possibili speculazioni la Consob greca ha vietato per due mesi le vendite allo scoperto alla Borsa di Atene. La decisione fa seguito al declassamento deciso martedì dall'agenzia di rating S&P che ha tagliato il rating della Grecia a "junk" (spazzatura). La vendita allo scoperto è un'operazione finanziaria che consiste nella vendita, effettuata nei confronti di uno o più soggetti, di titoli non direttamente posseduti dal venditore.

PAPANDREOU - Il premier Giorgio Papandreou ha quindi invitato l'Europa ad assumersi "le sue responsabilità" per evitare che "l'incendio si propaghi". Parlando al consiglio dei ministri il premier ha assicurato che per quanto la riguarda, la Grecia "si è assunta la sua parte di responsabilità storica per sè e per l'Europa".

COMMISSIONE UE - Intanto da Tokyo parla il presidente della Commissione Ue Barroso secondo il quale gli Stati dell'Ue, la Commissione europea e la Bce sono "determinati a garantire la stabilità della zona euro". "Al momento non vediamo rischi di contagio": ha detto invece il portavoce del commissario Ue agli Affari Economici e Monetari, Olli Rehn, a proposito delle preoccupazione che la crisi greca possa diffondersi all'interno di Eurolandia. "Non si può assolutamente paragonare - ha sottolineato il portavoce - la situazione della Grecia con quella di altri Paesi della zona Euro". In particolare, il portavoce ha evidenziato la differenza tra la situazione greca e quella del Portogallo, spiegando come Lisbona abbia presentato un programma di risanamento dei conti "concreto, ambizioso e realizzabile" dicendosi anche disposto a valutare il varo eventuale di nuove misure correttive. "Nessun ritardo o rinvio. Anzi, al contrario, stiamo accelerando": aveva detto in precedenza Rehn, a proposito dei tempi per attivare il piano di aiuti in favore della Grecia. "Il lavoro va avanti - aveva spiegato il portavoce - e dall'ultimo venerdì la sequenza che ci porterà all'attivazione del meccanismo di aiuti ha subito un'accelerazione. Non c'è nessuno che sta aspettando niente, e il lavoro sarà finalizzato nei prossimi giorni".

Redazione online

28 aprile 2010(ultima modifica: 29 aprile 2010)

 

 

 

nota del Partito democratico

L'opposizione attacca Formigoni:

"Regione ha bond greci per 115 milioni"

Gaffuri: "Se la Grecia andasse in default la perdita ricadrebbe interamente sulla Lombardia"

Roberto Formigoni (Newpress)

Roberto Formigoni (Newpress)

MILANO - La crisi economica greca si fa sentire anche in Lombardia. L'opposizione attacca infatti il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, per l'esposizione della Regione sui titoli della Grecia. Luca Gaffuri, capogruppo del Pd al Consiglio regionale, chiede a gran voce: "Ci si spieghi perché non è ancora stato creato il board di esperti internazionali deliberato dal Consiglio". In una nota del Partito democratico si sottolinea che i titoli di Stato della Grecia nel fondo di ammortamento che la Regione ha costituito per rimborsare a scadenza il Bond Lombardia emesso nel 2002 ammontano a 115 milioni di euro.

FONDO DI AMMORTAMENTO - Il fondo di ammortamento (sinking fund) è stato ceduto agli istituti Merrill Lynch e UBS Warburg con un derivato, che prevedeva la possibilità per le due banche di allocare le risorse accantonate in titoli statali o garantiti dallo Stato e, appunto, 115 milioni sono una quota di un bond emesso dalla Grecia. Se la Grecia andasse in default - conclude la nota - la perdita ricadrebbe interamente sulla Regione. "Dobbiamo vederci chiaro - attacca Gaffuri - nell'interesse dei risparmiatori lombardi e il presidente della Regione non se la può cavare con una battuta".

LA BATTUTA - "La Grecia non fallirà", aveva detto il presidente Formigoni, assicurando che non ci sono pericoli per l'investimento fatto dalle banche per la Lombardia in titoli ellenici. "Le decisioni dell'Unione europea sono chiarissime: grazie al cielo non c'è stata la follia di pensare che un Paese potesse fallire e tutto restasse uguale". Dunque "non c'è pericolo - ha concluso - per la piccola cifra che le banche hanno investito".

BOARD DI ESPERTI - "La prima cosa che il presidente Formigoni e l'assessore Colozzi devono fare è spiegare perché hanno costruito un'operazione che si sta dimostrando rischiosa per le casse regionali a fronte di vantaggi che sono solo per le banche presso cui l'hanno costituita, le quali non si assumono alcun rischio". Inoltre la maggioranza consiliare, Pdl e Lega, "deve spiegare perché non ha ancora creato il board di esperti internazionali, come previsto da una nostra proposta votata dall'Aula il 28 luglio scorso. Il collegio dovrebbe valutare l'opportunità e la rischiosità del Bond e del successivo derivato e fornire al Consiglio e quindi alla Regione le migliori strategie per ridurre la rischiosità di quell'operazione finanziaria".

IL GRUPPO MISTO - Piovono critiche anche dal gruppo misto, con Alessandro Cè: "La questione bond Lombardia potrebbe avere risvolti preoccupanti per il bilancio regionale. Sarebbe utile che il presidente Formigoni informasse tutti i cittadini sull'ammontare dei titoli greci presenti attualmente nel fondo di ammortamento e chiarisse se la Regione Lombardia intende accantonare le risorse per fronteggiare l'eventuale fallimento del Paese Grecia. In caso affermativo, vorremmo sapere quanto questa avventurosa, improvvida e inspiegabile scelta del governo Formigoni andrà a gravare sulle tasche dei cittadini lombardi".

Redazione online

29 aprile 2010

 

2010-04-27

Il ministro delle finanze: "L'Europa non ci aiuta". Il 10 riunione dei governi della zona euro

Grecia, appello del governo alla Ue

E le Borse europee bruciano 160 miliardi

Situazione sempre più delicata: "Servono soldi entro 19 maggio". E S&P declassa a "spazzatura" i titoli di Atene

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Le proteste dei giorni scorsi ad Atene

Le proteste dei giorni scorsi ad Atene

MILANO- La Grecia "non può più" rifinanziare sul mercato il suo debito pubblico. L'allarme è stato lanciato dal ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, che ha sottolineato che il deficit di bilancio del 2009, già corretto da Eurostat al 13,6%, potrebbe esser ancora rivisto in peggio, "al 14 per cento del Pil". Il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, non ha voluto commentare l'andamento dei negoziati tra il governo di Atene e Bruxelles, ma ha spiegato che a suo parere un default della Grecia o dell'eurozona "è fuori questione". I segnali che inducono al pessimismo, tuttavia, non mancano, a partire al declassamento al livello "junk", ossia spazzatura, del rating greco da parte di Standard and Poors: uno status che per il governo ellenico "non corrisponde alla realtà". Per il prossimo 10 maggio è stato inoltre convocato un vertice straordinario dei governi dell'Eurozona che avrà all'ordine del giorno la definizione di politiche di aiuto per la Grecia.

DATA LIMITE IL 19 MAGGIO - Un'altra data fatidica è quella che desta le maggiori preoccupazioni ad Atene ed è quella del 19 maggio, quando andranno a scadenza 9 miliardi di euro di titoli di Stato. Per quella data sarà necessario reperire fondi che il governo greco "non può più" prendere a prestito sul mercato. In questa situazione la Grecia "non è aiutata dall’Europa", ha sottolineato il ministro Papaconstantinou secondo cui "manca chiarezza" sugli aiuti che sono stati richiesti. Martedì i rendimenti sui titoli di stato greci segnano nuovi massimi, oltre il 9,5 per cento, mentre la Borsa di Atene è arrivata a perdere oltre il 6 per cento.

LA RECESSIONE PEGGIORA - Intanto, la Banca centrale di Atene paventa che per l'anno in corso la recessione potrà essere maggiore della contrazione del 2% prevista finora: una "riduzione" del prodotto interno lordo "maggiore" di quella calcolata "è molto probabile alle condizioni attuali, caratterizzate da un alto livello di incertezza", ha affermato il governatore della Banca di Grecia, Georges Provopoulos, spiegando che il calo del Pil è avvenuto principalmente "a causa del forte crollo degli investimenti, ma anche dei consumi privati e delle esportazioni".

ANCHE IL PORTOGALLO DECLASSATO - Nel frattempo, la crisi greca minaccia seriamente di estendersi all'Europa meridionale: Standard and Poor's, una delle principali agenzie di rating, ha declassato il rating del Portogallo per il modo in cui sta gestendo l'elevato debito pubblico e la situazione debole dell'economia. Il rating è stato ora abbassato di due note ed è passato a "A-" da "A+", in pratica quattro note sopra il cosiddetto livello "spazzatura" ("junk"). L'outlook sulle prospettive del debito portoghese è negativo. Il rating sovrano della Grecia, cine detti, è invece finito già a livello "junk". Il rating è stato tagliato di tre note a 'BB+'. L'outlook resta negativo, il che significa che il rating potrebbe essere ulteriormente declassato

LA BORSA CROLLA - Inevitabili le conseguenze sui mercati finanziari. La Borsa di Atene crolla del 6% e trascina al ribasso i listini del Vecchio Continente. A risentirne maggiormente le Borse dei Paesi considerati più a rischio contagio: Portogallo, su cui si è abbattuto il doppio taglio del rating, e Spagna, dove il tasso di disoccupazione ha superato a marzo la soglia psicologica del 20%. La Borsa di Madrid è scivolata del 4,19%, mentre quella di Lisbona è sprofondata del 5,3%. Chiusura in profondo rosso anche per Milano (-3,1%), Parigi (-3,82%), Francoforte (-2,73%) e Londra (-2,61%). George Papaconstantinou ha affermato che la Grecia non è più in grado di rifinanziare sul mercato il suo debito pubblico, aggiungendo che il deficit di bilancio del 2009 potrebbe essere ancora rivisto in peggio, al 14% del Pil. Complessivamente nella seduta odierna sono andati in fumo circa 160 miliardi di euro di capitalizzazione dell'indice paneuropeo Stoxx 600 che ha ceduto il 3,13%, con un ribasso accentuato negli ultimi minuti dopo il taglio di S&P al rating della Grecia.

LA PALLA ALLA GERMANIA - Mercoledì, nel frattempo, si preannuncia come una giornata fondamentale per la cancelliera tedesca Angela Merkel, che sarà impegnata in una serie di vertici sulla Grecia fino al tardo pomeriggio. Berlino sta predisponendo una legge ad hoc la cui bozza è stata diffusa da Reuters. Il provvedimento è chiamato "Legge per mantenere la stabilità nell'Unione monetaria" e menziona un'agenda informale che prevede una votazione da parte dei Paesi dell'Eurozona entro il 10 maggio. In base alla bozza di legge, il Parlamento greco dovrà votare il 6-7 maggio un programma triennale di austerity. Inoltre il provvedimento stabilisce che i negoziati di Atene con Ue e Fmi si chiudano il 2 maggio. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfagang Schaueble assicura che "La Germania non lascerà sola la Grecia". Secondo quanto scrive l'agenzia stampa Dpa, che cita fonti del governo, la Merkel terrà un primo incontro con alcuni ministri dell'esecutivo, tra i quali i ministri del Cancellierato, Ronald Pofalla (Cdu), degli Esteri, Guido Westerwelle (Fdp) e delle Finanze, Wolfgang Schaeuble (Cdu).

AIUTI ITALIANI - Anche il Governo italiano è pronto a fare la sua parte per salvare dal default la Grecia: è infatti stato predisposto un decreto legge che dà il via libera agli aiuti in favore del paese ellenico fino a 5,5 miliardi nell'ambito del pacchetto europeo da 30 miliardi. Lo rivelano all'Agi fonti del Tesoro. Secondo quanto si apprende, il provvedimento è pronto e potrebbe quindi essere varato a breve dal Consiglio dei Ministri.

Redazione online

27 aprile 2010

 

 

LA CRISI GRECA

Giusta l’intransigenza della Merkel

Ma ora, scatto d’orgoglio per l’Europa

LA CRISI GRECA

Giusta l’intransigenza della Merkel

Ma ora, scatto d’orgoglio per l’Europa

Alla lunga la crisi greca sarà d’esempio, se la politica capirà che l’Unione Europea deve battersi per essere rispettata nella comunità internazionale; e che, per battersi con successo, deve mostrare un fronte unito. Il pacchetto finanziario messo a punto per impedire la bancarotta della Grecia è risultato di una travagliata unità e di una incompiuta solidarietà, entrambi ostaggio della prudenza dei governi e dell’indifferenza dei cittadini. L’Europa funziona se i vincoli vengono vissuti come parte di una comune responsabilità e non come una camicia di forza. Un compromesso che ignori il rispetto delle regole del gioco e un’indispensabile autodisciplina avrà vita breve.

Con la sua intransigente insistenza sulle regole, il cancelliere Merkel ha messo in chiaro che i Trattati non possono essere aggirati, li ha tutelati e ha imposto una prassi —qualora l’esempio della Grecia non dovesse rimanere isolato —che proteggerà la moneta unica da peggiori turbolenze. La sua fermezza nel tutelare la stabilità dell’euro è stata provvidenziale; la retorica della solidarietà dei diritti e non dei doveri aumenta gli equivoci e rinvia i problemi. È quindi ingiusto accusare i tedeschi di aver versato acqua nel vino dell’europeismo, di aver privilegiato gli interessi nazionali a scapito di quelli europei, di essere spietati con Atene.

Detto questo, la visione contabile dell’integrazione europea che fa capolino in Germania appare anch’essa limitativa. È necessario che la Germania ritrovi il gusto per l’unità europea, ricordi che unità e riunificazione tedesca sono due facce della stessa medaglia, tenga presente che l’ostentazione della diversità fra interessi tedeschi e interessi europei, per quanto politicamente appetibile, è insidiosa. Altrettanto essenziale è la capacità d’ogni Paese di spiegare all’opinione pubblica che la moneta unica è un punto di partenza, non d’arrivo: la condivisione dell’euro fra diversi Stati crea una comunità di destini. È come una scalata in montagna in cui tutti devono assicurarsi fra loro: l’imprudenza di uno fa cadere tutti nel burrone.

In questo momento la politica utilizza un linguaggio diverso. La frequente ostentazione degli interessi nazionali rispetto agli obiettivi europei, la pigrizia nello sviluppo di nuove iniziative, l’esitazione a rafforzare la stabilità della zona euro, banalizzano 60 anni d’integrazione. Con la propria riluttanza a rinviare i problemi, a non affrontarli per tempo, la politica finisce col volgere le spalle al progetto europeo, accredita l’impressione che non vi sia più nulla da aggiungere, rifiuta di accettare che, senza Europa, staremmo peggio: nella politica, nella sicurezza, nell’economia, nella vita quotidiana. L’assenza europea nel recente blocco del trasporto aereo dovrebbe pur insegnare qualcosa.

Se dovessimo giudicare l’appartenenza all’Unione Europea in termini di vantaggi negoziali spuntati dai singoli Paesi, l’Europa farebbe un devastante balzo all’indietro. Qualora dovesse trionfare questa visione funzionalistica, i risultati raggiunti sinora saranno in pericolo: da Schengen all’euro. Senza politiche, interessi, obiettivi comuni, subiremmo l’impatto delle decisioni prese da altri: dalla Cina al Brasile. Le Alpi tornerebbero ad essere una frontiera invalicabile per l’Europa mediterranea: a Nord la stabilità, a Sud l’instabilità. Nell’Europa continentale lo pensano già in molti. La stessa Germania, priva del vincolo europeo, riprenderebbe la propria libertà d’azione ovunque. Un ritorno al bilateralismo segnerebbe la sconfitta dell’Europa e un ritorno a un insopportabile passato. Occorre quindi fare quadrato su due punti fondamentali. Chi sussurra che il progetto di riconciliazione fra Stati un tempo nemici costruito dopo la Seconda guerra mondiale ha fatto il suo tempo perché quell’epoca è ormai estranea alle generazioni giovani, distrugge un pilastro della legittimità democratica dell’Unione Europea. L’argomentazione utilizzata indebolirebbe anche la legittimità storica di molti Stati europei. Chi esita ad utilizzare l’esperienza della crisi greca per progredire nel governo dell’economia, rende impossibile il funzionamento dell’Unione. L’Unione Europea deve dimostrare che solo insieme si esce dalla crisi economica e finanziaria e che solo uniti si aprono prospettive di crescita comune.

Gli Stati rimangono padroni dei Trattati ma hanno accettato la condivisione della sovranità. È quindi illogica la contrapposizione fra interessi nazionali ed interessi europei accentuatasi dopo la entrata in vigore del Trattato di Lisbona: viene da chiedersi perché è stato firmato se questo è il risultato. Una debole confederazione di Stati contrapposta a una federazione di Stati coesa, o una politica che considera più rilevante un’elezione locale rispetto all’unità europea non otterrà mai che l’Europa parli con una sola voce. Anche per questo l’obiettivo di una federazione politica e non di un’associazione di Stati deve rimanere all’orizzonte. Serve un pratico scatto d’orgoglio.

Antonio Puri Purini

27 aprile 2010

 

 

 

"squilibri di bilancio notevoli che si estenderanno ancora per parecchio tempo"

Deficit Eurozona, l'allarme della Bce

"Nessun miglioramento fino al 2013"

Papademos: "Quest'anno tutta Eurolandia registrerà un deficit superiore al 3% di Pil"

"squilibri di bilancio notevoli che si estenderanno ancora per parecchio tempo"

Deficit Eurozona, l'allarme della Bce

"Nessun miglioramento fino al 2013"

Papademos: "Quest'anno tutta Eurolandia registrerà un deficit superiore al 3% di Pil"

BRUXELLES -Ai timori per la crisi greca, si aggiunge l'allarme della Bce sul deficit dell'Eurozona. "Fino al 2012-2013 non ci sarà nessun miglioramento negli squilibri notevoli dei bilanci dei Paesi della zona euro" ha detto Lucas Papademos, vicepresidente della Bce parlando al Parlamento europeo. Il numero due della Banca centrale europea ha anche ricordato che su sedici Paesi di Eurolandia, tredici hanno già in corso procedure per deficit eccessivo, e "quest'anno tutti registreranno una deficit superiore al 3% di Pil". Per il vicepresidente Bce si tratta di "squilibri di bilancio notevoli che si estenderanno ancora per parecchio tempo". In questo quadro la crisi greca, ci ha tenuto a sottolineare Papademos, "è un campanello d'allarme per tutti i Paesi che hanno problemi simili".

PIL E INFLAZIONE - Quanto al prodotto interno lordo, nel 2010 quello di Eurolandia "continuerà ad espandersi moderatamente, con un rafforzamento nel 2011". La Bce prevede inoltre che l'inflazione resterà stabile. "L'obiettivo a medio-lungo termine è mantenerla vicino al 2%" ha detto Papademos

Redazione online

27 aprile 2010

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-05-14

Borse, paura per la crisi Ue

Tutte giù, Piazza Affari in forte calo

Apertura in ribasso per le piazze europee dopo le sedute negative di ieri sera a Wall Street e dei mercati asiatici. A Milano l'indice cede circa il 3%, pesanti le banche. Euro sotto quota 1,25

Borse, paura per la crisi Ue Tutte giù, Piazza Affari in forte calo

MILANO - Apertura in calo per le Borse europee, dopo la chiusura contrastata della vigilia, sulla scia dell'andamento negativo di Wall Street e Tokyo. Cedono Parigi, Francoforte e tutte le piazze del vecchio continente, tra 1 e 2 punti percentuali, tranne la Borsa tedesca, sempre la migliore nelle ultime sedute, che cala poco più di mezzo punto. Madrid e Lisbona perdono oltre il 2%.

Pesante la situazione di Piazza Affari che, a metà mattina, vede i suoi indici perdere oltre il 2%. Il Ftse Mib cede il 2,39% mentre il Ftse All Share il 2,24%. Pesa sul listino, dove tornano a farsi sentire i timori per la crisi del debito pubblico in Europa, l'andamento dei titoli bancari e finanziari con in testa Ubi Banca (-4,9%), Mediobanca (-3,6%) e Banco Popolare (-4,6%).

L'euro scende ai minimi da 14 mesi, cioè dal marzo del 2009, sotto quota 1,25 dollari. La moneta unica ha toccato il minimo di 1,2493 dollari per poi risalire a 1,2524. Ma a metà giornata è scivolato di nuovo a 1,243.

A Tokyo il Nikkei ha chiuso in calo dell'1,49%, trascinato in ribasso dal gigante dell'elettronica Sony che ha perso il 6,79% per le sue deludenti previsioni sugli utili.

Ieri sera a Wall Street il Dow Jones aveva perso l'1,05% e l'S&P500 l'1,22.

Peggiora Piazza Affari. E' in rosso intorno al 3% la Borsa di Milano. Poco prima delle 11,30 l'indice generale perdeva il 3,06%, poi nei minuti successivi ha ripreso qualcosa tornando a -2,84. Il trend ribassista si è comunque accentuato anche nel resto d'Europa, dove varie piazze hanno superato il 2% di perdita. Parigi è quasi al 2,5.

Pesante rosso a metà seduta.

Solo Madrid, che perde più del 4%, fa peggio di Piazza Affari, ormai stabilmente intorno al 3% di ribasso. Tra le altre principali piazze europee la peggiore è Parigi che in questa fase scende del 2,67%, seguita da Bruxelles e Lisbona che perdono due punti e mezzo. Più contenuti i cali di Londra (-1,8%) e Francoforte (-1,4).

A trascinare giù Piazza Affari sono, fin dall'inizio della seduta, i titoli finanziari, che vanno sempre peggio. Ubi banca e Azimut hanno superato il 6% di perdita, FonSai è a -5,5. Tra le cinque blue chip peggiori figurano però anche due non finanziari, Impregilo e Prysmian, che perdono il 5,75%.

(14 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

2010-05-13

BRUXELLES

Bce: "Risanare i conti pubblici

la crisi può fermare la crescita"

L'istituto di Francoforte sprona i governi e lancia l'allarme disoccupazione. "Servono rifome strutturali". "L'intervento dovrà superare in misura considerevole l'aggiustamento strutturale dello 0,5 per cento del Pil"

Bce: "Risanare i conti pubblici la crisi può fermare la crescita"

Il presidente della Bce, Trichet

ROMA - Servono interventi decisi per risanare i conti pubblici, anche perché la crisi potrebbe frenare la crescita. Nel bollettino di maggio la Banca centrale europea esorta "i governi a intraprendere un'azione incisiva per conseguire il risanamento durevole e credibile delle finanze pubbliche". Secondo l'Eurotower il risanamento dei conti pubblici "dovrà superare in misura considerevole l'aggiustamento strutturale dello 0,5 per cento del Pil su base annua stabilito come requisito minimo nel Patto di stabilità e crescita. Per contro, spiega la Bce, "la rapida attuazione di piani di risanamento ad ampio spettro rafforzerà la fiducia del pubblico nella capacità dei governi di restituire sostenibilità alle finanze pubbliche, ridurrà i premi per il rischio intrinseci ai tassi di interesse e quindi favorirà la crescita durevole nel medio periodo".

Crescita. "La crisi finanziaria potrebbe frenare la crescita", afferma la Bce spiegando che sulla ripresa di Eurolandia, in corso sia pure a un ritmo "moderato", peseranno "il processo di risanamento dei bilanci" in vari settori, la bassa utilizzazione della capacità produttiva e il mercato del lavoro debole.

Pil. Revisione al ribasso per le stime sul Pil nell'area euro per il 2010 e per il 2011. Le nuove previsioni indicano una crescita dell'1,1% per quest'anno e dell'1,5% nel 2011 e, per entrambi gli anni, si tratta di una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali.

Inflazione. L'inflazione dovrebbe collocarsi all'1,4 per cento nel 2010 (con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto ai risultati del primo trimestre del 2010) e rimanere invariata all'1,5 per cento nel 2011.

 

Riforme strutturali. "In tutti i Paesi dell'area dell'euro, per favorire una ripresa sostenibile, sono d'importanza cruciale riforme strutturali che rafforzino la crescita e l'occupazione" si legge nel bollettino mensile. L'Eurotower mette in guardia: "Alla luce del recente incremento della disoccupazione, per evitare che questo si traduca in un aumento della disoccupazione strutturale sono necessari sistemi tributari e assistenziali capaci di incentivare efficacemente il lavoro, migliori dispositivi di formazione e sufficiente flessibilità dei contratti di lavoro". Al tempo stesso, sottolinea l'istituto di Francoforte, "è indispensabile che nella contrattazione salariale vi siano istituzioni che consentano un opportuno aggiustamento dei salari sulla base delle perdite di competitività e delle condizioni di disoccupazione". Ma, "altrettanto essenziali", secondo la Bce, "sono le misure tese ad accrescere la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo" e "un ruolo importante" è attribuito "all'adeguata ristrutturazione del settore bancario".

Finanza. La Bce teme nuove tensioni sui mercati finanziari. "In termini di rischi al ribasso - sottolinea - persistono timori concernenti rinnovate tensioni in alcuni segmenti dei mercati finanziari". Inoltre, "potrebbero influire verso il basso anche interazioni negative più intense o prolungate del previsto fra l'economia reale e il settore finanziario, nuovi rincari del petrolio e di altre materie prime, maggiori spinte protezionistiche e la possibilità di una correzione disordinata degli squilibri internazionali".

Grecia. Nonostante la crisi la Grecia "ce la può fare" a risanare i suoi conti pubblici, ma sarà uno sforzo che Atene dovrà portare avanti anche sul lungo periodo e che dovrà concentrarsi sulla riduzione della spesa pubblica. "A giudicare dalla passata esperienza dei Paesi dell'area dell'euro, una riduzione considerevole del debito pubblico è fattibile - dice la Bce - ma queste riforme richiedono un fermo impegno nel più lungo termine".

(13 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

FEDERICO RAMPINI

" Parlamentari Usa, ribassisti in Borsa nella crisi

Arizona, funziona il boicottaggio "

12

mag

2010

L’euro è il nuovo rublo, dice il Wall Street Journal

Gli Usa hanno un deficit/Pil del 7,3%, superiore a quello greco. Raggiungeranno un rapporto debito/Pil del 140% entro un ventennio: "Siamo davvero diversi dalla Grecia?" è il titolo-choc in prima sul New York Times, sul rischio sovrano nell’economia più grande del mondo.

Sul Wall Street Journal "l’euro come il rublo", inchiesta mette a raffronto la crisi europea con quella della Russia nel 98: "il salvataggio che NON funzionò".

Lo stesso Wall Street Journal rivela che sono gli investitori europei i principali acquirenti di oro, che lo hanno spinto a sfondare un nuovo record storico.

Scritto mercoledì, 12 maggio 2010 alle 13:15 nella categoria Economia Usa, finanza, valute. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

 

 

L'ANALISI

Il conto della crisi

di CARLO CLERICETTI

Il conto della crisi

Quando si è rotto il giocattolo della finanza a debito, che modelli matematici di economisti insigniti del Nobel assicuravano potesse continuare all'infinito, i governi di tutto il mondo si sono mobilitati come mai era successo prima per evitare che il pianeta precipitasse in una Grande Crisi come quella iniziata nel 1929. Gli errori di allora, ampiamente studiati, non sono stati ripetuti. Si è fatto di tutto per evitare la paralisi del sistema del credito e le belle teorie sugli equilibri di bilancio sono state rapidamente gettate alle ortiche. L'implosione dell'economia di mercato è stata evitata dalla pesante discesa in campo degli Stati, quegli stessi Stati che il pensiero fino a quel momento dominante voleva il più lontano possibile dalle attività economiche.

Il disastro è stato evitato: non senza che il tessuto sociale soffrisse pesanti lacerazioni, ma comunque si è evitato di finire nell'abisso. Se però qualcuno aveva pensato che i problemi fossero superati e non restasse che tirare un sospiro di sollievo e riprendere il cammino, ebbene, si era illuso. Il Bollettino della Bce - come altri documenti di istituzioni finanziarie internazionali - afferma una verità molto banale: è venuto il momento di pagare il conto.

Gli squilibri che avevano scatenato la crisi sono stati trasferiti, per evitare il peggio, dall'economia privata ai bilanci pubblici. Ma neanche questi ultimi possono sfuggire alla regola che non è possibile consumare sistematicamente più valore di quello che si produce. Hanno solo a disposizione un tempo maggiore per smaltire gli eccessi (non troppo, come si è visto dalle recenti vicende che, iniziate con l'attacco alla Grecia, hanno messo in difficoltà tutta l'area euro); e, soprattutto, possono decidere come distribuire i carichi necessari, che è appunto il compito della politica.

 

La ricetta della Bce, in questo non diversa da varie altre che vengono diffuse in questo periodo, sembra far perno prima di tutto su un fattore: il fattore lavoro, attraverso il contenimento dei salari e la flessibilità dei contratti. Certo, la banca centrale non parla solo di questo. Sono necessarie anche "misure tese ad accrescere la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo" e "l'adeguata ristrutturazione del settore bancario". Ma c'è una particolare insistenza sul fatto che "è indispensabile che nella contrattazione salariale vi siano istituzioni che consentano un opportuno aggiustamento dei salari sulla base delle perdite di competitività e delle condizioni di disoccupazione".

Ora, da un punto di vista economico questi obiettivi sono sicuramente sensati. E' dal punto di vista politico che il conto non torna. Quando si provoca un guaio il buon senso e l'equità vorrebbero che a sopportare il peso dell'aggiustamento fossero coloro che ne sono responsabili. Le notizie sui bonus miliardari persino a manager che escono da banche o assicurazioni fallite e salvate con i soldi dei contribuenti non sembrano proprio andare in questa direzione. E abbiamo appena appreso che la riforma delle regole per le banche è stata ulteriormente rinviata con l'accordo di Usa e Unione europea.

In realtà, il modello economico che ha provocato la crisi è ancora lontano dall'essere messo in discussione. Bisognerebbe che governi e istituzioni internazionali, mentre il conto viene inevitabilmente pagato da chi non ha certo le maggiori responsabilità per quanto è successo, cominciassero a porsi il problema di che cosa cambiare perché tutto ciò non si ripeta.

© Riproduzione riservata (13 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

CRISI

Finanza, sulle nuove regole

le banche ottengono un rinvio

Un comunicato congiunto del segretario al Tesoro Usa Geithner e del commissario europeo Barnier annuncia lo slittamento al 2011 dei provvedimenti

Finanza, sulle nuove regole le banche ottengono un rinvio

Michel Barnier, commissario Ue per il mercato interno e i servizi

BRUXELLES - L'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno annunciato che lavoreranno per l'individuazione di una data condivisa nel 2011 per il varo di nuove e più stringenti regole sul trading book delle banche. Si tratta del primo slittamento nell'impegno internazionale verso un sistema finanziario meno rischioso.

"Le parti hanno concordato che, alle luce dei rispettivi sistemi legali e in coordinamento con il Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria, lavoreranno con l'obiettivo di fissare una data condivisa nel 2011 per le regole sul trading book stabilite da Basilea", hanno detto, in un comunicato congiunto, il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, e il commissario europeo per il mercato interno e i servizi Michel Barnier.

Il Comitato di Basilea dei banchieri centrali e dei regolatori aveva concordato che le nuove regole sul trading book avrebbero avuto effetto dalla fine del 2010, ma le banche hanno esercitato pressioni per ottenere un rinvio.

(13 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-05-12

SPAGNA

Zapatero vara l'austerity

tagliati gli stipendi pubblici: - 5%

Le misure sono una risposta alle richieste dei ministri delle Finanze europei dopo il pacchetto di aiuti anti-crisi. Eliminato l'assegno per i bambini, le pensioni non saranno rivalutate nel 2011. "Serve un sforzo straordinario"

Zapatero vara l'austerity tagliati gli stipendi pubblici: - 5%

Jose Zapatero

MADRID - Spagna, subito via all'austerità. Madrid, pressata dall'Europa, ha deciso di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici del 5% nell'anno in corso e di congelare gli aumenti nel 2011. Il premier socialista Josè Luis Zapatero, annunciando le misure alle richieste dei ministri delle Finanze europei per una stretta ai bilanci dopo il pacchetto di aiuti anti-crisi, è stato netto: "I problemi della Spagna si chiamano 11,2% di deficit e 20% di disoccupazione, serve uno sforzo speciale singolare e straordinario".

Oggi il premier socialista ha spiegato, nel dettaglio, in che consiste il taglio di 15 miliardi chiesto alla Spagna dall'Eurogruppo per ridurre più velocemente il deficit e riportalo vicino al 3% nel 2013. Si parte con la riduzione e il successivo congelamento degli stipendi dei funzionari pubblici. Un taglio progressivo che colpirà i redditi più alti e non risparmierà neanche il governo che limerà le sue retribuzioni del 15%. L'esecutivo, inoltre, ha eliminato dal primo gennaio 2011 il cosiddetto cheque-bebè, l'assegno di 2.500 euro che lo stato staccava a tutti i cittadini senza distinzione di reddito che avevano un figlio.

Non si salvano neanche le pensioni (ad eccezione delle minime e delle non contributive) che vedono la sospensione della loro rivalutazione nel 2011. Tra gli altri obiettivi è previsto il taglio del rapporto deficit/Pil al 9,3% nel 2010 e al 6,5% nel 2011, dall'11,2% del 2009.

I tagli toccheranno anche gli aiuti allo sviluppo, a cui verranno decurtati 600 milioni di euro e gli investimenti pubblici, ridotti di più di 6 miliardi nel 2010 e 2011. Il governo ha inoltre chiesto a regioni e comuni un ulteriore risparmio di 1,2 miliardi di euro.

Dall'Italia Silvio Berlusconi ha giudicato favorevolmente le misure. E anche la Borsa spagnola ha mostrato di gradire virando in positivo. Ieri, secondo il quotidiano spagnolo El Pais, Zapatero aveva ricevuto la telefonata da Barack Obama, che lo aveva invitato ad adottare "misure risolutive" a fronte di una situazione di crisi che preoccupa gli Usa per l'importanza dell'economia spagnola e il suo peso nell'eurozona.

(12 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

CRISI

Barroso: "Alla moneta unica

serve un'unione economica"

Il presidente della Commissione ha presentato il piano per rafforzare il Patto di stabilità. Trichet: "Ho fiducia nel futuro dell'Euro. Non stiamo stampando moneta". Handelsblatt: Weber è il suo successore

Barroso: "Alla moneta unica serve un'unione economica"

BRUXELLES - Non può esserci unione monetaria senza che ci sia unione economica. Lo ha detto il Presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso. ''Intendiamo rafforzare il patto di stabilità'', ha esordito nella conferenza stampa per presentare la raccomandazione varata dall'esecutivo comunitario per rinforzare l'architettura europea sul tema dei conti pubblici. ''Il patto prevede già principi e regole e vogliamo che siano fedelmente rispettate''. Le sanzioni per chi "sfora" i conti saranno automatiche ''per essere più credibili''. L'Europa è ancora in uno stato di emergenza e per questo ''dobbiamo agire subito, cogliendo il momento per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e realizzare una più forte disciplina fiscale''. ''Questo è un patto di consolidamento per il rafforzamento dell'economia europea'', ha poi aggiunto.

La Commissione intende rafforzare il Patto di stabilità mettendo sotto osservazione speciale anche i debiti e prevedendo sanzioni per chi viola gli impegni presi, vedi la sospensione dei fondi strutturali e di coeseione; attuare una vigilanza preventiva sulle finanze pubbliche degli Stati membri, estendendo il controllo alle riforme strutturali e alle politiche per la competitivita'; introdurre dal 2011 un ''semestre europeo'' nel corso del quale ''coordinare e sincronizzare'' le manovre di bilancio e le riforme dei vari paesi; creare un meccanismo permanente di risoluzione delle crisi.

Questi i capisaldi della proposta avanzata oggi. In pratica, Bruxelles spinge per una decisa stretta sui conti dei paesi dell'Eurozona, ''affilando i denti'' del Patto Ue e allargandone il campo d'azione. Una svolta "rigorista" dopo una crisi dell'Eurozona senza precedenti. Col maxi piano per la stabilizzazione dell'euro, ha spiegato il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ''l'Europa ha affrontato l'emergenza immediata. Ora c'è bisogno di rafforzare la governance economica dell'Europa, mettendo in campo gli strumenti per un rafforzamento del Patto e della crescita dell'economia''. Anche per il commissario agli affari economici e monetari, Olli Rehn, ''il coordinamento delle politiche di bilancio va fatto in maniera preventiva, per assicurare che i bilanci nazionali siano coerenti con la dimensione europea''.

 

Trichet: "Fiducia nel futuro dell'euro". La Banca centrale europea "non sta stampando moneta". Parola del suo presidente, Jean-Claude Trichet, che si dice anche "più che fiducioso" per il futuro dell'euro. "Non abbiamo cambiato politica monetaria. Non stiamo stampando moneta" ha detto Trichet in un'intervista alla radio francese Europe 1. "Sono più che fiducioso nel futuro dell'euro" ha aggiunto, sottolineando però: "Abbiamo bisogno di rafforzare la sorveglianza sulle politiche degli uni e degli altri sul piano dei conti pubblici. E' fondamentale".

Il presidente della Bce ha riconfermato che la stabilità dei prezzi è al cuore del mandato dell'istituzione. "Il nostro obiettivo è la stabilità dei prezzi a medio e lungo termine" ha ricordato, spiegando che la decisione presa nel weekend di comprare titoli di Stato dei paesi dell'eurozona, un'opzione finora scartata dalla Bce, è dovuta al fatto che occorre "saper prendere decisioni rapide che non mettano in causa la stabilità dei prezzi a medio termine". Trichet non ha voluto indicare l'ammontare impiegato dalle banche centrali dell'area euro per l'acquisto di bond governativi ma ha precisato che ''l'acquisto di titoli di debito è in linea con il trattato''.

''I mercati stanno tornando gradualmente alla normalità'', ha assicurato. Il presidente della Bce rifiuta la lettura che le ultime decisioni in ambito europeo abbiano compromesso l'indipendenza della Bce. ''Abbiamo abbastanza conflitti con le autorità di governo che nessuno può mettere in dubbio la nostra indipendenza. Ci siamo sempre presi le nostre responsabilità. Per la Bce la direzione è chiara ed è la stabilità dei prezzi''. Ha insistito poi sul tema della fiducia. ''La fiducia dei cittadini, degli imprenditori e degli investitori è un imperativo. Per questo è essenziale tornare a una situazione sostenibile in merito ai conti pubblici''.

Handelsblatt: Weber è il successore. La Germania, nel corso dei negoziati sul piano Ue per il salvataggio dell'euro, ha imposto la nomina di Axel Weber, presidente della Bundesbank, alla guida della Bce, quando nell'autunno 2011 scadrà il mandato di Jean-Claude Trichet. Lo scrive il quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt. I negoziatori tedeschi, la cancelliera Angela Merkel, il ministro dell'Interno Thomas de Maizière e il sottosegretario alle Finanze Joerg Asmussen, hanno insistito su questo punto in occasione della trattative a Bruxelles domenica scorsa, scrive Handelsblatt citando autorevoli fonti di governo. "Di fronte alla crisi di fiducia dell'eurozona, anche i francesi si sono dovuti arrendere all'argomento che deve occuparsene un tedesco impegnato per la stabilità", scrive il quotidiano. "La Bce deve tornare a essere un pilastro della stabilità monetaria" afferma una fonte citata dal quotidiano.

Le chances di Weber, membro del consiglio direttivo della Bce e considerato un falco in politica monetaria, erano già cresciute con la nomina in febbraio del portoghese Vitor Constancio a vicepresidente dell'istituzione di Francoforte. In virtù di un tacito equilibrio tra paesi del Nord e del Sud d'Europa la scelta di Constancio ha fatto di Weber il favorito rispetto al governatore di Bankitalia Mario Draghi. Handelsblatt conclude che diventando presidente della Bce Weber "sarebbe il secondo tedesco più importante in un'istanza internazionale", dopo il papa.

(12 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

LONDRA

Al via la coalizione Cameron-Clegg

"Libertà, giustizia e responsabilità"

Il neopremier conservatore comincia a riempire le caselle del gabinetto di coalizione: Clegg vicepremier, il 38enne Osborne alle Finanze, cinque ministri lib-dem. La crisi economica il primo problema da affrontare. E niente euro per questi cinque anni di legislatura

Al via la coalizione Cameron-Clegg "Libertà, giustizia e responsabilità" William Hague, nuovo ministro degli Esteri

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Cresce il partito della riforma elettorale

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Lo speciale di Repubblica Tv

LONDRA - Archiviate le giornate convulse del post-elezioni, dopo la prima notte trascorsa a Downing Street il nuovo premier britannico David Cameron ha cominciato a occuparsi della formazione del nuovo governo di coalizione, un inedito per la storia recente britannica. Ancora molte caselle vuote, ma alcuni punti significativi sono già fermi. Innanzi tutto, e per forza di cose, il ruolo di vicepremier affidato al leader libearldemocatico Nik Clegg che con i suoi 57 deputati ha permesso ai Tories di formare la maggioranza necessaria a governare.

"Io e Clegg abbiamo formato un governo di coalizione, che è unito da tre principi: libertà, giustizia e responsabilità e i liberaldemocratici saranno rappresentati a ogni livello del governo", ha detto Cameron nella prima conferenza stampa congiunta con il suo vice. Il nuovo primo ministro ha parlato dell'intenzione comune di "introdurre una nuova politica, dove è più importante l'interesse nazionale che quello di partito, e dove la cooperazione e il compromesso non sono segni di debolezza ma di forza".

Per Cameron il principale problema da affrontare immediatamente resta la crisi economica: "Nessun governo in tempi moderni ha ricevuto un'eredità economica così terribile", ha detto. Lui e Clegg "concordano che la riduzione del deficit e la continuità per assicurare la ripresa economica sono le questioni più urgenti che la Gran Bretagna deve fronteggiare". Il governo lib-con mantiene quindi come punto cardine del programma quello di tagli della spesa pari a sei miliardi di sterline già quest'anno, e di una "riduzione accelerata" del deficit record del Paese che è pari a 163 miliardi (11,1 per cento del prodotto interno lordo, secondo le stime dell'esecutivo). Il nuovo governo esclude inoltre l'adesione della Gran Bretagna all'euro nei prossimi cinque anni, la durata dell'accordo definito nei negoziati fra i due partiti. Verrà poi introdotta una tassa sui profitti delle banche e la formazione di una commissione ministeriale che studi la riforma strutturale degli istituti di credito e la possibile divisione del loro ramo di investimento da quello commerciale.

Per quanto riguarda l'assegnazione dei dicasteri, significativa è la conferma alla guida del Foreign Office del ministro degli Esteri ombra, William Hague. Un euroscettico di ferro, che renderà difficile la convivenza con gli europeisti liberaldemocratici. Ai lib-dem andranno altri quattro ministeri e una ventina di altre cariche. Il capo segreteria di Clegg, Danny Alexander, occuperà il ministero per gli Affari scozzesi; al numero due del partito, Vince Cable, verrà affidata la responsabilità per "banche e imprese" anche se non è ancora chiaro se il titolo sarà di primo segretario al Tesoro; David Laws sarà il segretario per l'Infanzia mentre non si sa ancora quale incarico svolgerà l'ex candidato a leader dei lib-dem Chris Huhne.

I Tory si aggiudicano i portafogli di peso. A un altro giovanissimo (Cameron e Clegg hanno 43 anni), il 38enne George Osborne, va il ruolo chiave di cancelliere dello Scacchiere. Liam Fox diventa ministro della Difesa, mentre Andrew Lansley andrà alla Salute. Theresa May è stata nominata ministro dell'Interno, mentre alla Giustizia va Ken Clarke.

Resta, pesante, l'incognita Europa. Il patto di coalizione stretto fra liberaldemocratici e conservatori esclude ogni ingresso nell'euro e prevede un referendum per ogni trasferimento di sovranità all'Ue. Hague ha subito esordito, all'indomani del voto, con un documento che ha provocato una levata di scudi tra i lib-dem. Il testo attacca sottolineando che la vittoria elettorale dei conservatori "cambia la relazione britannica con l'Ue" e promette di chiedere il "rimpatrio" di poteri in materia di giustizia penale, politica sociale e occupazione oggi sotto la giurisdizione di Bruxelles. Hague è stato anche fortemente criticato da Clegg per aver ritirato il Partito conservatore dal gruppo popolare all'Europarlamento, da lui considerato troppo favorevole all'integrazione europea. Sotto la sua guida gli eurodeputati conservatori hanno formato un gruppo euroscettico con i polacchi del Partito della legge e della giustizia del defunto presidente Lech Kaczynski e i cechi della Piattaforma Civica Democratica.

Nel suo primo giorno di lavoro da premier, vari leader stranieri hanno chiamato Cameron per congratularsi. Secondo il presidente Usa Barack Obama, il primo ministro britannico "ha riaffermato il proprio impegno strategico in Afghanistan e sono fiducioso che il nuovo governo aiuterà Karzai a raggiungere il successo. Lo considero un leader intelligente, competente e efficiente e sono sicuro che lavoreremo insieme in maniera efficiente". Obama ha ricordato "la relazione speciale che esiste tra Usa e Gb, costruita nei secoli, e che continuerà a esistere". Di Afghanistan si è parlato anche durante la telefonata di Berlusconi a Downing Street, oltre che di Europa e dell'agenda del G8-G20. ll segretario di Stato americano Hillary Clinton ha avuto invece un primo contatto telefonico con il suo nuovo collegaHague, così come ha fatto anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini.

(12 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-11

EURO

In campo le banche centrali, volano le Borse

Milano oltre l'11%. Obama: "Brava Europa"

La Bce ha annunciato "misure eccezionali" sul mercato dei titoli di Stato e su quello dei cambi e le banche centrali hanno già iniziato gli acquisti. Ottime le reazione dei mercati. Merkel: "Il fondo rafforzerà e proteggerà l'euro, ma i problemi vanno affrontati alla radice"

In campo le banche centrali, volano le Borse Milano oltre l'11%. Obama: "Brava Europa"

Angela Merkel

ROMA - Volano le Borse dopo l'accordo sul piano anti-speculatori e l'annuncio che anche le banche centrali sarebbero intervenute sui mercati. Piazza Affari si è impennata fin dall'apertura e a fine giornata è arrivata a guardagnare l'11,28% con l'indice FtseMib e il 10,5 con quello generale. Si tratta del secondo maggior rialzo di sempre per la Borsa di Milano. Dal 1994, anno di avvio del sistema telematico, l'aumento percentuale maggiore è stato segnato dall'indice Mibtel il 13 ottobre 2008 con un aumento del 10,93%. A beneficiare soprattutto il settore bancario, più penalizzato nelle sedute della scorsa settimana dalle vendite. E la Casa Bianca, attraverso la dichiarazione di un rappresentante americano che ha affidato un commento anonimo all'agenzia Reuters, fa sapere che il presidente americano Barack Obama appoggia le "ampie azioni" dell'Europa per calmare i mercati.

Benissimo anche le altre Borse europee, compresa quella greca. La Borsa di Atene ha chiuso oggi con guadagni record, l'Indice generale ha fatto segnare al termine delle contrattazioni +9,13%, a 1.779,3 punti. Parigi vede l'indice Cac40 schizzare a 3.708,89 punti con un rialzo del 9,32%. Guadagni robusti anche per Francoforte che rivede il Dax sopra la soglia dei seimila punti con un +5,3% a 6.017,91 punti. A Londra l'Ftse100 si è fermato a 5.387,42 punti con un rialzo del 5,16%.

Ottima giornata a Wall Street che apre in positivo e chiude anche meglio: Dow Jones avanza del 3,92% a 10.787,10 punti, il Nasdaq sale del 4,81% a 2.374,67 punti, mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso del 4,39% a 1.159,70 punti.

 

L'euro sembra però aver beneficiato meno dell'effetto positivo del piano della Bce. La moneta europea ha fermato infatti le contrattazioni vicina ai minimi di giornata (1,2811 dollari) e vale 1,2836 dollari contro 1,2973 dell'apertura e il massimo di giornata a 1,3093. Euro in calo anche contro yen a 119,91 dai 120,50 dell'avvio di giornata. Il cross dollaro/yen vede il biglietto verde guadagnare a 93,41. Secondo gli analisti, all'iniziale entusiasmo per il piano varato dalla Bce è seguito una sorta di scetticismo di ritorno, dovuto alla considerazione secondo la quale i problemi di fondo dell'Europa sono ancora da risolvere.

Gli interventi delle banche centrali. Forse più ancora che dalle decisioni dell'Ecofin il maxi-rimbalzo è provocato dall'annuncio che anche le banche centrali intervengono per sostenere la stabilità finanziaria. La Banca centrale europea, subito dopo la fine della riunione dei 27 a Bruxelles da Francoforte ha annunciato "misure eccezionali" sul mercato dei titoli di Stato e su quello dei cambi. L'intento, è scritto in un comunicato, è "di mettere fine alle disfunzioni" che sono state riscontrate dopo l'esplosione della crisi greca. Altra misura è stata concertata con la Fed, e le banche centrali di Canada, Inghilterra, Svizzera alle quali si è poi aggiunta quella giapponese. In sostanza i banchieri centrali hanno riattivato il meccanismo di scambio delle divise (swap) per facilitare l'approviggionamento in dollari delle banche della zona euro.

E in tarda mattinata è giunta la conferma da parte di Bakitalia e Bundesbank che gli acquisti di titoli sono iniziati. Al momento slo da questi due paesi ci sono notizie ufficiali, ma secondo indiscrezioni tutte le banche centrali sarebbero passate all'azione.

Misure necessarie, secondo la Bce, per fare fronte "alle gravi tensioni osservate sui mercati finanziari". Buona la reazione dell'Euro che torna ad 1,30 nel cambio con il dollaro dopo che nei giorni scorsi era sceso sotto quota 1,26. "Il fondo rafforzerà e proteggerà l'euro, ma i problemi vanno affrontati alla radice" rafforzando la disciplina di bilancio" commenta il cancelliere tedesco Angela Merkel.

La prima Borsa a chiudere, dopo gli interventi di Ue, Fmi e banche centrali è stata quella di Tokyo: l'indice Nikkei chiude a +1,30% dopo due sessioni in calo.

(10 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

LE REAZIONI

Piano salva-euro, Berlusconi

si prende il merito dell'accordo

Palazzo Chigi: "La situazione si è sbloccata grazie all'intervento del premier". Napolitano: "L'Italia ha fatto bene la sua parte". La Merkel: "Sforzo necessario per garantire un futuro all'euro". De Benedetti: "Europa tentennante, è stata smossa da Obama con il forcone"

Piano salva-euro, Berlusconi si prende il merito dell'accordo

Silvio Berlusconi

ROMA - "Un impulso fondamentale allo sblocco dei serrati negoziati sul piano di salvataggio dell'euro ieri all'Ecofin l'ha dato il presidente Berlusconi quando, poco prima dell'1 di notte, ha chiamato al telefono il cancelliere Merkel. Fino a quel momento le trattative a Bruxelles si stavano arenando sulle diverse proposte presentate che non riuscivano a raccogliere il necessario consenso". Il comunicato di palazzo Chigi non mostra esitazioni nell'attribuire al premier l'impulso decisivo nella difficile partita del piano salva-euro.

Molto meno enfatico il commento del cancelliere tedesco Angela Merkel, una delle vere protagoniste del vertice: "Il maxi-piano è necessario per garantire il futuro dell'euro. E' necessario attaccare i problemi alla radice e combattere realmente le cause delle tensioni che pesano sulla moneta unica". Anche il ministro francese delle Finanze Cristine Lagarde ha evitato di attribuire meriti al proprio Paese: "Abbiamo serrato le file per salvare l'euro". "L'eurozona sta certamente riguadagnando fiducia. I nostri fondamentali sono buoni", sostiene il presidente della commissione Ue, Jose Manuel Barroso. Dopo il piano "la Bce si aspetta ora una politica di rigore nei bilanci pubblici dai governi europei", ribadisce il presidente della Bce Jean Claude Trichet. "Per noi - ha spiegato riferendosi alla richiesta fatta dall'Ecofin a Spagna e Portogallo - questo impegno è stato assolutamente decisivo". Silenzio sulla portata degli interventi: "E' la Bce che decide".

Per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "l'Italia ha fatto la sua parte e l'ha fatta nel senso giusto sollecitando più Europa, più unità, più integrazione, contro ogni ripiegamento su meschini, indifendibili egoismi nazionali".

 

Anche Carlo De Benedetti commenta il risultato dell'Ecofin. "Il piano - dice l'ingegnere - risolve i problemi immediati dei mercati ma è una questione di breve periodo: non può invece risolvere i problemi di fondo delle divergenze tra le economie europee". De Benedetti sostiene di aver visto "come sempre un'Europa tentennante, che se non c'era Obama col forcone che la muoveva, era piuttosto divisa, ma a quest'Europa ci siamo abituati". Tuttavia, secondo l'ingegnere, "non cambia nulla sul piano di fondo perché il vero problema è la divergenza dell'economia nel tema dell'area europea, che non può essere cambiata da questo provvedimento. Se i Paesi più in difficoltà, o i paesi del sud Europa, non ricominciano una strada di crescita, non c'è nessuna ragione per cui un finanziamento possa risolvere i loro problemi".

Soddisfatta del risultato dell'Ecofin Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria: "Siamo arrivati molto vicini al baratro: questo ci deve far pensare che bisogna andare avanti con l'integrazione. Anche la reazione buona dei mercati di oggi testimonia che questa era la scelta giusta. Se non fosse stata questa la decisioneavremmo rischiato moltissimo, avremmo rischiato la dissoluzione dell'euro e dell'Europa e questo sarebbe stato pagato moltissimo dai cittadini e dalle imprese". In prospettiva il presidente di Confindustria sottolinea come sia "importante che anche un paese come l'Italia, che non è annoverato tra quelli più a rischio, faccia una politica di rigore. E' venuto il momento che anche in Italia si tagli la spesa pubblica, a partire da quella improduttiva, e si faccia una politica di rigore vero; dall'altra parte invece si deve investire in quelle cose che possono darci capacità di crescita, come la ricerca e l'innovazione".

"Oggi sembra che le cose vadano meglio - avverte Giampaolo Galli, direttore generale di Confindustria, riferendosi alla reazione positiva dei mercati - ma i Paesi esposti a pressioni speculative devono fare i compiti a casa, riducendo il disavanzo pubblico e facendo riforme per la crescita. L'intervento della Bce è potenzialmente amplissimo, salvo pericoli inflazione".

(10 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

RATING

Moody's: "Nessun taglio per Italia e Spagna

In vista downgrade Portogallo e Grecia"

L'agenzia sta scivolando del 12% a Wall Street per via della convocazione della Sec. Fitch conferma la valutazione positiva sull'Italia: "Rappresenta un'importante eccezione rispetto al deficit di altri paesi sotto osservazione"

Moody's: "Nessun taglio per Italia e Spagna In vista downgrade Portogallo e Grecia"

ROMA - Non ci sono in programma tagli di rating per Irlanda, Italia e Spagna, mentre Moody's è orientata a far arretrare il Portogallo dall'attuale Aa2 a Aa3, e la Grecia dall'attuale A3 a un probabile Baa. L'agenzia lo afferma in un comunicato dal titolo "Rating Governments Through Extraordinary Times" (valutare i governi in momenti fuori dall'ordinario), pubblicato oggi rigorosamente alla chiusura delle Borse, così come richiesto dalla Consob, e dagli analoghi organismi di controllo europei, dopo il disastroso calo delle Borse in seguito alla diffusione di un comunicato di Moody's sul rischio di contagio della crisi greca alle banche europee. E del resto che non ci siano problemi di questo tipo per l'Italia lo conferma (come già aveva fatto nei giorni precedenti) anche l'agenzia Fitch: "L'Italia rappresenta un'importante eccezione rispetto al deficit di altri paesi sotto osservazione per i disavanzi elevati di bilancio, come Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda e ha più in generale una miglior posizione", si legge in uno studio diffuso oggi.

"La decisione del governo italiano di non intraprendere misure fiscali di stimolo nel 2008 e nel 2009 - viene tra l'altro sottolineato da Fitch- ha aiutato a tenere il deficit sotto la media dell'Unione monetaria europea contribuendo alla maggiore stabilità degli spread dei titoli obbligazionari, nonostante i livelli elevati del debito".

In effetti all'Italia la nota di Moody's dedica solo un accenno: "Inoltre, ci sono altri paesi che sembrano esposti a un probabile contagio (Spagna, e in misura differente, l'Italia) e hanno outlook stabili. Noi non abbiamo in programma di cambiare questi rating in un prossimo futuro. Tuttavia, se lo facessimo - chiaramente non si può scommettere all'indefinito su rating stabili per nessun Paese - faremmo in modo da comunicare chiaramente le ragioni dell'evoluzione delle nostre vedute attraverso tutte le informazioni disponibili". Hanno l'aria di essere le ennesime scuse per il comunicato diffuso giovedì 6.

 

Le conseguenze di quell'analisi, diffusa all'inizio della giornata di Borsa, con tutte le conseguenze del caso, tuttavia non sono i soli problemi che l'agenzia deve affrontare. La Sec, la Consob statunitense, sta indagando sugli alti rating assegnati dall'agenzia alle obbligazioni legate ai mutui subprima, poco prima che ci fosse il collasso del mercato, nel 2007: oggi Moody's ha ha ammesso in un comunicato che è possibile che venga convocata, per rispondere di tale comportamento. Un'ammissione che è costata all'agenzia uno scivolone a Wall Street che è arrivato al -12%.

Per quanto riguarda il Portogallo, Moody's si appresta a tagliare il rating sul debito pubblico di due gradini, scendendo da Aa2 ad A1 entro le prossime 4 settimane. "Un declassamento del Portogallo ad Aa3 è probabile, ma un ulteriore taglio ad A1 non può essere escluso. Molto dipenderà da quanto sarà credibile l'aggiustamento dei conti pubblici, da quanto costerà il finanziamento del debito e dalle prospettive di crescita economica, al momento piuttosto anemiche", spiega la nota di Moody's.

Per la Grecia, Moody's si appresta, entro 4 settimane, a tagliare il rating sul debito pubblico. Il paese ellenico attualmente con rating A3 potrebbe subire un declassamento "molto sostanziale verso il livello di Baa", che determinerebbe la classificazione dei titoli di stato greci come "non investment grade" (titoli spazzatura). Già Standard&Poor's ha tagliato il merito di credito della Grecia a "non investment grade". Gli sviluppi futuri del rating del paese ellenico dipenderanno dalla reale implementazione del piano di risanamento dei conti, spiega la nota di Moody's (rosaria amato).

(10 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-09

CRISI GRECA

Gb: "No al fondo contro le crisi"

Vertice Ecofin per varare il piano

Londra conferma il rifiuto britannico di partecipare allo scudo "salva-Stati" a cui è dedicato il summit di Bruxelles. La Germania propone un maxiprogetto da 500 miliardi. Dal Fmi via libera a 30 miliardi di aiuti ad Atene

Gb: "No al fondo contro le crisi" Vertice Ecofin per varare il piano

BRUXELLES - La Gran Bretagna dice no al fondo europeo a sostegno dalla moneta unica. Lo ha confermato il ministro delle Finanze inglese Alistair Darling, che ha precisato: "Voglio essere chiaro, la proposta di creare un fondo per la stabilità dell'euro è una faccenda che riguarda i paesi dell'Eurogruppo". E a Bruxelles è in corso una riunione decisiva dell'Ecofin (i ministri delle finanze della Ue). I 27 dovrebbero approvare le misure per scongiurare gli effetti della crisi greca. La Germania ha proposto un piano da 500 miliardi di euro, che potrà essere utilizzato per i Paesi dell'area della moneta unica che dovessero trovarsi in difficoltà.

Il vertice Ecofin. Dopo ore di riunione, i lavori dei 27 ministri finanziari della Ue in serata sono stati sospesi, per lasciare il posto a una riunione del Comitato economico e finanziario della Ue, che deve affrontare tutte le modalità tecniche del piano e tentare la quadratura del cerchio tra tutte le posizioni espresse al tavolo dei ministri.

La proposta e i dubbi tedeschi. La Germania ha portato al tavolo di Bruxelles il maxipiano da 500 miliardi, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale. Il piano tedesco includerebbe i 60 miliardi di euro di prestiti raccolti sul mercato dalla Commissione Ue e 440 miliardi di euro che sarebbero apportati, se necessario, dai Paesi della zona dell'euro e dal Fmi. Il meccanismo si baserebbe su prestiti bilaterali di garanzia per le emissioni e linee di credito del Fondo di Washington.

Ma Berlino starebbe anche manifestando perplessità sulla questione delle garanzie dei prestiti, che non solo la Commissione ma anche i singoli Stati dell'eurozona dovrebbero fornire ai Paesi in difficoltà, secondo il progetto dell'esecutivo comunitario.

 

Braccio di ferro. Fonti diplomatiche spiegano come dovrebbe funzionare il fondo. Poggiando su una clausola del Trattato (122) che consente all'Ue di garantire un'assistenza finanziaria a Stati membri che si trovino in "difficoltà" o siano "sotto seria minaccia di difficoltà", si dovrebbe trattare di "un piccolo Fmi in versione europea o una piccola banca". Se approvato sulla base dell'articolo 122 del Trattato, il meccanismo obbligherebbe anche il Regno Unito a contribuire al fondo. Cosa a cui Londra è contraria.

Riunione dei governatori. Anche i governatori delle banche centrali europee si sono riuniti a margine della riunione straordinaria Ecofin, per discutere della crisi della Grecia.

Fmi, varati gli aiuti ad Atene. Il board del Fondo Monetario Internazionale si è riunito a Washington: approvato all'unanimità un pacchetto da 30 miliardi di euro in tre anni per la Grecia. Fondi che rientrano nel più ampio pacchetto da 110 miliardi di euro che include anche l'Unione Europea. Il Fmi renderà immediatamente disponibili per Atene 5,5 miliardi di euro, mentre per l'intero 2010 ne verserà 10, ai quali si affiancheranno i 30 miliardi di euro dell'Unione Europea.

Obama chiama Merkel e Sarkozy. Barack Obama ha telefonato al cancelliere tedesco Angela Merkel. I due capi di governo, ha reso noto il portavoce della Casa Bianca Bill Burton, hanno concordato sulla necessità che i 27 Paesi membri dell'Ue adottino "passi decisi" per restituire fiducia ai mercati. Poi il presidente Usa ha chiamato anche il presidente francese Nicolas Sarkozy.

Consob europee contro gli speculatori. Riunione domenicale straordinaria anche per i commissari della Consob, dopo il venerdì nero delle borse e in vista della riapertura dei mercati finanziari di lunedi. Il presidente della commissione Lamberto Cardia, di ritorno da Barcellona dove ha incontrato i colleghi delle altre autorità di mercato europee, ha riferito sul confronto avviato con le altre authority per uno stretto coordinamento contro gli abusi. La riunione è servita anche per fare il punto sulle iniziative della Consob nei confronti di una ventina di operatori, particolarmente attivi nelle vendite sui titoli bancari e sui futures collegati alla Borsa di Milano. Quanto alle società di rating, che presto saranno sottoposte ai vincoli adottati da una recente direttiva europea, Cardia ha riferito come nei giorni scorsi sia stato fatto un severo richiamo a Moody's per la diffusione del disastroso comunicato di giovedì, chiedendo all'agenzia di non emanare comunicati market sensitive durante l'apertura dei mercati. Analoghe richieste sarebbero state rivolte anche a Standard and Poor's e Fitch.

Malore per il ministro tedesco Schauble. Il tiolare delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble non ha potuto partecipare all'Ecofin perché colto da malore mentre era ancora nella sua auto. E' stato immediatamente ricoverato in ospedale di Bruxelles dove gli è stata riscontrata una reazione allergica a un nuovo farmaco. Schauble, 67 anni, è costretto dal 1990 su una sedia rotelle dopo l'aggressione di uno squilibrato. Il suo portavoce ha rassicurato sulle sue condizioni, spiegando come il ministro sia cosciente e stia bene "considerate le circostanze".

(09 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Quel braccio di ferro

con la Banca centrale

Titoli pubblici, irritazione dell'istituto di Francoforte. "Comprarli? Non prendiamo ordini". Ma i governi correggono il tiro: la vostra autonomia è sacradi ELENA POLIDORI

Quel braccio di ferro con la Banca centrale

Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet

Sconcerto e irritazione nel palazzone tutto vetro e cemento dell'Eurotower, a Francoforte: "Come? La Bce adesso deve comprare anche i titoli dei paesi Ue in difficoltà? Ci mancava solo questa, nella difficoltà del momento".

All'indomani del drammatico vertice al capezzale dell'euro, dal piano nobile dell'istituto, quello da cui si intravede il glifo dell'euro, filtra un atteggiamento tutt'altro che benevolo nei confronti dei leader che, a cominciare dal premier Silvio Berlusconi, hanno assicurato l'altra notte: "Sì, i bond li comprerà la Bce". Anzi, proprio per averlo riferito a chiare lettere, la questione era parsa il fulcro centrale del piano di sostegno dei mercati, allestito dal Consiglio Europeo per contrastare l'emergenza e dunque gli attacchi della speculazione. E, invece, questi titoli la Bce, o parte di essa, non li vuole, non li vorrebbe. Il presidente Jean Claude Trichet, per la verità, non lo ha mai escluso, nemmeno durante il vertice dell'altra notte. Ma doveva sentire il board, al cui interno ci sono resistenze: non solo perché lo statuto ne impedisce l'acquisto (sul mercato primario), ma perché sopra ogni cosa i banchieri intendono tutelare il bene supremo dell'autonomia. Piuttosto preferiscono insistere sui governi chiedendo loro di fare subito il risanamento dei conti, senza altri rinvii. "I guai di oggi dipendono dalle finanze pubbliche, non dalla politica monetaria che funziona", ripetono da Francoforte.

Brutta storia. Un delicatissimo braccio ferro governi-tecnici si profila all'orizzonte. Così, in un sabato di riunioni concitate in tutte le capitali europee, mentre i banchieri centrali tengono l'ennesima conference call sul da farsi, i politici più responsabili hanno cominciato a correggere l'impressione, alimentata appunto dalla dichiarazioni determinate dei leader - "idea sciagurata", la definiscono - che i governi in qualche maniera avessero deliberato al posto di Trichet: "La Bce decide quello che vuole: è indipendente. Nessuno vuole ledere la sua autonomia", riferiscono. Anche perché nessuno, nel chiuso del summit, ha detto a Trichet: "Tu agisci così". Questo, è "un falso argomento".

 

Ovviamente i governi sperano che la Bce si convinca a comprare questi famosi titoli: sarebbe un bel sollievo, per loro. Ma se davvero finirà così, sarà "per una scelta autonoma dell'istituto". "Solo il contesto", è il loro ragionamento può premere sul governatore francese, solo "la gravità della situazione", con l'euro che sobbalza, i mercati che sono alle corde da settimane e con il rischio-contagio.

Ma comprare i bond significa anche accollarsi un fardello in termini di finanze pubbliche malate e, quindi, intrattenere un legame col mondo politico che questi conti non sa o non riesce a risanare. L'Italia, per dire, riuscì dopo anni, con il celebre "divorzio" Tesoro-Bankitalia, a recidere questo legame. Ecco, a questi politici accorti sta a cuore oggi chiarire che a Trichet non viene chiesto di finanziare i deficit dei paesi inadempienti. Non gli viene domandato di aiutare "i deficit irresponsabili" contro cui, anzi, ci saranno "azioni e sanzioni", come del resto i big d'Europa si sono impegnati a fare nella dichiarazione ufficiale del summit. Insomma a nessuno, nel chiuso del Consiglio euroopeo, è passato per la testa che la Bce debba agire come una banca che stampa moneta. Niente di tutto ciò. A Trichet, secondo quanto viene riferito, viene piuttosto chiesto di "esercitare una barriera" per arginare la crisi, di "agire come un'assicurazione" senza nessun fattore esterno che alteri l'indipendenza costituzionale della banca. Se poi la tecnicalità sarà quella dei bond, bene. Ma certo la Banca centrale europea dispone per agire "di tutti gli strumenti giuridici, dall'estrema ratio alla forza maggiore".

La decisione finale sui bond della discordia è attesa nelle prossime ore: contatti ci sono stati ieri sera, altri seguiranno, anche oggi, a Basilea. Oltre al problema tecnico, Trichet deve appunto trovare un accordo con i suoi colleghi, ancora divisi sul che fare. Analoghe disaccordi vi sono anche all'interno dei governi. Tanto che Berlusconi, venerdi notte, sarebbe sbottato. "Basta! Non possiamo uscire da qui con un messaggio di buone intenzioni. Ci vuole una risposta forte". E rapida, anche: oggi a Bruxelles si riuniscono i ministri dell'Ecofin per ratificare le scelte, a Basilea i governatori e lunedi i mercati riaprono i battenti.

Qualche che sia la scelta ultima, dal punto di vista dei politici, il solo fatto di aver creato un fondo di salvataggio per i paesi in crisi, ancorché di soli 70 miliardi, è importante perché viene fuori da una decisione comune dell'Europa. In qualche modo si può dire che sta nascendo il primo Eurobond. All'Eurotower continuano ad esercitarsi sul versante più gradito, quello dei bilanci pubblici. Gli studiosi hanno elaborato tre scenari, tutti tecnici, la cui sostanza è: bisogna far tornare i conti. Occorre che i paesi in rosso riducano progressivamente il proprio debito pubblico, agendo sul bilancio primario, al netto degli interessi e del ciclo. Questa "voce" deve essere in attivo. E il surplus deve diventare un obbligo nel Trattato di Maastricht del domani e quindi nel Patto di Stabilità che le autorità monetarie, ma anche la signora Merkel, il francese Sarkozy e lo stesso Berlusconi vogliono riformare.

© Riproduzione riservata (09 maggio 2010)

 

 

I giorni terribili

dell'attacco all'euro

di EUGENIO SCALFARI

Due giorni terribili e una terribile nottata tra i capi dei governi europei, mentre crollavano le Borse di tutto il continente e Wall Street addirittura precipitava di mille punti in pochi minuti. Un errore umano? Molto peggio: l'errore umano aveva messo in moto le tecnologie computerizzate che avevano trasmesso l'ordine di vendere a tutti gli operatori collegati in rete. Così la tecnologia amplifica e soverchia le manchevolezze degli umani, dei quali sempre più spesso diventa padrona.

Quei minuti di panico si sono tuttavia protratti per tutta la giornata sulle due sponde dell'Atlantico; la riunione dei leader europei è durata otto ore, con lo spettro di che cosa potrà accadere lunedì alla riapertura dei mercati.

Lo spettro dell'affondamento dell'euro ha dato loro il coraggio che fin qui gli era

mancato. Soprattutto era mancato ad Angela Merkel, cioè alla Germania e alla Bundesbank che ne rappresenta il cuore monetario, ancora nostalgico del marco, abbandonato in favore della concezione europeistica di Kohl. C'è voluto un intervento diretto di Barack Obama sulla cancelliera della Germania federale per farle comprendere che la fase dei "se" e dei "ma" doveva essere superata e che non era più questione di giorni ma di ore se non addirittura di minuti per prendere le decisioni necessarie. Si vedrà domani se i mercati si stabilizzeranno e se la speculazione concederà alla politica una pausa di respiro.

I provvedimenti decisi dal vertice europeo sono stati, finalmente, all'altezza della sfida: la disponibilità della Bce, ovviamente con decisione autonoma, ad acquistare i titoli di Stato dei Paesi sotto attacco e la decisione della Commissione di Bruxelles di mobilitare 70 miliardi di euro accantonati nel bilancio dell'Unione per far fronte alle calamità naturali e usarli invece per prestiti immediati ai Paesi in difficoltà.

La frustata che gli speculatori hanno dato ai governi li ha finalmente risvegliati dall'ipnosi e li costringerà a reagire?

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La novità delle ultime quarantott'ore è questa: i governi hanno capito che l'attacco della speculazione non è più soltanto contro la Grecia. L'obiettivo è assai più alto, il dissesto dell'economia greca ne è stato soltanto il detonatore, ma ormai è chiaro quale sia il bersaglio: l'euro, la moneta unica europea, la tenuta del sistema europeo e la sua necessaria evoluzione politica. L'aveva già scritto qualche giorno fa Mario Pirani su queste pagine e l'ha detto giovedì scorso con chiarezza il ministro Tremonti alla Camera. C'erano solo cinquantotto deputati ad ascoltarlo e quasi tutti dell'opposizione, il che non depone a favore della sensibilità europeistica del nostro Parlamento e sottolinea il suo inguaribile provincialismo.

A questo punto le domande che dobbiamo porci sono tre: perché la speculazione attacca l'Europa, le sue Borse, la sua moneta? Quali sono, tecnicamente e politicamente, i punti deboli dell'Unione europea? Quali sono le terapie necessarie per difenderci? Possiamo aggiungere anche una quarta domanda: chi sono gli speculatori? È mai possibile che abbiano tanti mezzi e tanto coraggio da partire in battaglia contro una struttura di dimensioni continentali che coincide con l'area più ricca del mondo?

Questa quarta domanda è preliminare alle altre e va dunque affrontata per prima. La speculazione non è formata da un gruppo di operatori che si consultano tra loro e mobilitano i loro capitali per influenzare i mercati e trarre profitto dalle loro oscillazioni. La speculazione è un sinonimo del mercato. La speculazione è il mercato. Il mercato consiste in un luogo organizzato dove si registrano - attraverso la domanda e l'offerta - le aspettative di un'immensa massa di risparmiatori. La speculazione dunque non è altro che l'aspettativa che si forma liberamente, sulla base di libere valutazioni delle forze in campo.

La crisi di due anni fa partì dalla bolla immobiliare americana e si propagò con la velocità del fulmine in tutto il mondo. Fu la prima vera prova della globalizzazione finanziaria. Si confrontarono le aspettative ribassiste e deflazionistiche con la risposta dei governi, a cominciare da quello americano. I governi riuscirono a gestire la crisi e a controllare le aspettative ma pagarono un prezzo altissimo: dovettero iniettare sul mercato migliaia di miliardi di liquidità accumulando debiti immensi. Sono stati chiamati "debiti sovrani" e "fondi sovrani" sono stati chiamati gli enti preposti alla loro gestione.

L'uscita dalla crisi prevede che i debiti sovrani siano riassorbiti gradualmente ma in un periodo relativamente breve di tre o quattro anni. Ogni sistema, ogni fondo sovrano effettuerà l'operazione di assestamento secondo i propri mezzi e le proprie scelte; l'inflazione sarà inevitabilmente una scelta comune, non facile da guidare e difficilissima da far accettare alle pubbliche opinioni. Ma ancora più difficile sarà l'assestamento basato sul taglio di spese, inasprimento di imposte, disagio sociale. Il caso greco ne è la più lampante dimostrazione anche perché è maturato su un terreno politicamente e socialmente friabilissimo.

Adesso è la volta dell'Unione europea, la crisi si è concentrata su quell'obiettivo. Come ha ricordato Tremonti, la parola crisi in greco significa discontinuità.

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Perché la speculazione attacca la moneta europea, le sue Borse, le sue banche? La risposta è semplice: la speculazione attacca i fondi sovrani europei, cioè la struttura finanziaria dell'Unione attraverso gli Stati che la compongono e cerca di colpire la stessa Banca centrale europea, cioè il cuore dell'Unione, il solo ente veramente autonomo e veramente federale che gli Stati abbiano finora saputo esprimere.

La speculazione, cioè l'insieme delle forze che operano nei mercati internazionali, sa da tempo che la Bce è la sola Banca centrale esistente che non abbia alle sue spalle uno Stato sovrano. Questa situazione le conferisce il massimo di indipendenza, ma al tempo stesso il massimo di solitudine e di fragilità. La politica monetaria è interamente nelle mani della Bce e di conseguenza sono di sua esclusiva spettanza la quantità di moneta in circolazione, il tasso ufficiale di sconto, le operazioni di mercato aperto.

Ma gli Stati membri mantengono il completo dominio delle rispettive politiche di bilancio, delle rispettive politiche fiscali, della spesa pubblica sia nazionale sia locale, degli incentivi, delle pubbliche retribuzioni, dell'organizzazione del "welfare". I meccanismi di coordinamento sono blandi e nella maggioranza dei casi si risolvono in raccomandazioni. Il bilancio amministrato dalla Commissione di Bruxelles non ha alcuna vera flessibilità.

Insomma l'Europa è ancora lontanissima dall'essersi data una struttura federale e politiche comuni, anzi unificate, con massicci trasferimenti di sovranità dagli Stati nazionali allo Stato federale europeo nel campo della politica estera, di quella della difesa, dei diritti e dei doveri, delle elezioni parlamentati e del governo dell'Unione.

La speculazione conosce perfettamente questa situazione ed ha interesse a bloccare qualsiasi sviluppo dell'Unione verso un assetto federale. L'ideale per le forze di mercato è che esso sia regolato il meno possibile e che il potere economico, soprattutto nei suoi aspetti finanziari, sia il solo dominante nello spazio globale del pianeta.

Questa è dunque la posta, la quale tuttavia comporta anche una contro-indicazione: se gli Stati nazionali membri dell'Unione hanno chiaramente capito la pericolosità estrema dell'attacco, vorranno e sapranno elaborare una risposta che sia all'altezza della crisi? Vorranno affrontare il problema della sovranazionalità europea cedendo all'Unione la parte politica della loro sovranità? O si limiteranno a rendere più strette le maglie del coordinamento tra le loro politiche nazionali?

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La crisi in corso contiene dunque un pregio, l'abbiamo già detto: ha reso attuale e non oltre procrastinabile il tema dello Stato federale europeo. Purtroppo non sembra che l'evidenza e l'urgenza di risolverlo siano in grado di indurre le classi dirigenti e le opinioni pubbliche nazionali a varcare finalmente la soglia di un vero federalismo. Mancherà certamente il contributo della Gran Bretagna, ancora irretita dal mito anglosassone e dalla relazione speciale tra Londra e Washington.

Quanto agli Stati europei del continente, non sembra che dispongano di una visione europea unitaria. Una classe dirigente europea e un'opinione pubblica europea capaci di sospingerli e costringerli non esistono. Ci sono singoli individui e ristretti ambiti sociali minoritari, niente di più.

Se debbo esprimere un'opinione personale, credo che l'attacco in corso contro l'attuale sistema europeo si attenuerà nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, ma non sarà affatto sgominato. Verrà contenuto, questo è probabile, ma preparerà ulteriori ondate. Voglio dire insomma che la crisi non è alle nostre spalle ma è ancora davanti a noi con tutta la sua terribilità.

© Riproduzione riservata (09 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

2010-05-06

Dal Parlamento ok al piano del governo

e in piazza la gente protesta ancora

Il sì dell'assemblea al programma triennale di sacrifici, mentre davanti alla sede manifestano le principali sigle sindacali. Papandreou sugli scontri di ieri: "La nostra democrazia messa a dura prova"

Dal Parlamento ok al piano del governo e in piazza la gente protesta ancora

Fiori per le vittime di ieri

ATENE - Il Parlamento greco ha approvato nel pomeriggio il piano di austerità presentato dal governo: un programma lacrime e sangue contro il quale anche oggi la gente è scesa in piazza in maniera pacifica, dopo le violenze e le vittime di ieri. "La democrazia greca è stata messa a dura prova - ha dichiarato oggi il premier George Papandereou - ma le violente proteste non sono una soluzione" alla crisi.

Il pacchetto del governo. Il piano di austerità, necessario per sbloccare fondi in un'operazione triennale di salvataggio da 110 miliardi di euro di prestiti internazionali, ha ottenuto i voti parlamentari sufficienti per essere approvato. La popolazione ha accolto malissimo queste misure, che limitano il potere d'acquisto degli stipendi e alzano le tasse per i consumatori, oltre a mettere in pericolo le pensioni.

La piazza. La situazione insomma resta tesa, anche se la manifestazione finora si sta svolgendo in tranquillità: diecimila circa le persone presenti. Al sit-in aderiscono la Confederazione sindacale del settore privato (Gsee), la Confederazione del settore pubblico Adedy. Il fronte sindacale comunista (pame) ha convocato un raduno alla stessa, ora ma in un'altra piazza della capitale. In un comunicato, la Gsee ha condannato le violenze di ieri, attribuendole a "provocatori e vandali che in realtà minano le lotte dei lavoratori". "Ci dichiariamo determinati a continuare e ad estendere la lotta per soddisfare le nostre rivendicazioni", si legge nella nota.

Lo sciopero. Sempre oggi, le banche greche hanno proclamato uno sciopero di 24 ore per lutto e protesta contro i tre bamcari morti ieri durante i violenti incidenti. Le vittime sono tre impiegati della Marfin Egnatia Bank, due donne e un uomo, asfissiati ieri nell'incendio dell'edificio a causa di alcune bombe molotov lanciate da sconosciuti, verosimilmente appartenenti al movimento anarchico.

Il vertice Ue. Papandreou parteciperà a Bruxelles al summit sulla crisi greca e alla fine settimana, o al massimo all'inizio della prossima, dovrebbe riunirsi con tutti i leader politici sotto l'egida del presidente della repubblica Karolos Papoulias.

(06 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Dal Parlamento ok al piano del governo

e in piazza la gente protesta ancora

Il sì dell'assemblea al programma triennale di sacrifici, mentre davanti alla sede manifestano le principali sigle sindacali. Papandreou sugli scontri di ieri: "La nostra democrazia messa a dura prova"

Dal Parlamento ok al piano del governo e in piazza la gente protesta ancora

Fiori per le vittime di ieri

ATENE - Il Parlamento greco ha approvato nel pomeriggio il piano di austerità presentato dal governo: un programma lacrime e sangue contro il quale anche oggi la gente è scesa in piazza in maniera pacifica, dopo le violenze e le vittime di ieri. "La democrazia greca è stata messa a dura prova - ha dichiarato oggi il premier George Papandereou - ma le violente proteste non sono una soluzione" alla crisi.

Il pacchetto del governo. Il piano di austerità, necessario per sbloccare fondi in un'operazione triennale di salvataggio da 110 miliardi di euro di prestiti internazionali, ha ottenuto i voti parlamentari sufficienti per essere approvato. La popolazione ha accolto malissimo queste misure, che limitano il potere d'acquisto degli stipendi e alzano le tasse per i consumatori, oltre a mettere in pericolo le pensioni.

La piazza. Circa 10 mila persone stanno manifestando pacificamente di fronte al Parlamento: i dimostranti hanno esposto un lungo nastro nero di fronte all'edificio in segno di lutto per i tre impiegati di banca morti ieri. Intorno al Parlamento la polizia ha schierato oggi un massiccio dispositivo di sicurezza. A indire il sit-in sono stati la Confederazione del settore privato (Gsee) e il Sindacato dei funzionari (Adedy). Il fronte sindacale comunista (Pame) ha convocato un altro raduno, ma in un'altra piazza della capitale.

Lo sciopero. Sempre oggi, le banche greche hanno proclamato uno sciopero di 24 ore per lutto e protesta per i morti di ieri. Le vittime erano tre impiegati della Marfin Egnatia Bank, due donne e un uomo, asfissiati ieri nell'incendio dell'edificio a causa di alcune bombe molotov lanciate da sconosciuti, verosimilmente appartenenti al movimento anarchico.

Il vertice Ue. Papandreou parteciperà a Bruxelles al summit sulla crisi greca e alla fine settimana, o al massimo all'inizio della prossima, dovrebbe riunirsi con tutti i leader politici sotto l'egida del presidente della repubblica Karolos Papoulias.

(06 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

2010-05-05

Atene in fiamme, scontri e violenze

tre morti in una banca incendiata

Lancio di molotov a margine della manifestazione nel secondo giorno di sciopero generale che ha paralizzato il Paese. Le vittime sono due donne e un uomo. Papandreou condanna: "Azioni omicide". Papoulias: "Grecia sull'orlo dell'abisso" dal nostro inviato ETTORE LIVINI

Atene in fiamme, scontri e violenze tre morti in una banca incendiata

ATENE - Il grande sciopero generale indetto dai sindacati per protestare contro le misure d'austerity in Grecia finisce in tragedia. Tre persone - due uomini e una donna - sono morti soffocati dal fumo in un edificio di Stadiou 23, dopo che alcuni manifestanti hanno incendiato con bottiglie molotov la filiale della Marfin Egnatia Bank al piano terreno. "Le morti di oggi sono un atto omicida e di irresponsabilità politica", ha detto il premier condannando le violenze. La Grecia è "sull'orlo dell'abisso" ha poi avvertito il presidente della repubblica Karolos Papoulias lanciando un appello all'unità e alla responsabilità di tutte le forze politiche e sociali chiedendo "responsabilità nei fatti non nelle parole" altrimenti "la storia ci giudicherà tutti duramente e senza circostanze attenuanti".

Il dramma è arrivato a margine di una giornata tesissima. Alle 12 è partito da piazza Omonoia l'immenso corteo convocato dai sindacati del settore pubblico e privato, aperto dall'enorme striscione "I lavoratori contro le misure del governo Papandreou". Dietro un serpentone interminabile di persone (27mila secondo la polizia, più del doppio secondo gli organizzatori) lungo tre chilometri. Madri con i figli in carrozzina, pensionati. "Non c'entrano destra o sinistra - dice Anna Markopoulos, impiegata al ministero della cultura - oggi ci siamo tutti". Obiettivo: protestare contro un'austerity che taglia del 20-25% salari e pensioni, soprattutto per i 560 mila lavoratori nel settore statale.

La situazione si è lentamente deteriorata quando la testa della manifestazione ha raggiunto piazza Syntagma, sede del Parlamento. "Ladri, ladri", ha iniziato a scandire la folla. Poi qualche centinaio di persone - non anarchici ma soprattutto operai del settore elettrico e portuali del Pireo - hanno cercato di sfondare i cordoni della polizia schierata sulla scalinata davanti all'edificio dove domani i parlamentare dovrebbero approvare i tagli da 30 miliardi al bilancio. E la polizia, fino a quel momento molto defilata, ha risposto a più riprese con fitti lanci di lacrimogeni, respingendo l'assalto, tra i fischi della gente .

Gli incidenti più violenti sono scoppiati però in coda alla manifestazione, nella parte presidiata dai Koukoulofori, gli anarchici incappucciati e vestiti in nero di Exarchia. Un paio di migliaia di giovanissimi che hanno iniziato a incendiare auto non appena il loro corteo è partito dal Politecnico di Atene. I fischi del resto dei manifestanti non li hanno fermati. Anzi. Gli incidenti sono proseguiti per tutta via Stadiou con vetrine rotte, sassaiole contro la polizia, lancio di bottiglie incendiarie e cassonetti dati alle fiamme. Fino all'assalto alla Marfin, uno dei pochissimi esercizi aperto sulla strada, dove le altre banche avevano abbassato le serrande per il timore di violenze.

Lo scontro con le forze dell'ordine è proseguito per una ventina di minuti anche davanti al Parlamento, con il lancio di molotov davanti all'hotel Grande Bretagne, quello che ha ospitato la delegazione Fmi-Bce, sul cui muto un anarchico con lo spray nero ha scritto "Imf-Usa go home". Nel tardo pomeriggio la situazione è ancora molto incerta. E Atene, dopo il dramma dei tre morti, teme una notte di fuoco.

Gli incidenti di oggi, anche se provocati per la loro parte più violenta da una frangia marginale della manifestazione contestata dal resto del corteo, rischiano di rendere ancor più complicato il via in Parlamento, previsto per domani, del pacchetto di misure necessario a sbloccare la prima tranche di aiuti internazionali e consentire ad Atene di pagare 9 miliardi di debito in scadenza il 19 maggio. L'intenzione di Papandreou pare essere quella di tirare dritto. I sindacati rifletteranno invece in serata quali nuovi azioni di protesta organizzare dopo la tragedia della banca di via Stadiou.

(05 maggio 2010)

 

 

 

Giù le Borse, euro a nuovi minimi

Il Portogallo rischia la riduzione del rating

Oscillazioni sopra e sotto la pari, nel pomeriggio pesante ribasso, recupero in chiusura. Milano -1,2%. La moneta unica ancora più giù a 1,2884 dollari, per il greggio un tuffo sotto quota 80 poi risale a 81di LUCA PAGNI

Giù le Borse, euro a nuovi minimi Il Portogallo rischia la riduzione del rating

MILANO - C'è voluto il recupero di Wall Street per evitare un nuovo bagno di vendite nelle Borse europee. A New York i listini hanno recuperato dopo un avvio in calo grazie al dato che vede in miglioramento il mercato del lavoro. In particolare, sono aumentati più del previsto i nuovi posti di lavoro nel settore privato, mentre i licenziamenti programmati dalle aziende Usa il mese scorso sono calati del 71%. Questo ha consentito alla piazze del Vecchio continente di ridurre le perdite e chiudere sopra i minimi.

Ma, nel complesso, si è trattato di un'altra seduta nervosa in cui gli operatori hanno dovuto tenere i nervi più che saldi. Perché le Borse europee hanno aperto prima al rialzo, sia per le dichiarazioni del commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, che ha smentito l'ipotesi di un piano di aiuti per la Spagna, sia per la revisione al rialzo delle stime sulla crescita del pil dell'eurozona per il 2010 e il 2011.

Nel primo pomeriggio, però, per poco non si è assistito alla replica di quanto accaduto la scorsa settimana, con la decisione dell'agenzia Moody's di mettere sotto osservazione il rating sovrano del Portogallo in vista di un possibile downgrade. A cui si è aggiunta la notizia della morte di tre persone ad Atene durante la manifestazione contro le misure di austerità. Ai minimi di giornata, la Borse sono arrivate a perdere oltre il 2%, prima di essere "salvate" dal recupero di Wall Street.

La crisi della Grecia e i continui timori di un contagio verso altri paesi Ue ha affossato ancora l'euro, che oggi ha ritoccato al ribasso a 1,2924 dollari il minimo da 12 mesi dopo aver toccato 1,2884, mentre il petrolio, risalito a 81 dollari, ha aperto la seduta a New York segnando un calo del 4,2% sotto la soglia degli 80 dollari.

 

Il rimbalzo di New York non ha impedito una chiusura in rosso. L'Ftse 100 di Londra ha ceduto l'1,28%, il Cac 40 di Parigi ha lasciato sul terreno l'1,44% e il Dax 30 di Francoforte ha registrato una flessione dello 0,81%. In calo l'Ftse Mib a Milano che ha segnato un -1,27%. Ma le perdite più consistenti si sono avute ad Atene (-3,9%), Madrid (-2,77%) e Lisbona (-1,52%). Nelle ultime due sedute l'Athex composite index di Atene è infatti crollato del 10,3%, l'Ibex 35 di Madrid del 7,6% e il Psi General Index di Lisbona del 5,2%. Da inizio anno il calo della Borsa di Atene è stato del 24,1%, quello di Madrid del 20,7% e quella di Lisbona del 16,7%.

A Piazza Affati il titolo peggiore è stato Buzzi Unicem che ha chiuso in calo del 5,36% a 10,25 euro, in scia alla perdita trimestrale della controllata Dyckerhoff. Male i titoli della famiglia Berlusconi: Mondadori (-4,83% a 2,66) e Mediaset (-3,39% a 5,56). Tra gli industriali pesante Fiat (-3,10% a 9,06).

Non si sono arrestate le vendite su banche e assicurazioni a causa dei timori di perdite legate all'esposizione in titoli di Stato. Pesanti Fondiaria-Sai (-3,99% a 9,63) e Mps (-3,79% a 0,95), ribassi superiori ai tre punti percentuali anche per Ubi (-3,31% a 8,62) e Banco Popolare (-3,02% a 4,41%). Ancora pesante Intesa Sanpaolo (-2,27% a 2,26) mentre Unicredit (-1,67% a 1,82) limita il calo grazie a un report di Cheuvreux che raccomanda il titolo ricordando che l'Italia "conta solo per il 40%" dei profitti di Piazza Cordusio mentre il resto dell'utile "arriva da Paesi con un alto rating sovrano".

Sul listino principale, solo quattro titoli hanno chiuso in positivo: Pirelli (+1,79% a 0,42), premiata dallo scorporo della controllata Pirelli Real Estate (-1,67% a 0,44), Eni (+1,11% a 16,46) che Nomura conserva tra i suoi titoli preferiti, nell'ambito delle grandi compagnie petrolifere in Europa, Tenaris (+0,87% a 14,99) e Campari (+0,26% a 7,69).

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2010-05-04

Grecia, iniziato sciopero di 48 ore

Manifestanti occupano l'Acropoli

La protesta dei dipendenti pubblici contro il piano di austerità deciso dal governo. Domani tocca al settore privato. Bandiere rosse sul Partenone dove appare lo striscione "Popoli d'Europa sollevatevi"

Grecia, iniziato sciopero di 48 ore Manifestanti occupano l'Acropoli

ATENE - Ha preso il via questa mattina lo sciopero di 48 ore dei dipendenti pubblici greci che protestano contro il nuovo piano di austerità concordato dal governo di Giorgio Papandreou con Fmi e Ue in cambio di aiuti per 110 miliardi di euro per far fronte alla crisi finanziaria del Paese. Domani si uniranno anche i lavoratori del settore privato paralizzando aerei, treni, trasporti urbani, scuole, ospedali, banche e uffici pubblici nel terzo sciopero generale quest'anno. In coincidenza con l'inizio della protesta, alcune centinaia di militanti del sindacato comunista Pame hanno simbolicamente occupato l'Acropoli ateniese sventolando bandiere rosse e appendendo sul Partenone un grande striscione con la scritta "Popoli d'Europa sollevatevi".

Oggi ministeri, uffici delle tasse, scuole, ospedali e servizi pubblici sono chiusi in previsione della manifestazione dei dipendenti pubblici all'esterno della sede del Parlamento e organizzata dal principale sindacato del settore Adedy. "Vogliamo porre fine alla caduta libera dei nostri standard di vita", ha detto Spyros Papaspyros, il numero uno dell'Adedy, che rappresenta circa mezzo milione di lavoratori. "Penso che questa sarà una delle più grandi proteste che abbiamo visto nell'ultimo decennio".

Anche dopo il via libera agli aiuti a favore di Atene da parte di Ue e Fmi le Borse europee tornano a calare e l'euro finisce a nuovi minimi da un anno a questa parte rispetto al dollaro, sotto quota 1,31, a 1,3088 rispetto alla divisa americana, mentre permangono scetticismi sul mercato sulle prospettive della Grecia e di altri Paesi in forte deficit di bilancio dell'area.

(04 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Sulle Borse gli artigli dell'Orso

Piazza Affari crolla del 4,47%

La tesi secondo cui il pacchetto di aiuti non basterebbe a risolvere i problemi greci provoca anche un nuovo minimo per l'euro. Indici giù fino al 5,5% di Madrid e al 7,3 di Atene. A picco i titoli finanziari. Euro sotto quota 1,30 dollaridi SARA BENNEWITZ

Sulle Borse gli artigli dell'Orso Piazza Affari crolla del 4,47%

MILANO - Ulteriore giro di vite sulle principali Borse europee, che bruciano 140 miliardi di capitalizzazione sui timori di un contagio della crisi greca agli altri paesi denominati Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna). A valutare l'andamento così negativo dei mercati di oggi, sembra di capire la ciambella di salvataggio da 110 miliardi di aiuti lanciata alla Grecia non sia sufficiente e che di conseguenza la crisi ellenica rischierebbe di intaccare anche le economie di tutto il Vecchio continente. Anche Wall Street ha aperto in calo, ma niente a confronto del -7,3% di Atene e ai crolli incassati da Lisbona (-4,5%) e Madrid (-5,5%). A questo proposito, il primo ministro spagnolo, José Luis Zapatero, ha respinto categoricamente l'idea di un contagio della crisi greca al resto dell'Eurozona. "Ho fiducia nella forza della solvibilità e dei conti pubblici del nostro paese e nella nostra capacità di avere una ripresa economica - ha detto Zapatero - e ho la stessa fiducia nel Portogallo. La Spagna ha un debito rispetto al Pil di 20 punti inferiore alla media europea ".

Intanto l'euro è tornato sui minimi annuali rispetto al dollaro. Oggi il movimento ribassista è stato piuttosto violento e la moneta unica è scesa da 1,3214 a 1,3024, un livello che non rivedeva più dal 28 aprile del 2009. Poi ha sfondato in basso il muro di 1,30. Il piano di salvataggio da 110 miliardi di euro, messo a punto dalla Ue e dall'Fmi, ha ricevuto una buona accoglienza solo domenica, forse perché i mercati finanziari erano chiusi. Oggi che si è ritornati alla piena operatività del mercato dei cambi - lunedì erano chiuse le piazze di Tokyo e Londra - sono ripartite le vendite sull'euro, che secondo gli esperti è destinato a scivolare ancora nelle prossime sedute. Il mercato ha compreso che l'Eurozona, per come è concepita, assomiglia a una sorta di gold standard degli anni 30, senza un fondo monetario europeo capace di intervenire sulle crisi finanziarie e con una Banca Centrale che non può stampare moneta.

 

E il rafforzamento del biglietto verde ha fatto scivolare il petrolio quotato a New York nuovamente sotto quota 85 dollari al barile. Sulle quotazioni del greggio pesano inoltre i timori che siano nuovamente aumentate le scorte negli Usa: il dato sugli stock settimanali è atteso per domani.

A parte Spagna e Portogallo tra i mercati del Vecchio continente Piazza Affari si è rivelato il listino con la perfomance peggiore con l'indice Ftse Mib ha perso il 4,70%, a 20.613 punti, mentre il Ftse All Share è sceso del 4,47% a 21.225 punti. A seguire Parigi (-3,6%), Fraconforte (-2,6%) e Londra (-2,5%). Banche e titoli finanziari sono i valori che hanno sofferto di più con Intesa Sanpaolo (-7,2%) e Unicredit (-7,4%) in profondo rosso. Perdono quasi cinque punti percentuali anche Bpm, Mediobanca, Mediolanum, Ubi e Unipol.

Nell'industria i titoli del settore auto sono stati duramente colpiti dai dati delle immatricolazioni usciti ieri in serata: Fiat è crollata del 6,5% trascinando Exor in calo del 6,9 %, e Pirelli - che aveva aperto bene in attesa della trimestrale e dei dettagli sullo scorporo immobiliare - sul finale ha perso il 6,6%. Telecom Italia (-3,5%) ha contenuto le perdite grazie ai positivi risultati di Tim Brasil nel periodo gennaio-marzo. Seduta pesante invece per Stm (-5,1%), dopo che Chevreux ha rimosso il colosso dei chip dalla lista dei suoi titoli preferiti. Terna (meno 0,65%) resta il titolo difensivo per eccellenza, ma anche Campari (-1,3%) e Parmalat (-1,5%) si confermano i titoli meno volatili per i momenti di crisi.

© Riproduzione riservata (04 maggio 2010)

 

 

2010-05-02

GRECIA

Papandreu annuncia l'accordo

"Taglieremo stipendi e pensioni"

Intesa con Ue, Fmi e Bce per aiuti fino a 120 miliardi. Congelati per tre anni gli emolumenti dei lavoratori pubblici. Si riunisce l'Eurogruppo. La Germania: "Dovranno applicare l'accordo alla lettera" dal nostro inviato ETTORE LIVINI

Papandreu annuncia l'accordo "Taglieremo stipendi e pensioni"

Manifestanti contrari alle misure di rigore a Tessalonica

ATENE - La Grecia ha raggiunto l'accordo con Fondo Monetario Internazionale, Ue e Banca centrale europea per sbloccare gli aiuti internazionali (110 miliardi in tre anni) necessari "per salvare il paese dalla bancarotta", come ha ammesso il premier Giorgos Papandreou. "L'intesa è stata presa nell'interesse nazionale e comporterà grandi sacrifici per il paese", ha detto il presidente del consiglio in un tesissimo consiglio dei ministri straordinario riunitosi stamani. A Bruxelles i ministri finanziari dell'eurogruppo hanno approvato un accordo secondo il quale dai paesi dell'eirozona arriveranno 80 miliardi mentee gli altri 30 saranno messi a disposizione dal Fondo monetario internazionale.

Le misure imposte dalla trojka - che verranno votate dal parlamento di Atene in seduta straordinaria domani o martedì - sono durissime: la Gecia traglierà di 30 miliardi il suo deficit per riportarlo sotto il 3% del Pil entro il 2014. In questo periodo il debito del paese arriverà fino quasi al 150% del prodotto interno lordo per poi scendere dal 2014. Sul fronte delle entrate ci sarà un aumento dal 21 al 23% dell'Iva e nuove tasse su alcool, sigarette, scommesse e benzina. Su quello delle uscite sono invece in arrivo tagli draconiani su stipendi e pensioni. "Abbiamo accettato queste condizioni assicurando però garanzie per tutelare la fascia più debole della popolazione - ha detto il ministro delle finanze Giorgos Papakonstantinou, l'architetto del piano - . Sappiamo che sono decisioni durissime, ma serviranno a cambiare il paese. E siamo sicuri che la maggioranza dei greci sarà con noi".

 

Il governo ha salvato la 13esima e la 14esima, due simboli della lotta sindacale delle ultime settimane. Ma ne ha ridotto l'importo massimo a mille euro. Gli incentivi di questo tipo saranno bloccati per tutti gli stipendi pubblici oltre i 3mila euro e le pensioni oltre i 2.500. I compensi del settore statale e le pensioni rimarranno congelati per tre anni e interventi paralleli saranno fatti per tagliare (-8%) i premi che costituiscono una fetta importante delle retribuzioni elleniche già ridotto del 12% poche settimane fa. I dipendenti pubblici, a valle dei tre piani di austerity del governo, vedranno i loro emolumenti scendere di oltre il 20%. Alle aziende più redditizie (leggi banche) sarà chiesto un contributo di solidarietà per la salvezza della nazione. L'età pensionabile sarà equiparata per uomini e donne e salirà ai 65 anni con un minimo di contributi in crescita graduale da 35 e 40 anni e un meccanismo per adeguarla in automatico all'incremento delle aspettative di vita.

Gli accordi prevedono anche una rivoluzione dell'amministrazione fiscale per ridurre l'evasione, misure che rendono più semplici i licenziamenti e un'iniezione di flessibilità sul mercato del lavoro (si potrà licenziare di più e con meno vincoli) e delle professioni. Verrà stabilito un salario minimo per giovani e disoccupati a lungo termine. L'amministrazione pubblica sarà ridisegnata cancellando decine di provincie e di comuni.

Fmi, Ue e Bce valuteranno ogni tre mesi l'avanzamento del progetto che consentirà alla Grecia "di non essere costretta a cercar soldi sul mercato per i prossimi tre anni", ha detto Papakonstantinou. L'austerity aggraverà la crisi economica: il pil è stato rivisto al rbasso (-4%) per quest'anno, per poi scender ancora del 2,6% nel 2011 e riprendere a crescere (+1,1%) nel 2011. Grazie all'accordo e dopo l'ok agli aiuti dei singoli paesi europei - la Germania contribuirà con 8,4 miliardi, l'Italia con 5,5 - Atene dovrebbe ricevere entro il 19 maggio circa 9 miliardi per rifinanziare il suo debito in scadenza ed evitare il default.

La situazione economica greca è precipitata dopo le elezioni dello scorso ottobre. Quando il nuovo governo socialista ha annunciato che i conti ereditati dall'esecutivo conservatore di Costas Karamanlis erano di gran lunga peggiori di quanto certificato fino a poche settimane prima dall'istituto nazionale di statistica (subordinato in Grecia fino a poche settimane fa al controllo del governo). Il rapporto deficit/pil del paese - stimato prima della scoperta della voragine al 3,9% - è stato rivisto da allora al rialzo quattro volte e il ministro delle finanze Giorgos Papakonstantinou ha confermato nelle scorse settimane che potrebbe arrivare fino al 14%.

I negoziati per l'accordo con il Fondo Monetario e la Ue non sono stati semplici per due motivi: la riluttanza della Germania a salvare Atene (oltre l'80% dei tedeschi è contrario e il 9 maggio sono previste importanti elezioni regionali in Rhenania Westfalia) e la complessa mediazione tra Washington e Bruxelles per capire chi dovrà monitorare i progressi di Atene. Ancora stamattina, in un'intervista pubblicata dal Bild Am Sonntag, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato che la Germania intende rivedere le regole dell'Eurozona, prevedendo se necessario la sospensione del diritto di voto per quei Paesi che non rispettino i propri impegni finanziari. E entrando nella riunione dei ministri finanziari dell'Eurogruppo, il responsabile tedesco ha minacciato: "La Grecia dovrà applicare il piano alla lettera"

Il pacchetto lacrime e sangue annunciato dal governo dovrà però passare ancora l'esame della piazza: il primo banco di prova significativo - dopo gli incidenti di ieri tra anarchici e polizia davanti al Parlamento - sarà per mercoledì prossimo quando i sindacati pubblici e privati hanno convocato una manifestazione per protestare contro le misure.

(02 maggio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

2010-04-30

Grecia, vicina intesa con Ue e Fmi

sì al piano di austerità da 20 mld

Sarà annunciato "entro domenica" prossima dal governo ellenico. Si tratta di drastici tagli e risparmi da effettuarsi nel 2010-11. Delle misure, queste, che arrivano da Atene in cambio degli aiuti europei triennali da 120 miliardi di euro

Grecia, vicina intesa con Ue e Fmi sì al piano di austerità da 20 mld

ATENE - L'accordo tra Atene, Fmi e Ue sulle misure di austerity pretese per sbloccare l'aiuto finanziario internazionale ad Atene è "molto vicino" e sarà annunciato "entro domenica" prossima dal governo ellenico. Lo ha riferito una fonte dell'esecutivo. Una conferma, questa, di quanto alcuni responsabili del ministero del Tesoro francese avevano già anticipato: "I dettagli saranno annunciati questa notte o nel weekend", dicevano.

Si tratta di drastici tagli e risparmi per almeno 20 miliardi di euro da effettuarsi nel 2010-11. Tra le misure contenute nel piano c'è l'aumento di due punti dell'Iva dall'attuale 21%, un rialzo del 10% delle tasse su carburanti, alcol e tabacco, il taglio di tredicesima e quattordicesima per gli statali e per i pensionati più ricchi, il congelamento dei salari dei dipendenti privati. Il piano arriverà in cambio degli aiuti di Ue-Fmi, che verranno concessi e scaglioni mensili, sulla base di una supervisione attentissima. Unione e Fondo monetario stanno preparando un piano di aiuti triennale da 120 miliardi di euro.

"I negoziati proseguono ma siamo molto vicini ad un accordo", assicurano le fonti. "Entro domenica ci sarà l'annuncio del governo greco". Una settimana fa Atene ha chiesto a Ue e Fmi di attivare un piano di salvataggio da 45 miliardi di euro, per far fronte, almeno per quest'anno, alle scadenze sul debito greco previste per il 19 maggio. In cambio dell'attivazione del piano Ue e Fmi hanno però chiesto ad Atene di fare qualche sforzo: tagliare il deficit del 10% del Pil entro il 2011. Secondo le stime di Eurostat, però, nel 2009 il deficit greco ha raggiunto il 13,6% del Pil.

(30 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Grecia, il piano di austerity

"lacrime e sangue" del governo

Stipendi, pensioni baby e "zitelle d'oro", all'ombra del Partenone finisce il Bengodi. Le tasse saranno aumentate e l'Iva, già ritoccata dal 19 al 21%, dovrebbe salire al 23%dal nostro inviato ETTORE LIVINI

Grecia, il piano di austerity "lacrime e sangue" del governo

ATENE - La Grecia si prepara a un fine settimana destinato a cambiare per sempre la vita dei suoi cittadini. La delegazione Ue-Fmi-Bce ha lavorato anche ieri fino a tarda notte con il governo di Giorgos Papandreou per mettere a punto il drastico piano di austerity necessario per sbloccare i 45 miliardi di aiuti di Bruxelles e Washington. Una terapia d'urto da 20-25 miliardi tra tagli alle spese e nuove entrate presentata in mattinata a imprenditori e sindacati che - con gran sollievo dei mercati - non sembrano intenzionati per ora ad alzare barricate: "Capiamo le esigenze del governo anche se ci ha sottoposto un accordo blindato - ha detto sotto gli alberi carichi d'aranci della residenza di Papadreou Iòlias Iliopoulos, numero uno di Adedy, sigla dei dipedenti pubblici - . Noi cercheremo di ridurre al minimo l'ingiusta sofferenza della gente".

Prudenti anche i rappresentanti del Gsee, il sindacato del settore privato che con il suo sciopero del 5 maggio sarà il primo termometro del malcontento per un piano che chiederà ai greci di lavorare di più (spostando in avanti l'età pensionabile) e guadagnare di meno (il taglio agli stipendi pubblici sarà superiore al 20%) pagando più tasse, visto che l'Iva - già ritoccata dal 19 al 21% - dovrebbe salire al 23%.

La tregua è solo apparente: già ieri sera oltre 500 manifestanti hanno cercato di forzare i blocchi e la polizia ha dovuto sparare lacrimogeni. Anche per questo Papandreou è intenzionato a forzare i tempi. Il consiglio dei ministri, fissato per venerdì prossimo, potrebbe essere anticipato, forse già a domenica o lunedì, per varare il pacchetto. Ventiquattro ore dopo il Parlamento darà l'ok alla cura lacrime e sangue, precondizione posta da Merkel & C. per girare ad Atene entro il 19 maggio i 9 miliardi necessari per evitare il default. "Questa non è solo una grande riforma, è una rivoluzione - dice Papandreou - . Paghiamo i nostri errori, sappiamo che ci sarà da soffrire. Ma questa crisi deve essere l'opportunità di trasformare la Grecia in una nazione trasparente, moderna e affidabile".

 

Le buone intenzioni del premier dovranno affrontare ora la prova più difficile: le Termopili del consenso popolare. Un passaggio stretto e pericoloso perché tra pochi giorni - quando l'austerity sarà chiara a tutti - i greci capiranno davvero che il conto è salatissimo. Le buste paga del settore pubblico (il 40% del Pil nazionale) saranno sforbiciate di oltre il 20%. Il governo ha difeso il simulacro della 13esima e della 14esima, ma ha accettato di ridurre straordinari e bonus - in alcune aziende c'è persino un premio per chi arriva puntuale al lavoro - per un importo pari a due stipendi. Un salasso visto che gli extra (come l'indennità per il lavoro all'aria aperta garantito ai forestali) arrivano a raddoppiare i compensi. Congelati anche gli stipendi del settore privato che verrà scosso da un'iniezione di flessibilità con l'abolizione dei contratti collettivi e l'arbitrato sui licenziamenti. "Un anticipo l'ho già visto nella busta paga di questo mese - dice Iannis Bakoula, 24 anni, impiegato in un'azienda privata di tlc cipriota - . Senza preavviso mi hanno tagliato i bonus e lo stipendio è sceso da mille a 800 euro".

Finita anche la pacchia del posto pubblico garantito. Fmi e Bruxelles su questo fronte sono stati durissimi: bisogna chiudere migliaia di enti inutili come la Commissione Kopais, authority incaricata di salvare l'omonimo lago prosciugatosi nel 1930, bloccare il turnover e la mobilità tra uffici ministeriali.

Papandreou ha detto sì: "Se gestissimo i servizi statali con l'efficienza svedese risparmieremmo 20 miliardi l'anno" è il suo calcolo. E così ha stoppato l'assunzione di 10mila persone che avevano maturato i diritti per un posto e nei prossimi mesi - con la spada di Damocle di un rapporto deficit/Pil da tagliare di 10 punti in due anni - migliaia di dipendenti pubblici potrebbero andare a gonfiare le fila di una disoccupazione arrivata ormai all'11,3%. Sotto la scure dell'austerity salteranno altri originali privilegi dell'elefantiaco stato sociale ellenico: è a rischio il benessere delle zitelle d'oro, le 40mila figlie non sposate di impiegati pubblici che hanno diritto a una pensione "erederitaria" di mille euro al mese (costo 550 milioni l'anno). Nel mirino le norme che garantiscono la pensione anticipata - 50 anni per le donne, 55 per gli uomini - per 600 professioni usuranti tra cui il parrucchiere (per il contagio chimico delle tinture), i suonatori di strumento a fiato (a rischio di reflusso gastrico) e gli anchorman tv, minacciati dalle micropopolazioni batteriche dei microfoni.

"Un paese normale sarà un vantaggio per tutti" è il mantra con cui Papandreou sta cercando di convincere i suoi concittadini ad accettare i sacrifici. Lui si è ridotto lo stipendio, mette online tutte le decisioni di spesa per combattere una corruzione che si mangia 15 miliardi l'anno, l'8% del Pil. Vuol ridurre da 38 giorni a uno il tempo per aprire un'attività, liberalizzare le professioni. Di più: a immagine geografica della sua rivoluzione si prepara a ridisegnare la cartina del paese, riducendo da 1.100 a 333 le aree comunali e da 33 a 13 le regioni. Un piano da sogno per i liberisti di Bruxelles e Washington, da incubo per i greci. E se la calma apparente di questi giorni dovesse esplodere in tensione sociale, il salvataggio di Atene tornerà a essere una strada in salita per il governo e una minaccia per la stabilità dell'intera Europa.

© Riproduzione riservata (30 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

Grecia declassata a livello "spazzatura"

Portogallo trema sotto il peso del debito

Standard & Poor's porta il rating ellenico a "junk" e taglia di due livelli quello portoghese. Riflessi immediati sulle Borse. Vertice straordinario Eurozona entro il 10 maggio. Moody's rassicura l'Italia. Il Fmi valuta di alzare di 10 miliardi il suo stanziamento

Grecia declassata a livello "spazzatura" Portogallo trema sotto il peso del debito

Manifestazioni di protesta in Grecia

ATENE - Standard & Poor's taglia il rating della Grecia a livello "junk" (spazzatura). L'agenzia internazionale ha declassato il rating a lungo termine ellenico a BB+ da BBB+ con outlook negativo e quello nel breve termine a B da A-2. Il governo di Atene non ci sta e reagisce affermando che il declassamento "non riflette i dati reali dell'economia greca" né i progressi per contenere il deficit. In una dichiarazione il ministero delle Finanze assicura che un accordo con Ue e Fmi sull'attivazione degli aiuti "è questione di giorni" e che subito dopo saranno messi a disposizione i fondi che consentiranno alla Grecia di continuare a far fronte senza problemi alle sue necessità finanziarie. Dal canto suo, il Fondo monetario internazionale fa presente che la situazione greca è "insostenibile" senza aiuti e - secondo indiscrezioni del Financial Times - valuta di alzare di 10 miliardi il suo aiuto finanziario.

Dopo il declassamento del rating, Standard & Poor's, in teleconferenza, afferma che la Bce dovrebbe comunque continuare ad accettare i titoli greci come collaterale a fronte dei prestiti. La Banca centrale europea attualmente accetta bond con rating BBB-, prima della crisi il livello di merito minimo richiesto era A-.

L'agenzia di rating mette nel mirino anche il Portogallo, rating sovrano giù di due livelli, da A+ ad A-, appena al di sopra del livello "spazzatura", mantenendo le prospettive negative. Secondo S&P, il deficit di Lisbona potrebbe toccare quest'anno l'8,5% del Pil. Tagliato anche il rating nel breve termine ad A-2 da A-1. La decisione dell'agenzia sul Portogallo è il risultato del modo insoddisfacente in cui vengono gestiti l'elevato debito pubblico e la debolezza dell'economia. In particolare, Lisbona "avrà difficoltà a stabilizzare il suo rapporto debito/Pil" nell'orizzonte di previsione che guarda al 2013 e "le finanze pubbliche rimangono deboli, nonostante le riforme messe in campo dal governo negli ultimi anni", spiega l'agenzia internazionale di rating.

 

La mossa di S&P è la conferma di come il Portogallo potrebbe essere il prossimo Paese dell'eurozona, dopo la Grecia, che rischia di finire schiacciato dalla crisi. Sulla situazione italiana, arrivano invece le rassicurazioni di Moody's: nessun pericolo di downgrade per l'Italia "il cui outlook (a livello AA2, ndr) è stabile e non ha nessuna review in corso", spiega l'agenzia.

Le notizie hanno immediati riflessi sui mercati. Mentre il presidente della Bce Jean Claude Trichet dichiara di considerare "fuori questione" un default sui titoli di stato della Grecia o di un altro Paese dell'eurozona, la Borsa di Atene perde oltre il 6% e Lisbona il 5,36%. Negativi anche tutti gli altri listini europei che "bruciano" circa 160 miliardi di euro. Poco dopo la chiusura delle Borse è stato annunciato un vertice straordinario dell'area euro, che si terrà al più tardi il 10 maggio, per sbloccare il prestito da 30 miliardi a favore della Grecia.

La situazione della Grecia, intanto, è resa sempre più difficile dalle proteste interne per le durissime misure finanziarie adottate dal governo e dalla diffidenza dei partner europei, ancora divisi sulla questione degli aiuti finanziari. Ma senza gli aiuti dell'Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale, ha detto oggi il ministro delle Finanze di Atene, Georges Papaconstantinou, Atene ormai non può più accedere ai mercati finanziari per ottenere i fondi necessari a ripagare il debito in scadenza il 19 maggio. A causa delle difficoltà finanziarie della Grecia il differenziale di rendimento tra i decennali greci e gli analoghi titoli tedeschi, è volato a 700,2 punti base, il massimo da 12 anni.

La Banca centrale di Atene, che contava su una contrazione del Pil del 2% nel 2010, ritiene che la recessione possa essere maggiore del previsto. Una riduzione del Prodotto interno lordo superiore a quella calcolata "è molto probabile alle condizioni attuali, caratterizzate da un alto livello di incertezza", ha affermato il governatore della Banca di Grecia, Georges Provopoulos, spiegando che il calo del Pil è avvenuto principalmente "a causa del forte crollo degli investimenti, ma anche dei consumi privati e delle esportazioni". Il deficit della Grecia potrebbe inoltre salire al 14% per il 2009, sostiene Papacostantinou. Il deficit greco era stimato al 12,9% per l'anno scorso, ma qualche giorno fa Eurostat ha corretto al rialzo la stima portandolo al 13,6%.

I negoziati fra il ministero delle Finanze e funzionari della Commissione europea, Bce e Fmi per definire le condizioni finanziarie ed economiche per l'attivazione del meccanismo di sostegno sono cominciati a metà della settimana scorsa. Il principale ostacolo per la concessione degli aiuti rimane la Germania: tra l'altro oggi un sondaggio effettuato tra i tedeschi ha confermato che le perplessità del governo di Berlino sono condivise dalla popolazione, il 57% degli intervistati si oppone a un possibile prestito di emergenza di 45 miliardi di euro alla Grecia da parte del Fondo Monetario Internazionale e l'Unione europea, mentre solo il 33% ritiene che sia una misura appropriata. La Germania dovrebbe contribuire con 8,4 miliardi di euro. Domani la cancelliera tedesca Angela Merkel sarà impegnata in una serie di incontri sulla questione. E il ministero delle Finanze sta lavorando "in modo febbrile" a un disegno di legge per la prevista partecipazione della Germania al piano di aiuti.

Intanto il primo ministro greco George Papandreou ha lanciato un appello al Paese e in particolare ai sindacati, dal momento che da giorni sono in atto proteste dei lavoratori contro le misure anticrisi assunte dal governo: "L'ora della verità è arrivata, il governo deve affrontare la più grave crisi che il Paese abbia conosciuto dopo il ritorno della democrazia nel 1974", ha detto il premier, sottolineando come sia un "dovere patriottico" salvare la Grecia dalla bancarotta. Papandreou ha assicurato che verrà condotta "una lotta di liberazione per uscire dalla tutela dell'Ue e dell'Fmi", ma intanto gli aiuti sono necessari. I sindacati contestano invece la gestione della crisi da parte del governo: un nuovo sciopero generale è stato convocato dai sindacati greci del settore privato Gsee e pubblico Adedy contro le misure di austerità per il prossimo 5 maggio.

(27 aprile 2010)

 

2010-04-27

CONSUMER'S FORUM

Cala dell'11% il credito al consumo

"Il 48% ha paura di non poter pagare"

Negli ultimi due anni l'ha utilizzato il 62% degli italiani. Età media 45 anni, entità del prestito 4.000 euro da rimborsare in 24 rate. Sotto accusa i costi ingiustificati: "Le banche sono supergarantite dalle assicurazioni"di ROSARIA AMATO

Cala dell'11% il credito al consumo "Il 48% ha paura di non poter pagare"

ROMA - Il credito al consumo è raddoppiato dal 2003 ad oggi, e negli ultimi due anni vi ha fatto ricorso il 62 per cento degli italiani. Ma nel 2009 per la prima volta si è riscontrata una flessione dell'11 per cento: "A fronte della crisi, gli italiani preferiscono non indebitarsi, perché hanno paura di non essere più in grado di restituire il prestito", afferma Sergio Veroli, presidente di Consumer's Forum, l'associazione che oggi al Cnel ha presentato "l'identikit del consumatore di credito".

Un identikit che esclude decisamente i redditi bassi (salvo una percentuale minoritaria): infatti il profilo medio corrisponde a uomini (in maggioranza) e donne di circa 45 anni, diplomati o laureati, con un nucleo familiare di tre persone (nel 56 per cento dei casi) che lavorano come collaboratori o dipendenti, con un reddito familiare medio mensile di 2.200 euro, con il quale nel 47 per cento dei casi pagano l'affitto o il mutuo. Un reddito non da fame, ma che rende difficile affrontare spese di una certa entità. Solo il 9 per cento degli intervistati percepisce un reddito inferiore ai mille euro mensili, mentre solo il 13 per cento va oltre i 3000 euro.

Ecco perché questa fascia media di consumatori per affrontare acquisti che richiedono 4.000 euro di spesa è costretta a far ricorso al credito al consumo. Di solito il rimborso viene suddiviso in 24 rate. La modalità prevalente è rivolgersi al punto vendita (44 per cento), chiedere un prestito personale (38 per cento) o utilizzare la carta revolving (18 per cento). In quest'ultimo caso le modalità non sempre sono trasparenti, sottolinea Veroli, ricordando

i recenti interventi in materia della Banca d'Italia: "Le revolving a volte vengono date al consumatore senza che questi le richieda, al momento dell'acquisto di un bene. Si firmano vari moduli, senza neanche rendersene conto, arriva la carta, e l'acquirente la usa senza informarsi sul tasso d'interesse, che è sempre eccessivo. In Italia ci sono 180.000 tra mediatori e agenti finanziari, forse troppi. Per evitare che gli italiani si indebitino oltre la loro capacità di restituzione occorre più trasparenza da parte degli operatori, più consapevolezza da parte dei consumatori e soprattutto bisogna bonificare il mercato del credito al consumo dai mediatori scorretti".

Le 'fregature', sottolinea Veroli, o meglio gli oneri elevati in modo ingiustificato del prestito, non sono limitate a chi utilizza le carte revolving, ma riguardano in egual misura anche chi fa ricorso a una forma più tradizionale del credito al consumo, la cessione del quinto dello stipendio o della pensione. "Per poterlo stipulare le banche richiedono una doppia assicurazione, una sulla vita e una sul lavoro, naturalmente tutte a carico del richiedente. A questo punto la banca non rischia assolutamente nulla, è supergarantita: e allora perché i costi rimangono così alti per i consumatori?".

Il finanziamento medio, secondo l'indagine di Consumer's Forum, associazione nata nel 1999 e che riunisce al suo interno anche gruppi di imprese, oltre che di consumatori, dura 24 mesi, con una rata mensile di 167 euo e un tasso d'interesse del 12 per cento. Il 48 per cento di chi è ricorso al credito al consumo dice di aver avuto difficoltà o di aver temuto di non riuscire a far fronte al rimborso, e quindi ha eliminato o ridimensionato altre spese, si è rivolto ai familiari o ha dovuto chiedere un ulteriore prestito.

Il motivo principale di ricorso al credito al consumo è l'acquisto di beni (53 per cento), ma il 19 per cento lo fa per pagare un viaggio, e il 17 per cento per "arrivare a fine mese". Il 14 per cento si indebita per "eventi particolari", il 9 per cento per ragioni legate all'istruzione e alla formazione, l'8 per cento per spese mediche. Il 64 per cento degli intervistati dichiara di ricorrere al credito al consumo solo "in caso di necessità", il 19 per cento vi fa ricorso più volte l'anno e il 17 per cento almeno una volta l'anno. Le persone con reddito inferiore a 1000 euro mensili fanno maggiormente ricorso alla spesa a credito giornaliera per l'acquisto di prodotti alimentari.

Cosa sanno gli utenti delle modalità dell'impegno che si assumono? Consumer's Forum ha chiesto qual era la differenza tra TAN (tasso annuo nominale, esclude oneri come spese di istruttoria e di incasso) e TAEG (il costo totale del credito a carico del consumatore, compresi interessi e oneri): ha risposto bene solo il 55 per cento degli intervistati, percentuale che sale al 61 per cento se si considera solo chi ha fatto ricorso al credito al consumo negli ultimi due anni. Tuttavia, se si dividono gli intervistati in base al titolo di studio, è a conoscenza della differenza il 19 per cento di chi ha solo la licenza elementare, il 36 per cento di chi ha la licenza media, il 67 per cento dei diplomati e l'81 per cento dei laureati.

© Riproduzione riservata (27 aprile 2010)

 

 

 

 

 

CRISI

Grecia declassata a livello "spazzatura"

Portogallo trema sotto il peso del debito

Standard & Poor's porta il rating ellenico a "junk" e taglia di due livelli quello portoghese. Riflessi immediati sulle Borse europee, che chiudono bruciando 160 miliardi. Trichet: "fuori questione" ipotesi default. Vertice straordinario Eurozona entro il 10 maggio. Moody's rassicura l'Italia. Domani giornata cruciale per le decisioni della Germania

Grecia declassata a livello "spazzatura" Portogallo trema sotto il peso del debito

Manifestazioni di protesta in Grecia

ATENE - Standard & Poor's taglia il rating della Grecia a livello "junk" (spazzatura). L'agenzia internazionale ha declassato il rating a lungo termine ellenico a BB+ da BBB+ con outlook negativo e quello nel breve termine a B da A-2. Il governo di Atene non ci sta e reagisce affermando che il declassamento "non riflette i dati reali dell'economia greca" né i progressi per contenere il deficit. In una dichiarazione il ministero delle Finanze assicura che un accordo con Ue e Fmi sull'attivazione degli aiuti "è questione di giorni" e che subito dopo saranno messi a disposizione i fondi che consentiranno alla Grecia di continuare a far fronte senza problemi alle sue necessità finanziarie. Dal canto suo, il Fondo monetario internazionale fa presente che la situazione greca è "insostenibile" senza aiuti.

Dopo il declassamento del rating, Standard & Poor's, in teleconferenza, afferma che la Bce dovrebbe comunque continuare ad accettare i titoli greci come collaterale a fronte dei prestiti. La Banca centrale europea attualmente accetta bond con rating BBB-, prima della crisi il livello di merito minimo richiesto era A-.

L'agenzia di rating mette nel mirino anche il Portogallo, rating sovrano giù di due livelli, da A+ ad A-, appena al di sopra del livello "spazzatura", mantenendo le prospettive negative. Secondo S&P, il deficit di Lisbona potrebbe toccare quest'anno l'8,5% del Pil. Tagliato anche il rating nel breve termine ad A-2 da A-1. La decisione dell'agenzia sul Portogallo è il risultato del modo insoddisfacente in cui vengono gestiti l'elevato debito pubblico e la debolezza dell'economia. In particolare, Lisbona "avrà difficoltà a stabilizzare il suo rapporto debito/Pil" nell'orizzonte di previsione che guarda al 2013 e "le finanze pubbliche rimangono deboli, nonostante le riforme messe in campo dal governo negli ultimi anni", spiega l'agenzia internazionale di rating.

 

La mossa di S&P è la conferma di come il Portogallo potrebbe essere il prossimo Paese dell'eurozona, dopo la Grecia, che rischia di finire schiacciato dalla crisi. Sulla situazione italiana, arrivano invece le rassicurazioni di Moody's: nessun pericolo di downgrade per l'Italia "il cui outlook (a livello AA2, ndr) è stabile e non ha nessuna review in corso", spiega l'agenzia.

Le notizie hanno immediati riflessi sui mercati. Mentre il presidente della Bce Jean Claude Trichet dichiara di considerare "fuori questione" un default sui titoli di stato della Grecia o di un altro Paese dell'eurozona, la Borsa di Atene perde oltre il 6% e Lisbona il 5,36%. Negativi anche tutti gli altri listini europei che "bruciano" circa 160 miliardi di euro. Poco dopo la chiusura delle Borse è stato annunciato un vertice straordinario dell'area euro, che si terrà al più tardi il 10 maggio, per sbloccare il prestito da 30 miliardi a favore della Grecia.

La situazione della Grecia, intanto, è resa sempre più difficile dalle proteste interne per le durissime misure finanziarie adottate dal governo e dalla diffidenza dei partner europei, ancora divisi sulla questione degli aiuti finanziari. Ma senza gli aiuti dell'Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale, ha detto oggi il ministro delle Finanze di Atene, Georges Papaconstantinou, Atene ormai non può più accedere ai mercati finanziari per ottenere i fondi necessari a ripagare il debito in scadenza il 19 maggio. A causa delle difficoltà finanziarie della Grecia il differenziale di rendimento tra i decennali greci e gli analoghi titoli tedeschi, è volato a 700,2 punti base, il massimo da 12 anni.

La Banca centrale di Atene, che contava su una contrazione del Pil del 2% nel 2010, ritiene che la recessione possa essere maggiore del previsto. Una riduzione del Prodotto interno lordo superiore a quella calcolata "è molto probabile alle condizioni attuali, caratterizzate da un alto livello di incertezza", ha affermato il governatore della Banca di Grecia, Georges Provopoulos, spiegando che il calo del Pil è avvenuto principalmente "a causa del forte crollo degli investimenti, ma anche dei consumi privati e delle esportazioni". Il deficit della Grecia potrebbe inoltre salire al 14% per il 2009, sostiene Papacostantinou. Il deficit greco era stimato al 12,9% per l'anno scorso, ma qualche giorno fa Eurostat ha corretto al rialzo la stima portandolo al 13,6%.

I negoziati fra il ministero delle Finanze e funzionari della Commissione europea, Bce e Fmi per definire le condizioni finanziarie ed economiche per l'attivazione del meccanismo di sostegno sono cominciati a metà della settimana scorsa. Il principale ostacolo per la concessione degli aiuti rimane la Germania: tra l'altro oggi un sondaggio effettuato tra i tedeschi ha confermato che le perplessità del governo di Berlino sono condivise dalla popolazione, il 57% degli intervistati si oppone a un possibile prestito di emergenza di 45 miliardi di euro alla Grecia da parte del Fondo Monetario Internazionale e l'Unione europea, mentre solo il 33% ritiene che sia una misura appropriata. La Germania dovrebbe contribuire con 8,4 miliardi di euro. Domani la cancelliera tedesca Angela Merkel sarà impegnata in una serie di incontri sulla questione. E il ministero delle Finanze sta lavorando "in modo febbrile" a un disegno di legge per la prevista partecipazione della Germania al piano di aiuti.

Intanto il primo ministro greco George Papandreou ha lanciato un appello al Paese e in particolare ai sindacati, dal momento che da giorni sono in atto proteste dei lavoratori contro le misure anticrisi assunte dal governo: "L'ora della verità è arrivata, il governo deve affrontare la più grave crisi che il Paese abbia conosciuto dopo il ritorno della democrazia nel 1974", ha detto il premier, sottolineando come sia un "dovere patriottico" salvare la Grecia dalla bancarotta. Papandreou ha assicurato che verrà condotta "una lotta di liberazione per uscire dalla tutela dell'Ue e dell'Fmi", ma intanto gli aiuti sono necessari. I sindacati contestano invece la gestione della crisi da parte del governo: un nuovo sciopero generale è stato convocato dai sindacati greci del settore privato Gsee e pubblico Adedy contro le misure di austerità per il prossimo 5 maggio.

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Mercati

Grecia e deficit Usa

le Borse vanno a picco

Alle incertezze sul piano di aiuti si è aggiunto il ribasso di Wall Street e il downgrading del Portogallo da parte di Standard & Poor's. Crolli dal 5 al 6% per Atene e Lisbona, oltre il 3 Parigi e Milano, poco meno le altre europeedi SARA BENNEWITZ

Grecia e deficit Usa le Borse vanno a picco

MILANO - Tragedia greca sui mercati mondiali. Il quadro delle Borse europee è precipitato a metà pomeriggio sui timori per la situazione di Atene e dopo le parole del ministro delle finanze greco George Papacostantinou, che ha annunciato che senza gli aiuti la Grecia non può farcela, perché non può reperire nuove risorse sul mercato. "La data cruciale è il 19 maggio, quando scadranno i bond del governo greco per nove miliardi di euro", ha avvertito Papaconstantinou, esprimendo l'auspicio che i colloqui avviati mercoledì scorso ad Atene con la Commissione europea, la Bce e il Fondo monetario internazionale si concludano la prossima settimana.

E a mercati chiusi, S&p ha ridotto il rating sovrano greco a "junk" (letteralmente, "spazzatura"), con un taglio a Bb+ e prospettive ulteriormente negative. L'agenzia internazionale ha anche ridotto il giudizio sul Portogallo, il cui merito di credito scende ad A- da A+. Sulla vicenda è dovuto intervenire il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, nel tentativo di rassicurare gli investitori. "Un default della Grecia o dell'Eurozona è fuori questione", ha detto il banchiere centrale da Chicago, "il negoziato tra l'Ue e i greci dovrà essere basato sulla sostenibilità. E' un concetto molto, molto importante". I 10 capi di governo dell'Eurogruppo hanno convocato un vertice sui problemi della Grecia il 10 maggio.

I ribassi più forti si registrano a Madrid (-4,4%) e Lisbona (-5,3%), ma un vero tracollo si abbatte su Atene, dove l'indice generale perde il 6,2% e quello dei titoli più importanti il 6,8%. Quanto al Portogallo, Standard and Poor's ha tagliato il rating con previsioni negative, a fronte dell'elevato debito pubblico e della debolezza dell'economia. Ad affossare i mercati si sono aggiunti alcuni dati macro negativi dagli Usa e l'allarme sul deficit lanciato da Barack Obama e dal presidente della Fed, Ben Bernanke, tutti fattori che hanno spinto al ribasso anche Wall Street.

 

Le preoccupazioni sulla tenuta dell'economia ellenica hanno spinto al rialzo gli strumenti per assicurarsi contro il fallimento (credit default swap) di Grecia, Portogallo e Spagna, mentre i rendimenti sul debito a due anni di Atene sono saliti sopra il 15%, il livello più alto dal 1998. Tutte novità che hanno fatto vacillare nuovamente l'euro e rafforzare il dollaro nei confronti delle principali valute, e così la divisa unica è scivolata in area 1,33 (dopo aver toccato anche un minimo a 1,32) nei confronti del biglietto verde. Così anche il petrolio Wti quotato a New York, in conseguenza al rafforzamento del dollaro, è scivolato a 83 dollari al barile.

Tornando alle Borse contenentali, Parigi è scivolata del 3,8% Francoforte del 2,7% e Londra del 2,6%. A Piazza Affari il Ftse Mib ha perso il 3,28% a 22.036 punti, mentre il Ftse All Share il 3,10% a quota 22.602 punti. Il conto più salato lo pagano i titoli finanziari, sui timori che le nostre banche siano esposte in bond ellenici. La peggiore è stata Intesa Sanpaolo (-5,6%), tallonata da Bpm (-4,7%) e Unicredit (-4,4%). Tra gli assicurativi, Generali, Fondiaria-Sai e Unipol hanno perso quasi tre punti percentuali. Pesante flessione anche per Italcementi (-5,1%), dopo l'arresto di alcuni dirigenti della controllata Calcestruzzi nell'ambito di un'inchiesta sulla vendita di cemento impoverito. Tutti i 40 titoli principali sono finiti in rosso, tra questi il migliore è stato Enel (-1,6%) che è stata promossa da Morgan Stanley e in vista degli sviluppi sul nucleare, dopo gli accordi siglati ieri dal presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, con il premier russo Vladimir Putin. Meglio degli altri automobilistici anche Fiat (-1,4%) in vista del piano dello scorporo delle attività industriali. Tra i titoli minori, va poi segnalato il balzo di Stefanel (+2,5%) che ha raggiunto un accordo con le banche e si appresta a lanciare un aumento di capitale da 50 milioni.© Riproduzione riservata

(27 aprile 2010)

 

 

 

 

FINANZA

Riforma di Wall Street

primo stop al Senato

I democratici non raggiungono i 60 voti necessari per l'avvio del dibattito in aula. Obama: "Sono profondamente deluso". Oggi le audizioni di Goldman Sachs

Riforma di Wall Street primo stop al Senato

NEW YORK - Il primo test della riforma di Wall Street al Senato americano fallisce a poche ore dall'attesa audizione dell'amministratore delegato e del vice presidente di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein e Fabrice Tourre. I repubblicani votano compatti per il blocco della discussione sul progetto di riforma avanzato da Chris Dodd: il voto procedurale si chiude con 41 voti contrari e 57 favorevoli, ovvero meno dei 60 necessari per l'avvio del dibattito in aula.

"Sono profondamente deluso dal fatto che i repubblicani abbiano votato per bloccare la discussione", commenta il presidente americano Barack Obama che, dopo aver incassato il via libera alla riforma sanitaria, ha fatto delle nuove regole per Wall Street la sua priorità. Alcuni dei senatori che hanno votato "no" all'avvio del dibattito "potrebbero ritenere la loro decisione una buona strategia politica, altri potrebbero ritenere lo slittamento un'opportunità per mantenere il dibattito a porte chiuse, consentendo ai lobbysti dell'industria finanziaria di indebolire o uccidere il progetto. Gli americani non possono permetterselo", spiega Obama, ricordando come "la mancanza di tutela dei consumatori e la mancanza di responsabilità a Wall Street hanno messo la nostra economia in ginocchio e causato sofferenze a milioni di americani, ora senza lavoro e senza casa". Da qui l'invito del presidente al Senato a tornare a lavorare per il raggiungimento di un'intesa per una riforma che "consentirebbe di prevenire crisi analoghe a quella sperimentata".

Subito dopo il voto i negoziatori democratici e repubblicani sono tornati a trattare alla ricerca di un accordo, che le parti sembrano comunque non ritenere lontanissimo. Ad opporsi all'avvio del dibattito anche il democratico Ben Nelson, perplesso sulle regole stringenti previste per i derivati. Harry Reid, leader della maggioranza in Senato e ultimo a votare, si è espresso negativamente così da lasciarsi aperta la possibilità di convocare un nuovo voto procedurale più avanti.

Proprio su sui derivati è stato raggiunto prima del voto un accordo fra il presidente della commissione bancaria del Senato Christopher Dodd e quello della commissione agricoltura Blanche Lincoln. La proposta prevede l'obbligo di spin off per delle divisioni di trading di swap per le banche che vogliono l'assistenza federale e lo scambio su piattaforme regolamentate per gli otc.

(27 aprile 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

L'UNITA'

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2010-05-14

La crisi irrompe sui mercati Borse in deciso calo Euro sempre più giù

Dopo una partenza negativa le borse europee ampliano le perdite a meta' mattinata. Si fa piu' pesante l'andamento degli indici nelle capitali, mentre tornano a farsi sentire sui mercati i timori legati al debito degli Stati del Vecchio Continente e all'impatto che le manovre di contenimento del deficit potrebbero avere sulla ripresa economica.

L'indice Dj Stoxx 600, principale indicatore dei listini europei, arretra dell'1,8%. Maglia nera delle borse e' Madrid (-4%), seguita da Milano (-3%) e Parigi (-2,5%). Cedono oltre un punto percentuale Londra (-1,5%) e Francoforte (-1,1%). I timori relativi all'economia, con l'euro sceso sotto quota 1,25 dollari e con un aumento del rendimento dei titoli di Stato dei Paesi piu' a rischio, pesano in particolare sulle banche (-3,7% l'indice Dj Stoxx di settore), sulle materie prime (-3%) e sugli assicurativi (-2,6%). Le vendite piu' massicce colpiscono i bancari Societe Generale (-6,7%), Banco santander (-6%), Bbva (-5%).

Si fa ancora piu' pesante la situazione a Piazza Affari, con gli indici che cedono oltre il 3%: il Ftse Mib scivola del 3,16% mentre il Ftse All Share scivola del 3,05%. Ad affondare Piazza Affari sono ancora una volta le banche guidate da Ubi (-6,37%), Banco Popolare (-5,02%) e Bpm (-5,19%). Ribassi superiori ai quattro punti percentuali per Intesa, Unicredit e Mediobanca.

Ulteriore stretta sugli indici di borsa milanesi, con il Ftse Mib in calo del 3,5% a 20.149 punti ed il Ftse All Share del 3,39% a 20.756 punti, in attesa di conoscere i dati Usa sulle vendite al dettaglio, previsti per le 14.30, sulla produzione industriale, 45 minuti piu' tardi e sulla Fiducia del Michigan, poco prima delle 15.00. Il listino di riferimento appare completamente in rosso, con

particolare tensione sui bancari Ubi (-5,9% a 7,98 euro), i cui dati trimestrali hanno deluso le attese degli analisti, Banco Popolare (-4,01% a 4,25 euro) e Bpm (-4,86% a 3,57 euro). Pesanti Unicredit (-4,4% a 1,83 euro), Intesa Sanpaolo (-3,26% a 2,22 euro), che ha riunito nella mattinata il Consiglio di Gestione, Mediolanum (-3,72% a 3,62 euro), dopo la corsa della vigilia con i conti trimestrali, e Mediobanca (-3,65% a 6,2 euro). In campo assicurativo Generali lascia sul campo il 3,77% a 15,04 euro e Unipol, che ha diffuso i i dati trimestrali, il 3,12% a 0,71 euro. Scivola Prysmian (-5,16% a 11,76 euro), all'indomani dei dati

trimestrali, diffusi quasi a borsa chiusa. I timori per la crisi frenano Impregilo (-4,94% a 2,06 euro), Italcementi (-2,69% a 7,59 euro), Cementir (-4,12% a 2,5 euro) e Buzzi (-2,56% a 10,28 euro). Sotto pressione Fiat (-2,94% a 9,23 euro) e Pirelli (-2,35% a

0,45 euro), insieme ad Eni (-2,6% a 16,11 euro) ed Enel (-2,82% a 3,7 euro). Piu' caute Terna (-1,13% a 3,05 euro), Snam (-0,93% a 3,46 euro) e Parmalat (-0,77% a 1,92 euro). Non mancano i rialzi in una seduta difficile, con Risanamento (+6,41% a 0,36 euro) e Juventus (+1,44% a 0,8 euro). Limitato (-0,65% a 0,76 euro) il calo della Roma.

Sono in calo anche i futures sugli indici di Wall Street, appesantiti dalle crescenti preoccupazioni per la crisi del deficit in Europa e dall'andamento dei titoli finanziari.

Il contratto sul Dow Jones cede lo 0,7% a 10,697 punti; quello sullo S&P 500 arretra dello 0,8% a 1.147,1 punti e il derivato sul Nasdaq-100 perde lo 0,7% a 1.933 punti. Nel pre-mercato, e' da segnalare il ribasso di Citigroup (-1,7%). Male anche il colosso dell'alluminio Alcoa (-1,3% alla Borsa di Francoforte) penalizzato dal calo dei prezzi dei metalli. Tra i tecnologici va giu' l'azienda di chip per computer grafica Nvidia (-3,3%) dopo aver previsto un calo delle vendite del 5% rispetto al trimestre passato. Sul versante macro, oggi sono in programma i dati su vendite al dettaglio, produzione industriale e scorte industriali e fiducia dei consumatori.

14 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-13

"La crisi è devastante, l'Europa non si rende ancora conto della gravità"

Finché c’è vita c’è speranza, per dirla alla Alberto Sordi. Ciononostante anche se non tutto è perduto siamo messi male e non ce ne rendiamo conto come dovremmo. A partire da noi europei, cittadini, governanti, élites, almeno a leggere Sopravvivere alla crisi dell’intellettuale francese Jacques Attali. Il quale, se deve indicare un film che rispecchi il suo pensiero sul nostro oggi fosco e turbolento, indica Blade Runner , capolavoro di Ridley Scott tratto da un romanzo di Philip K. Dick che immagina un futuro cupo, devastato nell’ambiente e nelle relazioni umane, e che solo nella prima versione tagliata e piegata al mercato prefigura una possibile speranza.

Di Attali l’editore Fazi ha appena dato alle stampe il suo saggio-pamphlet Sopravvivere alla crisi . Conferenziere, giornalista, considerato una delle menti più brillanti d’Europa, già primo presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, già alla guida della Commissione per la liberazione della crescita nel governo Sarkozy e al contempo direttore della Ong per il microcredito nei paesi in via di sviluppo Planet Finance, questo intellettuale sempre di corsa nel libro uscito in Francia nel 2009 scrive, sulla scorta del quasi crack finanziario mondiale, che la crisi non è finita, che nessuno può ritenersi in salvo. I fatti della Grecia sembrano avergli dato ragione. Ne parla dal suo studio parigino con la scure dei minuti a scandire il tempo della conversazione telefonica.

Professore, a suo parere come si stanno comportando i paesi europei di fronte a quanto accade ad esempio in Grecia?

"Il fatto è che in Europa la gente e gli Stati non vogliono valutare cosa accade, i governi non vogliono sembrare pessimisti, ma non ci rendiamo conto del pericolo e della sua gravità, non lo si vuole vedere".

In un passaggio del libro lei muove un’accusa dura all’Unione Europea: non dispone di creatività sufficiente per fronteggiare le sfide attuali.

"Sì, perché non facciamo abbastanza innovazione, non ce ne occupiamo e non ci investiamo a sufficienza, non c’è innovazione ad esempio nel rapporto tra università e aziende e non vengono prese decisioni per sviluppare la crescita. C’è un difetto di creatività, col che intendo che manca un modo nuovo di porsi di fronte a situazioni nuove".

A suo giudizio l’Unione europea attraverso l’Euro sta proteggendo in misura adeguata i paesi membri da un collasso?

"Sono convinto che fin quando non avremo un ministro delle finanze europeo che possa controllare le tasse, fino a quando la banca centrale non avrà un ministro che possa esercitare il controllo adeguato, l’euro sarà una moneta fragile".

In un passo del suo saggio lei scrive che in situazioni estreme e di pericolo per la sopravvivenza è legittimo opporsi anche con mezzi illegali. Ad Atene ci sono stati scontri. Prefigura moti violenti?

"È bene chiarire che sono contrario a qualsiasi violenza, che non penso sia giusto reagire violentemente. Ma il fatto è che tutti, il governo, i cittadini greci, sono stati in qualche modo truffati, anche il governo greco dovrebbe essere infuriato".

Sempre dal suo saggio: lei sostiene che ognuno di noi dovrà affrontare i problemi da solo. Però, per restare alla Grecia, se Atene si salverà sarà grazie al soccorso europeo. Questo non la contraddice?

"No. La Grecia doveva risolvere il problema da sola, non fare troppi debiti, se avesse agito così in modo corretto non saremmo ora qui a discuterne. E nel futuro non può sperare in una seconda chance perché non l’avrà. Non ci si può aspettare aiuti da altri, un supporto dall’esterno, perché la crisi c’è, è innegabile. Neppure l’Italia è lontana da una "lista" di crisi".

Perché l’Italia?

"Perché il vostro paese, come la Spagna, ha molti, troppi debiti, e dovrebbe impegnarsi per diventare credibile".

Possiamo farcela?

"Avete tutti i mezzi e le risorse per uscire dalla crisi, serve che abbia un governo sufficientemente forte e che si renda conto che non stiamo affatto uscendo dalla crisi. A mio parere il governo italiano, ma anche l’opposizione e l’opinione pubblica, sono troppo ottimisti, nel senso che non c’è piena consapevolezza della situazione".

Però ad Atene, come accade quasi sempre, chi paga lo scotto più caro e sulla propria pelle sono i ceti più popolari e chi ha meno garanzie. Non è ingiusto?

"Quando una nazione ha un deficit eccessivo perché spende troppo tutti dovrebbero pagare ma in modo equo. E tutti dovrebbero pagare sempre le tasse. Il dramma autentico è che questa generazione ha speso troppo, ha speso i soldi della prossima generazione".

A suo parere le innovazioni e le ricchezze saranno gestite sempre più spesso in modo autoritario. Considera le democrazie a rischio?

"No, tutt’altro, non penso che le nostre democrazie siano in pericolo. Anzi, non solo le giudico sufficientemente forti ma credo che questa crisi le renderà più forti e che il Parlamento europeo alla fine ne uscirà o potrà uscirne rafforzato".

Trasformare le minacce in opportunità: è quanto lei auspica nel libro. Scusi, ma come, in che modo?

"È importante e anzi essenziale vedere una minaccia quando non la si può evitare. Solo ora iniziamo a capire, nel nostro mondo, che siamo minacciati. Faccio un paragone calcistico: è come una partita, se non sai la forza dei tuoi avversari perdi perché non puoi prendere le contromisure, se invece sai quanto sono forti puoi studiarli e prepararti e allora potrai vincere il match".

Se dovesse indicare un libro che rispecchia il suo pensiero, che titolo darebbe?

"Il mio".

E un film?

"Blade Runner, il film di Ridley Scott".

13 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-12

Gb, accordo Lib-dem e Tories. David Cameron è il nuovo premier

Il leader dei conservatori David Cameron è diventato oggi il nuovo primo ministro britannico, dopo avere accettato l'invito della regina Elisabetta di formare un nuovo governo. Lo ha detto la Bbc, mostrando le immagini di lui che lascia Buckingham Palace. Cameron, il cui partito ha ottenuto il numero maggiore di seggi e voti alle elezioni di giovedì scorso ma senza conquistare la maggioranza assoluta, prende il posto del laburista Gordon Brown, che ha appena rassegnato le dimissioni, dopo 13 anni di governi laburista. Cameron, 43 anni, diventa il più giovane premier britannico in quasi 200 anni di storia britannica.

David Cameron è "pronto a formare un governo di coalizione con il liberaldemocratici per dare al Paese un governo stabile". Dopo aver lasciato Buckingham Palace e prima di entrare al numero 10 di Downing Street, il leader conservatore ha voluto "ringraziare Gordon Brown per il servizio che ha reso al Paese" e ha riconosciuto che da "un parlamento appeso" deve uscire "un governo importante per affrontare i problemi dell'occupazione e dell'economia". "Abbiamo delle differenze con Nick Clegg" ha aggiunto parlando del leader liberaldemocratico, "ma siamo pronti a lottare per il nostro Paese. Ho dei sogni e credo che il servizio di cui questo Paese ha bisogno sia una grande sfida: affrontare i problemi con la gente e restituire fiducia alla nostra classe politica". "Voglio" ha aggiunto, "che la gente sia il fulcro della nostra politica. Dobbiamo essere onesti per quanto riguarda quello che un governo può raggiungere e ottenere. Voglio creare una società piu responsabile. Voglio fare il possibile perchè il mio governo sia sempre attento ai desideri della gente e sia ' basato su valori molto chiari: responsablità e trasparenza".

Le dimissioni di Brown

Gordon Brown si è dimesso oggi da premier. Brown è andato a Buckingham Palace a consegnare le sue dimissioni alla regina Elisabetta II. Il premier ha detto che "è stato un privilegio" servire il Paese, ha aggiunto che le sue dimissioni da leader del Labour sono immediate e ha ringraziato la moglie Sarah, che gli era accanto davanti all'uscio di Downing Street "per il suo amore e per il servizio dato al Paese".

"Ho fatto questo lavoro non per il privilegio o il prestigio che ne deriva ma per la possibilità di servire le persone", ha detto Brown visibilmente emozionato nel suo addio, che ha voluto quindi rendere omaggio alle truppe impegnate in Afghanistan. Egli ha quindi fatto i suoi auguri al successore: costituzionalmente egli "consiglierà" il nome di Cameron alla regina. Brown si è allontanato da Downing Street con la moglie e i figli John e Fraser.

11 maggio 2010

 

 

 

Ha senso salvare l’Europa sacrificando gli europei?

di Loretta Napoleonitutti gli articoli dell'autore

Torna la sfiducia sui mercati e ieri l’Italia, per collocare l’ennesima emissione, ha dovuto maggiorare il tasso d’interesse. Possibile che mille miliardi siano insufficienti a ripristinare la fiducia nel debito sovrano di Eurolandia? Ecco qualche cifra per aiutarci a rispondere a questa scomoda domanda. I soldi stanziati equivalgono all’8,4% del PIL dell’Unione Europea, ma coprono il 10,6% del suo debito pubblico complessivo, poca cosa quindi. Bastano appena a coprire fino al 2012 il deficit del Portogallo, della Spagna e forse anche dell’Irlanda (500 miliardi di euro), ma se il contagio si estende anche all’Italia e al Belgio, allora bisognerà ricorrere a ulteriori iniezioni di denaro. I mercati si chiedono dove troveremo tutti questi fondi, ricorrendo a un ulteriore indebitamento? Poiché non illudiamoci è il debito il cavaliere bianco che dovrebbe salvare dalla bancarotta la giovane moneta europea. Tutti sanno che l’Europa non ha a disposizione la liquidità stanziata nel fine settimana e quindi la deve creare. E lo farà indebitandosi. La Commissione Europea venderà obbligazioni per 60 miliardi di euro usando come collaterale i 141 miliardi stanziati per il suo bilancio. Questi soldi andranno a rimpinguare il fondo d’emergenza della bilancia dei pagamenti europea, già usato nel 2008 per correre in aiuto di altri paesi dell’Unione: Lituania, Romania e Ungheria. Allora però l’esborso fu di appena 15 miliardi di euro.

I paesi membri ed il FMI stanzieranno 440 miliardi di euro; l’ammontare che ogni stato dovrà fornire dipenderà naturalmente dal peso economico che ciascuna nazione riveste nell’Unione, ciò significa che i tedeschi dovranno pagare di più dei portoghesi. Ma dato che nessuno ha a disposizione tanto contante tutti andranno sul mercato e venderanno obbligazioni, in altre parole s’indebiteranno.

In un déjà vu dell’acquisto dei beni tossici delle banche da parte del Tesoro americano, la Banca Centrale europea s’impegna poi a intervenire sul mercato internazionale per acquistare le obbligazioni dei paesi deficitari, spingendosi fino al mercato repo, quello dove finiscono quelle spazzatura prima di andare in bancarotta, e le acquisterà ogni volta che sarà necessario. E dato che non ha fondi a sufficienza per farlo dovrà vendere titoli "buoni" per acquistare quelli "tossici". Tutte queste decisioni, naturalmente, vanno contro gli accordi di Maastricht e di Lisbona che vietano alla Banca Centrale Europea di comportarsi come una banca centrale di uno stato sovrano.

Non è però detto che questa strategia funzioni o che basti ad arginare la sfiducia nel debito sovrano dei mercati. Sebbene sulla carta il grande salvataggio di Eurolandia sembri perfetto - ed infatti lunedì i mercati si sono concessi una giornata di totale euforia -, in pratica però si tratta di un gigantesco indebitamento di cui nessuno è a conoscenza delle modalità. Tra le domande che gli operatori si pongono ce ne sono alcune che pesano più di altre: il fondo di stabilità è una garanzia di solvibilità o un semplice fondo? Il mercato vuole sapere cosa succederà quando non ci saranno più soldi nelle sue casse e bisognerà "salvare" l’ennesima nazione. Quali le condizioni per accedere al fondo e chi lo monitorerà, l’UE, il FMI o tutti e due? Quando entrerà in vigore e sarà operativo questo fondo?

Ma anche se trovassimo una risposta a tutte le domande tecniche esistono dietro l’angolo altri ostacoli: il meccanismo di salvataggio proprio perché va contro lo spirito dell’Unione e poggia sull’indebitamento dovrà essere ratificato dai parlamenti di ciascun paese ed in alcuni di questi, ad esempio la Germania e l’Olanda, questa potrebbe essere un’impresa non facile. L’intervento della BCE anche se "sterilizzato", e cioè tenuto lontano dalla creazione di moneta nell’Unione, rappresenta una minaccia per l’indipendenza delle banche centrali e farà gravitare le aspettative di inflazione e naturalmente la posizione debitoria di Eurolandia. Infine rimane la questione della ristrutturazione del debito dei paesi deficitari. La Spagna ha già detto che quest’anno taglierà il deficit dell’0.5% e dell’1% l’anno prossimo, con un tasso di disoccupazione al 22% ci si chiede come farà a farlo. Il Portogallo ha annunciato tagli dell’1% nel 2010 e del 1,5% nel 2011, ma si tratta di poca cosa di fronte alle dimensioni del debito pubblico europeo.

Il problema più serio è chi nel lungo periodo si accollerà il debito, i già indebitatissimi contribuenti europei? E tutte le piazze affari concordano che costoro non ce la fanno a tirare ulteriormente la cinghia. A che serve salvare l’Europa se per farlo dobbiamo sacrificarne gli abitanti?

12 maggio 2010

 

Bce, Trichet: "Mercati stanno tornando gradualmente a normalità"

I mercati stanno tornando progressivamente alla normalità e sono fiducioso sul futuro dell'euro. Lo ha detto il presidente della Bce Jean-Claude Trichet parlando alla radio francese Europe 1. "Alcuni osservatori - ha spiegato - hanno rilevato che un certo numero di mercati che funzionavano in modo anomalo stanno progressivamente tornando alla normalità".

"Sono più che fiducioso sul futuro dell'euro", ha aggiunto il numero uno della Bce, "l'euro non è in discussione, ciò che è in discussione sono le politiche messe in atto dai diversi governi della zona euro".

Dunque è determinante una "maggiore sorveglianza sulle politiche di bilancio" dei paesi della Eurozona. "Non abbiamo cambiato le politiche monetarie", ha aggiunto e riferendosi alla decisione della Bce di riacquistare bond statali ha precisato che "tutta la liquidità che daremo sarà ripresa".

Alla domanda se la crisi deve considerarsi finita Trichet ha risposto: "Non siamo nella stessa crisi del 2007 ma le tensioni stanno continuando. Dobbiamo rimanere vigili. Dipenderà dalle capacità delle autorità pubbliche e del settore privato di prendere le decisioni opportune".

12 maggio 2010

 

 

 

 

L'errore tedesco, le risorse Ue

di Massimo D'Alematutti gli articoli dell'autore

Oggi, e tanto più dopo lo shock della crisi finanziaria, è diventato evidente che abbiamo bisogno di regole internazionali condivise e di una capacità di governo dei processi globali. In che modo l’Europa può favorire un esito del genere? Il paradosso, come cercherò di dire, è che proprio quando il sistema internazionale sta diventando multipolare – sta assumendo, insomma, la configurazione auspicata dagli europei – l’Europa si scopre debole, invece che forte. Rischia di perdere influenza, invece che aumentarla. Perché? Rispetto al mondo di venti anni fa, il mondo di oggi è più asiatico e meno europeo, più globale e meno occidentale, più allungato verso Sud e meno centrato sul Nord. Lo spostamento del baricentro economico verso l’Asia – la Cina, anzitutto e poi l’India – è stato rafforzato dalle conseguenze della crisi economica.

In uno scenario lineare (in assenza, cioè, di una crisi di fondo della locomotiva cinese, che oggi pare improbabile), le previsioni dell’Ocse indicano che a partire dal 2025, l’Asia produrrà circa il 40% della ricchezza mondiale. Il recupero, da parte della Cina, di quella posizione centrale che aveva perso più di due secoli fa, produrrà inevitabilmente una perdita relativa di influenza occidentale. Questa diversa distribuzione del potere mondiale sarà rafforzata dalle tendenze demografiche: entro quindici anni, prevedono ancora le statistiche, una persona su due sarà asiatica.

Sappiamo anche, tuttavia, che il meccanismo fondamentale su cui si è retta la prima fase della globalizzazione - l’interazione finanziaria e commerciale fra la Cina e gli Stati Uniti – ha prodotto squilibri di fondo. Alle origini della crisi del 2008 non stanno solo le responsabilità negative, evidenti e molto notevoli, del sistema finanziario americano. Sta anche la non sostenibilità di un meccanismo di crescita globale fondato sul nesso, in qualche modo perverso, fra eccesso di consumo (americano) ed eccesso di risparmio (cinese).

Un grande aggiustamento strutturale è insomma necessario: solo un aumento della domanda interna cinese, combinato all’aumento delle capacità di risparmio americane, modererà gli squilibri globali. L’Europa oggi è colta da una specie di sussulto di particolarismo, quasi da una nostalgia per il passato dei suoi Stati-nazione.

Il caso della Germania è indicativo. Siamo di fronte al perno centrale dell’Ue, che comincia però a vedere nell’integrazione europea non il modo migliore per canalizzare gli interessi nazionali tedeschi, ma come un onere da sostenere. L’atteggiamento esitante di Berlino di fronte alla crisi greca può essere letto in molti modi (e contiene un giusto monito rispetto agli errori compiuti da Atene); ma sul piano simbolico ha significato questo, ha significato che la Germania non intende assumere gli oneri della leadership europea. È come se le riserve di solidarietà fossero esaurite. In questa situazione, è particolarmente importante ciò che è stato finalmente deciso per proteggere l’Europa e sostenere i Paesi più indebitati. Speriamo non si tratti solo di misure di emergenza, ma dell’inizio di questo nuovo corso di politica finanziaria ed economica di cui l’Europa ha bisogno.

Ha contribuito l’impatto della crisi economica, con i suoi effetti contraddittori. In una prima fase la crisi, esplosa nel cuore del sistema finanziario americano, è sembrata confermare i punti di forza del modello europeo – l’economia sociale di mercato. Un sistema di relazioni tra Stato e mercato che garantisce tutele costose ma quanto mai preziose nelle fasi di recessione. E difatti, il sistema di mercato "temperato" proprio dell’Europa continentale ha evitato che una grave crisi dell’economia si trasformasse in una catastrofe sociale. Esiste in realtà un problema in crescita di disoccupazione: ma sono convinto, come del resto molti economisti, che l’esistenza del mercato interno e dell’Euro abbia permesso alle economie europee di reggere meglio alla crisi di quanto non sarebbe avvenuto altrimenti.

Quando si è cominciato a parlare di exit strategy e di ripresa, è emerso il tallone d’Achille europeo, ossia il tasso di crescita: l’Europa è arrivata all’appuntamento con la più grave recessione da mezzo secolo a questa parte dopo un periodo di crescita media del 2,2% l’anno tra il 2000 e il 2008 (per la UE a 27), a fronte di livelli ben più alti non soltanto in Asia e nelle altre economie emergenti ma anche negli Stati Uniti. Ha poi subito una perdita del 4,2% nel 2009, con stime di un +0,7% nel 2010.

Vorrei dire subito che non sono fra i pessimisti: non credo affatto che l’area dell’euro sia destinata a frantumarsi. Tensioni sono possibili; una spaccatura è improbabile perché anche i paesi più solidi traggono vantaggi da Eurolandia. Di nuovo: se è vero che la Germania ha un modello di crescita trainato dalle esportazioni, più della metà dell’export tedesco avviene all’interno dell’area euro. Penso al contrario che come molte altre volte nella sua vita, l’Europa finirà per trarre da una crisi come questa lo stimolo per una gestione più efficace dell’Unione economica e monetaria. (ampi stralci di una lezione tenuta al Rio Branco, Istituto di Formazione del corpo diplomatico brasiliano)

12 maggio 2010

 

 

2010-05-11

La lunga notte per salvare l'euro: un piano da 750 miliardi. Intervento anche delle banche centrali

A Piazza Affari seduta decisamente euforica. La Borsa è sospinta, insieme agli altri mercati europei, dal pacchetto di aiuti che potrebbe arrivare fino a 750 miliardi di euro varato la notte scorsa dall'Ecofin con l'Fmi per impedire il contagio della crisi del debito sovrano greco al resto d'Europa. Volano le banche, le più colpite la scorsa settimana. I trader parlano di "ricoperture" per spiegare le forti oscillazioni dei titoli verso l'alto. La borsa di Madrid continua il suo volo in positivo guadagnando oltre un 12% facendo così segnare un record di crescita storico.

È ormai "assolutamente necessario" che i vari paesi europei centrino i loro impegni di risanamento sui conti pubblici, ha avvertito oggi il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, parlando al termine della riunione del G10 dei banchieri centrali a Basilea.

IL PIANO

Un maxi-piano fino a 750 miliardi, con la partecipazione dell'Fmi, per blindare la zona euro dagli attacchi della speculazione ed evitare il rischio default di altri Paesi dopo quello corso con la Grecia. A vararlo, dopo dieci ore di negoziati, sono stati i ministri finanziari della Ue riuniti a Bruxelles. Chiesti anche nuovi sacrifici a Spagna e Portogallo, i due Paesi considerati maggiormente a rischio in questa fase. E annunciate "misure significative" da parte della Bce.

Si tratta di un piano di salvataggio senza precedenti, a cui si è arrivati dopo una giornata in cui si sono susseguiti i contatti tra le varie capitali europee. Anche il presidente Usa, Barack Obama, ha telefonato sia al presidente francese, Nicolas Sarkozy, sia alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, sottolineando la necessità di una "risposta forte" da parte dell'Europa per ridare fiducia ai mercati. Lo scudo 'anti-speculazionè deciso dall'Ecofin mette in campo prestiti per 60 miliardi di euro da parte della Commissione Ue, che potrà raccogliere sul mercato prestiti, offrendo come garanzia fondi del bilancio comunitario a favore dei Paesi che fossero sotto attacco speculativo ed avessero difficoltà a reperire capitali sui mercati. Nel pacchetto ci sono poi 440 miliardi che dovrebbero prendere la forma di prestiti bilaterali da parte degli Stati membri della zona dell'euro, sul modello del piano salva-Grecia.

Nel dettaglio, si prevede che la quota dell'Fmi arrivi fino a 250 miliardi, una cifra corretta al rialzo rispetto alla precedente comunicazione di 220 miliardi. Per questo l'ammontare complessivo del fondo potrebbe arrivare fino a 750 miliardi. Resta poi in pista la possibilità che anche la Bce scenda in campo, decidendo di prestare soldi ai Paesi a rischio acquistando i loro titoli pubblici. Una decisione che spetta alla stessa Bce, i cui vertici sono rimasti riuniti a Basilea con i governatori centrali della Ue in attesa di notizie da Bruxelles. Due momenti di forte tensione hanno caratterizzato l'inizio della giornata: il malore del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble (ricoverato in ospedale) e il no di Londra al piano. Il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling è stato infatti molto chiaro nel dire che il Regno Unito non sarebbe venuto in soccorso di Paesi dell'euro in difficoltà, respingendo la proposta messa sul tavolo dalla Commissione Ue.

A sbloccare la situazione è stata poi la Germania, proponendo interventi per 500 miliardi di euro di cui 440 a carico solo degli Stati membri della zona euro. E con la partecipazione del Fondo monetario internazionale. I ministri delle finanze hanno anche accolto l'appello alla disciplina di bilancio e di rigore monetario lanciato venerdì notte dai leader dell'Eurozona. La Germania in particolare ha chiesto che venissero dettagliate le condizioni alle quali devono sottostare i Paesi maggiormente a rischio, quelli che per primi potrebbero dover ricorrere al fondo. Di qui l'invito alla Spagna e al Portogallo ad adottare nuove misure per la correzione del deficit. In particolare, a Madrid e Lisbona è stata chiesta una manovra aggiuntiva pari all'1,5% del Pil quest'anno, e una pari al 2% del Pil l'anno prossimo. L'importo definitivo sarà deciso nei prossimi giorni.

10 maggio 2010

 

 

 

 

Romano Prodi: "Ci vuole più Europa: ce lo deve dire Obama?"

di Ninni Andriolotutti gli articoli dell'autore

Se presa per tempo questa crisi sarebbe stata perfettamente gestibile, adesso tutto è più difficile". Critico per i "ritardi" che hanno contraddistinto l'intervento dell'Europa nella crisi greca, Romano Prodi prova a guardare al dopo, a ciò che sarebbe urgente mettere in campo per "arginare" la speculazione che approfitta "del ruolo debole della politica e delle sue incertezze". Se ne può uscire, quindi. A patto "che non prevalga quell'istinto al suicidio che a volte accompagna il vecchio continente", dove "l'interesse generale spesso soccombe di fronte a quello particolare e all'egoismo degli stati nazionali". La memoria del Professore torna agli anni Ottanta, alla caduta del Muro di Berlino.

Allora, ricorda, "tutti si mobilitarono per aiutare la Germania dell'unificazione che attraversava un momento difficilissimo". Insomma "quando non si risponde con più Europa e non con meno Europa" i problemi si presentano in modo diverso. Mai e poi mai l'ex premier criticherebbe apertamente Angela Merkel, ma il riferimento esplicito al voto nel North-Rhine Westfalia – nel suo editoriale pubblicato ieri sul Messaggero – e ai "governanti" che hanno agito "tenendo conto non degli interessi di lungo periodo ma delle passioni del momento" esprime con chiarezza a cosa si riferisca la speranza che "fra poche ore", quando in Germania si chiuderanno le urne, si possa "ricominciare a parlare del nostro futuro comune". La crisi greca, in sostanza, "era perfettamente gestibile, purché ci fosse da parte delle istituzioni europee e dei governi la piena consapevolezza che bisognava agguantarla per tempo, gestirla con tempestività".

Le "incertezze", invece, "hanno via via peggiorato la situazione". Un problema "di dimensioni circoscritte", in sostanza, ha provocato così "le peggiori conseguenze possibili sconvolgendo i mercati azionari e obbligazionari di tutta Europa". Anche i "no" inglesi di queste ore "non possono far del bene". E per Prodi "non è stato bello che dovesse intervenire il presidente Obama per convincere un europeo a fare la propria parte". Tutti, adesso, devono meditare sul fatto che "il ruolo dell'Europa non può ritornare a essere centrale solo quando esplodono i problemi".

E serve subito, allora, "quella cabina di regia sull'economia comunitaria" che il Professore propone da anni. Senza contare che la costruzione dell'Europa "non è mai stata completata, mentre dovrà esserlo senza incertezze".Gli stessi tentennamenti fatti registrare in queste settimane delle istituzioni Ue dimostrano dove stanno i problemi. La voce di Barroso, ad esempio, si è fatta sentire in modo flebile. Adesso bisogna "rassicurare i mercati", fermare "le speculazioni che minacciano direttamente l'euro" e in questa direzione devono muoversi le istituzioni europee. L'Italia? "Il nostro Paese - riflette il Professore - non è stato tramortito da ciò che sta avvenendo".

E questo anche grazie alla politica di risanamento avviata nel 2006, con la prima finanziaria del suo gabinetto bis che, pure, "diventò bersaglio di molti attacchi". Prodi ha apprezzato molto le parole pronunciate da Piero Fassino nell'Aula di Montecitorio a proposito della crisi finanziaria in atto e del ruolo positivo giocato quattro anni fa dal suo governo. Se l'Italia di oggi "non è come la Grecia", in sostanza, lo si deve a quel "durissimo risanamento dei conti pubblici" che – pure – venne imputato a Padoa Schioppa, attentissimo – invece - ai parametri di Maastricht e al patto di stabilità. Prodi non entra nel merito della politica dell'attuale esecutivo, ma il giudizio che si ricava dal suo ragionamento è che Tremonti si sia avvantaggiato da ciò che era stato fatto prima di lui.

Anche per questo, adesso, il governo italiano non si è comportato peggio di altri spingendo l'Europa a dare una mano alla Grecia. Italia fuori pericolo, quindi? "Se l'Unione non è mossa da istinto suicida anche il nostro Paese non ha nulla da temere", sottolinea il Professore. Anche da noi, quindi, si tratta "di governare bene questa crisi". E il problema non è dolersi di questo o di quel paese – Grecia e non solo - che "sarebbe stato meglio non facesse parte dell' Unione". Non si affrontano i problemi "con meno Europa ma con più Europa", infatti.

A patto, però, che "ci sia una politica comunitaria forte che prevalga". Se l'Ue, in sostanza, "avesse avuto quella mente economica che non le si è voluto dare in nome di un eccesso di nazionalismo, le stesse istituzioni europee sarebbero state messe al corrente per tempo della verità sugli stessi conti greci". Se ne uscirà, allora? "La settimana scorsa Helmut Kohl mi ha assicurato che la Germania è pienamente consapevole della necessità di una solidarietà europea – sorride il Professore -. Spero che ciò sia vero per Berlino, per Londra e per le altre cancellerie europee".

10 maggio 2010

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2010-05-09

Euro, il giorno del destino Oggi il piano d'emergenza

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha parlato con il cancelliere tedesco Angela Merkel e i due capi di governo si sono trovati "in accordo completo" sulle misure che saranno annunciate a Bruxelles per ridare stabilità ai Parsi dell'euro. Intanto i ministri delle Finanze Ue hanno promesso che faranno di tutto per difendere l'euro dai "branchi di lupi" dei mercati finanziari all'inizio dei colloqui, oggi, sulle misure di emergenza per bloccare il diffondersi ad altri Paesi europei della crisi debitoria greca. La Commissione europea presenterà ai ministri una proposta su un meccanismo di stabilizzazione che fornisca una rete di sicurezza multi-miliardaria ad altri Paesi con finanze pubbliche gonfiate come Portogallo, Spagna e Irlanda. Il rendimento dei bond di questi Paesi è salito fortemente -- incrementando il premio di rischio per gli investitori che detengono questo debito -- a causa dei timori di mercato secondo cui potrebbero essere i prossimi ad aver bisogno di assistenza. La minaccia che i mercati "attacchino" questi tre Paesi ha innescato la richiesta venerdì da parte dei leader della zona euro di trovare una soluzione alla crisi prima della riapertura dei mercati domani. La Grecia, che aveva un deficit di 13,6-14,1 punti percentuali sul Pil nel 2009 e un debito/Pil di oltre 115%, ha già ottenuto un pacchetto di prestiti da 110 miliardi di euro in tre anni dalla zona euro e dal Fondo monetario monetario internazionale dopo che il costo del suo debito ha raggiunto livelli insostenibili.

USO PIÙ AMPIO DI UN MECCANISMO ESISTENTE I ministri delle Finanze dell'Unione stanno studiando due meccanismi di gestione della crisi finanziaria, secondo quanto indicano diverse fonti europee. "Oggi, si tratta di varare un meccanismo che estende alla zona euro il meccanismo di aiuto per la bilancia dei pagamenti che esiste già per i paesi che non hanno ancora adottato la moneta unica", ha indicato una delle fonti. "A brevissimo termine, la Commissione sarebbe in grado di mettere 60 miliardi di euro sui mercati finanziari per mettere in opera tale meccanismo", ha aggiunto la fonte, precisando che la somma potrebbe essere utilizzata come garanzia per poi aumentare fino a 10 volte -- dunque 600 miliardi -- la portata degli aiuti per un paese in difficoltà. Allo studio, ha detto un'altra fonte, c'è anche un secondo meccanismo fatto di prestiti intergovernativi attuati dai soli stati della zona euro. Si attende che anche la Banca centrale europea (Bce) giochi un ruolo negli sforzi per la stabilizzazione, anche se non è ancora chiaro quale sarà. "La Bce è un'istituzione indipendente dell'Unione europea così dovrebbe certamente giocare un ruolo, ma secondo le sue regole e... leader politici non dovrebbero influenzare le sue decisioni", ha detto il ministro delle Finanze del Lussemburgo Luc Frieden. Un meccanismo simile è stato utilizzato con successo nel caso di Lettonia, Romania e Ungheria lo scorso anno dopo che la quantità di denaro disponibile è stata aumentata a 50 miliardi. Il meccanismo potrebbe essere usato sulla base di una legge Ue secondo cui se uno stato membro è in difficoltà causate da circostanze che vanno oltre il suo controllo, i ministri Ue dovrebbero garantirgli assistenza finanziaria a certe condizioni. L'incontro dei ministri delle Finanze segue un summit dei leader dell'area euro venerdì che ha chiesto che un meccanismo di stabilizzazione fosse pronto prima della riapertura dei mercati di domani. Alcuni economisti ritengono che la decisione curi più i sintomi che la malattia. Dove non sono riusciti i discorsi, gli appelli, le bandiere e i violini con l'inno europeo di Beethoven sono riuscite le borse: i leader dell'Ue hanno riscoperto l'Europa. Sono bastate quattro sedute sulle piazze finanziarie, che con la speculazione scatenata dalla crisi greca hanno bruciato 440 miliardi di euro di capitalizzazione, e tutti i premier conservatori si sono convinti a fare in un paio di giorni quello che si sono rifiutati di fare in quattro mesi: dotare l'Europa di un meccanismo di stabilizzazione.

Persino Berlusconi, che ancora il 25 marzo disertava le noiose riunioni del Consiglio Ue per fare campagna elettorale per le regionali, ora si è riscoperto europeista e ha chiesto di creare un fondo per gli aiuti.

Per tutti la conversione è avvenuta in un venerdì di passione, mentre la resurrezione dell'Europa è in programma questa domenica. Venerdì sera i capi di Stato e di Governo dei 16 Paesi della zona euro si sono riuniti a Bruxelles con i mercati in preda al panico e hanno dovuto prendere atto che il pacchetto di aiuti da 110 miliardi di euro alla Grecia non è sufficiente per fermare la speculazione contro la moneta unica.

Questa domenica il collegio dei commissari dell'esecutivo Ue e i ministri delle Finanze dei 27 si troveranno nella capitale belga per approvare in fretta e furia il meccanismo di stabilizzazione dell'euro, che eurodeputati e leader socialisti invocano inutilmente da mesi, cioè esattamente dal vertice del Pse dell'11 febbraio in cui è stata presentata la stessa proposta recuperata oggi. Fino ad ora i leader europei si erano nascosti dietro il divieto di salvataggio di altri Stati membri della zona euro imposto dai Trattati, ma adesso è stato improvvisamente riscoperto l'articolo 122 degli stessi Trattati, che permettono i salvataggi in "circostanze eccezionali".

Ad aguzzare l'ingegno dei giuristi è il rischio di un altro bagno di sangue alla riapertura dei mercati. Se lunedì mattina gli investitori di tutto il mondo continueranno a disfarsi dei titoli di stato dell'Ue e a scommettere sulla sua bancarotta c'è il rischio concreto di dover andare in soccorso anche di Portogallo e Spagna. I più pessimisti profetizzano la fine della moneta unica. "L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto". Lo aveva affermato il ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, sessant'anni fa. Era il 9 maggio 1950.

Ironia della sorte proprio in quella che è diventata la Giornata dell'Europa, nei palazzi delle istituzioni sorti intorno ad una piazza intitolata "Robert Schuman", si sta conducendo la battaglia per difendere dai mercati la più importante delle "realizzazioni concrete" immaginate dai padri dell'Ue: la moneta unica. "Entro domenica sera faremo in modo di predisporre una linea di difesa impenetrabile della zona euro", ha assicurato ieri il premier lussemburghese e presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Ma a patto che i membri della zona euro agiscano "con determinazione e grande rapidità" per riportare in linea i loro deficit eccessivi, ha ricordato il Cancelliere tedesco Angela Merkel.

"L'Europa può avere successo se agisce collettivamente, come un'Unione", ha detto il Presidente della Commissione, José Manuel Barroso, nella cerimonia di celebrazione per il sessantesimo anniversario della dichiarazione di Schuman. Ieri, mentre i turisti sciamavano nelle sale delle istituzioni per la giornata "Porte aperte", in altre sale della Commissione i tecnici di Barroso hanno lavorato senza sosta per mettere a punto il meccanismo di stabilizzazione da sottoporre ai commissari alle 13 di oggi e due ore dopo ai ministri delle Finanze.

La tabella di marcia è stata decisa venerdì notte dai leader dell'Ue. Lo si legge nel testo di conclusioni del vertice diffuso ieri mattina in cui si promettono anche "misure per accelerare il risanamento e assicurare la stabilità delle finanze pubbliche", il "pieno sostegno alla Bce", che secondo alcuni potrebbe decidere di comprare direttamente i titoli di Stato snobbati dai mercati, la creazione di "un quadro robusto per la gestione delle crisi", il miglioramento "della sorveglianza economica e il coordinamento politico nell'area euro", rafforzando il Patto di Stabilità in base alle proposte che la Commissione presenterà il prossimo 12 maggio.

Quella a cui stiamo assistendo è "una delle maggiori riforme dell'Unione monetaria", ha osservato il settimanale tedesco "Der Spiegel". Non è ancora chiaro però come funzionerà questo fondo di emergenza, che sarebbe di appena 70 miliardi di euro, né come sarà finanziato, visto che il bilancio comunitario a cui si vorrebbe attingere è ancora troppo modesto.

09 maggio 2010

 

 

 

2010-05-06

Crisi in Grecia, Moody's: "Rischio Italia" Crollano le Borse Tremonti: nessun rischio

Allarme di Moody's: "C'è il rischio di un contagio della crisi greca per il sistema bancario europeo", e in particolare per "Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia e Gran Bretagna". A preoccupare l'agenzia internazionale di rating sono alcuni sistemi bancari "relativamente ai profili dei loro crediti sovrani, inclusi quelli di Grecia, Portogallo e in qualche misura l'Italia". "L'Italia - spiega l'agenzia - è un paese dove il sistema bancario è stato finora relativamente robusto", ma in cui c'è il rischio di un contagio "qualora le pressioni dei mercati sui rating sovrani dovessero aumentare". Le valutazioni di Moody's sono inserite in un rapporto sul sistema bancario europeo, nel quel si nota che il sistema bancario italiano ha risentito meno di altri della bolla speculativa immobiliare e di quella sui derivati.

Secondo Moody's alcuni sistemi bancari europei "sono indeboliti a causa dell'eccessiva crescita dei prestiti, specie Spagna, Irlanda e in misura minore Gran Bretagna". Pronta la replica di Bankitalia: "Il sistema bancario italiano è robusto, il deficit di parte corrente è basso, il risparmio è alto, il debito complessivo di famiglie, imprese e Stato è basso rispetto ad altri Paesi, il debito netto nei confronti dell'estero è basso. Tutto ciò rende il caso dell'Italia diverso da quello di altri Paesi", fanno sapere da via Nazionale. Ma un'altra agenzia internazionale di rating Fitch vede sereno all'orizzonte per il nostro paese: "Non ci sono per ora problemi", ha detto il managing director di Fitch Italia, Marco Cecchi dè Rossi secondo cui "niente si può escludere in principio, ma ad oggi questo effetto non è verificato come probabile da parte nostra".

E a dare segnali di rassicurazione, ci pensa anche il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti: "Mantenendo la barra dritta, e proseguendo nella strada intrapresa, noi ci poniamo in maniera diversa rispetto ad altri paesi. Bisogna proseguire sul percorso avviato, in questo modo non ci saranno rischi per l'Italia", è il ragionamento che ha fatto. Tremonti ha ribadito l'importanza di approntare una riforma fiscale e, appunto, di continuare sul consolidamento dei conti pubblici. Sarcastico invece il commento di Romano Prodi: "Moody's aveva anche detto che Lehman Brothers meritava dieci e lode, dieci e lode, dieci e lode". E da parte delle banche, l'ad di Intesa Sp Corrado Passera fa notare che il sistema bancario italiano "è passato attraverso la crisi in maniera solida, avendo messo da parte la liquidità adeguata" e questo merito, "anche Moodys ce lo riconosce".

Il finanziamento alla Grecia farà aumentare il debito pubblico, ma l'Unione europea non ne terrà conto per valutare il rispetto dei parametri di Maastricht. Il ministro dell'Economia ha detto che il prestito dell'Italia alla Grecia è di 5,5 miliardi solo nel 2010. "Trattandosi di un prestito, l'intervento non avrà effetti sul deficit ma sul debito, di cui però si terrà conto nettizzandolo nel quadro del Patto di stabilità", ha spiegato Tremonti in aula. Il pacchetto di aiuti vale 110 miliardi in tre anni, 80 a carico dei Paesi europei e 30 da parte del Fmi. La quota italiana nel triennio ammonta a 14,7 miliardi di euro.

"Il decreto legge che sarà approvato domani dal Consiglio dei ministri ci consente di intervenire in modo flessibile, con emissioni a medio e lungo termine e anticipazioni di tesoreria", ha spiegato il ministro, aggiungendo che il finanziamento ad Atene produrrà un "differenziale positivo per l'Italia, tra il tasso applicato alla Grecia e nostro costo di raccolta".

"Questo differenziale è previsto per rendere compatibile lo strumento con ipotesi di interpretazioni costituzionali europee contrarie ai salvataggi". "I rimborsi in quota capitale da parte della Grecia sono destinati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato mentre gli interessi all'entrata dello Stato", ha spiegato Tremonti.

06 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-05

Grecia paralizzata, tafferugli in piazza, paese allo sbando: tre morti

Le manifestazioni in Grecia contro il piano di austerità, le più imponenti viste da anni, si sono oggi macchiate di sangue, in seguito all'esplosione di violenza sfociata in un attacco incendiario che ha provocato tre morti e un clima di scontro armato ad Atene. Ma potrebbe anche avere trasformato una protesta rabbiosa nella ricerca di un possibile consenso politico.

In mezzo ad una grande allerta della polizia e delle forze armate, e con la borsa che ha subito una nuova forte flessione di quasi il 4%, il premier Giorgio Papandreou, isolato nel paese e in parlamento alla vigilia del voto sulle dure misure annunciate nei giorni scorsi nel quadro dell'accordo con Ue-Fmi, ha invocato "l'unità nazionale". La Grecia è "sull'orlo dell'abisso" ha avvertito oggi il presidente della repubblica Karolos Papoulias lanciando un appello all'unità e alla responsabilità di tutte le forze politiche e sociali.

Antonis Samaras leader del principale partito di opposizione, Nuova Democrazia (ND, centrodestra) si è però ora mostrato aperto alla proposta allo scopo, ha detto, di 'forgiare la necessaria unita" di fronte alla crisi. Papandreou ha sottolineato che "le morti ingiuste" di oggi sono la conseguenza della "violenza incontrollata e dell'irresponsabilità politica": Un tentativo apparente di mettere sotto accusa la sinistra radicale, principale critica, in piazza e in parlamento, della sua linea. Mentre sembra segnalare l'intenzione del premier di continuare a cercare a tutti i costi un'intesa con ND.

Intesa resa impossibile sinora dall'esigenza di creare una Commissione d'inchiesta sulle responsabilità politiche della crisi, che colpirebbe inevitabilmente l'ex premier Costas Karamanlis già leader di ND. Decine di migliaia di persone erano scese stamane in piazza ad Atene, Salonicco ed altre città paralizzando la Grecia in occasione dello sciopero generale contro il piano di austerità.

Scontri sono avvenuti in varie parti del paese e soprattutto ad Atene, davanti al parlamento, sfociate poi nell'attacco incendiario. Dopo le manifestazioni e l'astensione dal lavoro proclamate ieri dal sindacato dei dipendenti pubblici Adedy e da quello comunista Pame, la protesta oggi si era estesa e trasformata in sciopero generale con la discesa in campo della confederazione del settore privato, Gsee. Lo sciopero generale, il terzo dall'inizio della crisi e il primo dopo l'annuncio delle nuove misure di austerità, ha fermato il paese con lo stop al traffico aereo, ferroviario, marittimo e urbano.

Sono rimasti chiusi inoltre ospedali, scuole, banche e uffici pubblici. Il piano di austerità è criticato, oltre che dai sindacati, da tutta l'opposizione politica che, a cominciare da ND, ha annunciato che voterà contro in parlamento. E benchè il Pasok sulla carta abbia i voti per far passare il piano, Papandreou continua a voler rompere l'isolamento convincendo ND, anche alla luce dell'attacco assassino di oggi, ad appoggiare il governo isolando non il premier ma le sinistre radicali.

Una scommessa difficile, in quanto Samaras su una cosa del genere si gioca la sedia. Il leader di centrodestra ha infatti condannato fermamente il coinvolgimento del Fmi nel piano che prevede una riduzione della spesa per 30 miliardi grazie al congelamento dell'impiego e a pesanti tagli su salari e pensioni per i dipendenti pubblici, riforma fiscale con aumento dell'Iva e delle imposte su carburanti, alcolici, sigarette e beni di lusso. Oltre alla riduzione di diritti e benefici nel settore privato. Per cercare di fermare il piano, con slogan contro il governo l'Ue e il Fmi ma anche per chiedere la punizione dei responsabili della crisi, sono scesi oggi in piazza operai, impiegati, agricoltori, studenti, professori e pensionati, insieme all'intera sinistra parlamentare ed extraparlamentare e al movimento anarchico, con marce e concentrazioni in tutto il paese.

05 maggio 2010

 

 

 

Fitoussi, "Contagio in atto, ora tocca a Spagna, Portogallo, Irlanda e Regno Unito"

''Il contagio e' gia' in marcia, e' gia' qui, e' gia' effettivo. Colpira' la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda e il Regno Unito''. Lo ha detto l'economista francese Jean Paul Fitoussi parlando dell'avanzare della crisi che ha messo in ginocchio la Grecia, nel corso di un incontro con i giornalisti organizzato dalla Luiss. ''Ciascuno di questi paesi - ha aggiunto - e' solo nell'affrontare la crisi'' e ha sottolineato, inoltre, questo comportera' anche un contagio dei piani di austerita'''. Secondo l'economista, infatti, la contaminazione delle difficolta' economiche ''e' una storia gia' scritta'', che ha preso il via ''nel momento in cui e' stato chiamato il Fondo monetario internazionale'' per affrontare la crisi greca. Cosi', ha concluso, ''la governance Ue ha dimostrato di non aver capito che i problemi europei sono problemi interni e non esterni, internazionali''.

''In Italia non c'e' rischio di contagio, perche' c'e' un alto tasso di risparmio e c'e' un disavanzo pubblico basso''. Cosi' l'economista francese, Jean Paul Fitoussi, si e' espresso sulla possibilita' del propagarsi degli effetti della crisi greca sulla penisola.

Nel corso di un incontro con i giornalisti organizzato dalla Luiss, Fitoussi ha sottolineato come ''sull'Italia abbia cambiato idea''. Per quanto riguarda la penisola, l'economista ha spiegato: ''Ero critico nei confronti dell'Italia perche' non aveva adottato un piano di rilancio, ma ora gli eventi danno ragione a Tremonti. Se ci fosse stato un disavanzo, come ad esempio quello francese, l'Italia a quest'ora si sarebbe trovata nella situazione della Grecia''.

''Non c'e' nessuna giustizia nel sanzionare una popolazione per colpa dei governi del passato''. Lo ha detto l'economista francese, Jean Paul Fitoussi, parlando delle misure adottate dal governo di Atene per uscire dalla crisi, nel corso di un incontro con i giornalisti organizzato dalla Luiss. ''Non credo - ha sottolineato - che la popolazione debba accettare un sacrificio cosi' grande, che mette il Paese in ginocchio''. Secondo l'economista francese si tratta, infatti, di un ''problema democratico''. Fitoussi ha spiegato come ''ci debba essere consenso affinche' le misure siano accettate dalla popolazione. Il popolo greco puo' accettare delle misure graduali, ma non provvedimenti che facciano della Grecia il laboratorio della deflazione a livello mondiale''.

05 maggio 2010

 

 

2010-05-04

Atene, Madrid e Lisbona, giù le Borse. In Grecia chiuso per sciopero

Si accentua ulteriormente la caduta della Borsa di Atene, al meno 6,72 per cento negli scambi pomeridiani in una seduta che vede tutte le piazze europee nuovamente in forte ribasso mentre si riaccendono i timori sui dissesti dei conti della Grecia e degli altri "anelli deboli" dell'area euro. Pesantissime oggi anche le Borse di Madrid, meno 4,34 per cento e di Lisbona, meno 4 per cento.

In Grecia oggi è la prima giornata delle nove proteste dei sindacati contro le dure misure di austerità decise dal governo in cambio degli aiuti di Unione europea e Fondo monetario internazionale, proteste che domani proseguiranno allargandosi con lo sciopero generale. Migliaia di dipendenti pubblici hanno manifestato ad Atene, in quello che è il primo test sull'impegno dell'esecutivo socialista ad attuare i previsti tagli. Lo sciopero del settore pubblico è cominciato oggi e durerà 48 ore. Chiusi ministeri, uffici delle tasse, scuole, ospedali e servizi pubblici vari, con numerosi voli aerei cancellati.

Il governo ha presentato il piano di intervento in tre anni al Parlamento, dove gode di una maggioranza certa. Il piano prevede tagli alla spesa e aumenti delle tasse per complessivi 30 miliardi di euro, e dovrebbe essere votato giovedì prossimo. In cambio dei sacrifici, Atene riceverà 110 miliardi di dollari in tre anni, un pacchetto che dovrebbe contribuire a placare i timori di default e dare al paese tempo per la ripresa di un'economia non competitiva e su cui pesa la corruzione.

Intanto circa 4.000 manifestati, tra cui insegnanti, spazzini, pensionati, lavoratori edili e impiegati vari, hanno manifestato davanti al Parlamento, chiamati a raccolta dall'Adedy, il principale sindacato del settore pubblico. "Non pagheremo mai per la Ue e il Fmi", era uno degli slogan che risuonavano nella manifestazione, insieme a "Tassate i ricchi". La partecipazione alle manifestazioni è stata fin qui limitata a poche decine di migliaia di persone, poche in confronto alla sommosse che paralizzarono Atene nel dicembre 2008 dopo l'uccisione di un adolescente da parte della polizia. Ma ci si attende che la protesta cresca dopo il piano presentato dal governo del premier George Papandreou. I sindacati hanno annunciato una maggiore partecipazione per domani, quando alla protesta prenderanno parte anche i lavoratori del settore privato.

04 maggio 2010

 

 

 

 

 

Grecia, i dubbi del mercato sul piano salvataggio FMI-Ue da 110 miliardi di euro

di Roberto Arduinitutti gli articoli dell'autore

Il piano di aiuti alla Grecia dovrebbe essere lanciato formalmente questa settimana, ma il mercato teme che la questione non sia chiusa e che il conto finale, per l'Europa, sarà più salato. Ieri l'Eurogruppo, riunito a Bruxelles, ha dato il via libera ad un intervento da 110 miliardi di euro, il maggiore mai approvato per il salvataggio di un paese, con cui si spera di calmare investitori preoccupati che il futuro possa richiedere altre e costose misure di salvataggio delle economie di eurozona. L'euro perde terreno questa mattina, nonostante il via libera al salvataggio, a causa dei dubbi sulle reali capacità della Grecia di sostenere il piano di austerità adottato e dei timori di un possibile contagio della crisi finanziaria verso altri paesi della zona euro.

Secondo alcuni economisti, qualora il piano pro-Grecia non riuscisse a modificare l'umore del mercato - e ad ottenere la necessaria approvazione parlamentare in Germania - l'Europa potrebbe finire per pagare un conto complessivo di 500 miliardi di euro al salvataggio dei membri fiscalmente più debioli dell'Unione monetaria. "Manca la convinzione che si tratti della soluzione definitiva. La sostenibilità di lungo termine di questo livello di austerità deve essere oggetto di discussione" ha affermato lo strategist valutario di Anz Bank Tony Morriss.

"Il mercato deve digerire un paio di cose: prima di tutto il passaggio delle misure attraverso i parlamenti, soprattutto quello tedesco; poi si deve interrogare sulla capacità di tenuta di piani come questo, tra pesanti misure di austerità e proteste politiche. Inoltre l'altra questione è se il mercato comincerà a farsi domande sulla sostenibilità di lungo periodo di paesi come Portogallo o Spagna".

In un'intervista al quotidiano Bild, apparsa stamattina, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha affermato di non ritenere che la Grecia avrà bisogno di ulteriori aiuti oltre a quelli approvati nel fine-settimana.

IL PIANO

Nella riunione d'emergenza i ministri hanno approvato il pacchetto triennale stabilendo che il primo pagamento verrà attuato in tempo perché Atene possa affrontare la propria scadenza debitoria del 19 maggio. Il numero uno del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahan prevede che il board Fmi approverà in settimana il suo contributo da 30 miliardi al salvataggio. Come contropartita la Grecia ha accettato di adottare un pianio di taglio della spesa e aumento delle imposte da 30 miliardi di euro in tre anni. L'obiettivo è riportare il deficit del paese alla soglia del 3% del pil entro il 2014, dal 13,6% del 2009.

03 maggio 2010

 

 

2010-05-02

Grecia, c'è l'accordo Fmi-Ue. Scontri ad Atene

La Grecia ha stretto un accordo con l'Ue e l'Fmi che apre le porte ad un piano di salvataggio finanziario multi-miliardario, ma che richiederà grossi sacrifici da parte dei greci. Il primo ministro greco George Papandreou, durante un consiglio dei ministri, ha annunciato: "Abbiamo costruito un meccanismo di supporto dal niente", ha detto il premier. "Pochi giorni fa abbiamo chiesto la sua attivazione e oggi ratifichiamo l'accordo. Si tratta di un pacchetto di aiuti senza precedenti per uno sforzo senza precedenti da parte del popolo greco" Papandreou ha sottolineato che senza nuovi sacrifici il paese andrebbe in bancarotta. "Questi sacrifici servono per darci respiro e il tempo necessario per fare grandi cambiamenti".

L'accordo rappresenta il primo salvataggio di un membro del blocco di 16 nazioni con la stessa valuta da parte degli altri paesi -- un passo che i trattati Ue scoraggiano esplicitamente, ma che è stato ritenuto necessario per evitare una divisione della zona euro.

Un incontro dei ministri delle Finanze della zona euro, previsto oggi a Bruxelles per le 16, dovrebbe ratificare il piano di aiuti, che potrebbero raggiungere 120 miliardi di euro in tre anni e che saranno forniti in cambio di pesanti misure di austerity. La Grecia e i suoi sostenitori internazionali sperano che l'accordo possa frenare una crisi che ha scosso i mercati in tutto il mondo, sollevando timori di contagio ad altri membri Ue come Portogallo e Spagna e ha evidenziato profonde divisioni all'interno del blocco. Ieri, in migliaia hanno marciato per le celebrazioni del primo maggio ad Atene, urlando slogan contro le misure di austerity, che la gente teme danneggeranno solo i poveri e trascineranno il paese ancor più nella recessione.

02 maggio 2010

 

 

 

 

2010-04-30

I tedeschi cedono Alla Grecia aiuti per 135 miliardi

Cresce la preoccupazione per la stabilità della zona euro, con Standard&Poor's che taglia anche il rating della Spagna (da AA+ ad AA) dopo quello del Portogallo. Intanto della crisi greca parlano a telefono in tarda serata il presidente degli Statin Uniti, Barack Obama e il Cancelliere Angela Merkel. I due leader si trovano d'accordo nel chiedere alla Grecia "azioni decise" e l'intervento "in tempi tempestivi" del Fondo Monetario Internazionale e dell'Unione Euopea.

Un nuovo segnale di uno sforzo comune, anche al di là dell'oceano, mentre, grazie al pressing esercitato sulla Germania, sembra avvicinarsi l'ora dell'attivazione del piano salva-Grecia che, con l'aggravarsi della situazione, pare destinato a raggiungere i 100-120 miliardi di euro in tre anni. Una partita che in queste ore non si è giocata solo tra Atene, Bruxelles e Berlino ma ha coinvolto anche Washington.

Se da Atene, infatti, il premier Giorgio Papandreou ha lanciato ad Ue ed Fmi l'ultimo Sos, mettendo in guardia dai rischi di contagio per l'intera economia europea e mondiale (ma per Bruxelles "non c'è paragone tra la situazione della Grecia e quella di altri Paesi della zona euro"), da Berlino la cancelliera Angela Merkel, dopo il tira e molla dei giorni scorsi, ha compiuto un'importante apertura: "Non possiamo permettere che la Grecia diventi una nuova Lehman Brothers". La Germania - aggiunge - "non vuole sottrarsi alle proprie responsabilità e chiede di accelerarè i negoziati col governo greco". Intanto il suo esecutivo, come annunciato dal ministro delle finanze, Wolfgang Schauble, lunedì presenterà in Parlamento il provvedimento per l'erogazione di prestiti bilaterali per 8,4 miliardi nel 2010. Dichiarazioni importanti quelle di Schauble e della Merkel pronunciate prima (quelle del ministro) e dopo (quelle della cancelliera) l'incontro col presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, e il direttore generale dell'Fmi, Dominique Strauss-Kahn, entrambi in missione diplomatica nella capitale tedesca per convincere governo e Paramento tedeschi ad abbandonare ogni titubanza e resistenza.

Perchè la situazione si è talmente aggravata che non si può certo attendere le lezioni regionali tedesche del 9 maggio per avere una decisione della Germania. E un vertice straordinario dei leader della zona euro va convocato al più presto per dare il via libera ai prestiti. Proprio al termine del confronto che Trichet e Strauss-Kahn hanno avuto con i leader parlamentari tedeschi è venuta fuori la cifra sull'ammontare complessivo del piano: tra i 100 e i 120 miliardi di euro - avrebbe detto Strauss-Kahn secondo i partecipanti all'incontro - da prestare alla Grecia nei prossimi tre anni, di cui due terzi dalla Ue e un terzo dall'Fmi. Nel 2010, comunque, gli aiuti ad Atene ammonterebbero sempre a 45 miliardi di euro, di cui 30 dai prestiti bilaterali degli Stati Ue e 15 dal Fondo monetario.

Categoricamente esclusa da Bruxelles, invece, ogni ipotesi di ristrutturazione del debito pubblico di Atene: "Non è un'opzione". Ufficialmente il presidente della Bce e il direttore generale dell'Fmi non fanno cifre. Ma nelle loro parole c'è tutto il senso dell'emergenza e dell'urgenza. "La situazione è difficile e la rapidità delle decisioni è assolutamente essenziale", ha ammonito Trichet. Ancor più esplicito Strauss-Kahn: "Ogni giorno perso è un giorno in cui la situazione peggiora sempre più. È in gioco il futuro della zona euro". Anche la Casa Bianca è preoccupata e fa sapere dal suo portavoce che l'amministrazione Usa segue gli sviluppi da molto vicino. Del resto - dopo che le agenzie di rating hanno declassato Atene e i suoi titoli pubblici, definendoli 'spazzaturà - i rendimenti dei bond greci decennali sono schizzati oltre il 10% e il differenziale col bund tedesco è salito a livelli record. Di qui l'ennesimo appello di Papandreou a fare presto.

Ma, se da Berlino sembrano arrivare buone notizie, ad Atene i negoziati con Commissione Ue, Bce ed Fmi sembrano improvvisamente complicarsi, con il governo greco che si rifiuta di prevedere nuovi tagli salariali nel 2011 e 2012, dopo quelli già decisi per il 2010 per i dipendenti pubblici. Senza contare il congelamento delle pensioni di tutti i lavoratori, pubblici e privati. Ulteriori tagli per Atene rischierebbero davvero di scatenare la rivolta sociale, visto il clima già abbastanza infuocato che ha portato nelle ultime settimane a una raffica di scioperi e manifestazioni senza precedenti negli ultimi decenni.

Intanto, ill premier greco Giorgio Papandreou si è incontrato oggi con i principali sindacati dei lavoratori e i rappresentanti degli industriali per informarli sulle nuove "dolorose misure" che il governo si prepara ad introdurre per far fronte all'emergenza ed ottenere l'erogazione del pacchetto di aiuti Ue-Fmi.

29 aprile 2010E la Ue diventa il nemico di Atene

di Marco Ventimigliatutti gli articoli dell'autore

Un aggettivo, un solo aggettivo che comprenda tutto, non esiste. Per esprimere la situazione greca, e soprattutto lo stato d’animo dei suoi abitanti, occorre metterne in fila vari: sconcertati, impauriti, arrabbiati, dubbiosi. E nell’era di Internet può essere sufficiente la navigazione nei blog e nei forum per misurare la febbre ateniese. Fra i sentimenti più forti, la totale disullusione nei confronti della politica e la rabbia verso l’attegiamento del resto dell’Europa, reputato, per ora a ragione, assai più preoccupato di evitare il contagio che non di aiutare chi è stato colpito dalla malattia.

E nell’attesa dell’ennesimo sciopero generale, previsto per il 5 maggio, anche quello delle manifestazioni appare sempre più come un rituale, sì doveroso, ma dalle sterili conseguenze. Uno scetticismo che si alimenta soprattutto, come detto, dall’evidenza del fallimento della politica. Dopo 30 anni in cui, ancor più della destra e della sinistra, si sono alternati al governo gruppi di potere con cognomi ricorrenti, dopo un trentennio fatto di Papandreou e Karamanlis, la fiducia in una svolta salvifica è prossima allo zero. Anche se, va aggiunto, l’odierna tenuta nella tempesta della coalizione di centrosinistra è dovuta al comune sentore che le maggiori responsabilità del dramma in atto sono del precedente esecutivo di destra a guida Karamanlis. Di fronte al baratro, poi, la legittima ricerca dei colpevoli cede il posto alle paure per l’immediato futuro.

E così l’interrogarsi sulla possibile bancarotta del Paese diventa un tutt’uno con l’angoscia per i risparmi depositati nelle banche. Il ministro delle finanze, Giorgio Papaconstantinou, ha cercato ancora una volta di inviare un messaggio rassicurante: "Le banche non hanno problemi di liquidità e i depositi sono pienamente garantiti dallo Stato". Parole che però sembrano ormai aver perso la loro carica persuasiva, se è vero che nei primi tre giorni della settimana la Borsa di Atene ha perso l'8,5%. In tutto questo, la rabbia sembra canalizzarsi verso l’esterno.

Quel che i media greci sottolineano quotidianamente, e che irrita sempre più l’opinione pubblica, è l’atteggiamento europeo e del Fondo monetario internazionale, tanto che i sondaggi rivelano come ormai la stragrande maggioranza della popolazione (il 70%) non vuole l'aiuto dell’Fmi mentre cresce la sfiducia nei confronti della Ue. L’ininterrotta richiesta, con la Germania in prima linea, di misure draconiane in cambio degli aiuti, appare come una sorta di accanimento ai milioni di greci che già oggi, dopo mesi durissimi fatti di falcidia degli stipendi e del potere di acquisto, faticano ad unire il pranzo con la cena.

29 aprile 2010

 

 

 

 

2010-04-27

Allarme debito per la Grecia: servono subito 9 miliardi

L'agenzia internazionale Standard And Poor's annuncia di aver declassato il rating sovrano della Grecia, portandolo a livello 'junk' (spazzatura). Il rating è stato tagliato di tre note a 'BB+'. L'outlook resta negativo, il che significa che il rating potrebbe essere

ulteriormente declassato. Intanto pee l'allarme debito ora rischia anche il Portogallo.

Un default dei titoli di stato greci o di quelli di altri paesi dell'eurozona "è fuori questione", ha fatto sapere il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet intervenendo al Chicago council on global affairs. Il numero uno della Bce non ha voluto commentare lo stato delle trattative sul piano d'emergenza a sostegno della grecia assicurando, comunque, che la crisi non avrà impatti sulle trattative per l'allargamento dell'eurozona.

Il cack greco Potrebbe sembrare uno di quei film in cui per salvare il protagonista si attende l’ultimo secondo, senonché la Grecia è una nazione ed i suoi pericolosi ondeggiamenti sull’orlo del baratro non sono certo una finzione. Ieri, però, il tira e molla sul pacchetto di aiuti che dovrebbe consentire ad Atene di sopravvivere finanziariamente alle prossime settimane è continuato, con i vari protagonisti della vicenda a recitare il copione ormai noto. In particolare la Germania è alle prese ancora con i dubbi di un finanziamento a fondo perduto. La Grecia è però sull’orlo del crack. Ieri il ministro delle Finanze George Papaconstantinou ha lanciato in parlamento un drammatico appello: Atene deve rimborsare "obbligazioni nell’ordine di nove miliardi di euro" entro il 19 maggio, ma "le condizioni di emissione sul mercato sono proibitive". Nulla è, dunque, scontato. Intanto, fa sempre più paura la prospettiva di un effetto domino in tutta la zona euro. Sempre ieri il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni è volato al 9,71%, facendo salire ai nuovi massimi il rischio sul debito della Grecia con i credit-default swap (cds) che sono balzati di 59,5 punti base, al picco di 674 punti. E commentando la pressione dei mercati, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e il presidente della Commissione Ue, Josè Barroso, hanno sollecitato "un'azione rapida e risoluta contro la speculazione a cui è esposta la Grecia, per garantire la stabilità dell'euro".

APPELLI RIPETUTI Le trattative, come detto, proseguono. Riuniti a Lussemburgo, prima del consiglio esteri della Ue, i capi della diplomazia del Ppe, lo stesso movimento politico della cancelliera tedesca Angela Merkel, hanno fatto ulteriori pressioni su Berlino perché smetta di remare contro. Aiutare la Grecia "non è un salvataggio, ma un consolidamento delle mura dell'Europa e dell'euro, quindi è un salvataggio di tutti noi", ha affermato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che in qualità di coordinatore dei capi della diplomazia Ppe ha dato conto delle preoccupazioni raccolte tra i colleghi. "Siamo molto preoccupati - ha aggiunto -. Credo che se il rischio della Grecia si contamina ad altri paesi, si è parlato del Portogallo, questo vuol dire che è proprio la casa comune che dobbiamo salvare, quella dove siamo anche noi". Senonché, a pochi metri di distanza, il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha ribattuto che la Grecia deve fare "i suoi compiti a casa" prima di ricevere un aiuto finanziario. Una linea dura ribadita poche ore dopo da Berlino: la cancelliera Merkel ha infatti confermato la richiesta di misure aggiuntive da parte del governo greco. "La Germania - ha dichiarato - si sente immensamente obbligata a mantenere la stabilità dell'euro. Noi daremo il nostro contributo, ma serve anche il contributo della Grecia". Un contributo da avere al più presto. Per la Grecia rimangono pochi giorni disponibili prima di dichiarare bancarotta. Che sarà rovinosa per tutti.

27 aprile 2010

 

 

 

Borse europee a picco

Peggiora il quadro delle borse europee a metà pomeriggio sui timori per la situazione della Grecia. I ribassi più forti si registrano a Madrid (-2,7%), Parigi (-1,8%) e Milano (-1,77%). Ma un vero e proprio tracollo si abbatte sulla Borsa di Atene dove l'indice generale perde il 6,15% e quello dei titoli più importanti il 6,8%.

Le preoccupazioni sulla Grecia spingono al rialzo i credit default swap sul debito ellenico, del Portogallo e della Spagna mentre i rendimenti sul debito a due anni di Atene sono saliti sopra il 15%, il livello più alto dal 1998.

L'indice Dj Stoxx 600, che sintetizza l'andamento dei più importanti titoli del Vecchio Continente, cede l'1,7%. A guidare i ribassi sulle Piazze europee sono i titoli bancari (-2,7% l'indice Dj Stoxx di settore) con Bbva (-4%), Bnp Paribas (-3,9%), Intesa Sanpaolo (-3,6%) e il Santander (-3,5%). Male anche le materie prime con Rio Tinto (-2,6%) e Anglo American (-2,5%).

27 aprile 2010

 

 

 

I sorvegliati speciali dai mercati

La Grecia, che ha chiesto l'intervento dell'eurozona e del fondo monetario per riportare in equilibrio i conti pubblici, fa parte dei cosidetti Pigs (Portogallo, Irlanda e Spagna, oltre alla Grecia), i sorvegliati speciali dei mercati, i paesi periferici dell'eurozona percepiti come i più a rischio i conti pubblici.

Oggi è balzato in primo piano il caso portoghese.

Debito pubblico 2009 (previsioni 2010) in percentuale del Pil Grecia: 115,1% (120,4%) Portogallo: 76,8% (85,9%) Irlanda: 64,0% (77,9%) Spagna: 53,2% (65,9%)

Deficit pubblico 2009 (previsioni 2010) in percentuale del Pil Grecia: 13,6%, ma oggi il ministro delle Finanze ha detto che potrebbe essere rivisto al 14% (8,7%) Irlanda: 14,3% (11,6%) Spagna: 11,2% (9,8%) Portogallo: 9,4% (8,3%)

Rating Grecia: Oggi Standard&Poor' s ha ridotto il rating al livello di junk, BB+. Giovedì scorso era stata Moody's a tagliare il rating a lungo a d A3. A inizio aprile Fitch l'aveva ridotto di due livelli a BBB-.

Portogallo: Standard & Poor's oggi ha tagliato il rating di due livelli a ad A-, Fitch lo aveva ridotto ad AA- il 24 marzo. Moody's gli assegna un Aa2.

Irlanda: Le tre agenzie di rating hanno ridotto la loro valutazione a più riprese nel 2009. Moody's dà al paese un voto di Aa1 con prospettive negative, Standard & Poor's AA sempre con prospettive negative, Fitch AA-, con prospettive stabili.

Spagna: per Fitch e Moody's è iun paese da tripla A, il miglior rating possibile, ma Standard and Poor's ha ridotto a inizio 2009 il rating ad AA+, per attribuirgli prospettive negative a dicembre.

27 aprile 2010

il SOLE 24 ORE

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.ilsole24ore.com/

2010-05-14

Le Borse ampliano le perdite

Milano e Madrid le peggiori

14 maggio 2010

Le Borse europee aprono in calo in scia a Tokyo e Wall Street

"Dai nostri archivi"

La Borsa di Tokyo chiude in netto calo. Pesa l'euro debole

Timori sui debiti sovrani Giovedì nero per le Borse

Wall Street chiude in rosso, listini europei contrastati

Wall Street chiude a -1,2Subject:

Wall Street in forte calo dopo il panico forse provocato da un errore. Male Piazza Affari

 

Milano e Madrid continuano ad ampliare le perdite, registrando le peggiori performance tra le piazze del Vecchio Continente, penalizzate soprattutto dalla debolezza delle banche (-3,5% in Europa). Il listino spagnolo arretra del 4,12% e quello milanese del 3,29% (FTSE Mib). Seguono Lisbona (-2,45%), Parigi (-2,37%), Francoforte (-1,02%), Londra (-1,17%). Atene perde il 2,05 per cento. Ad affondare Piazza Affari sono ancora una volta le banche guidate da Ubi Banca (-6,37%), Banco Popolare(-5,02%) e Bpm (-5,19%). Ribassi superiori ai quattro punti percentuali per Intesa Sanpaolo, Unicredit eMediobanca. Nel frattempo resta debole l'euro sul mercato dei cambi, che già ieri era sceso sotto quota 1,25 dollari. A metà mattina la divisa dell'Ue a 16 si attesta a 1,2516 dollari. Per oggi negli Stati Uniti é prevista la pubblicazione dei dati sulle vendite al dettaglio, la produzione industriale, l'indice sulla fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan e le scorte di magazzino delle aziende.

La Borsa di Tokyo chiude in netto calo. Pesa l'euro debole

Wall Street chiude in rosso

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

Austerity anche a Lisbona. Tagli agli stipendi pubblici

L'utile di Mps in calo ma sopra le stime

EDITORIALE / Euro: le verità che nessuno dice (di Guido Tabellini)

VISTI DA LONTANO / Più chance per Draghi nella corsa alla Bce (di Elysa Fazzino)

Oro, la spinta arriva dalla speculazione (di Vittorio Carlini)

14 maggio 2010

 

 

 

La Bce, l'Italia e le riforme

di Carlo Bastasin

14 Maggio 2010

Lo scenario per la politica economica italiana è radicalmente cambiato con lo sviluppo della crisi greca e il governo dovrebbe avere chiara l'urgenza di un quadro triennale di rilancio della competitività. Il tipo d'interventi necessari non ha natura solo fiscale, non si tratta solo di tasse e tagli alla spesa, ma di sciogliere gli interessi particolari anche a costo di mettere le imprese private e pubbliche nella difficile condizione di crescere o di lasciare spazio a nuove aziende. Un'operazione difficile perché tocca la rappresentanza degli interessi, l'elettorato dei maggiori partiti e gli intrecci di potere italiani.

La crisi ha dimostrato come un paese in precario equilibrio fiscale può essere attaccato dai mercati in tempi rapidi e che i paesi possono salvarsi (o essere salvati) ma solo con interventi molto dolorosi. La difficoltà sarà ancora maggiore in futuro per varie ragioni: ora che si è vista la dinamica esplosiva delle crisi nella zona euro, il premio al rischio sarà più elevato; il progetto di disciplina del debito pubblico proposto dalla Commissione europea non consente più la sola stabilizzazione ma impone che il debito cali; inoltre, se davvero il governo tedesco ha ottenuto un consenso informale alla nomina - molto controversa - di Axel Weber a prossimo presidente della Bce, il ruolo cruciale assunto dalla Banca potrebbe diventare meno costruttivo.

I segni di cambiamento vengono dai programmi varati da Grecia e Spagna. Se fra tre anni i programmi saranno completati, l'Italia rimarrebbe isolata come paese divergente ed esposto a uno squilibrio di parte corrente che i mercati non vorrebbero finanziare. Se invece i piani non funzioneranno, il rischio "paesi periferici" tornerà esplosivo. Il momento della verità dovrebbe venire entro la fine del prossimo anno.

Il piano greco esposto dall'Fmi mostra un aggiustamento imponente non solo delle importazioni, ma anche - meno credibile - dell'export. Già il prossimo anno la bilancia commerciale greca sarebbe in pareggio, mentre la bilancia dei pagamenti avrebbe un piccolo deficit nel 2015. Entro la fine del 2011 si giocherà l'aggiustamento fiscale più importante. L'economia greca deve tornare a crescere in tempo per la fine del prossimo anno, in modo che il paese possa riaffacciarsi sui mercati dei capitali e finanziare il debito pubblico. Non sarà facile.

L'ipotesi sottostante è che la Grecia vada incontro a una vera ristrutturazione della propria economia. Apparentemente la caduta del Pil greco è modesta (8%) e concentrata nel biennio 2010-2011, ma in termini di perdita di crescita potenziale il totale di caduta accumulato entro il 2015 sarebbe del 21,2 per cento. L'aggiustamento richiesto al lavoro e al capitale (rispetto al loro livello di pieno impiego) è quindi molto forte, come dimostra l'aumento della disoccupazione. Per tenere a galla l'economia mentre ristruttura lavoro e capitale in una tale misura, la spesa pubblica aumenterà più delle tasse e il debito pubblico crescerà. L'aggiustamento greco richiederà quindi una ristrutturazione del debito, un periodo almeno decennale di bassa crescita oppure una ristrutturazione eccezionalmente fortunata delle imprese.

Anche in Spagna la strada sembra essere quella della deflazione. L'economia ha un problema di debito privato eccezionalmente elevato e ciò pesa in prospettiva sui bilanci bancari e indirettamente sul bilancio pubblico. Ma le misure vigorose varate dal governo riguardano quasi esclusivamente i conti pubblici. L'ipotesi è che riducendo la crescita in rapporto a quella degli altri paesi dell'euro, s'importi meno di quello che si esporta e quindi si aggiustino i conti con l'estero e si riequilibri l'intera posizione finanziaria dell'economia.

Proprio l'Italia dimostra che questa strada non funziona. Da quando è nell'euro, l'Italia è cresciuta molto meno del resto dei paesi europei, ma la bilancia commerciale non è migliorata. Senza una riforma della struttura dell'economia, la minore crescita non porta a una riduzione dei prezzi che renda più competitiva l'economia, a uno spostamento dai consumi agli investimenti o a un trasferimento di risorse verso le imprese in grado di crescere.

Al contrario, l'abitudine alla stagnazione crea un'attitudine difensiva che blinda gli interessi costituiti: i monopolisti, le reti di potere, i lavoratori regolari rispetto a quelli irregolari e così via. Su questi intrecci è necessario intervenire per consentire alle medie imprese di svilupparsi e ai giovani d'investire sulla propria istruzione e costruire con fiducia un percorso lavorativo.

cbastasin@piie.com

LA CORSA DI MARIO DRAGHI

Verso Francoforte. Le critiche alla Bce da parte di Axel Weber, candidato tedesco alla successione di Trichet, rilanciano Mario Draghi. Lo sosteneva ieri il Financial Times: le critiche di Weber all'acquisto di titoli di stato dei paesi indebitati hanno irritato Parigi e fatto guadagnare posizioni a Draghi.

14 Maggio 2010

 

 

 

 

La Borsa di Tokyo chiude

in netto calo. Pesa l'euro debole

14 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Le Borse ampliano le perdite Milano e Madrid le peggiori

La Borsa di Tokyo chiude in leggero calo: -0,22%

La Borsa di Tokyo chiude in rialzo

La Borsa di Tokyo chiude in netto calo: -2,47Subject:

Borsa, Tokyo chiude in calo sulla scia di Wall Street

 

La Borsa di Tokyo chiude gli scambi in ribasso, cedendo l'1,49% ancora per l'instabilità dell'euro. L'indice Nikkei si porta a 10.462,51 punti, 158,04 in meno della chiusura di ieri, a causa delle perdite di Wall Street legate soprattutto ai timori sulla tenuta dell'economia, a partire da Eurolandia, dove i primi paesi hanno varato i piani di austerity per tenere sotto controllo i conti pubblici. Il rialzo dello yen sulla valuta unica e sul dollaro non fa altro che penalizzare l'export del Sol Levante.

Wall Street chiude in rosso, listini europei contrastati

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

Austerity anche a Lisbona. Tagli agli stipendi pubblici

Indagini su otto banche (anche europee) che avrebbero ingannato le agenzie di rating

L'utile di Mps in calo ma sopra le stime

EDITORIALE / Euro: le verità che nessuno dice (di Guido Tabellini)

VISTI DA LONTANO / Più chance per Draghi nella corsa alla Bce (di Elysa Fazzino)

Oro, la spinta arriva dalla speculazione (di Vittorio Carlini)

14 maggio 2010

 

 

 

2010-05-13

Austerity anche a Lisbona

Tagli agli stipendi pubblici

13 maggio 2010

Il Portogallo vara un piano di austerity per ridurre il deficit

Dopo la Spagna di Zapatero, anche il Portogallo vara un piano di austerity per ridurre il deficit. Lisbona ha dato l'ok a un pacchetto di misure di austerity che dovrebbero riportare il deficit statale dal 9,4% del 2009 al 7,3% del 2010 e infine al 4,6% nel 2011. Le misure presentate dal primo ministro Jose Socrates al termine di un incontro con il leader dell'opposizione Pedro Passos Coelho prevedono la riduzione del 5% degli stipendi del personale pubblico con maggiore anzianità e dei politici e un aumento generalizzato dell'Iva dal 20% al 21%.

"Queste misure sono cruciali per ristabilire fiducia nel Paese e per assicurare finanziamenti alla nostra economia", ha detto Socrates. Portogallo e Grecia sono considerati, dopo la Grecia, i paesi con i conti pubblici più a rischio nell'Eurozona. Per questo hanno sono stati messi sotto osservazione dalle agenzie di rating e i loro titoli di Stato sono stati oggetto di un attacco speculativo che ha messo a rischio0 la stabilità stessa dell'euro.

VISTI DA LONTANO / Più chance per Draghi nella corsa alla Bce (di Elysa Fazzino)

Madrid taglia gli stipendi (di Michele Calcaterra)

Le trimestrali e Wall Street spingono Tokyo: +2,18%

Generali quintuplica l'utile

Profitti in crescita per UniCredit (+16,5%) nel primo trimestre

Wall Street in forte rialzo. Il piano di Madrid spinge l'Europa

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

Speciali assemblee

13 maggio 2010

 

 

 

Madrid taglia gli stipendi

di Michele Calcaterra

13 Maggio 2010

Madrid taglia gli stipendi. Nella foto il premier spagnolo José Luis Zapatero

MADRID - Richiamato all'ordine dalla Ue e messo in un angolo da una telefonata di Barack Obama, alla fine José Luis Zapatero ha dovuto capitolare e ieri ha annunciato nuove misure di austerity, fortemente impopolari perché toccheranno da vicino milioni di spagnoli, per far fronte alla deriva dei conti pubblici. Forse non le ultime, dato che il presidente spagnolo non ha escluso, a breve, un aumento della pressione fiscale sui redditi più elevati.

La manovra, per complessivi 15 miliardi di euro in due anni (2010-2011) varata ieri, che si aggiunge ai 50 miliardi già decisi in precedenza, e che sarà ratificata venerdì dal consiglio dei ministri, prevede sacrifici per tutti, ma in particolare per lo stato sociale, una delle bandiere della politica zapateriana: pensioni, sanità e lavoratori dipendenti subiranno infatti importanti tagli. Così come il salario dei funzionari, gli investimenti allo sviluppo e le infrastrutture. Quanto basta perché le organizzazioni sindacali abbiano dichiarato il loro disaccordo e fatto balenare lo spettro di scioperi che finora hanno risparmiato il paese nonostante il tasso di disoccupazione sia schizzato negli ultimi mesi oltre il 20 per cento.

Tirato in volto, Zapatero ha letto ieri mattina in parlamento, probabilmente il discorso più difficile di tutta la sua carriera e da quando nel 2004 è diventato presidente per la prima volta. Un intervento accorato, di aiuto e di solidarietà (che il leader dell'opposizione Mariano Rajoy ha polemicamente respinto) per tentare di traghettare la Spagna al di là delle secche in cui si trova: una situazione ben diversa da quella di abbondanza e di euforia economica che si respirava nella decade bruscamente interrottasi nell'estate di due anni fa.

Quali dunque le misure più significative proposte dal governo per recuperare 1,5 punti di disavanzo pubblico nei prossimi due anni? Nel settore pubblico il salario dei dipendenti sarà decurtato in media (proporzionalmente allo stipendio) del 5% nel 2010 e congelato nel 2011, per un totale di oltre 4 miliardi di euro. Mentre i membri del governo, in modo da dare un esempio concreto al paese, avranno la busta paga alleggerita di un 15% (7-800 euro al mese), un'iniziativa cui potrebbero aderire anche i parlamentari.

Sul fronte più strettamente sociale, Zapatero ha messo fine all'automatismo di adeguamento delle pensioni all'inflazione, che durava da 25 anni, decidendo di congelare (salvo quelle contributive e minime) gli aumenti previsti nel 2011. A farne le spese, 5 milioni di pensionati. Contemporaneamente verrà abolito, a partire dal prossimo gennaio, il bonus-bebé di 2.500 euro che veniva dato ai nuovi nati, per un totale di oltre 1 miliardo di euro. In campo sanitario si procederà invece a una revisione dei meccanismi di distribuzione e di costo delle medicine (generici e non) in modo da risparmiare qualcosa come 500 milioni all'anno. Infine, oltre all'abolizione del regime transitorio del meccanismo di pensionamento parziale, le misure adottate ieri prevedono che si tagli la retroattività degli aiuti previsti dalla legge per l'assistenza alle persone non autosufficienti e che si acceleri l'iter per l'approvazione dei solleciti in modo da snellire le procedure (risparmio previsto: 700 milioni).

Per quel che riguarda invece gli aiuti previsti allo sviluppo economico, la riduzione del budget è di 600 milioni su un totale di oltre 5 miliardi, che si aggiungono ai 6 miliardi di euro di taglio per opere pubbliche (in pratica i lavori verranno ritardati da 6 a 12 mesi rispetto al previsto). Alle Regioni e ai Comuni verrà invece richiesto un sacrificio di 1,2 miliardi di euro. Non poco. Infatti c'è già qualche autonomia che minaccia, per quest'anno, un aumento della pressione fiscale locale, per compensare eventuali mancati introiti.

Come dicevamo, in totale 15 miliardi di euro, e la sensazione che non siano sufficienti (nonostante la reiterata promessa a breve di riforme del mercato del lavoro e delle pensioni) a rimettere in carreggiata la Spagna. Tanto più che ieri Zapatero ha ammesso che queste misure freneranno la crescita del Pil nel 2011 di alcuni decimi di punto. Il rischio è che il malessere sociale si aggiunga a quello congiunturale: 2,6 milioni di funzionari e circa 6 milioni di pensionati sono infatti pronti a scendere in piazza per rivendicare i propri diritti.

Il no di Weber alla svolta Bce lo allontana dalla presidenza (di Beda Romano)

13 Maggio 2010

 

 

 

 

 

I segreti del fondo di salvataggio che tanto ricorda il Fondo monetario europeo

di Giuseppe Chiellino

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13 maggio 2010

I segreti del fondo di salvataggio che tanto ricorda il Fondo monetario europeo

Chiamatelo come volete, meccanismo europeo di stabilizzazione, special purpose veichle, fondo europeo di stabilizzazione o fondo monetario europeo, ma alla fine la Ue ha dovuto far propria l'idea di uno strumento di pronto intervento nelle crisi, finanziato dagli stati membri. La proposta era stata elaborata da Daniel Gros e Thomas Mayer e poi lanciata quasi un paio di mesi fa dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, in un'intervista al Financial Times. Per affrontare la crisi che, partita dalla Grecia, stava minacciando la stabilità dell'intera zona euro bisognava dotare la vecchia Europa di uno strumento di intervento che sostenesse gli stati in difficoltà finanziare. L'idea era stata vista come un moto di orgoglio comunitario da chi non voleva "ingerenze" da parte del Fondo monetario internazionale, ma in realtà il modello era proprio quello del Fmi.

Nel giro di pochi giorni però l'ipotesi di costituire un Fondo monetario europeo venne declassata a progetto di lungo periodo dal presidente della Commissione Ue, Josè Barroso, per la necessità di modificare i trattati europei he vietano i salvataggi. La vera ragione dell'accantonamento (provvisorio) era invece nell'opposizione di Angela Merkel, la cancelliera tedesca preoccupata per la crescente opposizione interna agli aiuti alla Grecia e per i risvolti elettorali interni. Un stop al proprio ministro delle Finanze, ma del tutto inutile, visto l'esito negativo per la maggioranza guidata dalla Merkel alle elezioni del 9 maggio in Nord Reno - Vestfalia.

I trattati, dunque, erano solo un paravento. Tanto è vero che, proprio il 9 maggio, il consiglio Ecofin ha potuto approvare un regolamento che istituisce un "meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria" per un importo totale di 500 miliardi di euro, cui se ne aggiungono altri 250 garantiti dal Fondo monetario internazionale. Tutto nel pieno rispetto del Trattato europeo e in particolare degli articoli 124 e 125 che impediscono i salvataggi a fondo perduto degli stati membri in default. Lo avevamo spiegato in modo articolato il 10 marzo scorso su queste pagine elettroniche evidenziando come uno strumento come il Fondo monetario europeo potesse trovare base legale nell'articolo 122, proprio quello indicato dai ministri delle Finanze nei comunicati finali del consiglio di domenica scorsa.

Come si articola lo strumento di intervento

I 500 miliardi di euro sono in massima parte (440 miliardi) a carico dei paesi della zona euro, distribuiti in base alle quote di partecipazione al capitale della Bce. Gli altri 60 sono a carico del bilancio della Ue. Nei documenti del consiglio, i 440 miliardi vengono considerati uno special purpose vehicle (SPV) finanziato e destinato solo ai paesi della zona euro. L'intero importo del fondo (750 miliardi con il contributo del Fmi) viene definito Meccanismo europeo di stabilizzazione. L'articolazione in tre livelli del fondo propabilmente è stata determita anche dalla posizione della Gran Bretagna che si è subito detta indisponibile a finanziare interventi a sostegno di paesi dell'euro in difficoltà.

Alla decisione ha contribuito il forte impulso della delegazione italiana che, come dimostrano i documenti preparatori pubblicati sul Sole24ore.com, ha sostenuto la creazione del fondo di stabilizzazione come strumento immediato di gestione delle crisi, accompagnato dalla strategia di lungo termine che punta a rafforzare il coordinamento e soprattutto la sorveglianza sulle politiche economiche degli stati membri. Una posizione "comunitaria", quella italiana, di cui da tempo si sentiva la mancanza e che potrebbe tornare molto utile alla impacciata commissione Barroso per uscire dall'angolino in cui l'hanno spinta i governi nazionali.

Infine una considerazione: se il meccanismo di stabilizzazione o Fme fosse stato varato due mesi fa quando ancora non si parlava di contagio e gli spread tra i rendimenti dei titoli di stato erano a livelli molto piu' bassi , quante risorse in meno sarebbe stato necessario mettere sul piatto per convincere i mercati finanziari che l'Unione europea non ha un ventre molle? Tanto la Merkel le elezioni in Renania le ha perse comunque.

Come funziona il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria

Le domande senza risposta del Spv (di Isabella Bufacchi)

Le vie d'uscita per il fondo monetario europeo bocciato dalla politica

E intanto l'Estonia entra nell'eurozona

13 maggio 2010

 

 

Le domande senza risposta sul fondo di salvataggio

di Isabella Bufacchi

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Mercoledí 12 Maggio 2010

Guido Wetterwelle e Angela Merkel (AP/Lapresse)

"Dai nostri archivi"

Le domande senza risposta sul fondo di salvataggio

Per l'euro scudo a più velocità

L'asta BoT supera l'esame

Bce compra i bond, borse record

Indigestione di bond di stato per le banche di Eurolandia

Quali bond compreranno le banche centrali, per quali importi, a quale prezzo e per quanto tempo? Quali paesi potranno attingere al veicolo Spv e alla Commissione, a quali condizioni, per quanto tempo? Nel day-after della sbornia da 750 miliardi di euro, investitori istituzionali e banche hanno iniziato a studiare le carte.

I punti di domanda che restano senza risposta e che riguardano la Banca centrale europea sono numerosissimi ma il mercato è disposto ad attendere chiarimenti senza eccessivo nervosismo: la mancanza di dettagli, è l'interpretazione più diffusa, è strategica e Francoforte volutamente preferisce non scoprire le carte. Per contro, pesano molto gli interrogativi, anch'essi in gran numero, che restano aperti sul triplice intervento annunciato domenica notte per salvaguardare la stabilità finanziaria dell'eurozona. Come funzionerà, e in che tempi, il trio Commissione europea, Fondo monetario internazionale e il nuovo istituto Spv (special purpose veicolo) non è chiaro a nessuno. Questa incertezza alimenta i dubbi degli euroscettici perchè, è un sospetto diffuso, dietro l'assenza di dettagli potrebbero celarsi sconti e difficoltà politiche, lungaggini legislative, intoppi costituzionali tali da compromettere la realizzazione del progetto in tempi utili.

Entro il prossimo triennio, investitori e banche saranno chiamati in asta ad acquistare 2.500-3.000 miliardi di titoli di Stato a medio e lungo termine in euro. Di questi, 550 miliardi circa saranno emessi da Spagna, Portogallo e Irlanda. Il piano "salva-euro" promette interventi su tutti i fronti per convincere la comunità degli investitori ad andare in asta: maggiore rigore sui programmi di rientro e di risanamento dei conti pubblici e controlli più stringenti sull'andamento delle finanze pubbliche; rimozione delle distorzioni sul secondario dei titoli di Stato, in virtù di acquisti da parte delle banche centrali dell'eurozona per ripristinare la liquidità, ridurre il differenziale tra i prezzi di acquisto e di vendita e riportare i rendimenti a livelli realistici o "fair"; erogazione di prestiti da parte del Fmi (250 miliardi), della Commissione europea (fino a 60 miliardi) e di un nuovo veicolo emittente di eurobond (440 miliardi) per i paesi che non avranno accesso al mercato, per costi inaccessibili o assenza di domanda.

L'impianto non ha precedenti. E anche per questo, i punti oscuri superano le certezze. L'entrata in campo della Bce è un'arma potentissima ma il mercato si interroga sull'entità degli interventi: saranno simbolici (basta poco per muovere i prezzi dei bond spagnoli, portoghesi, irlandesi e greci) oppure arriveranno a centinaia di miliardi di euro? La Bank of England e la Federal Reserve al picco della crisi sono intervenute rispettivamente per il 14% e 12% del Pil di Usa e GB: se la Bce dovesse acquistare bond per il 3% del Pil in Eurolandia, pari a 265 miliardi, ha calcolato Luigi Speranza, Head of inflation economics alla Bnp Paribas, metterebbe in portafoglio il 25% dello stock del debito di Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda. Al di là degli importi, la grande domanda ora senza risposta riguarda la sterilizzazione: Francoforte non ha rivelato le modalità di vendita di asset in bilancio per controbilanciare gli acquisti e quindi evitare la crescita della base monetaria (e spinte inflazionistiche). Al mercato piacerebbe sapere quali titoli di Stato saranno acquistati, su quali scadenze, se giornalmente. Secondo Société Générale, per "fare la differenza" le banche centrali dell'eurozona dovrebbero acquistare 2 miliardi di titoli di Stato alla settimana per un intero anno.

Con le incertezze relative alla Bce, il mercato imparerà a convivere. Ma sui tempi e sulle modalità di intervento di Spv-Fmi-Commissione gli investitori difficilmente si daranno pace. Il caso-Grecia è un precedente scomodo per l'Europa. I problemi greci sono emersi nella loro drammaticità nell'autunno del 2009 e ad oggi il meccanismo dei prestiti bilaterali deve ancora essere collaudato. Se qualcosa dovesse andare storto in tempi stretti per uno stato dell'eurozona periferica, la Commissione sarebbe in grado di intervenire celermente? Quando emetterà i suoi bond (al massimo 5 miliardi di euro ad emissione) per il sostegno all'eurozona? Come si raccorderà il Fmi con Commissione e veicolo? Sull'Spv gli interrogativi scrosciano come grandinate: serviranno decreti e ratifiche in parlamento? Dove verrà istituito il veicolo? Sarà una scatola vuota oppure dialogherà direttamente con Fmi e stati? Quando emetterà il suo primo eurobond? Avrà un rating? A quali condizioni concederà i suoi prestiti: a tassi e per durate come quelli alla Grecia?

Mercoledí 12 Maggio 2010

 

 

 

 

Le vie d'uscita del trattato Ue

sul Fme bocciato dalla politica

di Giuseppe Chiellino

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10 marzo 2010

Europarlamento: Fme tra modifiche al trattato dell'Ue e volontà politica

La necessità di modificare i trattati europei ha imposto un rinvio (che ha tutto il sapore dell'accantonamento) alla proposta del governo tedesco di costituire un Fondo monetario europeo per la gestione delle crisi finanziarie degli stati membri. A questo argomento, infatti, si è appellato martedì il presidente della Commissione, Josè Barroso, davanti all'Europarlamento, non senza sottolineare le "posizioni diverse" anche all'interno dello stesso paese. Il riferimento era proprio alla Germania, dove il presidente della banca centrale ha bocciato nettamente la proposta sostenuta, invece, dal governo. Ma anche l'esecutivo di Berlino, con la cancelliera Angela Merkel, nel dare il "pieno appoggio" al Fme ha comunque ricordato l'ostacolo dei trattati.

Ma è davvero così? Se si guarda alla lettera del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'articolo 124 fissa la 'famosa' clausola del no bail out e non lascia dubbi sul divieto di "accesso privilegiato" degli stati dell'Unione "alle istituzioni finanziarie". In pratica, nessuno può accollarsi il debito di un altro stato membro. Insieme agli altri paletti sui bilanci pubblici (rapporto debito/Pil e rapporto deficit/pil) la clausola punta ad evitare che gli squilibri finanziari di uno paese della Ue si propaghino agli altri.

In realtà il trattato offre qualche via d'uscita. "Altre disposizioni possono essere utilizzate per aggirare la clausola - spiega una fonte comunitaria - a patto però che esista la volontà politica di creare uno strumento temporaneo per proteggere i conti degli stati dalla speculazione dei mercati finanziari". In sostanza, quindi, non una copertura del debito pubblico di quei paesi che non rispettano i patti, ma uno strumento di immissione di liquidità nel sistema che aiuti a ritrovare la stabilità. Liquidità che puo' essere ritirata una volta rientrate le turbolenze.

Le vie d'uscita sono sia di carattere generale che specifiche per l'area euro. Nel primo caso, per esempio, sempre a patto che esista la volontà politica, gli attacchi speculativi nei confronti delle emissioni di uno stato sovrano (come è accaduto per i bond greci) o di una valuta (la sterlina) si potrebbe far ricorso all'articolo 122 del trattato che, al comma 2, prevede "l'assistenza finanziaria dell'Unione" ad uno stato membro "in difficoltà o seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo". La speculazione dei mercati finanziari può essere considerata, appunto una circostanza eccezionale fuori dal controllo dei governi.

Altra possibilità può essere individuata nell'articolo 125 secondo il quale il Consiglio Ue può "precisare le definizioni per l'applicazione" della clausola di no bail out.

Le vie d'uscita per eurolandia

Il trattato offre qualche escamotage riservato ai soli paesi dell'eurozona. L'articolo 136, infatti, prevede la possibilità che il consiglio Ue, "per contribuire al buon funzionamento dell'unione economica e monetaria" adotti misure per gli stati la cui moneta è l'euro, "con l'obiettivo di rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio" ma anche "di elaborare... gli orientamenti di politica economica affinché siano compatibili con quelli adottati per l'isieme dell'Unione, e garantirne la sorveglianza". Proprio ciò di cui la zona euro avrebbe bisogno in questo momento storico. Su queste misure, prevede il trattato, votano solo i paesi della zona euro.

Il dibattito per la creazione di nuovi strumenti di intervento europei è appena avviato. Come ha scritto Il Sole 24 Ore è "un percorso lungo tra insidie e dubbi". In particolare pesano alcune posizioni tedesche, quelle espresse dal presidente della Bunsebank, Axel Weber, e dal consigliere del comitato esecutivo della Bce, Jurgen Stark. Posizioni intransigenti che ricordano la forte opposizione della banca centrale tedesca all'ingresso della lira nell'euro sin dall'avvio della moneta unica. E che come allora, però, potrebbero essere superate. A patto che emerga una forte volontà politica nelle capitali. Un peso importante l'avranno sicuramente le opinioni pubbliche dei paesi virtuosi. Per rassicurarle sarà fondamentale chiarire da subito su chi peseranno i costi futuri del Fondo monetario europeo.

L'Italia preferisce un progetto più ampio del Fme (di Isabella Bufacchi)

Per il progetto Fme un lungo percorso tra insidie e dubbi

Il Fme declassato a obiettivo di lungo termine anche dall'Ue

Che cosa si pensa in Europa del Fme

Come si finanziano Fmi, Banca mondiale, Bei e la Banca asiatica per lo sviluppo

10 marzo 2010

 

 

 

 

"Estonia nell'euro dal 2011"

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Giovedí 13 Maggio 2010

BRUXELLES

La Commissione europea ieri ha dato il via libera all'ingresso dell'Estonia nell'euro dal 1° gennaio prossimo. Ma la Bce si è messa subito di traverso.

Tallin rispetta tutti i criteri previsti e poi la sua entrata nella moneta unica è un segnale forte di fiducia nell'euro e nell'Europa, hanno commentato in piena sintonia il presidente della Commissione Josè Barroso e Olli Rehn, il commissario competente.

Immediata però la doccia fredda da Francoforte dove si esprimono seri dubbi sulla promozione perché non si ritiene sostenibile la convergenza raggiunta dal paese, soprattutto in fatto di controllo dell'inflazione. Sullo sfondo, non detti, i timori che anche un'economia quasi "microscopica" come quella di un paese da 1,4 milioni di abitanti possa portare nell'euro affetto dalla sindrome greca un carico di destabilizzazione di cui in questo momento non si sente proprio il bisogno.

Quello della Bce non è comunque un parere vincolante. La decisione finale sarà presa dai ministri delle Finanze in luglio, previa la benedizione politica del vertice europeo di giugno. A scorrerle, le cifre estoni per ora sono invidiabili: deficit del 2,4% quest'anno e il prossimo, debito rispettivamente al 9,6 e al 12,1%. Inflazione allo 0,7 annuo. Se non ci saranno sorprese, l'Estonia diventerà il 17mo membro dell'euro. "Sarebbe totalmente illogico non premiare il rispetto delle regole proprio quando la loro violazione è diventata un grosso problema per l'euro" ha affermato il ministro estone delle Finanze Jungen Ligi. A torto?

A. C.

Giovedí 13 Maggio 2010

 

 

 

 

20102010-05-12

La Ue riscrive il patto di stabilità per rafforzare il

12 maggio 2010

Il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso (Reuters)

"Dai nostri archivi"

La stretta dell'esecutivo Ue per riformare il patto di stabilità

Draghi: nuovo patto di stabilità

Bruxelles scopre le carte

L'Ue si prepara alla domenica decisiva per salvare l'euro. Piano e riunioni di emergenza

PROPOSTE AL VAGLIO / L'eurozona si salva se gioca all'attacco

La Commissione europea ha dato il via libera alle proposte per rafforzare il patto di stabilità ed estendere la supervisione europea agli squilibri macro-economici. L'esecutivo comunitario chiede ai governi dei paesi membri soprattutto di rendere "coerenti" i bilanci nazionali "alla dimensione europea". Lunedì e martedì prossimi i ministri finanziari avvieranno il confronto sulla comunicazione della Commissione trasmessa all'Europarlamento, al Consiglio e alla Bce.

I punti in cui si articola la strategia messa a punto dalla Commissione guidata da Barroso sono quattro: 1) coerenza dei conti pubblici con il Patto di stabilità e un più profondo coordinamento delle politiche fiscali; 2) ampliare la sorveglianza economica per prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici e di competitività; 3) istituire un 'semestre europeo' ogni anno per sincronizzare le valutazioni delle politiche economiche degli stati membri; 4) creare un meccanismo permanente di prevenzione delle crisi, al di là delle situazioni di emergenza.

La commissione metterà a punto le modiche proposte nella comunicazione di oggi in tempi strettissimi, con l'obiettivo di far partire il primo 'semestre europeo' dei conti pubblici all'inizio del prossimo anno.

VISTI DA LONTANO / L'eurozona incoraggia i governi spendaccioni, va riformata (di Elysa Fazzino)

La comunicazione della Commissione Ue

Arriva la stretta Ue per la riforma del patto di stabilità

VIDEO / I giorni più lunghi dell'euro

VIDEO / I prossimi tre passi (di Orazio Carabini)

12 maggio 2010

 

 

 

 

 

Ft: l'Eurozona incoraggia i governi spendaccioni, va riformata

di Elysa Fazzino

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12 MAGGIO 2010

"Dai nostri archivi"

L'asta BoT supera l'esame

La Ue verso un nuovo equilibrio tra sovranità e interesse comune

L'Europa è pronta per l'austerità?

PROPOSTE AL VAGLIO / L'eurozona si salva se gioca all'attacco

Debito blu e debiti rossi per salvare l'euro

Ristrutturare l'eurozona per evitare il peggio. I paesi che vogliono mantenere l'euro devono accettare "una sostanziale cessione di sovranità sulla politica fiscale, e quindi sui deficit di bilancio, e creare un unico forte organo di vigilanza bancaria". E' quanto propongono due economisti, Peter Boone e Simon Johnson, in un articolo sul Financial Times intitolato "Come l'eurozona ha scatenato una race to the bottom" (letteralmente ‘corsa verso il fondo'), la gara tra stati nello smantellare standard regolamentari per essere più competitivi.

 

Di chi è la colpa. L'eurozona – affermano – ha incoraggiato i paesi ad avere deficit di bilancio eccessivi e ha dato alle banche un incentivo sia per finanziare i governi spendaccioni che per alimentare bolle immobiliari. A loro parere, l'eurozona ha facilitato "uno dei più grandi sistemi di ‘moral hazard' (rischio morale) di tutti i tempi". Spagna e Irlanda – argomentano i due economisti - hanno costruito enormi sistemi bancari, trascinati in una bolla immobiliare, "basati in realtà sulle regole dell'eurozona, che implicitamente garantiscono le banche commerciali senza un'adeguata vigilanza". Portogallo e Grecia hanno deficit fuori controllo "vecchio stile", finanziati da prestiti bancari, "con tutto il debito disponibile usato come collaterale per prestiti a breve termine alla Banca centrale europea" e sottoscritto da "implicite garanzie" del tipo "troppo grandi per fallire".

 

Gli italiani ? Ci sono dentro. Gli italiani "rientrano in una categoria meno estrema, ma anche loro sono sotto tiro a causa di un mix di imprudenza bancaria e illusioni di bilancio". L'eurozona – dicono Boone e Johnson - ha un problema di incentivi che la rende una "bonanza" per le nazioni con governi spendaccioni o sistemi finanziari deboli. "Questo sistema incoraggia una race to the bottom guidata dai governi di paesi più piccoli, che allentano gli standard fiscali e creditizi solo per vincere le elezioni (o godere di un boom). Essi hanno preso fondi in prestito dai paesi (innaturalmente) meno spendaccioni dell'eurozona. I tedeschi sono stati austeri, la periferia si è goduta il boom".

 

Nessuno paga. Ora che il boom è passato, "qualcuno in Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda e forse Italia deve rimborsare qualcosa – o almeno smettere di prendere in prestito senza restrizioni. l sostegno finanziario esterno – sottolineano - ha senso solo se combinato con riforme degli incentivi dell'eurozona". Invece, le decisioni del week-end hanno mandato ai creditori questo "chiaro messaggio: 'Potere continuare a prestare agli spendaccioni senza rischio'". In realtà, dunque, le misure d'emergenza varate nel week-end "indeboliscono ulteriormente la volontà dei governi di affrontare i loro problemi di solvibilità".

 

Due gruppi di paesi euro. Per affrontare questi problemi, i due economisti propugnano la creazione di un gruppo "core" di paesi che mantengono l'euro, accettano una maggiore unificazione della politica fiscale e insediano un forte organo di regolamentazione e vigilanza bancaria. Altrimenti, se il sistema resta così com'è, a loro parere finirà per creare un'altra "macchina del giorno del giudizio universale", perpetuando cicli di boom, crolli e salvataggi. Nel primo scenario, la Grecia alla fine farebbe default. Nel secondo, l'Europa accumulerebbe debito interconnesso, finché l'eurozona farebbe default, o attraverso il ripudio (del debito) o attraverso l'inflazione.

12 MAGGIO 2010

 

 

 

La Ue verso un nuovo equilibrio tra sovranità e interesse comune

di Antonio Pollio Salimbeni

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12 maggio 2010

 

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Bruxelles - Dal 2011 nella Ue e nell'Eurozona in particolare politiche di bilancio e strutturali dovranno essere coordinate strettamente per evitare altre crisi come quella greca. Di più: i paesi che non rispettano ripetutamente gli impegni assunti dovranno essere sanzionati più rapidamente e in modo più efficace. Quanto agli strumenti con cui vanno affrontate le difficoltà finanziarie di singoli paesi, il meccanismo europeo di stabilizzazione messo in piedi dall'Ecofin per fronteggiare gli effetti della crisi greca deve costituire il modello per una procedura "permanente" di intervento.

Sono queste le proposte della Commissione europea pubblicate oggi, che indicano la necessità di concentrare l'attenzione su debito pubblico e squilibri macroeconomici.

Lunedì l'Eurogruppo e martedì l'Ecofin cominceranno a discutere questa seconda riforma del patto di stabilità e non sarà un confronto facile nonostante il caso greco sia lì a dimostrare l'assenza di molte alternative. Infatti, già si sono levate voci preoccupate. Finora è uscito allo scoperto il premier svedese Reinfeldt, secondo il quale la stretta nella 'governance' economica deve riguardare solo i paesi che violano il patto di stabilità. In effetti sul tavolo c'è l'idea di un nuovo equilibrio tra sovranità nazionale e interesse europeo, il tentativo di andare al di là di quanto si sia mai andati in Europa.

La partita politica aperta dopo il caso Grecia è molto chiara e l'ha sintetizzata così il presidente della Commissione Barroso: "Se i governi non vogliono l'unione economica tanto vale dimenticarsi dell'unione monetaria e rinunciarvi".

La differenza della riforma attuale del patto di stabilità rispetto alla prima revisione della metà dell'ultimo decennio è chiara: allora si trattava di renderlo "meno stupido", meno automatico e adattarlo alla realtà del ciclo economico, adesso si tratta di far funzionare ciò che è sempre rimasto in ombra, la parte preventiva che non ha mai funzionato. O, meglio, i governi non hanno mai voluto usare per non vedere minacciata la loro totale sovranità in materia di bilancio. Dopo la crisi greca, però, è saltata qualsiasi dogmatica distinzione tra ciò che riguarda un paese e ciò che riguarda gli altri membri dell'unione monetaria. E' ora evidente che, è scritto nella comunicazione di Bruxelles, "alti livelli di debito pubblico non possono essere sostenuti a tempo indefinito", così come non possono non essere sottoposti a stretta vigilanza gli "squilibri di bilancio e macro-economici" ed è controproducente e illogico limitarsi a coordinare la correzione dei deficit quando sono ormai 'scappati' dal 'recinto' del 3%.

La proposta della Commissione non prevede un nuovo Trattato europeo, al massimo implica una revisione della legislazione secondaria, nuovi regolamenti. Il primo pilastro della riforma riguarda il rafforzamento del coordinamento delle politiche di bilancio, che va anticipato alla prima parte dell'anno in modo da "fornire orientamenti per la preparazione dei bilanci nazionali nell'anno successivo". Ciò vuol dire che i governi devono sottoporre a Bruxelles i programmi di stabilità (definiscono obiettivi e strategie delle leggi di bilancio nazionali in un contesto di medio termine) nella prima parte dell'anno e non nella seconda.

Gli stati devono prevedere strumenti legalmente vincolanti affinché risulti chiaro che "le procedure di bilancio nazionali assicurino il rispetto dell'obbligo alla disciplina di bilancio previsto dal Trattato Ue". Maggiore importanza va data al debito pubblico e alla sua sostenibilità. La crisi attuale, infatti, ha dimostrato come i paesi con "un debito molto elevato" siano più vulnerabili e che risultano più ampie le "ripercussioni negative oltre confine".

L'attenzione al fattore debito è tanto più necessaria nei paesi molto esposti al salvataggio delle banche e che devono fronteggiare costi elevati per l'invecchiamento della popolazione. Concretamente, Commissione e Ue devono valutare il deficit pubblico tenendo conto della sua "coerenza con il continuo e sostanziale calo del debito pubblico".

12 maggio 2010

 

 

La stretta dell'esecutivo Ue

per riformare il patto di

11 maggio 2010

La stretta dell'esecutivo Ue per riformare il patto di stabilità. Nella foto Josè Manuel Barroso

"Dai nostri archivi"

La Ue riscrive il patto di stabilità per rafforzare il coordinamento economico

Bruxelles scopre le carte

Scelte drastiche per l'Europa

Troppi lacci fiscali frenano lo sviluppo del venture capital

L'euro snobba il maxi-piano "Non risolve i nodi strutturali"

Un sistema di controllo preventivo della Ue sulle manovre di bilancio e le riforme strutturali degli Stati membri. È questo uno dei cardini della riforma del Patto europeo di stabilità e di crescita e per il rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche messa a punto dalla Commissione Ue e anticipata dall'Ansa. L'obiettivo - spiega Bruxelles - è quello di individuare "ex-ante" le incoerenze con gli orientamenti di politica economica e di bilancio dettati dalla Ue e gli elementi che rischiano di aumentare gli squilibri macroeconomici all'interno dell'Eurozona. Un esercizio che dovrebbe essere condotto durante il cosiddetto "semestre europeo" al fine di tenerne conto nella predisposizione delle decisioni più importanti da prendere, a livello nazionale, in materia di bilancio.

Tra le proposte da mettere sul tavolo ci sono poi norme più stringenti sui conti pubblici. Per uno Stato con deficit eccessivo e con un debito pubblico sopra il 60% non basterà più riportare il disavanzo sotto la soglia del 3%. La chiusura della procedura Ue dipenderà anche dalla valutazione che la Commissione e il Consiglio Ue daranno sul piano di rientro del debito e sulla sua effettiva attuazione.

Nella bozza della commissione si parla inoltre di un "deposito fruttifero" da costituire in caso di "politiche fiscali inadeguate" per rendere più stringente l'applicazione del Patto europeo di stabilità e di crescita nei confronti di Paesi che non ne rispettano i parametri. L'esecutivo europeo - secondo quanto appreso dall'ANSA - propone poi l'utilizzo dei fondi strutturali e di coesione della Ue per sostenere gli sforzi dei Paesi impegnati nell'opera di risanamento delle proprie finanze pubbliche. Tra le ipotesi sul tappeto, anche la possibilità che sia l'Unione a indicare allo Stato membro come e dove spendere le risorse comunitarie.

Le Borse europee recuperano. In rialzo il prezzo dell'oro

VIDEO / I prossimi tre passi (di Orazio Carabini)

BORSE E INDICI / Aggiornamenti

11 maggio 2010

2010-05-11

Seduta boom per Piazza Affari

Il Ftse mib sale dell'11,3 %

di Vittorio Carlini

10 maggio 2010

Le Borse brindano all'intesa. Bancari in asta di volatilità

Aggiornamento ore 22.10. Clicca sui titoli per l'andamento in tempo reale

Partiamo dai numeri, dalle percentuali che, al di là del fatto ricordino più i listini di paesi emergenti piuttosto che di stati industrializzati, sono impressionanti. A Piazza Affari il Ftse Mib ha chiuso in rialzo dell'11,3% a 18.846,18 punti; a Parigi il Cac 40 ha guadagnato il 9,6%; l'Ibex 35, paniere guida di Madrid, ha fatto segnare una crescita del 14 per cento.

I perché del balzo in Borsa

Numeri notevoli che, per Piazza Affari, fanno segnare il secondo maggior rialzo di sempre. E che sono stati causati da un mix di fattori. In primis, c'è il maxipiano varato nel week-end a tutela dell'euro. Un pacchetto di misure per garantire la stabilità finanziaria in Europa che prevede prestiti bilaterali dagli Stati dell'eurozona per 440 miliardi, 60 di fondi del bilancio Ue e fino a 250 miliardi di contributi "sostanziali" del Fmi (pari a un terzo del totale).

I benefici per le banche con il piano salva-euro

Questo pacchetto, di fatto, è stato interpretato dai mercati come una difesa dell'anello più esposto alla possibile crisi del debito sovrano: gli istituti di credito. Così come le banche avevano affossato i listini nello scorso fine settimana, oggi li hanno portati in orbita. Per rendersene conto basta dare un'occhiata all'indice di settore europeo: il Dj Stoxx 600 Banche ha guadagnato oltre il 13 per cento. E non è un caso che nella piazza milanese il paniere delle blue chip, dove il comparto dei bancari pesa per il 25,4%, è salito ben più dell'indice generale del listino (Ftse all share, + 9,16%) . Così come non può stupire che la Borsa francese, duramente colpita nel settore finanziario venerdì scorso, sia rimbalzata di più rispetto a Londra (+4,57%) e Francoforte (+5,3%).

Le stesse quotazioni delle banche italiane, oltre al fatto che il più diretto interessato - cioè l'euro -ha vissuto una giornata di debolezza contro il dollaro, sono lì a confermare questa interpretazione: Intesa Sanpaolo è salita di oltre il 19%, Unicredit del 20,9 per cento. Boom anche per Pop Milano, Banco popolare, Mps e Mediobanca. Quest'ultima, peraltro, ha presentato oggi i conti sui primi nove mesi e ha inaugurato l'era-Pagliaro.

La disciplina sul fronte fiscale

Ma non sono solo le banche. Diversi operatori fanno notare come, seppure non siano noti i dettagli, sono arrivati segnali incoraggianti sul fronte del contenimento del deficit pubblico. Non solo è stato imposto un piano molto duro alla Grecia, in cambio degli aiuti dell'Ue e del Fmi, ma anche sono state date indicazioni non meno severe alla Spagna e al Portogallo. E, in questo monento, il mercato vuol sentirsi dire proprio questo: più disciplina sul fronte fiscale.

La Banca centrale acquista bond governativi

Di più. Seppure tra mille difficoltà ed eccezioni, la Banca centrale europea ha confermato l'avvio del programma di acquisto di titoli di stato emessi per far fronte alle spese legate al contenimento della crisi. Le critiche a questo meccanismo sono note: la nuova attività della Bce non farà altro che aumentare la già notevole liquidità del sistema, innescando fenomeni inflattivi. Un'obiezione colta dallo stesso Axel Weber, capo della Bundesbank e membro del direttorio di Eurotower: "È un'attività ad elevati rischi di stabilità", ha detto.

Le operazioni tecniche

Non vanno, poi, dimenticate le attività "tecniche" degli operatori sul mercato. Da un lato, molti gestori di fondi, che presumibilmente avevano ridotto l'esposizione sull'azionario per contrastare le perdite, sono tornati a comprare per non andare troppo sotto al benchmark; dall'altro, diversi trader, che erano andati short la settimana scorsa, hanno dovuto ricoprirsi. E così sono fioccati gli acquisti.

Si scrive difesa dell'euro si legge "dare fiducia"

Inifine, non può dimenticarsi l'aspetto della fiducia. A ben vedere sembra di essere tornati ai giorni di due anni fa, quando gli Stati Uniti varavano programmi impressionanti di bailout a favore delle banche. Il messaggio, dopo la paura seguita al crack di Lehman, fu uno solo: non faremo fallire banche o istituti che possano dar luogo da un rischio sistemico. Da quel settembre 2008 di acqua ne è passata sotto i ponti e, nonostante le tante chiacchere, nessuna vera riforma strutturale della finanza è stata varata. Ora come allora si costituiscono d'urgenza piani giganteschi di salvataggio che, al di là della loro efficacia strutturale, lanciano un solo inequivocabile segnale: abbiate fiducia. E, almeno per oggi, i mercati sembrano accordarla. Che poi nei prossimi giorni i listini, molto probabilemente, torneranno a salire e scendere è normale. Anzi, auspicabile.

Meno tensioni sul reddito fisso sovrano

Così come è auspicabile che torni meno pressione sul mercato del debito sovrano, come è successo oggi. I rendimenti dei titoli di stato di Atene a tre anni, che negli ultimi tempi erano arrivari a superare il 14%, adesso viaggiano attorno all'8,8 per cento. Segno che quegli stessi titoli vengono di nuovo comperati sul secondario: infatti, il rendimento scende se il prezzo del titolo sale. In discesa anche lo yield del triennale spagnolo (2,38%) e portoghese (3,79%). Inutile dire il Bund è diventato, in questo momento, una sorta di asset risk-free: il bond a tre anni rende 0,9%, quello a 5 l'1,82%, e il decennale il 2,96 per cento.

Il dato sul mercato del lavoro Usa

La stessa Wall Street, una volta tanto, si è accodata a questo trend positivo europeo. Il Dow Jones ha guadagnato il 3,9% e l'S&P500 è salito del 4,3 per cento. Un trend aiutato dagli stessi dati sul mercato del lavoro: l'indice elaborato dal Conference board, ad aprile, è salito dello 0,9% a quota 94,7, mettendo a segno l'ottavo mese consecutivo di rialzo.

 

La moneta unica

Dal canto suo l'euro ha vissuto sui mercati europei una giornata nervosa, chiudendo in frenata. La moneta europea ha fermato le contrattazioni vicina ai minimi intraday (1,2811 dollari) e vale 1,2836 dollari contro 1,2973 dell'apertura e il massimo di giornata a 1,3093. Euro in calo anche contro yen a 119,91 dai 120,50 dell'avvio di seduta. Si tratta di numeri che devono fare riflettere e rafforzano la considerazione riguardo all'effetto del maxi-piano: più che la moneta unica, il mercato sembra convincersi della tutela del sistema bancario.

C'è il maxi piano Ue, ma la divisa unica non se ne accorge

Inizia l'era-Pagliaro a Mediobanca

Spread in forte calo per i titoli di stato della zona euro (di Vito Lops)

Le telefonate di Obama cruciali per l'accordo

10 maggio 2010

 

 

 

 

C'è il maxi piano Ue, ma l'euro non se ne accorge

10 maggio 2010

L'euforia delle Borse mondiali all'annuncio del maxi piano annunciato dall'Unione europea per far fronte all'emergenza debiti sovrani non si estende al mercato dei cambi. L'euro, in queste ultime settimane vittima di una speculazione al ribasso cresciuta con l'aumentare delle preoccupazioni per le finanze di paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo, ha chiuso infatti un'altra seduta in ribasso nei confronti del dollaro. Al termine delle contrattazioni di Wall Street la moneta unica è scambiata a 1,2795 dollari, in calo dello 0,9%. La seduta sul mercato dei cambi era iniziata in rialzo per la moneta unica. Poi la valuta ha rallentato la corsa per frenare con il passare delle ore.

10 maggio 2010

 

 

 

Inizia l'era-Pagliaro

a Mediobanca. Cresce l'utile

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10 maggio 2010

 

Formalizzato oggi dal cda il cambio della guardia a Mediobanca, con Renato Pagliaro che è stato nominato presidente al posto di Cesare Geronzi, passato da fine aprile alla presidenza di Generali. In grande recupero, poi, i risultati dei primi 9 mesi 2009-2010 approvati dal board: l'utile netto è balzato a 354,4 milioni, quasi decuplicato rispetto ai 39,3 milioni dello stesso periodo dell'esercizio precedente.

In forte crescita anche i ricavi, aumentati del 25,3% a 1,599 miliardi. Allo sviluppo dei ricavi hanno contribuito tutte le aree di business. La raccolta di CheBanca! ha raggiunto i 9,1 miliardi, pari al 17% della raccolta di gruppo. Il margine di interesse ha registrato un trend in lieve crescita sui 9 mesi (+1,4% da 651,9 a 661,3 milioni) ed è previsto in ulteriore ascesa nei prossimo mesi e nel prossimo esercizio. Confermati anche i livelli di solidità patrimoniale e di liquidità, con il core Tier1 sopra l'11% a fine marzo scorso.

Nel solo terzo trimestre dell'esercizio in corso, il risultato è stato positivo, con un utile netto di 84 milioni rispetto al 'rosso' di 61 milioni del terzo trimestre dell'esercizio 2008-2009, mentre i ricavi sono saliti a 455 milioni da 337 milioni. Sul fronte della governance, oltre alla prevista nomina di Pagliaro, il consiglio - preceduto a sorpresa da un'assemblea del patto di sindacato che ha dato indicazioni in tal senso - ha nominato Francesco Saverio Vinci quale direttore generale (incarico prima ricoperto da Pagliaro) e vice presidente del comitato esecutivo, mentre ha affidato al direttore centrale Clemente Rebecchini la guida della divisione 'Principal investing'.

10 maggio 2010

 

 

Spread in forte calo per i titoli di stato della zona euro

di Vito Lops

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10 maggio 2010

L'accordo storico varato nella notte a Bruxelles dal consiglio Ecofin per salvare l'euro abbassa la tensione sul mercato dei titoli di stato. In mattinata è giunta conferma delle operazioni di acquisto di bond governativi europei da parte delle bache centrali dell'area euro. E gli effetti si sono subito manifestati sul mercato. All'apertura del secondario, i rendimenti dei titoli emessi dai paesi considerati più a rischio (Grecia in primis e poi, a ruota, Portogallo e Spagna) sono scesi repentinamente annullando i balzi dei giorni scorsi (per visualizzare l'elenco completo dei rendimenti è sufficiente selezionare con il mouse il paese di interesse nella cartina).

 

Nel dettaglio, i bond greci con scadenza a 3 anni – che venerdì avevano toccato punte del 19% - sono trattati a un rendimento dell'8,8%, 848 punti base in meno rispetto all'ultima, convulsa, chiusura fissata al 17,37%. Anche i titoli a 5 anni hanno perso quota scivolando, di 625 punti base, all'8,31%.

 

Segnali di distensione anche dai titoli portoghesi. I triennali – che venerdì avevano terminato gli scambi al 6,55% - passano oggi sotto il 4% (-275 punti base) mentre l'asticella del rendimento delle emissioni a 5 anni si è abbassata di 191 punti base al 4,15% (i decennali hanno perso 125 punti base al 5,18%). Meno consistente ma comunque degna di nota la flessione registrata dai bond governativi di Madrid. I titoli con scadenza a 3 anni hanno lasciato sul terreno 95 punti base (passando dal 3,34% di venerdì al 2,38%) mentre i quinquennali hanno perso 74 punti base (3,06%). Flettono anche i BTp, anche in questo caso con incidenza inversamente proporzionale rispetto alla scadenza. I titoli a 3 anni sono scambiati a un rendimento del 2,01% (-63 punti base rispetto alla precedente chiusura), quelli a 5 anni al 2,78% (-48 punti base) e quelli a 10 al 4% (-28 punti base).

 

Salgono leggermente, invece, le emissioni considerate più sicure dopo gli scivoloni difensivi della scorsa settimana, causati dalla ricerca di qualità da parte degli investitori (effetto fly to quality). Il Bund tedesco a 3 anni riprende 14 punti base (e sale allo 0,9%) Per lo stesso motivo il corrispondente Btan francese rivede la soglia dell'1%.

TABELLA / Bond governativi e rendimenti

10 maggio 2010

 

 

Le telefonate di Obama cruciali per l'accordo

di Marco Valsania

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10 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Europa ritrova il cuore di leone

L'Ue si prepara alla domenica decisiva per salvare l'euro. Piano e riunioni di emergenza

Pci e tensioni sociali: così Kissinger decise di finanziare Roma

Nella notte l'accordo dell'Ecofin Maxi-piano fino a 750 miliardi per stabilizzare l'Eurozona

Confermare per poter cambiare

Ancora una volta il ruolo degli Stati Uniti, dall'amministrazione di Barack Obama alla Federal Reserve, è stato cruciale in una crisi sul Vecchio continente. E' presto per sapere come la bufera greca e i grandi piani di risanamento evolveranno, ma il presidente e il governatore della Banca centrale americani si sono adoperati per far scattare gli accordi e le iniziative di salvataggio senza precedenti di queste ore.

Gli aiuti in arrivo dall'Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale – un pacchetto complessivo fino a 750 miliardi di euro per fermare il rischio contagio - sono affiorati al termine di un frenetico giro di telefonate, nel corso della giornata di domenica, fra Obama e leader europei. In particolare Obama ha parlato con il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nikolas Sarkozy, durante telefonate che fonti americane hanno definito "personali". Subito dopo l'annuncio del pacchetto, con alle spalle quei colloqui, l'intero gruppo delle sette pricipali potenze industrializzate e il più allargato contingente del G20 hanno appoggiato l'azione.

La Fed, nel frattempo, si è mossa coordinando rapidamente e poi annunciando uno sforzo congiunto d'emergenza con gli istituti centrali dell'Unione Europea, della Gran Bretagna, del Canada, della Svizzera e del Giappone: colossali swap di dollari per euro destinati a impedire un'eventuale paralisi del flusso di prestiti bancari. Si tratta di un programma straordinario per assicurare liquidità già utilizzato durante i giorni più bui della crisi finanziaria globale del 2008. Con i dettagli ancora in fase di definizione, la Fed ha fatto sapere che "le facility sono ideate per aiutare a migliorare le condizioni di liquidità e prevenire la diffusione di tensioni ad altri mercati e centri finanziari". Il problema, per l'Europa, nasce dall'impennata dei costi per ottenere dollari – valuta indispensabile per le transazioni sui mercati internazionali, dal petrolio al debito – in seguito al declino dell'euro e all'incremento dei premi sul rischio.

L'intervento americano nella crisi è stato reso necessario, agli occhi di Washington, dai rischi sempre maggiori ormai corsi dagli stessi Stati Uniti davanti al precipitare della situazione in Europa. Rischi di cui si erano convinti tanto la Fed che l'amministrazione dopo le forti scosse subite da Wall Street nell'ultima settimana. Nuove drammatiche crisi del credito sul Vecchio continente potrebbero contagiare i mercati globali, scatenare terremoti sul debito sovrano che ventino difficili da arrestare e aumentare i pericoli di un "double dip", cioè di una ricaduta in recessione mentre le economie mondiali sono ancora reduci dalla più grave debacle dagli anni Trenta. Anzitutto gli Stati Uniti, dove ora è tornata a fare capolino la crescita ma dove la disoccupazione resta elevata, quasi al 10% e con oltre otto milioni di posti di lavoro persi.

10 maggio 2010

 

 

 

Le banche centrali acquistano

bond governativi dell'area euro

di Giuseppe Chiellino

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10 maggio 2010

Le banche centrali acquistano bond governativi dell'area euro

Le banche centrali dei paesi della zona euro hanno iniziato ad acquistare titoli di stato emessi dai membri dell'eurozona. La conferma è giunta dalla Bundesbank e dalla Banca d'Italia che hanno avviato gli acquisti dei bond governativi, come previsto dal programma della Banca centrale europea nell'ambito del maxi-piano per stabilizzare la moneta unica.

I portavoce della Bundesbank e della Banca d'Italia non hanno voluto aggiungere altri commenti. Secondo la Banca di Finlandia, tutte le banche centrali stanno effettuando acquisti di bond governativi, ma la Bce non ha confermato.

Dopo una riunione in teleconferenza del consiglio dei governatori della Bce (i sei membri del board Bce più i governatori delle 16 banche centrali dell'euro), alle 3.15 della notte scorsa Francoforte ha annunciato che avrebbe acquistato bond governativi, sottolineando che nel prendere questa decisione, la banca centrale aveva tenuto conto dell'impegno dei governi dell'area euro "di adottare le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica, quest'anno e negli anni a venire, in linea con le procedure di deficit eccessivo". Questo impegno, ha spiegato nella giornata di oggi il presidente Jean-Claude Trichet da Basilea, "è stato assolutamente decisivo" insieme "alle misure addizionali adottate da alcuni paesi". Perciò la Bce "sia aspetta una politica di rigore nei bilanci pubblici".

La banca centrale attuerà anche misure per riassorbire la liquidità iniettata nel sistema con il Securities markets programme e ciò - precisa una delle comunicazioni diffuse nella notte - "garantirà che la politica monetaria attuale non sia toccata" dagli interventi per stabilizzare i mercati.

L'euro ha beneficiato delle decisioni della notte scorsa a Bruxelles e soprattutto dell'annuncio della Bce. Dopo un minimo appena sopra quota 1,28 nei confronti del dollaro registrato intorno alle 3 della notte scorsa, la divisa europea è risalita fino a 1,3084 a metà mattinata. Alle 13 scambiava poco sotto quota 1,30. Alle 17 però il cambio euro/dollaro si è riavvicinato ai minimi di seduta.

Dell'accordo Ecofin e degli interventi delle banche centrali hanno beneficiato anche gli spread sui titoli di stato che si sono ridotti drasticamente. Ma è stato soprattutto l'ombrello aperto dalla Bce che ha convinto i mercati, almeno per ora, che c'è qualcuno disposto a fare sul serio. Altrettanta determinazione dovrebbero mostrare ora i 16 paesi membri della zona euro nell'affrontare il risanamento delle finanze pubbliche. Anche perché i mercati l'efficacia delle misure di politica economica non è immediata come quella degli interventi monetari ma è molto diluita nel tempo.

Le misure delle banche centrali

La notte scorsa, la Banca centrale europea ha comunicato le modalità di intervento (Securities markets programme) decise per calmare le tensioni sui mercati che hanno evidenziato "disfunzioni". Oltre all'acquisto dei bond pubblici e privati, per "riattivare un appropriato meccanismo di trasmissione della politica monetaria e far fronte al cattivo funzionamento dei mercati finanziari", il piano prevede interventi per sostenere la liquidità del dollaro, comprato a piene mani da chi abbandonava l'euro. Perciò, Bank of Canada, Bank of England, Federal Reserve e Banca nazionale svizzera e Bce hanno riattivato temporaneamente gli accordi di swap sulla valuta americana. Gli interventi si articoleranno in operazioni diliquidità a sette e 84 giorni. Il primo intervento è fissato per martedì 11 maggio. Come ha spiegato la Fed in una nota diffusa nella notte, è "di migliorare le condizioni di liquidità sui mercati in dollari" e di "prevenire la diffusione di disordini". Qualche ora dopo ha annunciato l'adesione all'accordo anche la Banca del Giappone che ha anche deciso di mantenere i tassi di interesse invariati allo 0,1%.

La banca centrale europea ha annunciato anche tre aste di rifinanziamento a lungo termine, d'importo illimitato (nel senso che saranno soddisfatte tutte le richieste delle banche), di cui due a tasso fisso a tre mesi per il 26 maggio e il 30 giugno e una a sei mesi a tasso variabile per il 12 maggio.

Il Fondo monetario internazionale "sostiene con forza i passi annunciati dall'Unione europea e dalla Bce per ripristinare la fiducia e la stabilità finanziaria nell'euro area" ha affermato in una nota il direttore generale del Fmi, Domenique Strauss-Kahn, sottolineando come "l'attuazione di misure per riportare su una strada sostenibile i conti pubblici sono essenziali". "L'Fmi giocherà la propria parte, nell'interesse della comunità internazionale, nell'affrontare le attuali sfide" aggiunge Strauss-Kahn, precisando che "il contributo del Fondo sarà paese per paese, attraverso la gamma di strumenti che abbiamo già a disposizione. Ci aspettiamo che la nostra assistenza finanziaria sia ampiamente proporzionata ai nostri recenti accordi europei".

"... PAGINA PRECEDENTE

Maxi piano Ue 1 / Il documento programmatico

Maxi piano Ue 2 / La bozza di accordo "tecnico" (in inglese)

Programma swap tra Bce e Fed. Si riaccende la polemica

Weber (Bundesbank): "Mossa rischiosa per la stabilità della Bce"

Il maxi-piano per stabilizzare l'Eurozona

Nella notte accordo Ecofin Maxi-piano fino a 750 miliardi per stabilizzare l'Eurozona

Le conclusioni dell'Ecofin straordinario salva-euro

Il ministro tedesco Schauble ricoverato per un malore

ANALISI / Europa ritrova il cuore di leone (di Gianni Riotta)

KRUGMAN & CO. / Potesse la Grecia fare la svalutazione... (di Paul Krugman)

Ricorsi storici / L'Europa da rifondare nei 60 anni della dichiarazione di Schuman (di Giuseppe Chiellino)

Il testo dell'accordo in italiano

Il testo dell'accordo in inglese

10 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-09

Vertice salva-euro in bilico

Dopo lo stop di Londra

arrivano i dubbi di Berlino

di Fabio Grattagliano

9 maggio 2010

Al vertice dell'Ecofin braccio di ferro Ue-Londra sul fondo salva stati. Nella foto il ministro francese dell'Economia Christine Lagarde e quello italiano delle Finanze Giulio Tremonti

"Dai nostri archivi"

Dall'Ecofin un fondo salva-stati

Un blitz Bce per salvare l'euro

È il momento del Trichet interventista

L'Ue si prepara alla domenica decisiva per salvare l'euro. Piano e riunioni di emergenza

Europa ritrova il cuore di leone

La Germania ha proposto un piano di aiuti finaziari per i paesi della zona euro in difficoltà pari a una cifra di 500 miliardi di euro, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale. Lo si apprende a margine della riunione dell'Ecofin

I ministri dell'economia e delle finanze dei 27 paesi Ue riuniti a Bruxelles per trovare una soluzione in grado di salvare in maniera strutturale l'euro e i paesi sotto minaccia della speculazione hanno preso una pausa. La riunione dell'Ecofin è stata al momento sospesa per consentire i lavori del Comitato economico e finanziario della Ue, l'organismo dedicato ad affrontare le modalità più tecniche del piano che sta cercando una sintesi in grado di accontentare tutte le posizioni espresse al tavolo dei ministri.

 

Il rifiuto di Londra. La ricerca di un meccanismo condiviso di stabilizzazione della moneta unica ha ricevuto un primo pesante stop dopo il rifiuto della Gran Bretagna a contribuire alla creazione del fondo. Anche la Germania starebbe creando qualche difficoltà sul fondo e in maniera particolare sul meccanismo di garanzie dei prestiti. "Voglio essere chiaro - ha detto il cancelliere dello scacchiere Allistair Darling - la proposta di creare un fondo per la stabilità dell'euro è una faccenda che riguarda i paesi dell'Eurogruppo. Quello che non faremo e non potremo è dare sostegno all'euro. La responsabilità di sostenere l'euro deve essere in capo ai membri dell'eurogruppo". Il rifiuto di Londra – che riguarderebbe solo la disponibilità di risorse al fondo e non uno stop politico alla creazione dello stesso - potrebbe spingere l'Ecofin verso l'ipotesi di limitare il meccanismo di prestiti garantiti ai soli 16 paesi della zona dell'euro.

Piano di salvataggio. Secondo le indiscrezioni le garanzie sul tavolo dovrebbero ammontare a 60/70 miliardi di euro: una cifra in grado di mobilitare sui mercati prestiti per almeno 600 miliardi. Se avere un fondo a 27 o a 16 "è una questione ancora in discussione", sottolineano fonti a Bruxelles. "Mai dire mai" ha detto il ministro dell'Economia francese, Christine Lagarde, arrivando alla riunione, mentre la collega spagnola Elena Salgado, ministro dell'Economia e delle Finanze e presidente di turno dell'Ecofin ha detto che "La Spagna non si prepara a ricorrere a nessun fondo" rispondendo alla domanda se Madrid si stesse accingendo ad usufruire del piano salva-Stati allo studio dei ministri della Ue.

Le opzioni sul tavolo. Tra le opzioni in gioco, una prevede che l'Ecofin approvi la costituzione di un Fondo di stabilizzazione sul modello già utilizzato in passato per gli aiuti a paesi non dell'eurozona (Lettonia, Ungheria e Romania): a intervenire in questi casi è l'articolo 143 del Trattato Ue in caso di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti. Si tratterebbe di estendere anche ai paesi dell'eurozona la possibilità di ricevere supporto finanziario allargando l'ipotesi anche per difficoltà di approvvigionamento sui mercati per finanziare il debito sovrano. Fondendo le somme disponibili per i due strumenti si arriverebbe a una dotazione di oltre 100 miliardi di euro. Il problema è che l'articolo 143 è applicabile solo agli Stati dell'eurozona. La soluzione potrebbe arrivare grazie all'articolo 122 del trattato Ue, che prevede che il Consiglio dei 27 in caso di circostanze eccezionali possa decidere a maggioranza qualificata di concedere assistenza finanziaria a uno stato in difficoltà. L'ipotesi, in un primo momento osteggiata dal governo di Londra perché in questa evenienza la Gran Bretagna riteneva di poter essere "costretta" a fornire la propria quota di finanziamento, è ora valutata da Londra con maggior favore.

Banchieri riuniti.A Basilea i banchieri centrali della Bce attendono di capire quale ruolo sarà loro attribuito dall'Ecofin nella gestione del piano di difesa dell'euro e in special modo sulle modalità di acquisto di titoli di Stato in cambio di impegni precisi dei paesi sul risanamento dei bilanci.

Fmi approva prestito da 30 miliardi di euro per la Grecia

Il ministro tedesco Schauble ricoverato per un malore

ANALISI-1 / Europa ritrova il cuore di leone (di Gianni Riotta)

ANALISI-2 / Due euro sono meglio di uno? (di Luigi Zingales)

KRUGMAN & CO. / Potesse la Grecia fare la svalutazione... (di Paul Krugman)

Dall'Ecofin un fondo salva-stati (di Adriana Cerretelli)

Bce pronta a muoversi in cambio di conti pubblici rigorosi (di Beda Romano)

Vertice europeo a Bruxelles. Trichet: "È crisi sistemica"

Il testo dell'accordo in italiano

9 maggio 2010

 

 

Fmi approva prestito da 30 miliardi di euro per la Grecia

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9 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

La Grecia annuncia nuovo bond Fmi: nessuna richiesta da Atene

L'Ocse auspica per la Grecia "aiuti combinati" Fmi-Ue

Europa ritrova il cuore di leone

PROVOCAZIONI / Una corte dell'Aja per l'economia

Grecia in sciopero contro i tagli

Il board del Fondo Monetario internazionale (Fmi) ha approvato il pacchetto di aiuti da 30 miliardi di euro in tre anni a favore della Grecia. Lo comunica il Fmi in una nota.

L'esecutivo del Fondo "ha concluso la propria discussione sulla Grecia ed ha approvato uno 'stand-by arrangement' di tre anni per un ammontare totale di 26,4 miliardi di special drawing rights (30 miliardi di euro)" si legge nel comunicato diffuso dal Fmi. Gli aiuti approvati rientrano nel pacchetto più ampio, che dovrebbe raggiungere i 110 miliardi di euro, e che include gli stanziamenti dell'Unione europea.

9 maggio 2010

 

 

 

Europa ritrova il cuore di leone

di Gianni Riotta

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9 Maggio 2010

Europa ritrova il cuore di leone. Nella foto Jean-Claude Trichet

È difficile per le democrazie ricorrere a mezzi estremi e rapidi in una crisi. L'opinione pubblica rilutta davanti a medicine amare, preferisce placebo e acqua zuccherina. Se l'inerzia affliggerà l'Europa in questa lunga domenica di passione, 9 maggio san Beato, gli effetti saranno storici e tutti negativi. La Grecia resterà nella tempesta con la scialuppa in avaria del piano di aiuti Ue e Fmi. Gli altri paesi in apnea, Spagna in testa, vedranno allontanarsi il sollievo. I mercati, turbati per l'incapacità di Bruxelles, volteranno le spalle alla già gloriosa Unione, alla sua valuta così boriosa pochi mesi fa, gli speculatori sguazzeranno nel naufragio azzannando dove possono, come squali. Il presidente Obama teme un nuovo stop globale, forse la recessione.

Che domani sia un giorno nefasto non è però scontato e le febbrili riunioni che si tengono mentre leggete, d'urgenza la Commissione Ue poi l'Ecofin, potrebbero, se non invertire, almeno correggere la deriva. È sulla Banca centrale europea che gli occhi si appunteranno. Il presidente Trichet ha certo sbagliato a negare di aver discusso con i suoi uomini di crisi greca – se ne discute in ogni tinello europeo e non alla Bce? – e certo l'ha fatto sperando di calmare malumori finanziari che ha invece aizzato.

Domani potrebbe guidare un massiccio intervento e stendere "uno scudo assicurativo", magari comprando titoli di stato dei paesi alle corde, opzione non amata in Bce.

La sfiducia nell'euro e nell'Unione europea non è conseguenza della crisi greca o della crisi finanziaria. Ne è, semmai, concausa nel vecchio continente. L'opinione pubblica smette di aderire al valore politico dell'Unione con il fallimento della Costituzione. L'allargamento all'Est frettoloso e mal spiegato, l'avversione alla Turchia regalata alla propaganda fondamentalista hanno fatto il resto. In coda lo snobismo antiamericano, rampante sotto Bush ma perpetuato anche con il democratico Obama, dopo la crisi di Wall Street. Obama crede tanto poco alla bandiera blu con stelle d'oro che si limita a chiamare la Merkel per discutere di Grecia, mica van Rompuy e neppure Barroso. Per la Casa Bianca siamo tutti tedeschi o comunque i tedeschi decidono per tutti noi: è questo il futuro che ci immaginavamo nell'Europa e nell'euro che tanti vantaggi hanno dato anche alla Germania (addio svalutazioni a go go per far concorrenza nell'export)?

Quanti paroloni sui valori del mercato europeo, sul capitalismo dal volto umano, sulla solidarietà, sul codice renano, formiche laboriose gli europei, cicale dissipate gli americani e quanto in fretta s'è dissolta questa fola. Oggi Renania non è più codice di un mercato capace di evitare gli eccessi yankee, ma simbolo di una Germania che ha fatto attendere aiuti alla Grecia e all'euro per una provinciale elezione in qualche borgo tra Renania e Westfalia. La storia può attendere, le clientele democristiane no.

La signora Merkel non è stata all'altezza del suo mentore, il cancelliere Kohl. È vero che la stampa popolare di Berlino ha usato i greci come i turchi al tempo della campagne xenofobe, ma un leader deve guidare, non seguire i sondaggi. Ora l'idea di un tedesco suo emissario alla Bce, al posto di Trichet, spaventa, non serve un don Abbondio, meglio l'indipendenza di Mario Draghi, che sa tenere aperto con il Financial Stability Board il dialogo atlantico delle regole.

Nessun uomo di stato europeo ha brillato. Il premier spagnolo Zapatero – già idolo degli ingenui di casa nostra – vede quanto sia difficile guadagnare consensi davanti alla débâcle di Madrid: non basta più prendersela col catechismo cattolico, ora occorrono fermezza e strategia e non si vedono. Il presidente francese Sarkozy non riesce mai a mettere la sua sbalorditiva energia a frutto. La Grecia saltava? Lui si occupava di Cina. Adesso spalleggia il ministro Tremonti "quando la casa del vicino brucia non si può stare a guardare", defilandosi dal valzer con la Germania, ma quanto, troppo!, tempo perduto. La Gran Bretagna, fuori dall'euro, con il conservatore Cameron che in Europa si butta nel gruppo degli scettici scombiccherati, deve cercarsi ancora un premier, Londra e Bruxelles son più lontane che sotto la nube di cenere.

Il ruolo italiano è stato svolto da Tremonti, che ha detto di no al collega tedesco Schauble, e poi ha chiesto e offerto aiuti. Dopo Trichet, Barroso e De Benedetti anche il fondatore di Repubblica Scalfari - con onestà intellettuale - ha voluto riconoscere al ministro il polso. Ora però il difficile mestiere del dire "no" non basterà più, l'Italia deve crescere, e deve saper crescere in questa crisi di sistema, valori e tradizioni. "Come" non sarà facile dirlo, certo egoismi, corruzione, polemiche non servono, servono progetti razionali, realistici e condivisi. Dal governo Berlusconi deve venire un tono nuovo, fin qui mai ascoltato, responsabile e consapevole del momento aspro: dialogare con l'opposizione, soprattutto se Bersani imporrà alle sue riluttanti fila rigore riformista. La campagna elettorale perpetua a chi serve in questo incendio? Che importano i testi del programma di Serena Dandini mentre l'Europa brucia e il sottosegretario Gianni Letta alza - per una volta - i toni parlando di "drammatica" giornata?

Entriamo in questa domenica 9 maggio in un mondo nuovo e sconosciuto. Un mondo dove Wall Street riduce in polvere quasi mille punti e miliardi di dollari non per un "errore", un "dito grasso" che manda ordini assurdi di vendita: ma perché nessuno controlla davvero i computer in azione finanziaria e quando Securities and Exchange Commission e Commodity Future Trading Commission cercano di capire cosa è successo non ci riescono. Gli economisti, vedi il nostro Roberto Perotti ma anche Paul Krugman dal suo blog in esclusiva per il Sole, calcolano che sfuggire al default sarà, per Atene, difficilissimo. I leader politici e la Bce con quel che faranno – o non faranno – domani e lunedì devono a tutti i costi cambiare l'equazione. Ma quanto tempo, danaro, speranze, energie e credito perduti povera vecchia Europa, quando straparlavi di "orgoglio" nel respingere il Fondo monetario internazionale, quando ti baloccavi con il miraggio di un Fondo europeo, quando aspettavi i destini renani e la storia del futuro, il 9 di maggio, impetuosa ti si avventava addosso. Lo stallo dell'euro libererebbe ovunque lo spettro del populismo. Non è stagione per chi non ha coraggio.

gianni.riotta@ilsole24ore.com

twitter@riotta

9 Maggio 2010

 

 

 

2010-05-06

Collocati tutti i bond spagnoli

con rendimenti in rialzo

6 maggio 2010

Positivo test per la Spagna sul mercato del debito pubblico. Il Tesoro ha collocato titoli di stato a cinque anni per un ammontare di 2,34 miliardi di euro, rendimento 3,58%. Buona la domanda pari a 2,36 volte l'offerta, un risultato che allontana la prospettiva di un vuoto di fiducia sul debito pubblico spagnolo. Prima dell'asta dei titoli di stato, lo spread di rendimento tra i bond decennali spagnoli e quelli tedeschi si era allargato di 3 punti a quota 135. Dopo l'asta, lo spread è tornato a restringersi. Reazione positiva della Borsa di Madrid che alle 12.00 guadagna l'1,2% ed è la migliore in Europa.

6 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-05

Banca bruciata, tre morti. Scontri ad Atene,

il premier invoca l'unità nazionale

dal nostro inviato Vittorio Da Rold

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5 maggio 2010

Grecia bloccata dallo sciopero, la gente assalta il Parlamento, scontri e lacrimogeni con la polizia

ATENE - Dal nostro inviato. Tre dipendenti di una banca sono morti ad Atene nella filiale dell'istituto incendiata con una molotov dai manifestanti durante gli scontri con la polizia in occasione delle maifestazioni di protesta contro le misure di austerità varate dal governo Papandreou. I tre dipendenti, due donne e un uomo, sono morti per asfissia. Altri quattro colleghi sono stati salvati dai vigili del fuoco.

 

Alcuni giovani incappucciati hanno lanciato bottiglie molotov contro la banca, aperta nonostante la giornata di sciopero generale. La tensione è altissima mentre il paese è paralizzato. I manifestanti sono centinaia di migliaia e gridano slogan contro la classe politica che li ha condotti vicino alla bancarotta. La televisione greca continua a trasmettere immagini di scontri e incendi in palazzi e negozi. "Ladri, ladri", "Bruciamo il Parlamento", sono gli slogan scanditi dalla folla contro il Parlamento che deve approvare le misure varate dal governo Papandreou per evitare la bancarotta e la perdita degli aiuti stanziati da Fondo monetario internazionale e paesi europei. L'aria ad Atene per i gas lacrimogeni è irrespirabile.

Attaccata la banca del magnate perché si lavorava. La banca presa di mira dai dimostranti nella quale sono morte tre persone per l'incendio causato dalle molotov è la Marfin Einaxha di Andreas Vgenopoulos. L'imprenditore greco, simbolo dell'antipolitica, già proprietario della Olympic Airlines e azionista di maggioranza del Panathinaikos Fc, una delle squadre di calcio di Atene. La banca è stata attaccata dai dimostranti perché all'interno, nonostante lo sciopero generale e il passaggio del corteo, questa mattina si lavorava normalmente. I dipendenti non avevano aderito allo sciopero proclamato dai sindacati. La polizia ha fermato quattro persone dopo l'attacco incendiario. Lo stesso Vgenopoulos arrivato sul luogo dell'incidente è stato accolto da una selva di fischi e improperi e dalle bottiglie di plastica lanciate dai dimostranti. La polizia ha decretato lo stato di "allarme generale". Tutti i permessi sono stati annullati.

 

La mattina era cominciata subito con una clima da guerriglia urbana ad Atene mentre si formava l'immenso corteo di protesta organizzato in occasione dello sciopero generale. Nella capitale i manifestanti hanno lanciato bombe molotov contro negozi e banche e hanno tentato di forzare il cordone di sicurezza attorno al Parlamento lanciando pietre e bottiglie. La polizia ha risposto con il lancio di gas lacrimogeni e granate stordenti. Un palazzo del centro attaccato dai manifestanti è stato evacuato dopo che è scoppiato un incendio.

 

"Far pagare la crisi ai ricchi". Prima dell'avvio della manifestazione, 10.000 persone radunate dietro a uno striscione inneggiante alla "lotta contro le misure anti-sociali" hanno seguito i discorsi dei leader delle due grandi organizzazioni sindacali, la Confederazione dei dipendenti del privato (Gsee, un milione di aderenti) e quella del pubblico (Adedy, 370.000 iscritti). Gli slogan inneggiano alla "lotta contro le misure anti-sociali", chiedono di "far pagare la crisi ai ricchi" e criticano Ue e Fmi perché le misure richieste per concedere i 110 miliardi di aiuti alla Grecia "rubano un secolo di conquiste sociali". Il Pame, l'organizzazione sindacale del Partito comunista (il Kke di stretta ortodossia), che rifiuta tradizionalmente di partecipare alle manifestazioni unitarie, ha riunito altri 15mila manifestanti in un'altra parte di Atene.

 

La protesta al Parlamento. Il corteo ha attraversato il centro della capitale fino al Parlamento, dove sono al voto le misure di rigore chieste alla Grecia dall'Ue e dal Fondo monetario internazionale in cambio di un piano di salvataggio di 110 miliardi di euro su tre anni. Davanti al Parlamento ci sono stati scontri. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni all'attacco di gruppi di giovani che hanno tentato di entrare nel palazzo, forzando i blocchi di sicurezza.

 

Palazzi in fiamme. Ci sono altri edifici in fiamme nel centro di Atene. Oltre all'agenzia bancaria dove sono morte le tre persone, secondo i vigili del fuoco incendi sono stati appiccati ad Atene anche in un edificio della provincia e in uno delle imposte, oltre che in numerosi negozi.

 

L'appello alla calma. Il premier greco, George Papandreou, ha invocato l'unità nazionale in seguito alla situazione drammatica creatasi con la morte di tre persone in un attacco incendiario ad Atene, ribadendo l'invito a un vertice di tutti i leader politici affinché "tutti si assumano le proprie responsabilita".

FOTO / Gli scontri in Grecia

La diretta da Atene sulla tv greca

5 maggio 2010

 

 

Merkel: "Con la Grecia si gioca il futuro dell'Europa". Critiche da Sarkozy

di Riccardo Barlaam

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5 maggio 2010

"Siamo a un bivio della nostra strada. Da questa crisi dipenderà niente di meno che il futuro dell'Europa e della Germania". Lo ha detto oggi il cancelliere tedesco Angela Merkel, parlando ai deputati del Bundestag. "Non c'è nessuna alternativa - ha spiegato - all'aiuto che abbiamo deciso per la Grecia se vogliamo assicurare la stabilità finanziaria dell'area euro. Dobbiamo evitare una reazione a catena nel sistema finanziario europeo ed internazionale e un ruischio di contagio verso altri paesi membri dell'Eurozona". "Oggi l'Europa - prosegue il cancelliere - guarda alla Germania. Senza di noi, o contro di noi non ci può essere nessuna decisione economicamente sostenibile".

Il leader dell'opposizione socialdemocratica, Frank-Walter Steinmeier, ha accusato Merkel di aver ritardato le decisioni sugli aiuti: "Nessun governo tedesco ha mai perso tanto rispetto e tanta fiducia in così poco tempo". "Dov'è finita la nostra leadership? Dov'è stata la gestione della crisi, signora Merkel? Noi non abbiamo visto niente".

Regole per le banche. Sulla scia della crisi che ha colpito la Grecia, le banche non possono sottrarsi a un'ulteriore regolamentazione. precisando che il governo non ammorbidirà la tassa sui rischi sistemici (la cosidetta levy) o altre misure. Merkel ha apprezzato la decisione annunciata ieri da istituti di credito e società finanziarie di contribuire volontariamente per sostenere la Grecia. "Dovessero le banche credere che in cambio di un simile contributo volontario saremo più morbidi su una bank levy (la tassa sulle banche contro i rischi sistemici) o altre misure", ha però avvertito il cancelliere tedesco, "commetterebbero un grave errore".

Gli istituti di credito in Francia e Germania sono tra i più esposti con i bond greci.

Calo nei sondaggi. La concessione di aiuti alla Grecia da parte della Germania provoca un clamoroso tonfo di Angela Merkel nei sondaggi. La rilevazione dell'Istituto Forsa per il settimanale 'Stern' mette in evidenza che la maggioranza dei tedeschi (48%) assegna una cattiva pagella al cancelliere, mentre solo il 41% ritiene che abbia agito bene. Ancora più drammatico è il fatto che a giudicare negativamente l'operato della Merkel sulla crisi greca è un elettore su tre dei partiti della coalizione di governo. Se fossero chiamati ad eleggerla direttamente, solo il 48% dei tedeschi riporterebbe la Merkel alla Cancelleria, con un crollo di 6 punti nel giro di una sola settimana.

Critiche anche da Sarkozy. Non usa mezzi termini il presidente francese Nicolas Sarkozy che confidandosi con alcuni parlamentari durante il suo viaggio in Cina ha duramente criticato il modo "tardivo" con cui la cancelliera tedesca Angela Merkel ha reagito alla crisi finanziaria della Grecia. La notizia è stata riportata da le Canard Enchaine. "Avremmo potuto bloccare la speculazione all'inizio, ma Merkel ha tardato", ha detto il capo di Stato francese parlando con una delegazione di parlamentari francesi che lo accompagnavano nella sua missione a Pechino. "Non reagendo subito, abbiamo insinuato i dubbi sulla determinazione della zona euro ad aiutare di uno dei suoi membri. Se solo fossi stato ascoltato, avremmo reagito, dall'inizio, e avremmo smorzato ogni speculazione. Oggi ci costerà più caro a causa della reazione tardiva di Merkel".

5 maggio 2010

 

 

 

 

 

Rehn: "Grecia caso unico, tarpare le ali alla speculazione"

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5 maggio 2010

Rehn: "Grecia caso unico, tarpare le ali alla speculazione"

Secondo la Commissione europea la Grecia tornerà "gradualmente" sui mercati finanziari per piazzare il debito sovrano "ma anche oltre il 2012 e il 2013 copriremo parzialmente le sue necessità se sarà necessario". Lo ha detto il commissario Ue, Olli Rehn.

Secondo Rehn, inoltre, la Spagna è vittima di una speculazione "senza limiti alla quale vanno tarpate le ali". Sui mercati ci sono in questo periodo molte "esagerazioni". La Grecia, secondo Rehn, "è un caso unico nell'Eurozona" e nessun altro paese dell'Eurozona può essere paragonato a tale situazione. Tutti gli Stati dell'Unione europea, ha ricordato il commissario durante la conferenza di presentazione delle previsioni di primavera sull'economia Ue, "stanno mettendo a posto i loro conti, anche Spagna e Portogallo.

Nessuno, come la Grecia, ha truccato i conti per anni. Ora anche Atene sta correggendo e sono fiducioso che la finanza pubblica verrà ristabilita". Le previsioni diffuse oggi, ha detto ancora Rehn, sono state messe a punto due settimane fa, prima che Eurostat rivedesse i dati greci, il 22 aprile scorso: "ma la revisione riguarda solo i conti di Atene e non cambia le previsioni per l'Eurozona o l'Europa, visto che la Grecia pesa solo per il 2% sull'economia Ue". In particolare, è previsto che il Pil scenda nel 2010 del 4,5% (le previsioni elaborate due settimane fa previguravano un calo del 3%) e del 2,5% ancora nel 2011 (-0,5% prima dei nuovi dati Eurostat).

"Sono sicuro che la Slovacchia rispetterà gli impegni presi e si accollerà la propria parte di onere": così il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, ha commentato la possibilità che il governo di Bratislava ritardi l'erogazione della sua parte di aiuti alla Grecia.

Il premier Robert Fico ha più di una volta affermato che la Slovacchia non tirerà fuori un euro fino a che non vedrà i primi risultati concreti del programma di austerità imposto da Atene. Con la possibilità di uno slittamento della decisione del governo slovacco a dopo le elezioni del prossimo 12 giugno.

A Bruxelles comunque ribadiscono che anche nel caso di rinvio delle decisioni in un Paese gli aiuti della Ue per la Grecia saranno pronti in tempo, con la prima trance di circa 8,5 miliardi di euro prevista per metà maggio.

5 maggio 2010

 

 

 

2010-05-04

Draghi: nuovo patto di stabilità

di Rossella Bocciarelli

Martedí 04 Maggio 2010

Draghi: altri paesi a rischio nuovo patto di stabilità

"Dai nostri archivi"

Draghi: il nuovo patto di stabilità esteso anche alle riforme strutturali

<span id="U2102420668370H0B" style="">LE MONDE</span> "Il passato in Goldman frena la corsa di Draghi alla Bce"

Draghi: altri paesi a rischio

L'Italia se la può cavare (Wsj), Weber e Draghi si allontanano dalla Bce (Le Monde)

I timori di Draghi e Strauss-Kahn sulle resistenze alle riforme dei mercati

"La lezione della crisi è che occorre rivedere il concetto del Patto di stabilità e rafforzare il governo economico dell'Unione". L'esortazione viene dal Governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial stability board, Mario Draghi, nel corso di un intervento svolto ieri a Roma, presso la Pontificia accademia delle Scienze sociali. "Finora", ha detto il numero uno di via Nazionale, il Patto "è consistito in un meccanismo di osservazione dei bilanci pubblici. È necessario adesso", ha aggiunto, "renderlo più incisivo ed estenderlo all'area delle riforme strutturali, perché la mancanza di tali riforme è il motivo alla base della mancata crescita di alcuni paesi".

Non è la prima volta che Draghi interviene sull'urgenza di rafforzare la governance economica dell'Europa: già nello scorso mese di febbraio all'assemblea annuale degli operatori del Forex, il Governatore aveva sollecitato l'introduzione di un nuovo Patto europeo per la crescita e le riforme: "Una crisi che produce instabilità finanziaria mondiale – aveva sottolineato allora – colpisce le economie dell'area con intensità diversa a seconda delle strutture su cui poggiano. Occorre che nell'Unione si formi la volontà comune di estendere alle strutture economiche, e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso esercitati negli anni sui bilanci pubblici". Ieri, pur nel contesto di un intervento centrato sull'esigenza di stabilità finanziaria nel mondo, Draghi è tornato a battere sullo stesso tasto, tanto più attuale dopo il caso greco e alla vigilia del vertice straordinario dei capi di stato e di governo della Ue.

Proprio per quel che riguarda l'azione sul versante delle riforme della finanza, in particolare, Draghi, nella sua qualità di presidente del Fsb, chiede di fare presto. "Alcuni", ha sottolineato il Governatore, "dicono che bisogna attuare le riforme gradualmente per evitare di compromettere la fragile ripresa in atto. Io rispondo che la ripresa è troppo fragile per permettere temporeggiamenti".

A preoccupare il responsabile di palazzo Koch sono soprattutto i cosiddetti global imbalances: quei "grandi squilibri della bilancia dei pagamenti" che "sono ancora tra noi" e che rimangono fattori suscettibili di generare instabilità finanziaria futura. Draghi ha spiegato ieri che "i flussi lordi di capitale sono pronti a espandersi negli anni a venire" facendo esplicito riferimento agli squilibri nella bilancia dei pagamenti "che comportano cambiamenti nei flussi finanziari".

Gli aggiustamenti nel conto capitale, ha affermato, "possono verificarsi in modo veloce e dannoso, forzando un rapido cambiamento della domanda, che ha costi molto elevati dal punto di vista economico, finanziario e sociale". Secondo Draghi, "questa è la situazione oggi in Grecia. Ci sono altri paesi nel mondo – ha aggiunto – che senza aggiustamenti precauzionali sono soggetti a simile rischio". Dunque, "la possibilità di un'improvvisa inversione negativa è alta, come dimostra la situazione in Grecia". E "se le condizioni economiche peggiorano e noi non abbiamo riformato il sistema finanziario - ha affermato - ci potranno essere rischi di una nuova spirale ribassista". Non c'è quindi tempo da perdere, per quel che riguarda la definizione di nuove regole, proprio per evitare di affrontare in futuro il rischio di un rinnovato avvitamento verso il basso. Draghi è poi tornato a sottolineare, all'indomani delle discussioni che in seno al G-20 hanno messo in evidenza come attualmente in tutto il mondo avanzato la questione fiscale sia "la" questione nodale, che in questo momento "le opzioni per ulteriori allentamenti fiscali e monetari sono limitate, forse inesistenti". "La solidità del sistema finanziario", ha concluso il Governatore, "è perciò cruciale per la sostenibilità della ripresa economica".

Ieri, sulla candidatura di Draghi alla presidenza della Bce è arrivata una tegola da Parigi. Le Monde ha riferito che, secondo l'Eliseo, l'italiano non potrebbe aspirare a guidare la Banca centrale in quanto è stato vice presidente per l'Europa di Goldman Sachs (dal 2002 al 2005), la banca d'affari accusata di aver aiutato la Grecia a truccare il proprio deficit. E tuttavia a Nicolas Sarkozy, sempre secondo Le Monde, non piacerebbe nemmeno il candidato tedesco Axel Weber.

La Bce accetterà i junk bond greci

Draghi: il nuovo patto di stabilità esteso anche alle riforme strutturali

Patto di stabilità da riscrivere. La Bce accetterà i bond greciGRAFICO INTERATTIVO / Gli aiuti alla GreciaAccordo per salvare la Grecia. Piano da 110 miliardi

Tutti gli sperperi della Grecia

ANALISI / La parola ora passa alla piazza (di V. Da Rold)

FOTO / Scontri in piazza ad Atene

VIDEO / Cortei e proteste in Grecia

IL PERSONAGGIO / E in Grecia s'avanza la tentazione di affidarsi a un non politico, come Andreas Vgenopoulos, l'uomo più ricco del paese

Martedí 04 Maggio 2010

 

 

 

La Bce accetterà i junk bond greci

dal nostro corrispondente Beda Romano

Martedí 04 Maggio 2010

"Dai nostri archivi"

CRISI DI ATENE / Ristrutturiamo subito il debito

Patto di stabilità da riscrivere La Bce accetterà i bond greci

Accordo per salvare la Grecia Piano da 110 miliardi di euro Ad Atene settimana di scioperi

<span id="U2102420668370H0B" style="">LE MONDE</span> "Il passato in Goldman frena la corsa di Draghi alla Bce"

Bini Smaghi attacca le agenzie di rating

FRANCOFORTE - La Banca centrale europea si è arresa ieri all'evidenza. Per un periodo indefinito l'istituto monetario accetterà nelle sue operazioni di rifinanziamento le obbligazioni governative greche, indipendentemente dal rating. La decisione è giunta dopo che nel fine settimana il governo greco, in grave difficoltà finanziaria, ha trovato un accordo con il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea sulla progressiva riduzione del deficit pubblico, che nel 2009 è salito al 14% del prodotto interno lordo.

Il consiglio direttivo della Bce ha definito "appropriato" il pacchetto di risanamento che oltre a tagli alla spesa e aumenti delle tasse prevede anche prestiti dell'Fondo monetario e dei paesi membri della zona euro per 110 miliardi di euro. "Questa valutazione positiva e il forte impegno del governo greco a introdurre pienamente il programma di politica economica - ha detto la Bce - sono alla base, da un punto di vista di gestione del rischio, di una sospensione" dei limiti sul debito.

La scelta è l'ultimo tassello di un graduale aggiustamento delle politiche dell'istituto monetario. Nell'ottobre del 2008, la Bce aveva ridotto il rating minimo per molti dei titoli utilizzabili nelle operazioni di rifinanziamento da A- a BBB-. In aprile, la scelta era stata confermata a tempo indeterminato. Il rischio di ulteriori riduzioni del rating del debito greco, a livelli inferiori a BBB-, ha indotto le autorità monetarie a eliminare qualsiasi limite.

La decisione annunciata ieri vale esclusivamente per la Grecia. Nell'accettare il debito greco indipendentemente dal rating, la Bce cambia posizione rispetto al recente passato. Appena qualche mese fa, il presidente Jean-Claude Trichet aveva affermato che l'istituto monetario "non avrebbe cambiato le regole sul collaterale per il bene di un particolare paese". Evidentemente, la situazione è peggiorata drammaticamente nelle ultime settimane.

La decisione della Bce, che ha partecipato alle trattative con Atene, è prima di tutto un atto di fiducia nel programma di risanamento greco. Certo, l'effetto ottico rimane discutibile. Molti commentatori potranno facilmente sostenere che l'inversione a U della Bce non aiuterà la sua credibilità. Eppure, dietro alla scelta delle autorità monetarie si nascondono da un lato la volontà di liberarsi dalla servitù delle agenzie di rating (proprio ieri il cancelliere Angela Merkel ha dato il suo benestare a un ente indipendente europeo) e dall'altro il desiderio di congelare una regola atipica.

La zona euro prevede una moneta unica e bilanci nazionali. Questa struttura ambivalente ha indotto i costituenti negli anni 90 a permettere alle autorità monetarie di rifiutare titoli obbligazionari di un paese membro nel caso non fossero ritenuti sufficientemente credibili. Naturalmente, la scelta è comprensibile, per il modo in cui è nata l'Unione monetaria, ma ha fatto sì che la Bce sia l'unica banca centrale a poter respingere il debito di un proprio stato.

La libera accettazione del debito greco consente alle banche di rifinanziarsi dalla Bce, evitando tensioni sul mercato monetario e problemi ai bilanci bancari. Sostenere in questo frangente le istituzioni greche è indispensabile per evitare un effetto-domino nei Balcani dove le banche elleniche sono molto radicate. Un rimpatrio improvviso delle loro attività nella regione, causa problemi di rifinanziamento, avrebbe un impatto negativo in Romania o in Bulgaria.

L'aggiustamento annunciato ieri rappresenta potenzialmente un ulteriore pericolo per il bilancio dell'istituto monetario, chiamato ad accettare titoli sempre più rischiosi. Per ora, e ammesso che la Bce non debba prendere decisioni simili per altri paesi, l'impatto è limitato. Attualmente i titoli di stato di tutti i paesi della zona euro rappresentano il 12% del collaterale nei pronti contro termine, su un valore totale delle operazioni di rifinanziamento di quasi 800 miliardi di euro.

Martedí 04 Maggio 2010

 

 

 

Draghi: il nuovo patto di stabilità esteso anche alle riforme strutturali

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3 maggio 2010

Draghi: il nuovo patto di stabilità esteso anche alle riforme strutturali

"Dai nostri archivi"

Patto di stabilità da riscrivere La Bce accetterà i bond greci

Draghi: nuovo patto di stabilità

Accordo per salvare la Grecia Piano da 110 miliardi di euro Ad Atene settimana di scioperi

Come cambia l'Europa dopo il salvataggio della Grecia

In Grecia primo maggio amaro in attesa del piano di salvataggio

Cambiare il Patto di stabilità e di crescita rafforzando la governance economica della zona euro. Anche il governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi, interviene all'indomani dell'accordo sul piano di salvataggio della Grecia da parte dei paesi dell'Eurozona e del Fondo monetario internazionale. "L'ideale - ha detto il governatore alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze sociali in Vaticano - sarebbe avere un nuovo trattato, ma ciò non è agevole". Secondo Draghi occorre "ampliare il concetto del patto di stabilità e crescita. Finora esso è consistito in un meccanismo di osservazione e, in parte, di correzione dei bilanci pubblici. Dobbiamo ora rafforzare il governo economico dell'Unione, estendendo il patto di stabilità all'area delle riforme strutturali, perchè la mancanza di tali riforme è il motivo alla base della mancata crescita di alcuni paesi". Sulla necessità di modificare il Patto di stabilità si sono già espressi il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il ministro dell'Economia francese, Christine Lagarde.

3 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

Tragedia greca su listini europei

Forte calo anche per Wall Street

4 maggio 2010

Borse europee in lieve rialzo. A Milano bene Pirelli

Fino a poco tempo fa il decoupling era inteso, solamente, come l'eventuale "diversa" direzione tra le Borse del Vecchio Continente e quelle americane. Da un po' di tempo, invece, si assiste ad una nuova sorta di decoupling, seppure meno accentuata, tutta interna all'Europa. È il trend maggiormente negativo, rispetto ai paesi dell'Europa centrale o della City, che colpisce le piazze degli stati cosiddetti periferici dell'Unione europea. Cioè, quelli che hanno più problemi sul fronte della dinamica futura del edebito. Così è accaduto che oggi: Madrid ha chiuso in ribasso del 5,4%; a Milano il Ftse All Share ha perso il 4,3% e il Ftse Mib ha lasciato sul parterre il 4,7 per cento; Atene ha ceduto oltre il 6% e Lisbona il 3,7 per cento. Un po' meglio, come si diceva, la Piazza di Francoforte (-2,6%) e quella di Parigi (-3,6%) mentre Londra ha ceduto il 2,58 per cento. Dall'altra parte dell'Atlantico il Dow Jones perde il 2%, il Nasdaq il 2,9% e l'S&P500 il 2,4 per cento. E non sembrano dare una mano, negli Usa, né i dati sui compromessi di marzo per l'acquisto di una casa (+5,3% rispetto al mese precedente) né gli ordini alle fabbriche superiori alle stime (+3,5%).

Tra speculazione e debito greco

Insomma, è lo spettro della Grecia che ha turbato i mercati. Uno spettro che è stato nuovamente sfruttato dalla speculazione. Un banchiere milanese, contattato dal sole24ore.com, ha ricordato come 'sta mattina circolavano voci di una possibile richiesta di aiuto da parte del govern0 spagnolo. Una notizia duramente smentita dal premier Jose Luis zapatero. "Che cosa c'è di differente da ieri?", ha chiesto poi il finanziere all'interlocutore del sole240re.com . Di fronte al mutismo del cronista la risposta è stata: "Ieri la City era chiusa". Come dire, insomma, che c'è chi dall'area anglossassone punta sempre contro l'Europa: lo stesso Ft, oggi in prima pagina, rilevava che le posizioni short sull'euro hanno raggiunto un nuovo record.

Al di là di queste considerazioni "dietrologiche", va ricordato che la seduta si è aperta con alcune indiscrezioni di stampa, riportate sia dalla tedesca Bild sia dal Wall Street Journal, che i 110 miliardi del piano della Ue e del Fondo Monetario Internazionale in aiuto al governo di Atene non sarebbero sufficienti.

Secondo la Bild, che cita un intervento del vice-ministro delle Finanze tedesco, Steffen Kampeter, in un'audizione alla Commissione Bilancio del Bundestag, la Grecia avrebbe un fabbisogno di 150 miliardi da qui a fine 2012. Dello stesso avviso il Wsj. Il piano di aiuti, sottolinea il quotidiano Usa, risolverà il problema più urgente di Atene: il prestito obbligazionario da 8,5 miliardi di euro in scadenza fra due settimane; tuttavia il programma si basa sul presupposto che nel 2011 la Grecia sia in grado di fare ritorno sul mercato dei capitali e questo, sottolineano gli esperti, è una valutazione troppo ottimistica.

Tensioni sul mercato del credito

In questo scenario l'Euro si è indebolito contro il dollaro: la moneta unica europea è arrivata al minimo intraday di 1,3018. Un livello che non si vedeva da oltre un anno. Pressione anche sul fronte del reddito fisso. Il rendimento del bond triennale greco è tornato al 14%, il livello precedente al via libera sul programma di aiuti per la Grecia, mentre per le strade della capitale migliaia di cittadini hanno manifestato contro i pesanti tagli a salari e pensioni, e domani la protesta sfocerà in uno sciopero generale che paralizzerà il Paese.

Pressioni anche sui Cds per il timore di un rischio contagio tra i paesi periferici dell'Euro zona. Secondo i dati di Markit, il costo del cds su Madrid è salito a 212 punti base da 163 ieri, mentre il costo da sostenere per assicurarsi sul debito del Portogallo è cresciuto a 366 punti da 284. In aumento anche lo spread sui cds dell'Irlanda che si sono assestati a 225 punti base, 36 punti in più di ieri. Rimane ancora su livelli di tranquillità, ma registra aumenti anche l'Italia: il costo dei cds é salito di 16 punti a 158 punti.

Tra le blue chip italiane è il tonfo del settore bancario che, come al solito, ha "piombato" il paniere principale. Vendite sulle banche, che hanno risentito, oltre che dei dubbi sulla situazione greca, anche dell'iniziativa annunciata ieri dalla Consob. Ieri la Commissione ha chiesto la convocazione dei cda di UniCredit, Intesa Sanpaolo, Bnp, Popolare di Verona e Mps per rivedere le procedure di vendita dei servizi finanziari, dopo aver riscontrato che le esigenze di budget avevano prevalso sugli interessi dei clienti. È sprofondata (-5,84%) Fiat, all'indomani della pubblicazione dei dati sulle immatricolazioni italiane di aprile. Nel mese il Lingotto ha fatto peggio del mercato (-15,6%), accusando una flessione del 26%.

Giù Telecom Italia, nonostante i conti della controllata brasiliana Tim Participacoes, che nel primo trimestre ha mostrato un utile di 30 milioni di reais contro una perdita di 165,2 milioni nello stesso periodo del 2009, oltre che dal giudizio positivo di Rbs in vista della trimestrale che sarà resa nota giovedì. In rosso Pirelli , che a mercati chiusi ha comunicato il via libera del cda al piano di separazione di Pirelli Re dalla holding Pirelli & C. La separazione avverrà "con l'assegnazione della pressoché totalità delle azioni Pirelli Re in portafoglio agli azionisti ordinari e di risparmio Pirelli & C." e tramite "la riduzione volontaria del capitale di quest'ultima per un importo corrispondente al valore della controllata dell'immobiliare".

4 maggio 2010

 

 

 

 

MONDO

ILSOLE24ORE.COM > Notizie Mondo ARCHIVIO

Geithner: la tassa sulle banche potrebbe raccogliere 90 miliardi di dollari in dieci anni

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4 maggio 2010

"Abbiamo pensato la tassa in modo che ricada principalmente sulle società che intraprendono attività più rischiose e hanno forme di finanziamento meno stabili"

 

Il Sole 24 Ore Radiocor - "Abbiamo pensato la tassa in modo che ricada principalmente sulle società che intraprendono attività più rischiose e hanno forme di finanziamento meno stabili", ha detto Tim Geithner, segretario al Tesoro americano, sottolineando che la maggior parte degli istituti non sarebbe coinvolta (sarebbe applicata alle banche con oltre 50 miliardi di dollari in asset e che hanno i requisiti per partecipare a programmi di assistenza come il Tarp). L'obiettivo della tassa, ha spiegato Geithner, "è assicurarsi che i costi diretti del Tarp siano coperti dai maggiori istituti finanziari e non dai contribuenti". Inoltre, nell'ambito della proposta, le banche che si espongono maggiormente a rischi dovrebbero essere tassate maggiormente: "Questo avrebbe il significativo beneficio di includere derivati e altre voci tenute fuori bilancio che non si rifletterebbero altrimenti sulla contabilizzazione convenzionale", con il risultato che "sarebbero scoraggiate attività che mettono a rischio la stabilità del sistema finanziario".

La tassa alle banche, in particolare quelle che si espongono a maggiore rischio, potrebbe contribuire a stabilizzare il sistema finanziario e a recuperare i costi collegati al salvataggio degli istituti e dovrebbe essere approvata insieme alla legge di riforma della finanza al vaglio del Senato. Ha concluso Geithner durante la testimonianza davanti alla commissione Finanza del Senato, facendo riferimento alla Financial Crisis Responsability Fee proposta dal presidente americano Barack Obama in gennaio. La tassa - ha spiegato Geithner - potrebbe consentire di raccogliere circa 90 miliardi di dollari in dieci anni.

4 maggio 2010

 

 

2010-05-02

Accordo per salvare la Grecia

Piano da 110 miliardi di euro

Ad Atene settimana di scioperi

dal nostro inviato Vittorio Da Rold

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2 aprile 2010

Al via l'Eurogruppo sulla Grecia

"Dai nostri archivi"

In Grecia primo maggio amaro in attesa del piano di salvataggio

Aiuti, Eurogruppo pronto al via

Papandreou: "Il nostro obiettivo è sopravvivere come nazione". Tensione in calo sui bond greci

Per la Grecia piano shock di austerità da 20 miliardi

Atene: "Fermare il fuoco"

ATENE- Il Paese è chiamato a fare "grandi sacrifici" per "evitare la bancarotta", dice in diretta tv domenica mattina il premier greco George Papandreou, in toni drammatici, annunciando l'accordo sul piano di austerity tra governo, Commissione Ue, Bce e Fmi.

La tragedia greca, il primo salvataggio nella storia dell'eurozona, sta trovando faticosamente dopo sei mesi dal primo allarme il 20 novembre scorso, la sua exit-strategy e la parola passa al ministro delle Finanze George Papaconstantinou che ha condotto nei dettagli le trattative per il piano di risanamento. I ministri delle Finanze dell'Eurogruppo hanno dato il via libera al piano di sostegno per la Grecia: si tratta, come ha spiegato il presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker, di 110 miliardi di euro in tre anni, di cui 80 a carico dei partner della Grecia nell'area euro. Di questi, come già previsto, 30 miliardi saranno stanziati dai 15 paesi nel primo anno.

La Banca centrale europea, dal canto suo, ha dato il benvenuto al programma di austerità concordato con il governo greco. In una nota la Bce ha detto che le misure "dovrebbero aiutare a ristabilire la fiducia e a salvaguardare la stabilità finanziaria dell'euro zona". L'Eurotower infine ha aggiunto che "il programma della Grecia è completo".

Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha affermato che il piano di austerità della Grecia "è molto ambizioso" e che gli aiuti ad Atene sono "l'unica strada per assicurare la stabilità dell'euro". Merkel inoltre ha ribadito la volontà del suo governo di attivare il piano di aiuti al più tardi alla fine della possima settimana.

Prima di partire in volo per Bruxelles, il responsabile delle Finanze greco ha incontrato la stampa al terzo piano del suo ministero di ritorno dal consiglio dei ministri speciale convocato dal premier Papandreou per annunciare l'intesa con Ue-Fmi.

La manovra varata da Atene è senza precedenti per ampiezza e obiettivi da raggiungere. "L'accordo raggiunto ad Atene per un programma pluriennale di consolidamento di bilancio e di riforme strutturali, fra le autorità greche da una parte e dall'altra la Commissione Ue, la Bce e l'Fmi, prevede tagli alla spesa pubblica da 30 miliardi di euro i 3 anni cioè entro il 2012, e il rientro del deficit pubblico al 3% entro il 2014, con una riduzione di 11 punti percentuali in quattro anni", ha spiegato in sintesi il ministro affermando che non è preoccupato dalle ricadute politiche e personali di questa scelta che non ha alternative se non la bancarotta del paese.

La faccia di Papaconstantinou è uno straccio, tesa, stanca per i duri negoziati passati con la troika composta da Ue, Bce e Fmi. Ma ora la corsa contro il tempo (prima delle scadenze dei bond del 19 maggio) sta per finire il ministro dice di poter "ritornare quando sarà possibile sul mercato" anche se "gradualmente" senza più l'incubo di non riuscire a pagare gli interessi giunti fino al 10% sul decennale greco. Il ministro ha precisato che, in caso di ritorno al mercato obbligazionario con l'emissione di bond (se i tassi d'interesse scenderanno a livelli sostenibili) potrebbe non essere necessario utilizzare tutti i finanziamenti del meccanismo previsti per il piano triennale.

Poi ha aggiunto una previsione che purtroppo non stupisce nessuno dei presenti dei media giunti da ogni parte del mondo per assistere alla confrenza stampa del primo salvataggio di un paese dell'Eurozona: "Il debito salirà al 140% del Pil e poi nel 2014 comincerà a scendere. Il Pil greco nel 20101 si contrarrà del 4%".

Papaconstantinou ha spiegato anche che "ogni trimestre ci saranno i controlli" da parte della Ue-Fmi sull'implementezione del piano di ritrutturazione dell'economia greca. Tutti ricordano che nel 2004 il primo Governo Karamanlis, conservatore, ricevette un paese con 180 miliardi di euro di debiti e nell'ottobre 2009 lo stesso passava la mano al socialista Papandreou lasciandogli in eredità 300 miliardi di euro di debito. Un incremento di ben 120 miliardi di euro messi a segno in soli sei anni di dissenate politiche clientelari. Senza contare un deficit 2009 taroccato che è balzato dal 3,4 al 13,6% del Pil. Ma vediamo in sintesi la manovra di austerità adottata dal governo Papandreou.

 

Pubblici dipendenti nel mirino - Nel settore pubblico, oltre alle riduzioni delle indennità già annunciate in precedenza, saranno congelati stipendi e pensioni. Verranno ridotte la 13ma e la 14ma mensilità sotto i 3.000 euro lordi mensili, e saranno abolite sopra questa cifra. In ogni caso le due mensilitò non potranno superare l'importo massimo di mille euro. Alla fine di altri interventi saranno tagliati (-8%) i premi che sono una quota importante delle retribuzioni elleniche già ridotto del 12% pochi gioni fa. I dipendenti pubblici, al netto di tutte le operazioni di austerity, vedranno i loro salari ridurre di oltre il 20%.

Tagli alle pensioni – La 13ma e la 14ma saranno abolite per le pensioni sopra i 2.500 euro lordi mensili, e sotto questo livello saranno ridotte. Sara rivisto completamente il sistema delle pensioni di invalidità. Per le pensioni a partire dal 2011 eguaglianza nell'età pensionabile tra uomini e donne a 65 anni con un minimo di contributi in crescita graduale da 35 e 40 anni e un meccanismo per adeguarla in automatico all'incremento delle aspettative di vita.

Più flessibilità ai privati

Non ci saranno tagli salariali per il settore privato, ma sarà ridotta l'indennità di licenziamento e resa più elastica la possibilità di licenziamento. Al settore privato saranno inoltre ridotte le ore di lavoro straordinario.

Imposte indirette

L'Iva sarà aumentata del 2% fino al 23%. Saranno aumentate del 10% tasse carburanti, alcolici, sigarette. Aumento tasse sui beni di lusso, tassazione lotterie.

Retroscena sull'Fmi

La crisi greca durerà ancora un decennio, il tempo per il quale l'Fmi intende rimanere nel Paese per controllare la situazione. Lo rivela il settimanale Der Spiegel, secondo il quale il Fmi è intenzionato a rimanere in Grecia per almeno dieci anni, fino a quando le misure economiche saranno state completate ed inizieranno a produrre i frutti sperati. L'Fmi è già pronto a mettere a disposizione di Atene un programma di aiuti di 27 miliardi di euro per i prossimi tre anni, 15 miliardi dei quali verranno versati già nel corso del primo anno. Il settimanale di Amburgo rivela poi che a piegare le resistenze di Angela Merkel sono state le pesanti pressioni esercitate dal ministro delle Finanze americano, Timothy Geithner, nel corso della riunione dei ministri del G7 a Washington della settimana scorsa. Geithner avrebbe spiegato al sottosegretario tedesco Joerg Asmussen, in rappresentanza del ministro Wolfgang Schaeuble malato, che la crisi greca andava risolta al più presto, prima che si estendesse ad altri Stati. Il compito maggiore nell'impedire questa deriva spettava alla Germania, nella sua veste di maggiore potenza economica europea.

ANALISI / La parola ora passa alla piazza (di Vittorio Da Rold)

Tutti gli sperperi della Grecia

LE REAZIONI / Kouchner: "Rischio contagio". Merkel: "Cambiare regole eurogruppo"

In Grecia 1° maggio di scontri in attesa del piano di austerità

FOTO / Scontri in piazza ad Atene

VIDEO / Cortei e proteste in Grecia

ANALISI / Una terza via per curare i conti della Grecia (di Luigi Zingales)

INTERVISTA / Roubini: "Salvare la Grecia è uno spreco di risorse pubbliche"

2 aprile 2010

 

 

 

La parola ora passa alla piazza

dal nostro inviato Vittorio Da Rold

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2 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Per la Grecia piano shock di austerità da 20 miliardi

Aiuti, Eurogruppo pronto al via

Accordo per salvare la Grecia Piano da 110 miliardi di euro Ad Atene settimana di scioperi

In Grecia primo maggio amaro in attesa del piano di salvataggio

Dalla pensione a 60mila morti all'indennità di puntualità. Tutti gli sperperi della Grecia

Il pacchetto lacrime e sangue da 30 miliardi di tagli e nuove imposte annunciato dal governo Papandreou taglia al termine di tutte le misure già prese in precedenza i salari dei dipendenti pubblici di più del 20%, più o meno quanto fatto in Irlanda e in Lituania, due paesi anch'essi sull'orlo della bancarotta e salvati dall'intervento del Fondo monetario. La ricetta dell'Fmi, purtroppo, è sempre la stessa: svalutazione o se non puoi, perché sei legato a una moneta forte (Lituania) o sei nell'euro (Irlanda e Grecia), devi tagliare i salari per far tornare i conti, cioé fare una svalutazione interna.

Alla Grecia mancavano esattamente 30 miliardi all'appello per spese eccessive e incapacità di riscuotere (spesso anche per corruzione degli esattori). Ma la vera partita è se la piazza e la gente comune sosterrà una manovra così pesante e impopolare. La decisione dovrà passare lunedì o martedi in parlamento e poi mercoledì, giorno dello sciopero generale di sindacati privati e pubblici, ancora l'esame più impegnativo della piazza. Quello sarà il primo banco di prova significativo - dopo gli scontri di giovedì tra anarchici e polizia a Piazza Syntagma della tenuta del governo e della popolarità del premier Papandreou.

Intanto i greci sono divisi sulla manovra di austerity annunciate dal governo: secondo un sondaggio, più della metà dei cittadini non accetterà passivamente il piano di Atene. E il malumore serpeggia non solo tra i leader sindacali che comunque hanno mostrato finora un senso di responsabilità ma anche tra la gente comune. Pauolo, 37 anni, proprietario di un chiosco di giornali (settore che verrà costretto a emettere ricevute fiscali e che ha già fatto una serrata la scorsa settimana) è convinto che queste misure "uccideranno la gente e il suo commercio già colpito da un calo di vendite dei giornali del 30%. Certo, non potevamo prevedere una crisi finanziaria di queste dimensioni ma ormai le persone hanno paura a spendere e si è innescata una spirale perversa. Ci vuole una commissione d'inchiesta parlamentare per scoprire dove sono andati a finire i soldi".

Maria Chardalia, pensionata, dice che spesso aiuta i suoi nipoti, tutti senza lavoro stabile, con piccole somme e ora teme di non poterlo più fare. Inoltre ha paura che i suoi nipoti si caccino nei guai partecipando agli scontri con la polizia e gli anarchici. Christoforos invece lavora in una Radio di Atene come Dj ed è contento del suo lavoro ma ha paura del calo dell'audience e della pubblicità. "Prendessero i soldi dai ladri e non da noi, Karamanlis ha preso il paese con 180 miliardi di debiti nel 2004 e l'ha consegnato nel 2009 con 300 miliardi di euro di debiti. Ne macano 120 all'appello".

Altri giovani come Chrsoula Denisi, odontotecnica vuole venire in Italia a cercare lavoro: "È colpa anche nostra. A portarci a questo punto è la corruzione e la mentalità greca. Non abbiamo altra scelta che andarcene via dal paese. Ci vorrebbe un tedesco dietro ad ogni greco per far andare bene le cose", dice sconsolata.

Un'impiegata di 30 anni, Elena, racconta che è stata chiamata dala direzione del personale della sua ditta di tlc per comunicarle che le veniva ridotto lo stipendio da mille a 800 euro al mese lo scorso mese. "Così non va - dice arrabbiata - ma non ho scelta".

Proprio come la Grecia che è a un bivio: se mercoledì il Governo Papandreou tiene la rotta allora i tassi torneranno a liveli ragionevoli, ma al primo cedimento alle richieste della piazza, i mercati non perdoneranno e per Atene, nel corso della sua nuova Odissea, si allontenerà il ritorno verso la stabilità di Itaca.

2 maggio 2010

 

 

 

Dalla pensione a 60mila morti all'indennità di puntualità. Tutti gli sperperi della Grecia

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2 maggio 2010

"Dai nostri archivi"

Accordo per salvare la Grecia Piano da 110 miliardi di euro Ad Atene settimana di scioperi

Aiuti, Eurogruppo pronto al via

Per la Grecia piano shock di austerità da 20 miliardi

In Grecia primo maggio amaro in attesa del piano di salvataggio

Atene: "Fermare il fuoco"

Fra le tante cause che hanno contribuito al dissesto finanziario della Grecia - che ha dovuto fare ricorso all'aiuto dell'Ue e del Fmi per evitare la bancarotta - ci sono anche moltissimi e paradossali sperperi che dovrebbero essere eliminati con le riforme annunciate dal premier Giorgio Papandreou nel quadro del piano per il risanamento dell'economia nazionale.

Tra gli sprechi, come ha accertato una recente indagine condotta degli enti previdenziali, il più eclatante è che circa 60.000 pensionati ormai deceduti percepiscono ancora la pensione. A parte i casi di frode, in cui i familiari del morto non avvertono di proposito l'ente previdenziale del decesso del congiunto, ci sono casi in cui continuare a prendere la pensione del caro estinto è legale come avviene alle figlie nubili o divorziate di un ex-dipendente statale.

Anche in Grecia è diffuso il fenomeno delle pensioni fasulle, soprattutto per quanto riguarda quelle di invalidità che quelle del settore dell'agricoltura: il ministero del Lavoro ha calcolato che a tutt'oggi vengono corrisposte 320.000 pensioni di questo genere (pari al 14% di tutte le pensioni pagate nel paese) che dovranno essere ridotte almeno a 160.000.

Con una evidente ricaduta anche sull'evasione fiscale, è stato inoltre accertato che il 43% dei pensionati greci svolge un'attività lavorativa sul cui compenso non paga le tasse.

Tra i tanti sperperi, inoltre, il più assurdo è forse l'indennità che alcuni ministeri e dipartimenti statali pagano ai dipendenti per premiarli del fatto di arrivare in orario in ufficio. Esistono almeno altre 20 indennità analoghe, come quella che prevede un "bonus" - anch'esso inserito nello stipendio mensile - ai dipendenti della Guardia Forestale per incoraggiarli a lavorare fuori dall'ufficio, come è logico che facciano le guardie forestali.

Ci sono poi anche molti dipendenti pubblici - i cosiddetti "impiegati fantasma" - che non si presentano mai in ufficio, fanno un secondo lavoro per lo più in nero e, naturalmente, alla fine del mese prendono lo stipendio dello Stato. Tra i vari privilegi dello statale, inoltre, c'è quello di non poter essere licenziato e di potersene andare volontariamente in pensione dopo soli 25 anni di servizio, in genere prima di raggiungere i 50 anni di età.

Un'altra attività redditizia e poco impegnativa, ma che pesa non poco sulle casse dell'erario, è quella di far parte di una commissione statale. Il governo greco non ha nemmeno idea di quante esse siano ma si calcola che diano lavoro a circa 10.000 persone con un costo di quasi 230 milioni di euro all'anno. Fra queste commissioni ce n'è una incaricata della gestione delle acque di un lago che fu prosciugato 80 anni fa. (Ansa)

2 maggio 2010

 

 

 

Una terza via per curare i conti

di Luigi Zingales

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Sabato 01 Maggio 2010

Dicevano che fosse una cospirazione di Wall Street, l'effetto della speculazione perversa di hedge fund senza scrupoli, che la crisi della Grecia fosse solo un'invenzione del mondo finanziario. Oggi la triste realtà sembra emergere. La Grecia non soffre di una crisi di liquidità: è insolvente. Con un deficit di bilancio del 13,6% del Pil, un debito del 115% del Pil, e una crescita attesa che secondo le opinioni più ottimiste è del -2% e secondo quelle più realiste del -4%, la Grecia non ce la fa a pagare i suoi debiti. La stretta fiscale richiesta per ridurre il deficit avrà effetti negativi sulla crescita e quindi sul Pil, finendo per aumentare il peso del debito sul Pil, invece che ridurlo. Senza contare la protesta sociale che sta causando.

L'assistenza richiesta ai partner europei non è un temporaneo sostegno finanziario, ma un aiuto a fondo perduto. Se il 67% dei tedeschi è contrario all'aiuto alla Grecia non è per egoismo. È una posizione sacrosanta di chi capisce che l'aiuto non è ai greci, ma alle banche e assicurazioni francesi e tedesche, esposte con la Grecia per 78 miliardi. Una delle regole fondamentali del mercato è che chi gode dei guadagni debba assumersi anche le perdite. I risparmiatori italiani hanno imparato a loro spese la lezione che titoli di stato ad alto rendimento sono rischiosi.

Quando l'Argentina fece default persero una percentuale rilevante del loro investimento, e non furono indennizzati da alcun soccorso statale. Perché le banche devono essere trattate in maniera diversa?

Mi si dirà che il soccorso è inevitabile; che senza un "bailout" l'Europa precipiterà in una crisi finanziaria profonda, con effetti devastanti sull'economia. È vero che se la Grecia dichiarerà default come ha fatto l'Argentina questo avrebbe effetti devastanti e quindi va evitato. Ma la scelta non è tra un soccorso incondizionato e l'abbandono. Esiste una terza via. Una via che elimina gli effetti devastanti di un default, ma non regala i soldi dei contribuenti alle banche.

La prima regola di questo piano alternativo è un allungamento della maturità del debito greco, spostandone di almeno tre anni la scadenza. Questo consolidamento è di fatto un parziale default, che ridurrebbe il valore del debito di circa il 15-20 per cento. Ha l'effetto di dare alla Grecia il tempo di ristrutturarsi, forzando al tempo stesso i creditori attuali ad assorbire una perdita, invece che trasferirla ai contribuenti.

Senza l'obbligo a breve di fare fronte al debito in scadenza, la Grecia ha bisogno di circa 25 miliardi di euro per finanziare il deficit del 2010. Queste risorse potrebbero essere fornite dal Fondo monetario internazionale con un prestito. Affinché non si tramuti in un sussidio indiretto alle banche internazionali, questo prestito dovrebbe avere priorità nella restituzione rispetto a tutti i debiti esistenti. In aggiunta, come tutti i prestiti dell'Fmi, anche questo dovrebbe essere condizionato a una rigida manovra fiscale, che possibilmente minimizzi gli effetti negativi sull'economia. Ad esempio, un'imposta sulla proprietà immobiliare, difficile da evadere, potrebbe essere una buona nuova fonte di entrate.

Il rischio maggiore di questa manovra sarebbe per le banche greche. Il parziale consolidamento avrebbe un immediato effetto sul valore dei titoli pubblici greci con un impatto immediato sul patrimonio bancario. Mentre le banche francesi e tedesche dovrebbero essere in grado di assorbire il colpo, quelle greche, che secondo uno studio di Barclays detengono 42 miliardi di euro, rischierebbero l'insolvenza. Anche in questo caso, la soluzione non sarebbe un bailout incondizionato, ma un sostegno selettivo. Se le banche greche sono a rischio, l'Fmi potrebbe prenderne controllo, garantendone i depositi e i debiti interbancari, ma spazzando via gli azionisti e, se le perdite lo richiedono, anche gli obbligazionisti. Si tratterebbe di una nazionalizzazione, ma non operata dal governo greco, con i rischi di corruzione e influenza politica che questo comporterebbe, ma da parte dell'Fmi, che si impegnerebbe a riprivatizzare quanto prima, recuperando con questo i possibili costi dell'intervento. L'esborso in caso di intervento non dovrebbe superare i 10 miliardi di euro.

Condizionatamente al raggiungimento degli obiettivi prefissati, il Fondo potrebbe promettere altri 5-10 miliardi di euro per finanziare il debito del 2011, che nel frattempo dovrebbe ridursi al di sotto del 5% del Pil. Questo consentirebbe alla Grecia di raggiungere l'obiettivo di un deficit del 3% nel 2012, che le permetterebbe di riaccedere ai mercati, rifinanziando il debito che agli inizi del 2013 comincerebbe a venire a scadenza.

Si tratta di un piano equo, che penalizza giustamente la Grecia, ma anche i creditori che le hanno concesso credito troppo facilmente. Un piano che protegge l'interesse dei contribuenti. Un piano che non sarà mai non solo attuato, ma tantomeno discusso perché a Francoforte e Parigi, come a Washington nel 2008, i voti non si contano, ma si pesano.

Luigi Zingales

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Sabato 01 Maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

2010-04-30

Papandreou: "Il nostro obiettivo è sopravvivere come nazione". Tensione in calo sui bond greci

30 aprile 2010

Papandreou: "Il nostro obiettivo è sopravvivere come nazione". Tensione in calo sui bond greci

 

C'è in ballo la stessa "sopravvivenza" della Grecia in quanto "nazione", nelle trattative che Atene sta portando avanti con Unione europea e Fondo monetario internazionale sugli aiuti che ha richiesto. "La sopravvivenza della nazione è la nostra linea rossa", ha affermato il premier George Papandreou, intervenendo oggi in Parlamento: è la questione determinante nelle discussioni. Il premier greco ha legato, d'altra parte, il futuro del paese alle misure economiche che la Grecia deve adottare: "Sono necessarie per proteggere il nostro paese, per la nostra sopravvivenza, per il nostro futuro, affinché possiamo restare in piedi", ha detto Papandreou. Secondo diverse fonti lo sblocco del pacchetto di aiuti alla Grecia dovrebbe arrivare questo fine settimana.

Intanto nel dibattito sull'uscita o meno dei paesi a rischio default dall'Eurozona, il presidente della Commissione europea, Josè Barroso, intervistato dal quotidiano tedesco "Hamburger Abendblatt" si è detto contrario all'introduzione nei trattati europei della possibilità di escludere un paese dall'area euro, un'eventualità di cui si discute molto in Germania e in Europa in questi giorni sulla scorta del caso greco. "I trattati europei non prevedono questa possibilità e sarebbe un errore introdurla", ha spiegato Barroso, attualmente in visita in Cina. "Dobbiamo fare di tutto affinché i membri della zona euro rispettino le regole", ha precisato il presidente della Commissione Ue.

Nel frattempo continuano ad attenuarsi le tensioni sui titoli di stato della Grecia: stamattina i rendimenti sui bond greci a 10 anni sono scesi al 9,059 per cento, contro il 9,040 per cento cui erano calati ieri in serata, laddove in precedenza, nella fase più acuta degli allarmi avevano superato l'11 per cento. In lieve attenuazione anche i rendimenti sui titoli di stato greci a due anni, che avevano subito pressioni ancora più forti dato che i timori dei mercati si concentravano sulle prospettive di solvibilità di breve termine del paese. Stamattina i rendimenti calano al 12,782 per cento, contro il 12,890 per cento di ieri in serata e laddove in precedenza erano arrivati a toccare il 18 per cento.

In calo oggi anche i rendimenti sui bond a 10 anni del Portogallo, un altro paese su cui si concentrano i timori del mercato, stamattina sulla scadenza a 10 anni scendono al 5,427 per cento, dal 5,480 per cento di ieri, e sui 2 anni al 4,27 per cento, dal 4,78 per cento di ieri in serata. Giù anche i tassi sui bond della Spagna a 10 anni, al 4,032 per cento stamattina dal 4,050 di ieri in serata. Nel frattempo l'euro continua a recuperare a 1,3314 dollari, laddove nella fase più alta delle tensioni era calato fino a 1,3115, minimo da inizio aprile 2009.

Accordo con Ue e Fmi. Per la Grecia piano shock di austerità da 20 miliardi (di Vittorio Da Rold)

L'Europa punta al via libera per la Grecia entro il week end (di Giuseppe Chiellino)

Madrid: non siamo la Grecia (di Michele Calcaterra)

S&P declassa anche la Spagna

EURO IN PANNE1 / Il salvagente alla Grecia non galleggerà (Roberto Perotti)

EURO IN PANNE 2 Europa una moneta e nessuna bandiera(di Guido Gentili)

RETROSCENA / A Parigi monta la rabbia contro "l'egoista Merkel" (di Attilio Geroni)

Banche Ue in fuga da Atene: esposizione tagliata del 29% (di Morya Longo)

I mercati e la domanda-tabù: il debito greco sarà ristrutturato? (di Nicola Borzi)

INTERVISTA / Nouriel Roubini: "Salvare il paese è una classica mission impossible" (di Daniela Roveda)

ANALISI / Perché i miliardi ad Atene potrebbero non bastare (di Fabio Pavesi)

30 aprile 2010

 

 

 

Per la Grecia piano shock di austerità da 20 miliardi

di Vittorio Da Rold

30 Aprile 2010

Per la Grecia piano shock di austerità da 20 miliardi

Il primo a uscire sorridente dalla residenza ufficiale del premier greco George Papandreou, che ha appena concluso l'incontro con le parti sociali per precisare il suo programma di austerità da lacrime e sangue da 20-24 miliardi di euro per i prossimi due anni, necessario per accedere agli aiuti Ue–Fmi, è il segretario del sindacato del settore privato Yannis Panagopoulos.

I giornalisti lo accerchiano con perfetta manovra da falange greca: nessuna parola d'ordine di mobilitazione delle piazze, anzi toni pacati. "Le forze produttive del paese devono unirsi per affrontare la crisi", afferma cauto. Poi più nel dettaglio, che oggi vogliono dire tagli e aumenti di tasse, annuncia che per il settore privato ci sarà solo il "congelamento dei salari e maggiore flessibilità mentre il taglio di tredicesima e quattordicesima riguarderà solo i pubblici dipendenti". Una mazzata per gli statali abituati a buoni stipendi e a ritmi di tutto riposo. La pacchia sembra finita, la rendita clientelare in bilico. Il portavoce del governo Giorgio Petalotis tace e non conferma né smentisce, lascia che siano i vari rappresentanti dei sindacati a parlare. Vuol dire che la richiesta di Ue-Fmi è passata, ma l'esecutivo socialista del Pasok vuole farla filtrare con il contagocce per dar tempo di farla digerire all'opinione pubblica sempre più frustrata e rassegnata. Il rischio di scontri di piazza è comunque sempre presente: ieri la polizia ha sparato lacrimogeni durante una manifestazione di protesta davanti al parlamento.

Poi arrivano altri dettagli resi noti dal rappresentante dei porto del Pireo ("la liberalizzazione del diritto di cabotaggio andrà avanti e verrà approvata entro il 15 maggio nonostante le proteste dei portuali") e dal presidente dell'associazione degli imprenditori turistici che fa filtrare l'aumento dell'Iva di due punti rispetto all'attuale 21% e un ulteriore incremento del 10% delle tasse su carburanti (la benzina già oggi a 1,4 euro al litro), tabacco e alcolici.

Infine la sorpresa del taglio di tredicesima e quattordicesima anche per i pensionati più facoltosi, cioè ci sarà una soglia sotto la quale non scatterà la mannaia sulle mensilità aggiuntive per tutelare le pensioni più basse.

"Contenti? – dice un sindacalista rivolto ai repoter stranieri – assomigliamo di più all'Europa, ora?". Poi se ne va imbufalito forse perché deve andare a riferire alla base e la cosa evidentemente non gli fa piacere.

Poi c'è la novità più intrigante (che assomiglia molto a una sorta di commissariamento strisciante): il programma di riforme sarà dettagliatissimo – dice un fonte governativa – accompagnato da una descrizione mensile sui progressi fatti, il che condizionerà il prosieguo del flusso di aiuti. Sarà la prima volta che un paese della zona euro sarà sottoposto a una supervisione così attenta.

Purtroppo i trucchi del passato hanno reso tutti più cauti. I finanziamenti saranno concessi in tranche e ogni mese verrà verificato se le misure concordate siano state adottate. In caso di rallentamenti si bloccheranno i prestiti. Alcune misure saranno provvisorie, altre permanenti. La fonte governativa ha aggiunto che entro il fine settimana saranno conclusi i negoziati con Ue-Fmi. Entro la prossima settimana il parlamento voterà la manovra.

Anche Bruxelles con le parole del commissario agli affari economici Olli Rehn concorda sui tempi. In sintesi la Ue e l'Fmi hanno condizionato gli aiuti alla Grecia a un taglio del deficit di dieci punti tra il 2010 e il 2011.

I greci comunque restano vigili: nei primi tre mesi, sono "scappati" dalle banche elleniche 10,6 miliardi, circa il 4,5% del totale. Nello stesso tempo i depositi detenuti a Cipro da filiali di banche greche sono aumentati da novembre del 15% portando il totale a 8 miliardi di euro. Facile tirare le conseguenze.

Naturalmente la Borsa di Atene brinda con l'avvicinarsi del salvataggio: ieri l'indice ha chiuso in progresso del 7,14%. A spingere gli acquisti sono stati soprattutto i titoli bancari con un rialzo superiore al 10%, recuperando quello che avevano perso l'altro ieri.

PERCHÉ

Per quale ragione i finanziamenti alla Grecia verranno concessi in molte tranche?

Per permettere a Ue e Fmi di controllare, ogni mese, l'attuazione delle misure di austerità. Dopo i conti truccati, i partner vogliono una sorveglianza stretta su Atene

 

 

 

 

L'Europa punta al via libera

per la Grecia entro il week end

di Giuseppe Chiellino

29 aprile 2010

L'Europa punta al via libera per la Grecia entro il week end. Nella foto Olli Rehn, Commissario Ue agli Affari Economici

"Dai nostri archivi"

Papandreou: "In Grecia dobbiamo cambiare tutto" Trichet preme sulla Merkel

A Berlino accordo sugli aiuti

Buona domanda per l'asta Btp Dopo il declassamento balza lo spread dei bond spagnoli

Merkel alla Grecia: più sacrifici

Bond greci a livello spazzatura La Ue: i negoziati procedono Eurovertice il 10 maggio

Dopo le pressioni sulla Germania, con l'incontro di ieri a Berlino tra Angela Merkel e i vertici di Bce e Fmi, oggi è il giorno della calma e del recupero della fiducia. In questa direzione, infatti, si vanno concentrando i messaggi lanciati dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet e dal commissario Ue agli affari economici, Olli Rehn. Ma anche il presidente francese, Nicholas Sarkozy, si è mosso per dare un messaggio di solidità dei rapporti con Berlino. I tedeschi oggi hanno taciuto, a parte Axel Weber, membro del board Bce, le cui parole sulla solidità dell'euro sono comunque state intepretate come un'apertura al piano di aiuti.

I mercati hanno beneficiato del coro di messaggi distensivi e la borsa di Atene è arrivata a guadagnare l'8%, così come si è allentata la tensione sui differenziali di rendimento tra i Bund tedeschi e le corrispondenti obbligazioni greche. Insomma, c'è la diffusa la sensazione - soprattutto a Bruxelles ma anche ad Atene - che entro il fine settimana possa finalmente arrivare il via libera di Berlino al piano di aiuti e, di conseguenza, la valutazione della Commissione e della banca centrale. Anche i partiti tedeschi di opposizione, infatti, Spd compresa, hanno accettato di velocizzare l'iter parlamentare necessario perchè il governo possa dare il suo assenso.

Trichet ed Eurolandia

Gli aiuti previsti per la Grecia "non sono utili solo per Atene, ma anche per tutta Eurolandia perché riducono i rischi per la stabilità finanziaria" ha ricordato Trichet parlando proprio in Germania in occasione del 9° Munich economic summit. Per il futuro Trichet chiede anche un'applicazione rigorosa del Patto di Stabilità, che consenta anche interventi preventivi sulle politiche economiche degli stati membri.

Trichet, che ha anche espresso fiducia nei risultati dei colloqui tra il governo greco, la commissione Ue, la Bce e il Fmi. "Il mio messaggio a Berlino di ieri - ha sottolineato - è che è caldamente consigliata una procedura parlamentare rapida nelle attuali circostanze". Il numero uno della Bce ha anche esortato i Governi a mostrare un forte senso di "autodisciplina" per mantenere la fiducia dei cittadini, mentre "adeguamenti fiscali da soli non saranno sufficienti a garantire la sostenibilità. Sono necessarie riforme strutturali (in seno a Eurolandia). Dobbiamo migliorare con determinazione l'efficacia del controllo di politiche fiscali ed economiche. Faccio conto in particolare sulla Germania". Trichet ha anche affermato che "l'economia greca è particolarmente colpevole della sfiducia nei suoi confronti a causa della sua irresponsabilità fiscale e del mancato rispetto di una propria competitività".

L'ottimismo di Olli Rehn

Fiducia ha mostrato anche il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, che a sorpresa ha convocato i giornalisti prima del consueto briefing quotidiano dell'esecutivo Ue, facendo pensare l'annuncio riguardasse proprio il via libera al piano. L'incontro, invece, doveva servire solo per stemperare la tensione e alimentare la fiducia affermando che il programma di aiuti alla Grecia "sarà finalizzato nei prossimi giorni e darà fiducia ai mercati". Identica indicazione temporale in serata è stata rilanciata dal premier greco, Papandreou davanti ai dirigenti del partito socialista. Una svolta attesa e auspicata che per il commissario Ue, in sintonia con Trichet, "non è importante solo per la Grecia ma per la stabilità finanziaria, la ripresa economica e il ritorno a una crescita sostenuta in Europa".

E' intervenuto anche il presidente francese, Nicholas Sarkozy che ha definito "perfetta" l'intesa tra Francia e Germania sui mezzi per risolvere la crisi del debito greco. "Non lasceremo agire la speculazione a suo piacimento per destabilizzare questo o quel Paese" ha aggiunto.

Le sfide del processo di integrazione europeo secondo Trichet

Il presidente della Bce ha parlato delle lezioni e delle conseguenze della crisi finanziaria, ma soprattutto ha affrontato il tema delle sfide che deve affrontare il processo di integrazione europea. "Dobbiamo migliorare in modo risoluto la sorveglianza tra pari delle politiche economiche e fiscali" ha detto Trichet, secondo il quale "il punto debole della sorveglianza multilaterale sarà corretto e il patto di stabilità e di crescita sarà rafforzato e applicato rigorosamente, alla lettera e nel suo spirito". Secondo Trichet, la cosiddetta 'sorveglianza tra pari' "dovrà riguardare anche la competitività e le riforme strutturali di ciascun paese, in modo da assicurare una crescita sana e sostenibile, come ha sempre chiesto la Bce negli ultimi anni. I paesi che condividono una moneta comune hanno anche un destino comune" ha concluso Trichet.

Le condizioni dell'eurogruppo e del Fondo monetario

Intanto in Grecia il governo di Papandreou ha presentato ai sindacati le condizioni poste dall'Europa e dal Fondo monetario internazionale. Secondo quanto ha riferito un sindacalista al termine dell'incontro, gli aiuti arriveranno a condizione che il governo di Atene riduca il rapporto deficit/pil di dieci punti tra 2010 e 2011, riportandolo, in pratica sotto il 4%. Per il segretario generale dell'Adedy, sindacato che rappresenta i lavoratori pubblici, "l'impressione è che l'intesa sia già stata chiusa". Tra le misure sarebbe previsto il taglio di tredicesima e quattordicesima degli statali, un aumento dell'Iva tra i due e i quattro punti percentuali rispetto all'attuale 21% e un incremento del 10% delle tasse su carburanti, tabacco e alcolici.

29 aprile 2010

 

 

 

 

Madrid: non siamo la Grecia

di Michele Calcaterra

30 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Buona domanda per l'asta Btp Dopo il declassamento balza lo spread dei bond spagnoli

Per i mercati Spagna prossima vittima

"Europa dell'Est al riparo dall'onda lunga del debito"

E l'oro si comporta come una valuta

Ora si scopre che il default sarebbe servito

In Spagna il clima non è certo da "day after". Il declassamento deciso da Standard & Poor's mercoledì aggiunge incertezza al quadro d'insieme, ma secondo gli economisti "ha più un impatto piscologico che concreto". Ieri i mercati hanno reagito bene allo scossone e il ministro delle finanze, José Manuel Campa, ha ribadito che la Spagna "non ha alcun problema di liquidità" e che tutte le scadenze del debito (16 miliardi di euro a luglio) verranno rinnovate nei tempi prestabiliti. In aggiunta, secondo Juan Ignacio Crespo di Thomson Reuters, il settore bancario spagnolo è uno dei migliori al mondo in quanto a solvibilità e patrimonio.

Insomma si tenta di gettare acqua sul fuoco della speculazione e di minimizzare l'accaduto, sostenendo che la Spagna è un paese affidabile. Madrid ha buon gioco nel ricordare che nonostante il taglio di mercoledì, due agenzie di rating su tre le assegnano la tripla A e che tutte e tre la collocano davanti all'Italia. Il governo ha ribadito che rispetterà gli impegni di riequilibrio dei conti pubblici presi con Bruxelles, anche se il commissario Joaquin Almunia ha ribadito ieri che la Spagna deve varare misure urgenti se intende far fronte afficacemente alla crisi e bloccare la speculazione.

Questo scenario però non convince tutti. Per Lorenzo Bernaldo de Quiros, uno degli economisti più critici nei confronti della politica del governo, è impossibile per la Spagna, visto lo stallo della sua economia, migliorare la situazione dei conti pubblici e che vi sia un reale rischio di "argentizzazione". "La perdita di fiducia - dice - avrà effetti sui flussi finanziari internazionali verso la Spagna, ma anche sulle banche, che hanno investito in debito pubblico. Sono dunque pessimista e vedo un peggioramento della situazione prima dell'estate".

Il vero nodo di tutta la questione sembra essere quello della mancata crescita. Gregorio Izquierdo, direttore dell'Istituto di Studi economici (Iee) di Madrid, osserva che il taglio di S&P's era nell'aria e che il richiamo dell'agenzia "è uno stimolo in più per migliorare". L'economista ammette che l'analisi di S&P's è severa, ma corretta. "Nel secondo trimestre - dice - la Spagna uscirà dalla recessione, ma il terzo e quarto saranno difficili. Credo che anche quest'anno avremo un saldo negativo di posti di lavoro".

Come uscire dunque da questo impasse? Dopo l'ubriacatura del decennio scorso la Spagna ha perso rapidamente competitività e il miracolo economico, basato sull'immobiliare e sul credito a pioggia, si è rapidamente dissolto. L'economista Jean Pisani Ferri punta l'indice sull'efficienza: "Negli ultimi 10 anni i salari in Spagna sono aumentati del 50% mentre la produttività è cresciuta solo del 7%". La ricetta dunque sarebbe quella di congelare i salari (se non addirittura ridurli).

Rigore, sia nel settore privato, sia in quello pubblico. E non basta certo il piano di austerità da 50 miliardi in 4 anni varato recentemente dal Governo, gli aggiustamenti nell'aumento dei salari e nei livelli occupazionali nell'amministrazione pubblica (oggi il consiglio dei ministri dovrebbe annunciare nuovi tagli).

È dunque indispensabile procedere alla riforma del mercato del lavoro, per rendere i rapporti meno onerosi e più flessibili; a quella delle pensioni con l'allungamento dell'età lavorativa da 65 a 67 anni; infine frenare la spesa pubblica. Tre misure sicuramente impopolari, da mesi in discussione con le parti sociali e che dovrebbero approdare concretizzarsi tra poche settimane. Nel frattempo la Spagna cerca di "aguantar", di resistere, sperando che la speculazione non faccia altri danni.

PERCHÉ

Come mai Standard & Poor's ha tagliato per la seconda volta il rating sovrano della Spagna?

Perché ha rivisto al ribasso le sue stime sulla crescita media annua del Pil spagnolo da +1% a +0,7% nel periodo 2010-2016 a causa della fine del modello di crescita fondato sul credito

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30 Aprile 2010

 

 

 

EUROPA IN PANNE/1 Quel salvagente non galleggerà

di Roberto Perotti

Venerdí 30 Aprile 2010

Siamo tutti d'accordo che ha senso erogare prestiti a un paese con problemi di illiquidità temporanea, non a un paese insolvente: in questo secondo caso è meglio riconoscere le perdite e trarne le conseguenze. Due giorni fa Fmi e Ue hanno lanciato l'idea di un prestito alla Grecia di 120 miliardi, per coprire tutte le sue esigenze per i prossimi tre anni e toglierla di fatto dal mercato.

Tre anni sono una strana nozione di illiquidità. L'equivalente di un'operazione del genere con un'azienda privata è un'iniezione di capitale a fondo perduto con l'amministrazione controllata di fatto, come fece il Tesoro americano con Freddie Mac e Fannie Mae. Ma la Grecia non può essere messa in amministrazione controllata, e molti dubitano che sia in grado di attuare le misure necessarie per ridurre drasticamente il suo disavanzo. L'assenso della Germania a questo piano, che le richiede un esborso di 25 miliardi in tre anni, è poi tutto da verificare: fino al 9 maggio, data delle elezioni nel Nord-Reno Vestfalia, i politici tedeschi diranno tutto e il suo contrario, stretti come sono tra la pressione internazionale e i loro elettori. Cosa diranno dopo il 9 maggio non si sa, ma un indizio è che l'86% dei tedeschi sono contrari già al piano originale di "soli" 45 miliardi.

Prima o poi la Grecia molto probabilmente dovrà dunque ristrutturare il debito, ossia fare default. Ma se anche questo piano dovesse dare l'illusione di funzionare per i prossimi tre anni, esso sarà un esempio perfetto dei problemi insiti nell'aiuto a un paese insolvente. Una volta tirata la Grecia fuori dal mercato, gli speculatori si rivolgeranno a Portogallo e Spagna, perché sanno benissimo che l'Unione Europea non ha le risorse per organizzare un salvataggio simile anche per questi paesi.

In questi giorni i giornali e le trasmissioni italiane pullulano di critiche al processo decisionale della Ue, che, in preda a meschini interessi nazionalistici, non avrebbe riconosciuto in tempo il problema greco e l'avrebbe lasciato incancrenire. La Germania e la cancelliera Merkel in particolare non avrebbero saputo riconoscere che salvare la Grecia era nel loro interesse di lungo periodo, anche se finanziariamente e politicamente costoso nel breve periodo.

Già l'idea che i veri interessi di lungo periodo della Germania siano evidenti a tutti noi, ma non alla signora Merkel e ai suoi consiglieri, dovrebbe destare più di un sospetto. In realtà, queste critiche sono profondamente ipocrite: se davvero fosse stato così ovvio che era nell'interesse di tutti salvare urgentemente la Grecia, gli altri paesi europei avrebbero potuto facilmente trovare tra loro gli 8 miliardi che la Germania si rifiutava di contribuire, e poi eventualmente confrontarsi con la Germania.

Queste critiche sono anche dettate dalla retorica europeista ed eurista che prevale in Italia, per cui l'Unione Europea e l'euro sono diventati dei feticci dello status quo politically correct, invece che degli strumenti per migliorare la governance e la politica economica. Questa retorica ci impedisce di vedere che l'euro può funzionare benissimo, e magari meglio, anche senza la Grecia: non c'è alcun motivo tecnico perché non sia così.

Il trattato di Maastricht, che imponeva un limite del 3% al deficit e del 60% al debito pubblico dei paesi che volessero aderire all'euro, era in realtà uno strumento per escludere alcune "mele marce" che agli occhi della Bundesbank avrebbero potuto compromettere il controllo della politica monetaria a causa dei loro problemi di bilancio. Il meccanismo funzionò, per un breve periodo, con la Grecia che fu esclusa fino al 2001; non funzionò invece con l'Italia, per le note vicende. È possibile che alcuni politici tedeschi siano disposti ad accettare un po' di turbolenza nei mercati per alcuni mesi in cambio di ciò che non riuscì allora: escludere una prima mela marcia, e dare un esempio ad altri paesi. Ed è possibile che facendo i propri interessi - cosa inaudita e spregevole in Italia - essi rendano un servizio a tutti noi, e alla stessa Grecia.

Venerdí 30 Aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

Buona domanda per l'asta Btp

Dopo il declassamento balza

lo spread dei bond spagnoli

29 aprile 2010

Piano da 120 miliardi per Atene S&amp;P declassa anche la Spagna

Avvio pesante intanto per il mercato del debito spagnolo. Lo spread rispetto al titolo di riferimento tedesco è salito di 4 punti base al 4,21% per i decennali e +15 punti al 2,37% per quelli a 2 anni. È una conseguenza della decisione di Standard & Poor's che, dopo Portogallo e Grecia, ha tagliato il merito di credito della Spagna portandolo ad "AA" dal precedente "AA+". Le prospettive sul rating spagnolo sono "negative", cioè non è escluso un ulteriore "downgrade".

Rendimenti in rialzo anche per i titoli di Stato di Atene, mentre i tassi delle obbligazioni italiane mostrano un andamento contrastante e quelle irlandesi non fanno segnare variazioni. Secondo quanto riporta Bloomberg, i bond greci hanno aperto in territorio negativo, con i rendimenti dei titoli a 10 anni che sono saliti di 7 punti base al 10,57% e di quelli a 2 anni che sono aumentati di 80 punti base a 17,77%.

Tornando al taglio del rating di Madrid, la decisione di Standard & Poor's si basa sulle previsioni macroeconomiche nel medio e lungo termine. "Crediamo che la stagnazione in cui si trova l'economia spagnola - si legge nel documento pubblicato dall'agenzia- durerà più di quanto avevamo previsto in precedenza".

Le stime di crescita del Pil spagnolo passano dall'1% annuo tra il 2010 al 2016 allo 0,7%. Meno crescita significa entrate ridotte e maggiori difficoltà future per Madrid a rimborsare il proprio debito. Immediata la ripercussione sul mercato dei cambi, con l'euro sceso a 1,3122 dollari, ai minimi di un anno nei confronti della moneta americana e nel mercato dei credit default swap. Lo spread delle polizze che assicurano contro il fallimento della Spagna è salito a 187 punti base. In giornata si era raffreddato a 180. Alla vigilia, segnata dal downgrade di Portogallo e Grecia, era schizzato a quota 209. Ai prezzi attuali costerebbe 187mila euro all'anno assicurarsi su 100 milioni di titoli di stato di Madrid.

Il vice ministro delle finanze spagnolo, Jose Manuel Campa, sostiene che il declassamento della Spagna da parte di Standard and Poor's non mette in dubbio l'obiettivo di tagliare il deficit da parte di Madrid. "La cosa importante - ha dichiarato - è rafforzare le misure di medio-lungo periodo per la crescita. Questo è lo scopo principale perchè di fatto la revisione del rating non mette in dubbio la nostra volontà di ridurre il deficit", ha spiegato a Reuters. La Spagna punta a ridurre il proprio deficit pubblico dall'11,2% del 2009 al 3% entro il 2013.

Intanto, mentre il pensiero di molti corre all'Italia, Brian Coulton, responsabile del rating sovrano italiano di FitchRatings dichiara a Radiocor: "L'Italia non si è trovata in prima linea nella crisi bancaria e nella recessione globale e non lo è neanche nei recenti problemi che riguardano il debito sovrano dell'Eurozona. Questa valutazione - precisa - riflette in parte i bassi livelli di indebitamento del settore privato, la mancanza di casi di salvataggio bancario e il ridotto deficit corrente. Anche grazie a una politica fiscale responsabile - continua Coulton - con la decisione di non impegnarsi in stimoli fiscali discrezionali nel 2009, il deficit pubblico italiano si è attestato nel 2009 al 5,3%, molto meno di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. Di conseguenza, i problemi per la stabilizzazione del rapporto debito/pil nella fase di ripresa sono molto minori per l'Italia. Detto questo, continua Coulton, i ratio debitori "sono elevati e la performance di lungo termine a livello di crescita e competitività è stata debole". Per questo, l'Italia "dovrà" far ripartire i piani di consolidamento di medio termine messi a punto prima della recessione globale.

La notizia del downgrade alla Spagna è arrivata a mercati in una giornata segnata dai colloqui dei vertici di Fmi e Bce con il governo tedesco, al termine del quale il cancelliere Angela Merkel ha detto di non voler evitare "le proprie responsabilità" e di sperare che i negoziati con la Grecia possano "concludersi entro pochi giorni". Anche perché "non possiamo permettere che la Grecia diventi una nuova Lehman Brothers".

Il governo tedesco, in ogni caso, chiederà al parlamento l'approvazione di aiuti alla Grecia fino a 8,4 miliardi nel 2010 (una somma che copre le scadenze da 8,2 miliardi dei prossimi trenta giorni mentre a un anno ne servono 26, ndr) e per un ulteriore ammontare non specificato nel 2011 e nel 2012. Lo riporta l'agenzia Dow Jones. I dettagli del progetto di legge, compresi gli importi, saranno definiti domenica quando la Grecia dovrebbe terminare i negoziati col Fmi e la Commissione Europea sul piano triennale di riduzione dell'indebitamento. L'importo indicato per il 2010 corrisponde, rispetto a un totale di aiuti di 30 miliardi, alla quota parte della Germania nel capitale della Bce (27,92%).

29 aprile 2010

2010-04-29

Bossi: senza federalismo faremo la fine della Grecia

di Celestina Dominelli

28 aprile 2010

Bossi senza federalismo faremo la fine della Grecia

"Dai nostri archivi"

Bocchino agita le acque nel Pdl e Bondi attacca Fini

Battaglia nel Pdl sui vertici del gruppo a Montecitorio

Bossi: riforme o si va a votare E su Fini: "È un problema"

Fini: non esco e non starò zitto

Le dimissioni di Bocchino agitano il Pdl

 

Le tensioni dentro la maggioranza si scaricano già sui lavori parlamentari: il governo è andato sotto alla Camera su un provvedimento importante come il collegato lavoro e al Senato sulla riforma forense. A Montecitorio la responsabilità va cercata fra i 95 deputati del Pdl assenti durante le votazioni: 45 erano in missione (tra cui il capogruppo Fabrizio Cicchitto), 50 invece gli assenti ingiustificati. Tra questi figura il numero due dei deputati pidiellini, Italo Bocchino, le cui dimissioni stanno agitando la maggioranza. A far mancare il loro supporto, però, ci sono anche altri finiani ingiustificati: Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Flavia Perina ed Enzo Raisi. Roberto Menia, Angela Napoli, Silvano Moffa e Andrea Ronchi sono invece assenti perché in missione.

Così, il primo test sulla tenuta in aula del Pdl si conclude con una rovinosa caduta causata dalle defezioni dei fedelissimi di Fini. Mancavano all'appello, però, anche undici leghisti: 8 giustificati, tre no. Intanto oggi, dai microfoni di Radio Radicale, Umberto Bossi ha ribadito che le elezioni non si faranno, se la Lega non le vuole. "Serve il federalismo fiscale - dice il Senatur – altrimenti l'Italia farà la fine della Grecia, è assolutamente necessario". E, alla domanda se Fini è d'accordo, Bossi risponde senza troppi giri di parole. "Penso di sì, sotto sotto. Adesso è tutto preso a cercare di tamponare le beghe avvenute con Berlusconi e quindi si lascia andare a ragionamenti ai quali non crede nemmeno lui, sa anche lui – conclude Bossi – che occorre fare il federalismo fiscale".

Interpellato poi dai cronisti a Montecitorio, il leader lumbard ha rassicurato i suoi sul futuro delle riforme tanto care al Carroccio. "Sul federalismo con Gianfranco Fini non ci sono problemi, non ci sono storie". Il Senatur ha così chiarito i contenuti dell'incontro, avvenuto ieri a Montecitorio, tra Fini, il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli e il neogovernatore del Piemonte, Roberto Cota. "Ho detto ai miei di parlare con lui, e da loro ho saputo che non ci sono problemi per il federalismo". Bossi ha quindi ribadito che il federalismo deve essere portato avanti senza tentennamenti. "Il federalismo o lo fai o l'Italia fa la fine della Grecia o peggio. Il federalismo va fatto". Poi, a riprova che tra lui e l'ex leader di An non ci sono dissidi, Bossi ha offerto la sua solidarietà al presidente della Camera, dopo il nuovo attacco del Giornale di Vittorio Feltri. "Io vengo attaccato quotidianamente anche sul piano personale. Un politico deve far finta di niente, farsi scivolare tutto addosso".

Stamane il presidente della Camera Fini è tornato stamane a ribadire la necessità di imboccare la strada delle riforme. Lo ha fatto intervenendo al convegno "Generare classe dirigente" organizzato dall'università Luiss di Roma. Per Fini la sfida per il futuro del paese si gioca essenzialmente "sulla capacità di operare cambiamenti autenticamente strutturali". Per questo serve "più coraggio" nel mettere in campo le riforme. Non può bastare, infatti, la "tendenza a minimizzare" gli effetti della crisi, "con la speranza più o meno segreta che tutto tornerà come prima. Senza interventi incisivi e strutturali questa speranza sarà vana". Anzi, insiste Fini, se ci si lascia catturare dalla "tentazione di aspettare" che "la bufera" passi, questo atteggiamento "può portare, soprattutto in Italia, a fornire un alibi per l'inerzia, inerzia che difficilmente sarà comprensibile e spiegabile in futuro".

Il presidente della Camera sottolinea poi che serve "più consapevolezza della necessità di superare gli svantaggi che riducono la competitività nel nostro Paese". Per la classe dirigente italiana è indispensabile raccogliere "la sfida ineludibile di dar vita alle riforme", tra cui la terza carica dello Stato indica la riforma fiscale, il disboscamento burocratico, la qualità della formazione universitaria e della ricerca. Insomma, per Fini la politica "deve sapere indicare progetti non solo di tipo economico ma anche di tipo civile", per tornare a una "etica civile comune" e a un "senso di appartenenza".

Il Giornale attacca "la suocera" di Fini

Bocchino agita le acque nel Pdl e Bondi attacca Fini

Calderoli rilancia il federalismo fiscale: l'alleanza con Fini non è in discussione

28 aprile 2010

 

 

 

 

2010-04-27

Bond greci a livello spazzatura

S&P declassa il Portogallo

Il 10 maggio vertice Ue

di Giuseppe Chiellino

27 aprile 2010

Scioper trasporto pubblico. Metropolitana chiusa ad Atene (Afp)

Giornata di passione per la Grecia sui mercati finanziari. Prima il ministro delle Finanze greco George Papaconstantinou ha annunciato che il paese non riesce più a collocare i titoli del debito pubblico e, dunque, non potrà fare a meno degli aiuti di Fmi e Ue.

La borsa di Atene ha reagito con uno scivolone e ha perso fino al 7%. Ne ha risentito anche la moneta unica: l'euro è sceso al limite della soglia degli 1,32 dollari. Ma non è finita. Pochi minuti dopo la chiusura dei listini azionari europei, un'altra doccia fredda: l'agenzia di rating Standard & Poor's ha tagliato a livello junk il merito di credito di Atene, titoli spazzatura, che rischiano di diventare inutili anche come 'merce di scambio' con la Bce per ottenere liquidità. Perché ciò avvenga, comunque, anche le altre agenzie di rating dovrebbero ridurre il voto sul debito sovrano di Atene.

Anche oggi il differenziale di rendimento rispetto al Bund decennale tedesco si è ampliato, raggiungendo i 682 punti base. E i tassi sui titoli a 10 anni di Atene hanno continuato a salire ancora, insieme al differenziale nei confronti dei titoli tedeschi. Alla chiusura del mercato obbligazionario alle 18 e 30, i tassi lunghi greci hanno toccato il 9,73% contro il 9,388% di lunedì sera.

S&P ritiene che, in caso di ristrutturazione del debito, la percentuale di recupero per chi detiene i bond greci sia compresa tra il 30 e il 50 per cento. Nel tentativo di dare un segnale positivo ai mercati, da Bruxelles è giunta la notizia che la presidenza spagnola della Ue sta contattando le capitali per convocare un vertice straordinario dei paesi dell'eurozona il 10 maggio, il giorno dopo le elezioni regionali in Nord Reno Vestfalia, una delle principali ragioni per cui la Germania sta mostrando una assai pericolosa intransigenza nella concessione degli aiuti alla Grecia.

Sul piano di soccorso per la Grecia l'Unione Europea parla con voci diverse, non c'è chiarezza e questa situazione "non ci sta aiutando" ha detto il ministro delle finanze di Atene, George Papaconstantinou, parlando ai deputati socialisti in vista della scadenza "cruciale" del 19 maggio quando dovranno essere ripagati 9 miliardi di euro di debito pubblico.

"Vista l'impossibilità per noi di accedere ai mercati finanziari - queste le parole del ministro greco - entro il 19 maggio la procedura dovrà essere completata, approvata, firmata e dovranno essere erogati i fondi dal FMI e dall'Ue". Papaconstantinou ha sottolineato che la Grecia è "sotto pressione" da parte dei mercati finanziari che "stanno scommettendo contro di noi" visto che i costi per l'approvvigionamento di fondi per il governo sono andati alle stelle negli ultimi giorni. In serata ha aggiunto con un comunicato del ministero delle Finanze che il taglio del rating "non corrisponde ai dati reali dell'economia greca".

"La situazione politica in Europa non ci sta aiutando - ha detto ancora il ministro - visto che ci sono spesso voci contrastanti e c'è poca chiarezza". Mentre ad Atene Papaconstantinou di fatto si arrendeva ai mercati finanziari, l'agenzia di rating S&P ha annunciato il taglio del rating portoghese, con outlook negativo. Rendimenti al rialzo, con conseguente calo di prezzo, anche per i bond lusitani, al 5,501% a fronte del precedente 5,197%.

In caso di default greco percentuale di recupero tra il 30 e il 50%

Da S&P doppio taglio al rating al Portogallo

Papandreou: "In Grecia dobbiamo cambiare tutto". Trichet preme sulla Merkel

ANALISI/ Quei tre nodi su Atene (di Wolfgang Munchau)

L'uscita dall'euro zona e lo studio della Bce

LA MAPPA-1 / Bond governativi e rendimenti (a cura di Vito Lops)

LA MAPPA-2 / Deficit-Pil e debito-Pil nei paesi UE

DOSSIER / Il caso Grecia

27 aprile 2010

 

 

 

 

Tremonti accelera sul decreto

da 5,5 miliardi per la Grecia

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27 aprile 2010

 

Sono in arrivo gli aiuti dell'Italia alla Grecia. Il ministero dell'Economia, guidato da Giulio Tremonti, sta definendo gli ultimi dettagli del decreto che destina 5,5 miliardi ad Atene. Il decreto dovrebbe essere varato in uno dei prossimi consigli dei ministri. La cifra rappresenta la quota parte di Roma nell'ambito del pacchetto da 30 miliardi deciso in sede Ue. Il prestito ad Atene è a un tasso del 5%. Il provvedimento, una volta varato dal governo italiano, dovrà tornare a Bruxelles che stabilirà le modalità di erogazione delle risorse.

Intanto il governo tedesco, che più di tutti quelli dell'eurozona ha remato contro un intervento rapido, scelta che sta costando cara, a tutto vantaggio della speculazione, ha ribadito a parole che "non lascerà cadere la Grecia" e che intende "sbloccare rapidamente il programma di aiuti ad Atene". Così il ministro delle Finanze di Berlino, Wolfgang Schauble, in un'intervista che sarà pubblicata domani su Handelsblatt. "Per noi - ha aggiunto - ora si tratta di concretizzare rapidamente il piano di aiuti e inviare così un segale chiaro". Berlino non cerca di rallentare il processo di salvataggio, ha assicurato Schauble, precisando comunque che è "fuori questione" il coinvolgimento di banche private. "Facciamo pressioni affinché si prendano decisioni rapide", ha concluso.

27 aprile 2010

 

 

 

In caso di default greco percentuale di recupero tra il 30 e il 50%

di Giuseppe Chiellino

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27 aprile 2010

È la stima degli analisti di Standard & Poor's espressa nella nota con cui è stato annunciato il taglio dei rating a breve e lungo termine sul debito sovrano della Grecia a livello 'spazzatura'

 

Standard & Poor's ha abbassato il rating sovrano a lungo termine della Grecia da 'BBB+' a 'BB+', e quello a breve termine da 'A-2' a 'B'. A spingere l'agenzia di rating a declassare a livello junk il debito greco e ad assegnare un outlook negativo (con il rischio, cioè, di un ulteriore taglio) sono soprattutto le preoccupazioni di tenuta sociale del paese, a fronte delle misure draconiane considerate necessarie per rimettere in sesto i conti pubblici.

L'outlook negativo – scrive infatti S&P - "riflette la possibilità di ulteriori downgrade se la capacità del governo greco di implementare programmi di riforme fiscali e strutturali sarà minato da una politica di opposizione nel paese o da condizioni economiche più deboli di quelle che stimiamo al momento".

'Recovery ratio'

L'agenzia di rating ha anche indicato il livello '4' per la recovery ratio del debito. In altri termini, S&P stima che in caso di ristrutturazione del debito greco o di default, la percentuale di recupero per i bondholder sia compresa tra il 30 e il 50 per cento. "Il downgrade - spiega Marko Mrsnik, analista di S&P - risulta da un aggiornamento della nostra valutazione sulle sfide politiche, economiche e di budget a cui il governo greco dovrà far fronte per mettere il peso del debito greco in una traiettoria di discesa".

Standard & Poor's, considera "non più compatibile con l'investment grade" la qualità del debito greco ma ritiene che, alla fine, arriverà il soccorso di Ue e Fmi. Tuttavia ciò potrebbe non bastare, anche alla luce del recente forte aumento del costo del debito. Le stime sono per un rapporto fra debito e pil al 124% nel 2010 e al 131% nel 2011 a fronte di una crescita del pil reale piatta nel periodo 2009-2016 mentre il pil nominale tornerà a livello del 2008 solo nel 2017.

Le prospettive

"Crediamo - spiega S&P - che questa crisi di fiducia abbia aumentato le incertezze sia sulla capacità del governo di realizzare le riforme velocemente, sia sulla sua capacità di affrontare una politica di austerità fiscale duratura negli anni". L'opposizione al governo Papandreou e i sindacati si batteranno, come hanno già dimostrato in queste settimane, contro le riforme chieste dal Fondo monetario e dalla Ue come 'garanzia' per gli aiuti. Ciò renderà ancora più difficile il lavoro dell'esecutivo. Per il 5 maggio è stato proclamato uno sciopero generale del settore pubblico e di quello privato. L'outlook di S&P sulla Grecia potrebbe essere modificato da 'negativo' a 'stabile' a condizione che "il sostegno politico all'azione economica del governo resti forte e le prospettive di crescita economica del paese si dimostrino più favorevoli di quelle previste attualmente". Una sfida che è inevitabilmente per il lungo periodo.

27 aprile 2010

 

 

 

S&P taglia di due livelli

il rating del Portogallo

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27 aprile 2010

S&P ha tagliato il rating del Portogallo, ad 'A-/A-2' da 'A+/A-1' con outlook negativo. Dietro al doppio declassamento del debito portoghese, spiega l'agenzia, ci sono le debolezze strutturali fiscali ed economiche che lasciano il Paese esposto ad un ulteriore peggioramento delle finanze pubbliche. Standard & Poor's ha posto il paese iberico in outlook negativo, con la minaccia - dunque - di un altro taglio del merito di credito. Ciò , aggiunge, riflette il rischio di un ulteriore consolidamento fiscale nel breve che minaccia la capacità di liquidità del Governo.

Il governo di Lisbona: "Fermare l'attacco dei mercati"

Il Portogallo deve "rispondere" all'"attacco dei mercati": lo ha detto il ministro delle Finanze, Fernando Teixeira dos Santos. "È un momento decisivo. Il Paese deve rispondere a questo attacco dei mercati", ha dichiarato il ministro in un comunicato. "Dobbiamo restare calmi e riportare i mercati alla serenità", ha aggiunto. "Come in passato, faremo ciò che è necessario per ridurre il deficit e promuovere la competitività dell'economia portoghese".

"La maggioranza delle opinioni sono concordi nell'affermare che il Portogallo e la Grecia sono due realtà diverse", ha sottolineato il ministro portoghese, citando istituzioni internazionali come l'Ocse, il Fmi, la Commissione europea, la Bce. "Ci sono talvolta opinioni differenti. Che ci piaccia o no, che consideriamo queste opinioni erronee o infondate, quello che è vero è che hanno attaccato il Portogallo influenzando di conseguenza il funzionamento e le condizioni del mercato del debito portoghese", ha proseguito il ministro.

A seguito dell'annuncio di Standard & Poor's, la Borsa di Lisbona ha perso il 5,36%, mentre i tassi sui titoli del mercato obbligazionario sono schizzati oltre il 5,5%. "Bisogna concentrarsi su quello che è prioritario per il Paese, perché le difficoltà non sono terminate", ha sottolineato ancora il ministro socialista, il cui governo è minoritario in Parlamento, chiedendo all'opposizione di "mettere da parte le inutili polemiche" e di "dialogare" con l'esecutivo.

Paralisi per lo sciopero dei trasporti

Uno sciopero dei lavoratori dei trasporti pubblici, deciso dai sindacati contro il congelamento dei salari previsto fra le misure anticrisi del governo del premier socialista Josè Socrates, ha paralizzato oggi il Portogallo. È il primo sciopero dei trasporti nel paese lusitano dal 2003, quando ci fu una protesta analoga contro il governo allora guidato dal conservatore Josè Manuel Barroso, oggi presidente della Commissione europea.

I sindacati delle ferrovie hanno anche contestato con l'astensione dal lavoro i piani del governo di privatizzare parte del trasporto ferroviario, in particolare delle merci, nel quadro delle misure di privatizzazione previste per ridurre il deficit pubblico. Il ministro della presidenza Pedro Silva Pereira ha lanciato un appello alla "riflessione" ai sindacati, sottolineando che nell'attuale momento di crisi per il paese "le responsabilità devono essere condivise" e auspicando che "il buon senso prevalga".

27 aprile 2010

 

 

 

Borse ko con Atene e Lisbona

Bond triennale greco al 14%

di Vittorio Carlini

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27 aprile 2010

Molti se lo aspettavano. Ma forse non in questa misura e comunque l'effetto annuncio è stato notevole: S&P's ha declassato il Portogallo. E poi, a mercati chiusi in Europa, ha tagliato il merito di credito della Grecia. Un "uno-due" che ha stordito le Borse. Fino a quel momento la giornata era sì negativa, ma le perdite rimanevano limitate. Con le scelte di S&P's i listini sono crollati.

La scelta di Standard & Poor's

L'agenzia di rating ha tagliato il merito di credito di Lisbona da "A+/A-1'" a "A-/A-2" con outlook negativo, aprendo quindi la strada alla possibilità di un altro abbassamento del suo voto. Poco dopo l'agenzia ha declassato anche la Grecia a livello 'junk', spazzatura. In meno di mezz'ora le Borse del vecchio continente hanno quasi raddoppiato la performance negativa. L' Europa si è votata al pessimismo: Parigi, Londra, e Francoforte hanno chiuso ben al di sotto della parità. Non è andata meglio a Piazza Affari, dove il Ftse all share ha ceduto il 2,4% e il Fste mib il 3,3 per cento. La Borsa di Atene, dal canto suo, è andata sotto di oltre il 6,5 per cento. In ribasso anche Wall Street . Le piazze a stelle e strisce, fino al declassamento del Portogallo, avevano traccheggiato. Poi, hanno virato fortemente verso il basso. Il Dow Jones ha chiuso in calo dell'1,9%, il Nasdaq del 2 % e l'S&P500 del'2,3 per cento. Negli Usa avevano considerato il problema del possibile contagio tra i "Piigs" un tema europeo. Ma la scure su Atene ha mutato gli animi. E si teme per il settore bancario: Charles Payne, analista indipendente a Wall Street, ha sottolineato che "è sempre più chiaro come la comunità internazionale avrà molte difficoltà ad agire unita per salvare la Grecia. Atene potrebbe essere la prima tessera del domino a cadere, seguita da Portogallo e Spagna; uno scenario in cui si teme per l'impatto sulle banche e sul settore finanziario in generale".

Non stupisce, così, che le news positive siano state dimenticate. In primis quella pubblicata da Ford che ha chiuso il primo trimestre di quest'anno con 2,1 miliardi di dollari di utile, e ha detto di attendersi un "solido" profitto anche nel 2010, con un anno di anticipo rispetto alle precedenti stime. E poi, quella sulla fiducia dei consumatori che é salita in aprile a 57,9 punti da 52,3 in marzo. Il dato reso noto dal Conference Board é migliore delle attese degli analisti che avevano previsto un rialzo contenuto a 54 punti.

Merkel "temporeggiatore"

La giornata non era comunque iniziata nel migliore dei modi. I mercati erano già innervositi dalla strategia della Germania e del cancelliere Angela Merkel, di fronte alla Grecia, che ricorda quella del "Temporeggiatore", il generale romano Quinto Fabio Massimo, noto per la sua tattica di logoramento nei confronti degli avversari, in particolare Annibale.

Attendere, temporeggiare per cogliere il massimo del risultato. Su questo punta Berlino che, populisticamente, dice: interverremo solo all'ultimo minuto, per evitare che la mano tesa troppo presto possa essere la scusa che Atene sfrutta per allentare la presa sui problemi di bilancio. Il messaggio è mandato agli elettori tedeschi che non vedono di buon occhio l'idea di tirar fuori soldi per salvare la grecia. Anche se, poi, ovviamente le cose non sono così semplici: le banche tedesche sono molto esposte sulla Grecia; e quegli stessi tax payer teutonici hanno già aiutato il sistema finanziario tedesco che, quando c'era da guadagnare, non ha disdegnato le sirene elleniche. Ma tant'è, le lezioni regionali sono il 9 maggio e, almeno fin lì, bisognerà aspettare il "Temporeggiatore" tedesco. Mentre il 19 maggio il governo del primo ministro George Papandreau dovrà tornare sul mercato per rifinanziarsi, vista la scadenza di circa 10 miliardi di bond.

Il grido d'allarme di Atene

Il tempo, insomma, stringe. E la stessa Atene ha lanciato l'allarme contro questa strategia. Il ministro delle Finanze greco, Giorges Papaconstantinou ha detto: abbiamo bisogno dei prestiti dell'Ue e dell'Fmi entro il 19 maggio perché "non siamo in grado" di finanziarci sui mercati. "La mancanza di chiarezza sulla posizione dell'Europa - ha aggiunto- non é di aiuto" al Paese. Anche perché, ha concluso, il rapporto deficit/Pil del 2009 potrebbe salire anche al 14 per cento.

I cds salgono i rendimenti greci anche

In questo quadretto idilliaco cosa è successo sul mercato del reddito fisso? I tanto decantati Cds sull'emissione greca a 5 anni (di cui, però, non smetteremo mai di sottolineare l'opacità), prima della decisione di S&P's erano rimasti sui livelli di ieri, attorno ai 700 basis points. Poi, sono schizzati verso l'alto fino a raggiungere quota 760. I rendimenti dei bond greci, dal canto loro, non si sono fatti pregare: sono anch'essi schizzati verso l'alto. La scadenza a tre anni è arrivata a rendere il 14%, quella a cinque il 12,9% e il decennale il 9,8 per cento. Segni inequivocabili di una vendita in massa dei titoli, sia in ottica speculativa sia in quella di fuga dal rischio. "Il mercato - spiega Marco Delzio, partner di Martingale Risk Italia -sconta una probabilità del 50% che la Grecia arrivi a ristrutturare il debito. Il calo delle quotazioni dei bond e il balzo dei rendimento ne sono il segnale più evidente".

A Piazza Affari crollano le banche

Sui titoli a Piazza Affari, in particolare, da segnalare il tonfo delle banche. Intesa Sanpaolo ha ceduto oltre il 5%, Pop Milano oltre 4,7%, Unicredit il 4,4%, Mps il 3,7%, Ubi Bancai il 3,7% e Mediobanca il 3,35 per cento.

Giù anche Enel che aveva resitito oltre la parità per metà seduta. In mattinata Morgan Stanley ha alzato il giudizio sul titolo da equalweight a overweight, con target price a 5 euro. I motivi? Principalmente tre. In primis "utili con buoni margini di ripresa e miglioramenti nel deconsolidamento del debito: il titolo é a sconto del 30% se si guarda il rapporto prezzo/utili del settore, sottolinea Morgan Stanley. Poi "utili più alti e sicuri per il futuro, grazie all'aumento del fatturato e al taglio dei costi". E infine "un potenziale di crescita di lungo periodo almeno in linea con il settore".

Sale l'oro cede l'euro.

In queste sedute concitate gli investitori cercano porti sicuri per i loro soldi. Con effetto pavloviano, dopo il taglio del rating di Atene è salito l'oro: le quotazioni del metallo giallo sono cresciute dell'1% a 1.164,57 dollari.

Invece è scivolato verso il basso l'euro: la divisa unica europea alle 18.00 scambiava 1,3225 contro il dollaro. In ribasso anche nei confrontti dello yen: 124,39 contro la moneta del paese del Sole Levante.

27 aprile 2010

 

 

 

 

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